lunedì 15 dicembre 2008

Il Cav e la Gelmini - stelle del cinema?

Il regista Tinto Brass si è dichiarato interessato e disponibile a girare un suo film con entrambi.
di Renzo Balmelli
SCUOLA - La riforma della scuola è una cosa seria, talmente seria che la maggioranza si è vista costretta a compiere una clamorosa marcia indietro rispetto al progetto iniziale della Gelmini, in parte slittato di un anno. Palazzo Chigi nega qualsiasi cedimento, ma il fatto che nella riforma del grembiulino il maestro unico da obbligatorio sia diventato facoltativo è un segnale che non si discute. I soliti maligni sostengono che il ministro dell'istruzione abbia ammorbidito le sue posizioni perché sta pensando a una nuova carriera nel cinema. Il regista Tinto Brass farebbe volentieri un film con Maristella Gelmini, "piu' erotica - dice lui - di Mara Carfagna". E già che ci siamo, Brass nella pellicola ci metterebbe anche Berlusconi che secondo lui ha un immaginario erotico vivace.

SPINTA ETICA - Sulla questione morale, tornata di prepotenza a occupare la scena politica, nessuno nell’Italia berlusconiana, men che meno la destra, è nelle condizioni di impartire lezioni di stile a chichessia. Spiace dirlo, ma in questa vicenda non vi sono innocenti, da qualunque parte la si guardi. Nel tempo sembra invece perdurare l’assurdo teorema secondo il quale la questione morale puo’ addirittura costituire un fastidio per la democrazia.

Senza tangenti e bustarelle - questa la bacata idea di fondo - non si faranno mai le riforme. Con l’abnorme pretesto delle ruote da ungere per assicurare il funzionamento del sistema, in sostanza si tengono spalancate le porte a tutti gli abusi possibili e immaginabili. I sacerdoti dell’evasione, i nemici della legge, i fraudolenti della storia che barattano Salo’ con la Resistenza, hanno cosi’ campo libero per ordire le trame che consentono loro di ritagliarsi ampie rendite di posizione nella spartizione del potere. La maggioranza dei cittadini pero’ non si rassegna ad accettare il primato del malcostume teso a delegittimare l’onestà quale norma di comportamento. A livello locale, nei movimenti di base, lontano da qualsiasi logica lottizzatrice, si moltiplicano un po’ ovunque le iniziative per rompere le catene dell’omertà, per dare un senso compiuto alla spinta etica che sale dalla società civile.

La scrittrice Dacia Maraini, attenta osservatrice dei fenomeni di costume, cita a questo proposito la rivista siciliana "Il nuovo Paese", un esempio di ottima controinformazione stampato a Bagheria da un gruppo di giornalisti risoluti a lottare contro la mafia e le sue diramazioni. La rivista, lontana dalle fumose astrazioni dei politicanti, si è fatta portavoce dell’indignazione popolare nei confronti della rete di complicità che calza a pennello per il popolo di Cosa Nostra ed i suoi grandi elettori.

La coraggiosa iniziativa editoriale, che certo non ha vita facile e richiede parecchi sacrifici, illumina la scena e mostra in che direzione muoversi per arginare i soprusi e l’arroganza della casta. Ecco come si fa, ecco come si costruisce, come si consolida la questione morale. "Poiché è da persone come queste - ammonisce la Maraini - che comincia la creazione di un tessuto connettivo sociale nuovo che puo’ salvare il Paese dal degrado e dall’abbandono di sé".

PROPOSTA INDECENTE - Al capo del governo non basta la "Schadenfreude", quel sentimento tra i piu’ meschini di tutti i sentimenti che consiste nel bearsi alla vista dei guai altrui. Poter dire che la sinistra non ha il monopolio della questione morale è per il premier la piu’ bella e gradita delle strenne.

Mai Berlusconi, e con Berlusconi tutti coloro che hanno in odio i magistrati e la giustizia, hanno avuto un Natale di così vittoriosa, piena, gratificante goia. Cio’ nonostante il signore di Arcore, in calo di popolarità alla vigilia della sfida elettorale in Abruzzo, non si accontenta, vuole di piu’, molto di piu’, e nel giro di poche ore. Ammutolendo il paese, ha disegnato la riforma della giustizia da attuare a colpi di maggioranza, la riforma fai da te. Egli porta cosi’ l’affondo su un terreno esplosivo: quello del cambiamento unilaterale della carta costituzionale che di fatto costituisce un diktat dirompente nell’Italia repubblicana e antifascista.

Viene cosi’ a compiersi un progetto, il progetto del potere unico, che nelle intenzioni di chi l’ha concepito mira a mettere fuori giuoco sia l’opposizione, di cui il premier non riconosce l’esistenza neppure a parole, sia il Parlamento, sempre piu’ esautorato dalle sue prerogative, sia il Capo dello Stato i cui pareri a favore di una riforma condivisa non vengono tenuti in nessun conto.

La posta in palio è questa e nessun altra. In queste condizioni, mentre fuori dal Palazzo c'è il Paese reale, con il problema concreto di una crisi che ridisegna il mondo, la riforma della giustizia perde ovviamente qualsiasi significato. Non è una proposta sincera ma soltanto una proposta indecente, una squallida, ripugnante prova di regime. Certo, l’opposizione ha i suoi grattacapi, pure grossi, inutile nasconderlo. E dai suoi ranghi ora si aspettano reazioni univoche, non inficiate da tardivi propositi di rivalsa. La sinistra, a dispetto di tutti gli sbagli commessi, costituisce però ancora una forza benefica destinata a offrire un solido approdo ai cittadini nel momento in cui l’anomalia berlusconiana, con l’attacco sconsiderato ai principi cardini della Costituzione, sta portando il paese a lambire pericolosamente il confine dell’emergenza democratica.

mercoledì 10 dicembre 2008

Il dire e il fare

Mentre il centrosinistra americano si premara ad assumere le redini di un paese sfiancato dalla catstrofe morale, bellica e liberista dell'Amministrazione Bush jr., il Cavalier Silvio - senza una sillaba di autocritica per l'avventura irachena nella quale aveva trascinato l'Italia al seguito delle falsità sulle "armi di steminio" di Saddam - minaccia la stampa colpevole di aver stigmatizzato il conflitto d'interessi del premier platealmente riemerso nella vicenda Sky.

di Renzo Balmelli

OBAMA TRA SOGNI E REALPOLITIK - In politica capita spesso di misurare quanto sia sottile il discrimine tra il dire e il fare. Se ne sta rendendo conto anche Barack Obama, che già nella fase di transizione si trova confrontato alle prime difficoltà della presidenza e a qualche guizzo di malumore da parte dei suoi sostenitori.

Mentre con l'imminente cambio effettivo della guardia alla Casa Bianca si approssima l'ora della rinascita, cresce per lui l'agenda delle attese da colmare; attese enormi, forse eccessive, ma indissolubilmente legate al suo programma. Ci sono sogni da realizzare, e da realizzare subito, in un paese impaziente, colmo di speranze, un paese da rassicurare e che vuole dimenticare in fretta il nido di vipere lasciato in eredità dalla precedente amministrazione. Certo è che dopo l'iniziale euforia per il trionfo elettorale, nello staff di Obama è subentrato un periodo di riflessione, di meditata consapevolezza sulle scelte da compiere.

Nei primi passi del leader democratico abbiamo visto prevalere un modello di scuola realista che si riflette nella formazione della sua squadra, in cui spicca il nome della vecchia rivale Hillary Clinton, donna dalla fortissima personalità che alla guida della diplomazia statunitense non si lascerà certo confinare nel ruolo di semplice esecutrice. Tuttavia, accanto ai politici navigati e garanti della solidità esecutiva, nel futuro governo di Washington, se non altro in sintonia con le promesse elettorali, ci si aspettava di trovare qualche liberal in piu', oppure quel tocco supplementare di stuzzicante fantasia creativa capace di ravvivare lo spirito depresso della nazione. Era dunque inevitabile che di fronte a certe decisioni frutto della Realpolitik, la sinistra americana piu' progressista arricciasse il naso chiedendosi: ma il cambiamento è tutto qui? Domanda legittima. Già: tutto qui? Orbene, toccherà a Obama trovare in sé le giuste risorse per sedare i dubbi e certificare nei fatti che la "speranza nel futuro", di cui è stato alfiere fino ad oggi, resta l'obbiettivo principale, un impegno che realizza la cesura netta con il disvalore della violenza unilaterale di marca repubblicana.

Tra l'altro, a proposito dell'Iraq, Bush ha riconosciuto di essersi sbagliato, e ha quasi dato la tardiva impressione di volersi scusare per l'inganno fatto patire alla sua gente. Il baro che imbrogliò se stesso - secondo l'azzeccata definizione di Vittorio Zucconi. Chissà se in Italia coloro che in passato schierarono supinamente il paese sulle posizioni interventiste della Casa Bianca hanno avvertito qualche rimorso di coscienza? Impossibile, con questa destra. Ma passiamo oltre.

Ecco, in questa sfida, nella sfida cosmopolita e multilaterale che alle armi antepone la forza delle idee, il nuovo presidente USA mette in giuoco se stesso e la voglia di riscatto che ha accompagnato la sua folgorante ascesa. Sospinto dal voto e dall'entusiasmo dei suoi concittadini, Obama si trova ora al cospetto della storia che lo chiama e lo sollecita a rompere davvero gli indugi per risollevare il paese da una catastrofe morale, bellica e liberista di proporzioni bibliche. Bismarck asseriva che la politica è l'arte del possibile, capace di cambiare il carattere dell'uomo. Il nuovo inquilino della Casa Bianca raccolga la sfida e dia al mondo la prova che il Cancelliere di ferro aveva torto.

L'IRA DELL'EST - Narra Max Frisch che ai tempi di Gugliemo Tell, l'odiato balivo Gessler perdeva facilmente il controllo a causa del Foehn, ossia il favonio, vento caldo del sud che provoca insopportabili emicranie. A Berlusconi invece saltano i nervi quando si espone troppo da vicino al vento dell'est. Sarà una coincidenza, ma non appena si avventura nei territori dell'ex impero sovietico il premier sembra cadere in preda a ire funeste e a reminiscenze storiche di dubbia provenienza.

Moniti, diktat, sanzioni, rimproveri e attachi partono in tutte le direzioni dalle antiche capitali della cortina di ferro per raggiungere i piu' disparati obbiettivi in patria. Da Tirana, un tempo capoluogo di un incubo orwelliano, gli strali piu' recenti hanno colpito il Corriere della sera e La Stampa a causa dei loro servizi sulla controversia tra il governo e Sky. Gli articoli e i giudizi critici erano risultati indigesti al premier che in simili frangenti sembra coltivare una sua singolarissima concezione della libertà di stampa.

Sia detto per dovere di cronaca: quella della partita IVA di Sky è una storia ambigua nella quale nessuno puo' proclamarsi innocente. Una vicenda che puzza di conflitto di interessi lontano un miglio. Il Cavalier Silvio, mollati gli ormeggi, ha spinto pero' l'arroganza fino a invitare i direttori delle due testate a cambiare mestiere e, già che ci sono, ad andarsene a casa portandosi appresso l'opposizione. Una pretesa tanto inaudita quanto ridicola.

Il quotidiano di via Solferino, con una nota alla quale ci associamo in segno di solidarietà, ha replicato che questo mestiere "continuerà ad esercitarlo, anche se qualche volta" - precisa - "ci è capitato e ci capiterà di dare un dispiacere al presidente del Consiglio in carica". La zampata berlusconiana, al di là dello sconcerto, resta tuttavia un fatto preoccupante, indice di un costume politico che mal si addice a chi ha la responsabilità di governare e di rappresentare il paese nel mondo.

Nell'Italia trasformata in campo di battaglia dalle pretese egemoni del premier, la sfuriata berlusconiana in terra albanese, lungi dall'essere uno sfogo passeggero, proietta le sue ombre inquietanti sul disegno iniziato col tristemente famoso editto bulgaro.

lunedì 1 dicembre 2008

Beato il paese che non ha bisogno di reality

di Renzo Balmelli
L’ISOLA. L'ex parlamentare Prc Vladimir Luxuria nella sua odissea esistenziale di transgender ha avuto l’ingrato previlegio di sperimentare sulla sua pelle l’ironia pruriginosa dei falsi moralisti. Per dire: basti pensare che la forzista Elisabetta Gardini ingaggio’ nei suoi confronti una battaglia alla Camera per negarle l’accesso al bagno delle signore. Ma la povera Luxuria, fresca "reginetta" dell’Isola dei famosi, forse per troppa leggerezza o magari per un eccesso di civetteria, si è trovata di nuovo nell’occhio del ciclone. Come se non ci fosse altro a cui pensare, in tempi difficili come questi e con il governo che l’Italia si ritrova, il suo successo al reality, di per se un fatto di una ovvietà sconcertante, è diventato nientemeno che un caso politico che ha diviso gli schieramenti tra guelfi e ghibellini . Un pandemonio, neanche fosse in giuoco il futuro della nazione. Di che restare allibiti. A maggior ragione quando si consideri - strano, ma vero - che ad aprire le stravaganti e inutili danze trash è stata la sinistra radicale, per sua natura lontana da certe mode, ma che questa volta, per ragioni imperscrutabili, ha puntato sull'appeal elettorale di una performance da video che Liberazione, con la massima disinvoltura, ha addirittura paragonato al trionfo di Obama. La mossa non sembra delle piu' felici. Tra pettegolezzi, litigi e malumori trasversali, l'idea peregrina di cavalcare il conformismo nazional-popolare tipico dell’era berlusconiana, senza badare troppo per il sottile, anziché promuovere il rilancio cui giustamente tende Rifondazione , potrebbe perfino avere l'efffetto di un boomerang. Insomma, parlare, come è stato fatto, di "una vittoria che rende un grande servigio a chi pensa che libertà e civiltà siano valori imprescindibili per cambiare l’Italia", appare francamente esagerato nel contesto di una trasmissione che tutt’al piu’ verrà ricordata per la desolante pochezza dei suoi contenuti. Rivendicazioni e appelli alla tolleranza sessuale e contro la discriminazione, da sottoscrivere a piene mani, in quel contenitore privo di qualsiasi credibilità si sbriciolano . Il programma, già inguardabile in tempi normali, in questa circostanza si è trasformato in effetti in un calderone mediatico dentro cui è finito di tutto, fino al verdetto inappellabile di Pier Ferdinando Casini: " la vittoria di Luxuria certifica la morte della sinistra comunista". Ohibo! Che macedonia. Qui si fa un po’ troppa confusione tra cronaca e storia. Comunque sia, la domanda di fondo pero’ resta. Occore capire come mai l'intellighenzia comunista si sia avventurata lungo un filone insidioso che non le appartiene ne per cultura ne per tradizione, e che per di piu' , Luxuria a parte, è risultato strategicamente indigesto e inopportuno anche a molti simpatizzanti . Il caso sconfina nel mistero. Probabilmente la politica ( chiediamo venia a Pascal per l’incauta citazione) conosce ragioni che la ragione non conosce. Ma non è cosi’ che si recupera il terreno perduto. " Beato il paese - ha scritto Maria Laura Rodotà a proposito dei diritti delle minoranze - che non ha bisogno di reality per discutere di queste cose". Davvero non è saggio imitare la destra che ha poche idee, ma confuse, e che in queste cose ci sguazza.

OTTIMISMO? Per contrastare l’effetto corrosivo della crisi, il premier giuoca la carta dell’ottimismo e invita i media a seguirlo su questa strada al fine di rianimare i consumi. Ottimismo? Ordunque, a Torino uno studente muore sotto le macerie di una scuola fatiscente. A Rimini quattro balordi di " buona famiglia", cachmirino griffato e jeans d’autore, ingannano la noia dando fuoco a un barbone. I ceti meno abbienti se non sono alla canna del gas, poco ci manca. La carta sociale, anzi, la " social card" che fa molto piu’ chic, senza altri correttivi potrebbe avere il sapore di una beffa. A Milano, con un accanimento inspiegabile, la maggioranza di centrodestra nega l’Ambrogino d’oro postumo a Enzo Biagi che non fu mai tenero con il Cavaliere. Chiudiamo il cerchio. Durante un comizio a Pescara Silvio Berlusconi , nonostante la precedente figuraccia planetaria, torna sull'"abbronzatura" del presidente eletto degli Stati Uniti: "Volevo fargli un complimento. Vorremmo tutti essere abbronzati come Naomi Campbell e Obama". Ottimismo? Ma va là!

CESARISMO. C’è maretta nella maggioranza dopo dopo l’allarme del presidente della Camera sui rischi di " cesarismo" nella fusione della destra. Di solito Gianfranco Fini nei suoi interventi è sempre cauto, sa praticare con una certa disinvoltura la tecnica del british understatement. Il suo è un modo di parlare a nuora affinché suocera intenda. Questa volta tuttavia non è stato difficile individuare la suocera. L’allusione a Berlusconi è parsa evidente anche se poi i suoi alleati, preoccupati dalle possibile conseguenze, hanno cercato di limare, arrotondare, sfumare, contestualizzare il significato di un intervento che invece potrebbe addirittura essere interpretato come un gesto di insofferenza . Lo Zingarelli ci ricorda che il cesarismo "è una dittatura politica personale legittimata da un plebiscito e garantita dall’esercito". Il Cavaliere con la forza derivante dal suo partito, il ruolo di primo ministro, la maggioranza cospicua, padrone di televisioni, potrebbe essere un Cesare moderno che agli altri lascia soltanto le briciole. D’altronde basta ricordarsi del famoso "veni, vidi, vici" per commentare la denuncia di Fini che a quanto pare ha colto nel segno.

lunedì 24 novembre 2008

Cucù! Sono il cav. Degrado

A Villa Madama, la piccola Versailles del Pdl, la destra si diletta a cenare in “petit comité”, come usava ai tempi del Re Sole. Nel tintinnare dei cristalli è forte, irresistibile, la tentazione di spargere discredito sull’opposizione e di millantare all'inverosimile i propri successi. Tuttavia, a dispetto dei riti di Palazzo, la crisi non resta fuori dalla porta .

di Renzo Balmelli
EROSIONE - L’Italia, al pari degli altri paesi , sta vivendo un momento difficile che minaccia di peggiorare in modo esponenziale. La maggioranza “ bulgara” oltre a non mantenere le promesse elettorali ormai non riesce a incanalare il malumore che serpeggia nel paese. Berlusconi in questa fase delicatissima ha scelto di “governare da solo”, attraverso decreti legge che di fatto escludono il concorso di deputati e senatori. Ma il pugno duro non arresta l’erosione della fiducia oltre che del potere d’acquisto. La luna di miele con i cittadini sta vivendo un passaggio critico ed il consenso è sceso di quattro punti, un calo sensibile per chi veleggiava dall’alto di percentuali imbarazzanti. Il premier cerca vie d’uscita e tiene aperto il fronte della conflittualità per isolare il sindacato più importante, la Cgil, indicandolo all'opinione pubblica come un ostacolo intollerabile alle riforme. All’occorrenza potrà cosi’ crearsi un nemico interno, un alibi’ di comodo, su cui scaricare le responsabilità del proprio fallimento. Anche l’ultimo “ exploit” del ministro Renato Brunetta ( “ i fannulloni stanno a sinistra) rientra in questa strategia sfascista priva di lungimiranza. In bocca a colui che si professa “socialista” senza averne i titoli, la sciocca provocazione diventa - rubando la battuta a Massimo Cacciari- una vera “ catastrofe estetica”.

INCOGNITA - Al cospetto dello tsunami che sta mettendo in ginocchio l’economia mondiale, nelle stanze dei bottoni i potenti di turno si muovono in ordine sparso, incapaci di proporre soluzioni originali e coraggiose. Per la verità non è una storia nuovissima. Già nel settecento, l’epoca in cui è ambientato “ Il grande gioco”, l’affascinante romanzo dello svizzero Claude Cueni che narra la vita di John Law, inventore delle banconote, accadde qualcosa di analogo, sebbene in condizioni sociali molto piu' devastanti. Il geniale e spregiudicato finanziere scozzese, anticipatore del nostro presente, creo’ l’illusione che fosse possibile strappare alla fame masse di servitori della gleba con l’ausilio di un semplice pezzo i carta. E all’inizio ci riusci’. In realtà il suo progetto di “ finanza creativa” dopo un avvio promettente fini’ col produrre una spaventosa inflazione. Esattamente come le ipoteche americane, le famigerate “subprime” prive di qualsiasi copertura , che hanno originato la catastrofe che stiamo vivendo. Appena il fenomeno fu evidente i risparmiatori dell'epoca si liberarono in tutta fretta di titoli che non valevano piu’ niente e il sistema fece bancarotta. Ne piu' ne meno come oggi. Tra miserie e splendori, i calcoli dello scozzese avevano trascurato un’incognita fatale: l’imprevedibilità della natura umana che nessuna teoria finanziaria, per quanto audace, puo’ controllare. Se la realtà a volte supera la fantasia, il libro di Cueni ( Tropea editore) ne è la dimostrazione evidente.

INGERENZA - Al Vaticano non basta avere nell' Italia un ligio protettorato affidato alle cure del proconsole Silvio. Il sipario non era ancora calato sulle elezioni americane che già la Santa Sede iniziava le grandi manovre per esorcizzare la svolta liberal della Casa Bianca. Se non fosse un’espressione troppo cruda - ha scritto Massimo Franco sul Corriere della Sera - si potrebbe parlare di “ guerra preventiva”. I punti di maggior divergenza confluiscono sui temi delicati come aborto, eutanasia, bioetica.Ce n’é abbastanza per ritenere che il Vaticano, spaventato dal fantasma della" deriva culturale e del relativismo morale", diffidi di Obama e del suo staff nel timore che si ispiri al modello politico della Spagna socialista di Zapatero. La diplomazia d’oltre Tevere farà dunque del nuovo presidente un osservato speciale, pero’ secondo codici che finiscono per essere un avvertimento esplicito a quanti, sotto il cielo di Roma , guardano a Obama come un modello etico oltre che politico. Se non è ingerenza questa!

CUCU’ - A quando un vertice con secchiello e paletta? Per ora il premier si è divertito a giocare a nascondino con una esterefatta Angela Merkel. La cancelliera, da compita lady di ferro berlinese, ha risposto al “cucu’” del Cavaliere in quel di Trieste allargando le braccia in un gesto che la diceva lunga sul suo imbarazzo. Ma c’é da scommettere che Silvio ha in serbo altre sorprese. L’ennesima trovata di Berlusconi con i «grandi» della Terra ha fatto il giro delle capitali dove ormai fioriscono gustose previsioni sul prossimo siparietto dell’incontenibile inquilino di Palazzo Chigi. Se davvero, com'é sua intenzione, riuscirà a fare incontrare Obama e Medvedev a Pratica di Mare, sarà in spiaggia - si dice in giro - in spiaggia a costruire castelli di sabbia. D’altronde in un governo che preconizza il ripristino del grembiulino a scuola, era inevitabile, quasi freudiano, che sbocciasse l’irrefrenabile pulsione a tornare bambini. Con il massimo rispetto per tutti gli altri bambini, quelli veri!

DEGRADO - “Nonostante la retrorica del maestro unico, l’insegnamento scolastico è a un livello migliore in Italia che altrove. Ma si sprecano le risorse”. A parlare cosi’ è Paolo Macchiarini, toscano di Pisa, 50 anni, il chirurgo che ha eseguito il primo trapianto al mondo di una trachea rigenerata da cellule staminali del ricevente e quindi a zero rischi di rigetto. Straordinario, eccezionale. Solo che il rivoluzionario intervento, anziché in patria, è stato eseguito a Barcellona dove, diversamente da quanto accade nel Bel Paese, la ricerca non è in mano ai “ baroni” del potere. Il professor Macchiarini è uno dei tanti cervelli in fuga che solo all’estero hanno potuto continuare a inseguire il loro sogno di studio e ricerca. I tagli della Gelmini, l’Università in affanno rendono l’esodo una scelta spesso obbligata, ancor piu’ spesso condizionata. Sul sito di Repubblica, promotrice in questo periodo cruciale di una coraggiosa iniziativa per individuare i guasti del sistema, in pochi giorni sono stati già oltre duemila i racconti di coloro che sono partiti per sfuggire al degrado e alle bizze di una mentalità nepotista che ha perso il contatto con i cittadini.



lunedì 17 novembre 2008

PRESTIGIO IN CALO

Nessuno, come il Cavaliere, è mai stato così contento di sé e insieme così “incompreso”, e cosi’ spesso, sulla scena internazionale.

di Renzo Balmelli
Ci sono momenti in cui la storia compie un balzo. Gli elettori americani in un giorno hanno provato a cambiare i destini del mondo. L'avvento del figlio di un africano alla Casa Bianca sta spingendo miliardi di persone, pur nel mezzo di una crisi spaventosa, a interrogarsi sui valori profondi della democrazia, la più straordinaria conquista civile dell'umanità, in fondo a un cammino secolare di dolore e intolleranza.

Le posizioni assunte dal Pdl di fronte a questa trasformazione sono state, oltre a quanto si temeva, un miserabile faux pas di cui la maggioranza vorrebbe ora cancellare qualsiasi traccia. Una delle pagine piu’ brutte dell’era berlusconiana.

Non sorprende che da un sito all’altro continuino a rimbalzare le voci di molti lettori, persuasi che per il bene del paese sia necessaria una svolta radicale e che ci voglia accanto a un eventuale Obama nostrano anche un conservatore come McCain alla guida della destra.

A prima vista cio' puo' sembare un paradosso, e magari lo è pure, non privo tuttavia di qualche solida ragione. Se non altro, optando per una leadership di governo che dia maggiori garanzie di serietà, verrebbero risparmiate le brutte figure che a frequenza ormai regolare offrono la peggiore immagine dell’Italia nel mondo.

Quando il pensiero corre alle “ berlusconate”, fuori dagli italici confini si fa spallucce: stupidaggini, una via di mezzo tra barzellette e pessimo cabaret. Insomma nulla di cui essere particolarmente orgogliosi. Con tutti i problemi che affliggono l’umanità, è triste, triste e deprimente, doversi occupare ancora del premier impertinente, ormai in procinto di entrare nella galleria dei “gaffeur seriali”.

Per il mondo il leader del Pdl è un istrione, a volte spiazzante e incontrollabile, le cui uscite a ruota libera già in passato hanno colpito gravemente l'immagine e la dignità della Repubblica Italiana sulla scena internazionale. Ne ricordiamo una per tutte, vero apice di cinismo, che la dice lunga sull’autore: “Arafat mi ha chiesto di dargli una tivu’ per la Striscia di Gaza. Gli mandero’ Striscia la notizia”.

Dopo l’ennesima, incredibile performance dedicata al colore "abbronzato" della pelle di Obama, si leggono in rete migliaia di messaggi dal tono inequivocabile, che fanno fede del profondo disagio provato dagli italiani quando all’estero vengono, inevitabilmente, interpellati sugli scherzi internazionali di Silvio.

Pessima impressione non certo attenuatasi dopo la telefonata del presidente eletto. Il prossimo inquilino della Casa Bianca ha salvato le formalità di rito per deferenza verso l'Italia. Tuttavia, il cospicuo ritardo rispetto ai colloqui telefonici con gli altri leader del G8 è stato diplomaticamente significativo. Niente male per colui che si considera il “meglio fico del bigoncio”, uno al quale tutto è dovuto.

Nessuno, osserva Gian Antonio Stella, è mai stato cosi’ contento di se stesso e insieme cosi’ “incompreso”, e cosi’ spesso, sulla scena internazionale. Insomma: tutto si può dire di Berlusconi meno che con lui sia aumentato il prestigio dell'Italia nel mondo, un paese noto ovunque per lo stile e un certo buon gusto che ha fatto le fortune del "made in Italy", un fiore all'occhiello che ora pero' si trova messo a malpartito dai cattivi maestri della politica.

In attesa della prossima intemperanza gli elettori italiani avranno forse il tempo di aprire gli occhi e, ispirandosi alla lezione americana, di porsi qualche interrogativo sull’affidabilità di chi li guida e rappresenta, con poco merito e scarsi risultati, in patria e all’estero.

lunedì 10 novembre 2008

Il trionfo di Obama e il tonfo del Cav

di Renzo Balmelli
IL TRIONFO - Barak Obama era venuto per vincere, ma ha fatto qualcosa di piu’ significativo, ha risvegliato il "dream", il sogno americano. Nel nuovo mondo un giovane presidente ha mostrato" che nulla è impossibile se si è disposti a crederci fino in fondo. "America can change. Yes, I can". L’America cambierà. Si puo’ fare! Con questo suo slogan, tanto semplice quanto efficace, Obama ha indovinato la ricetta giusta per rianimare un paese che ormai era in letargo, svuotato degli ideali che sono stati una potente calamita per milioni di individui in cerca di riscatto e libertà. Di solito i sogni devono fare i conti con la realtà che specie nel clima della globalizzazione sfrenata è oltremodo dura, spietata.

Ma l’alfiere democratico ha colto nel segno, ha parlato col cuore lasciando intravvedere un’alba nuova che vuol dire piu’ dignità, piu' rispetto, piu' attenzione per coloro che vivono nel cono d’ombra del benessere. Certo, siamo ancora allo stadio nell’immaginazione, non del fare. La presidenza Obama sta suscitando attese immense che richiederanno sforzi ciclopici per rimediare ai guasti della precedente amministrazione. Caso mai potrà consultare Prodi che si è trovato nella stessa situazione, ma circondato da "amici" meno affidabili. Che il clima pero’ sia mutato si intuisce proprio da come reagiscono i suoi avversari, dentro e fuori gli Stati Uniti.

I guardiani dell’establishment, i baroni di Wall Sreet, timorosi di perdere potere e privilegi, spaventati dal vento nuovo che soffia nei luoghi dove hanno spadroneggiato, provano a esorcizzare il futuro. Nei loro giornali circolano titoli penosi, intrisi di livore, titoli tipo "Obama, strano, ma nero", apparso a caratteri cubitali su un quotidiano di Milano Non c’è nulla da fare, la destra alza barricate quando finisce nell’angolo, quando si scopre impotente al cospetto di coloro che accendono il motore del cambiamento e non hanno nessuna intenzione di avanzare col freno tirato. Nel recente passato, seppure in un altro contesto, qualcosa di drammaticamente analogo accadde ai fratelli Kennedy, John e Bob, ed a Martin Luther King, cha pagarono con la vita la loro audacia nel rompere gli schemi. Un secolo e mezzo dopo l’introduzione dell’emendamento che aboli’ la schiavitu’, il primo candidato afro-americano conquista la Casa Bianca in modo trionfale, vincendo dall'Est all'Ovest, con un'onda d'urto che ridisegna la mappa elettorale degli Usa.

Non c'è dubbio che si è trattatto di un trionfo culturale oltre che politico. Ora Barack Obama si accinge a compiere uno dei più grandi viaggi della sua vita. Con la straordinaria vittoria nella corsa alla Casa Bianca, lo sfidante democratico di Mc Cain, che è comunque uscito dalla contesa da uomo valoroso, si è addossato uno dei compiti piu’ esaltanti, ma anche piu’ difficili per un leader. Difficile, arduo e lungo una strada costellata non soltanto di fiori. Tempo a disposizione per disegnare i contorni della svolta l'eletto non ne ha molto. Senza indugi, per tenere viva la luna di miele con gli americani, dovrà rimboccarsi le maniche per rivestire di atti concreti le speranze di milioni di cittadini che esausti dopo i disastri targati Bush hanno deciso di voltare pagina.

Nel terzo millennio la storia non si ferma ad aspettare. E gli elettori neppure. Vogliono fatti e li vogliono subito. Roba da far tremare le vene ai polsi anche ai valorosi nocchieri di Conrad. Nella insurrezione nazionale e pacifica contro il peggior governo americano del dopoguerra, il senatore dell’Illinois trova in eredità quanto di peggio si possa immaginare per dare inizio a una nuova era: due guerre, Afganistan e Iraq, e la piu’ terribile crisi finanziaria che l'America e il mondo hanno conosciuto dopo l’incendio del l929. La ripartenza non sarà uno scherzo. "Non sappiamo, e nessuno lo puo’ dire" - ha scritto Vittorio Zucconi su Repubblica - "se Obama sarà un buon presidente, se riacciufferà l'economia americana dall'abisso nel quale sta precipitando, se ritesserà la maglia di amicizia, di stima internazionale, di condivisione con il resto del pianeta che il suo predecessore ha lacerato nonostante la piaggeria degli inutili cortigiani alla Berlusconi".

Non sappiamo se il candidato paragonato a Kennedy e giunto al traguardo nei panni dell' uomo capace di evitare il tracollo con un altro "new deal", saprà vincere la sua battaglia. Ma una cosa sappiamo: ce la metterà tutta. La sua elezione è la rivincita dell'intelligenza che finalmente riporta nello Studio Ovale il gusto per le buone letture. L'elettorato americano ha mandato in soffitta un ciclo presidenziale segnato dalla mediocrità spacciata per grande visione morale, un ciclo deprimente, oppressivo, triste, che sembrava non dovesse finire mai. Grazie a questa epocale inversione di rotta sta forse per realizzarsi il sogno universale ( I have a dream) della società multirazziale avanzata. Con essa crescono le speranze che i popoli della terra riescano a dialogare, a incontrarsi ed a unirsi in uno spirito di pace, coltivando la prospettiva di costruire un mondo nuovo. L’ America, riscoprendo la sua parte migliore, ha ritrovato la forza per tornare a credere nella democrazia che pareva ostaggio dell’antipolitca. E’ ora di cambiare. Si puo’ fare! Per questo la destra è inquieta.

SQUALLORE - Il clima delle capitali est europee risulta indigesto a Berlusconi che quando si muove da quelle parti, come già fece a Sofia e Bucarest, ne combina di tutti i colori. Per il nuovo exploit ha scelto Mosca dove é tornato a parlare di Barak Obama che a suo dire é bello, intelligente e anche “abbronzato”. La pesante allusione al colore della pelle del neo eletto presidente evidenzia un dato già noto: nella destra che malauguratamente é toccata in sorte all’Italia, al peggio non c’è fine. L’elezione del senatore afro-americano è stata il pretesto per sciorinare battute da osteria, una piu’ squallida dell’altra. Ha cominciato Maurizio Gasparri (con lui alla Casa Bianca "forse Al Qaeda è più contenta"), ma il fondo, come abbiamo visto, è stato toccato nientemeno che dal premier, incapace di tenere a freno la lingua. La clamorosa gaffe è l'ennesima del Cavaliere, che però stavolta non esercita il suo humour sui suoi abituali cavalli di battaglia (donne, sesso o gli odiati "comunisti"). Stavolta sconfina nella questione razziale che mai negli States, durante la campagna elettorale, é stata oggetto di scontri o battute pubbliche.

L’incredibile" performance" berlusconiana, che infrange i piu’ elementari canoni del fair play diplomatico, rischia di oscurare perfino il tristemente celebre "Kapò" rivolto a Strasburgo all'eurodeputato tedesco Schulz. L’unico a non accorgersi dell’effetto dirompente scatenato dalle sue parole, parole che screditano l’Italia sul piano internazionale, è Berlusconi stesso che si ostina a considerare un “grande complimento” la greve insinuazione rivolta a Obama. E addirittura insiste. “Se non hanno il sense of humour allora vuol dire che gli imbecilli sono scesi in campo”. Senti chi parla! E poi, ancora, per completare il disastro, la originale spiegazione del ministro Rotondi, secondo il quale le frasi del Cavaliere "si spiegano con una teoria psicologica per cui fondamento del razzismo è l'invidia dei bianchi per un colore più gradevole". Non c’é dubbio: in questa destra al peggio non c’è fine, non ci sarà mai fine!

CATTIVI MAESTRI - Possibile che la terribile lezione del Terzo Reich non sia servita? Possibile che un giornale serio e autorevole qual’è la Frankfurter Allgemeine possa esprimere ancora oggi giudizi tanto pesanti, offensivi addirittura, nel rivolgersi a Giorgio Napolitano che tiene alti i valori dell’antifascismo e della Resistenza. Sì, è possibile. Purtroppo. Al Capo dello Stato è stato mosso il rimprovero di proseguire la guerra con altri mezzi per non avere fatto sconti al nazifascismo durante la commemorazione dei caduti ad El Alamein. Hanno scritto di lui che è come "uno di quei soldati giapponesi abbandonati nel Pacifico che continuavano a combattere". Nell’ombra i revisionisti italo-tedeschi gongolano. Per l’autore dell’articolo, il giornalista Heinz-Joachim Fischer, è tempo che l’Italia dimentichi i suoi fantasmi. "Del resto - ha aggiunto - vedo che anche alcuni italiani dubitano sull’opportunità di indulgere su quella memoria. Penso al ministro della difesa Ignazio La Russa, tanto per fare un esempio". Quando si dice, i cattivi maestri!

lunedì 3 novembre 2008

Destra da incubo

Vi figuarte un'accoppiata McCain-Berlusconi? Per dirla con la scrittrice Jong, sarebbe un buon motivo per emigrare ad Alpha Centauri. Ma sul pianeta Terra, a Roma come a Washington, ci sono ancora tracce di opposizione alla destra. Che inizia a tremare.

di Renzo Balmelli
L'OPPOSIZIONE NON FINISCE QUI - Consensi in calo per il Pdl - Incredibile, ma vero: a dispetto della maggioranza "bulgara", il trono di Berlusconi mostra le prime crepe. E il premier è visibilmente turbato, teso, inquieto, insofferente alle critiche. Era convinto di avere l'Italia in pugno, ma gli ultimi eventi mostrano un paese non ancora del tutto asservito al revisionismo vincente. Il Cavaliere forse avverte che si è messo in moto un movimento piu' profondo della sola contestazione alla legge Gelmini e reagisce di conseguenza, in maniera scomposta e insolente non appena qualcosa si mette di traverso. Alla sinistra che ritrova il suo ruolo di pungolo, il signore di Arcore riserva epiteti sprezzanti. Scandalosa, irresponsabile, indegna di essere presa in considerazione, truffaldina. Ai giovani e i loro insegnanti che insorgono affinché la scuola sia scuola e non un trastullo della maggioranza, non va tanto meglio. "Facinorosi!", "fannulloni!" e quant'altro. Invece, bisognerebbe prestare la massima attenzione alle istanze che salgono dalla piazza. La "riforma del grembiulino" è stata una scelta disastrosa per il paese. La scuola pubblica è vista dalla maggioranza come il bastione "esecrabile" dell'Italia repubblicana, laica, antifascista. Quindi da mettere in riga. Agire a colpi di decreti scontrandosi con la società, la cultura, gli studenti, un pezzo di società è una strategia mostruosa, incomprensibile, arrogante, antidemocratica.

SCHIAFFO - Ma il premier e i suoi ministri fanno orecchio da mercante. La rabbia di Palazzo Chigi per le proteste che scalfiscono il quadro del "tout va bièn, madame la Marquise" è tale da calpestare addirittura il rispetto dovuto al Capo dello Stato. Il Quirinale ha fatto sentire la sua voce nel dibattito in corso sulla riforma elettorale in vista delle elezioni europee della prossima primavera. Con misura, ma anche con estrema chiarezza, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha segnalato il proprio favore per un sistema che garantisca agli elettori la possibilità di esprimere le loro preferenze sulla scheda, senza penalizzare le minoranze con soglie di sbarramento eccessivamente alte. Quando si tratta di modificare regole, tra le piu' importanti della competizione democratica, quali sono quelle dei sistemi elettorali è necessario un ampio consenso. Risposta del premier: niet. Si vota con le "mie" regole. Uno schiaffo. E l'invito del Capo dello Stato alla correttezza è stato rispedito al mittente con il pretesto che "è molto difficile, se non impossibile, avere relazioni decenti con l'opposizione".

LUNA DI MIELE ADDIO? - La ragione vera di un comportamento tanto irrispettoso è da ricercare altrove. Paura di perdere? Il Cavaliere ha tagliato corto forse perché comincia a sentire il fiato sul collo. Il tentativo in extremis di placare le acque con la decisione di riportare la riforma in commissione non ha contribuito a mitigare la pessima impressione sollevata dall'inaudita e irrituale replica al Colle. Roberto Mannheimer, ricercatore di vaglia, si chiede dati alla mano se la "luna di miele" del governo con gli elettori sia finita. Nessuno può dirlo, ma, certo, il consenso per l'esecutivo guidato da Berlusconi si è notevolmente contratto nelle ultime settimane. Contestazione o logoramento, comunque sia, la percentuale di chi dichiara di valutare positivamente l'operato del governo supera oggi di poco il 40%, a fronte del 60% degli inizi di settembre. E, ciò che è ancora più importante, per la prima volta, osserva Mannheimer, "la percentuale di chi esprime un giudizio negativo risulta prevalente". Berlusconi si ubriaca di sondaggi positivi, ma poi sbatte contro una realtà diversa. Il Pdl per bocca del suo capogruppo è arrivato persino a ipotizzare lo sciopero del canone per ridurre al silenzio la RAI, come se non fosse già abbastanza colonizzata da uomini del premier. La tivù, come gli allenatori di calcio, è un ottimo capro espiatorio per stornare l'attenzione dalle magagne piu' vistose.

SERIETA' - Il premier che non ha mai accantonato il sogno di impadronirsi del servizio pubblico per farne un docile strumento di propaganda rincara la dose ed esorta gli industriali a cancellare gli spot pubblicitari dai programmi dove "si diffondono solo panico e sfiducia". A destra vorrebbero trasmissioni al cloroformio in cui a prevalere non siano i dibattiti e il confronto delle opinioni, ma soltanto le massicce dosi di ottimismo distribuite ai cittadini per diffondere la serenità in salsa berlusconiana. La "mala RAI" giocata in chiave ideologica appare pero' soltanto un ripiego, una scappatoia per mostrare un paese che non c'è, il paese dei quiz e dei lustrini in cui si insegna a vivere felici anche dopo avere perso il lavoro. Il ministro dell'educazione ha detto che grazie alla sua riforma nella scuola si torna alla serietà. Un milione e passa di studenti, da sud a nord, di destra e di sinistra, sono di altro parere e non credono alla bontà della ricetta. Suvvia, Signora, siamo seri, ma seri davvero!

USA: ATTENTI AL TASTO - L'elezione del presidente degli Stati Uniti è un fatto che non riguarda soltanto i cittadini americani. Una scelta in un senso o nell'altro puo' avere conseguenze serie per i popoli di tutto il mondo. A maggior ragione se l'alternativa è tra John McCain, il candidato repubblicano che rappresenta l'establishment conservatore, e Barack Obama sul quale si appuntano le speranze di tutti coloro che non vedono l'ora di uscire dall'incubo Bush. A pochi giorni dal fatidico 4 novembre i sondaggi premiano ancora il senatore democratico dell'Illinois, ma al suo quartier generale i responsabili della campagna sono sul chi vive. Le ragioni di tutta quest'ansia pre-elettorale sono state illustrate dalla scrittrice Erica Jong in una intervista al Corriere della Sera. Secondo l'autrice di "Paura di volare" è risaputo che il sistema elettorale non è immune dalle frodi dei repubblicani. Un colpo di coda dell'ultima ora non è quindi da escludere anche considerando l'elemento razziale, finora appannaggio di pochi fanatici della supremazia bianca, ma che potrebbe fare capolino nel segreto dell'urna. I liberal americani sono in allarme per le trappole che potrebbero essere tese a Obama nel rush finale per la corsa alla Casa Bianca. C'è persino il sospetto che vi siano apparecchi elettorali che fanno votare McCain anche quando si è pigiato il tasto Obama. Forse si tratta solo di una leggenda metropolitana, ma con la destra non si puo' mai sapere. Se i liberal d'oltre Atlantico sono inquieti, anche la sinistra europea, e quella italiana in particolare, sta vivendo con grande partecipazione gli spasmodici, ultimi giorni della corsa presidenziale. La prospettiva di un'accoppiata McCain-Berlusconi, per dirla con la Jong, sarebbe un buon motivo per emigrare ad Alpha Centauri, così si chiama il sistema stellare su cui la scrittrice vorrebbe rifugiarsi se Obama fosse sconfitto. Erica Jong si diverte, d'accordo, ma lo scenario di Roma e Washington gemellate per i prossimi quattro anni nel nome della reazione non è uno scherzo, bensi' un incubo.

lunedì 27 ottobre 2008

Siderale distanza

di Renzo Balmelli
VITTORIO FOA - Ha trascorso otto anni della sua lunga esistenza nelle carceri fasciste. Carceri, non grand hotel. Galere disumane che, al contrario dalle fanfaluche messe in giro dall'attuale premier, non offrivano certo gli agi di una vacanza a cinque stelle. Già qui, nella lettura diametralmente opposta del ventennio, si misura la distanza siderale, incolmabile, tra Vittorio Foa, morto questa settimana a 98 anni, e la destra malauguratamente toccata in sorte all’Italia. Esponente della feconda cultura ebraica piemontese, la stessa di Primo Levi, Foa è stato senza alcun dubbio l’anima della democrazia e della sinistra italiana. La sua dedizione alla causa della libertà, cui pago’ un duro prezzo, ne fa una delle figure di maggiore integrità e spessore intellettuale del Novecento. Sindacalista, scrittore e padre nobile del socialismo dal volto umano, incarno’ i valori dell’antifascismo che continuo’ a interpretare con immutata dedizione nell’attaccamento alla Costituzione repubblicana e ai principi resistenziali in essa custoditi. Quando se ne vanno testimoni del suo calibro, esempio di rettitudine e rigore morale, crescono i reucci di Arcore e gli squallidi cortigiani che gli stanno intorno.

RISPOSTA MUSCOLARE - Quando si tratto’ di epurare i giornalisti a lui sgraditi, Berlusconi colse l’occasione di un viaggio a Sofia. Da lì nacque il famigerato "editto bulgaro". E ora come allora per smentire le recenti affermazioni sul ricorso alla polizia nelle scuole, il premier si è trincerato dietro il paravento di un viaggio a Pechino, palcoscenico meno scomodo della capitale italiana. Ma il vezzo di contraddire se stesso nel giro di poche ore non ha convinto nessuno. A tal proposito, la vignetta di Giannelli sul Corriere della Sera non poteva essere piu’ eloquente. Il governo “in carica”, in tenuta antisommossa, vi è raffigurato mentre si prepara a “caricare” gli studenti che contestano la riforma del ministro Gelmini, piu’ nota come riforma del grembiulino. La vastità della protesta giovanile, alla vigilia del 25 ottobre, la giornata in cui l’opposizione dovrebbe rialzare la testa, non fa dormire sonni tranquilli alla maggioranza. Tutti nel governo sono spiazzati davanti a una protesta che non vuole essere definita, svicola da qualunque tentativo di abbraccio della politica organizzata e, anzi, tende a organizzarsi da sola, apparentemente con il massimo della semplicità. E cio’ la rende ancora piu’ “pericolosa” agli occhi del potere che vorrebbe zittirla, cancellarla. Le minacce del premier non hanno nessuna presa sulla contestazione che si muove in stile quasi “sessantottino”, senza lasciarsi ingabbiare, e cresce come un fiume in piena per rivendicare il diritto di studiare meglio e di piu' e non pagare dazio alla crisi dei mercati. Ancorché seguita da un pietoso tentativo di smentita, la risposta muscolare alle istanze che salgono dal mondo della scuola mostra quanto la destra e il suo leader siano inclini a soffiare sul fuoco piu' che cercare la via del confronto democratico.

QUIZ VERITA’ - I quiz , per dirla con Fantozzi, sono una boiata pazzesca. Ma a volte dietro l’insulsaggine del programma, trapelano spicchi di verità che non coincidono con l’immagine a tinte rosa del paese di cui mena gran vanto la propaganda governativa. Gli italiani in effetti, statistiche alla mano, sono sempre piu’ poveri. Secondo la Caritas l’elenco delle persone che per mancanza di mezzi non possono neppure ritagliarsi una povertà dignitosa si allunga a dismisura. Sarà magari un corso superficiale di sociologia spicciola, ma gli sforzi stralunati dei concorrenti che sperano nella fortuna per realizzare un piccolo, modestissimo sogno sono la testimonianza senza trucchi e senza inganni di come si vive veramente all’ombra del benessere nel “paradiso berlusconiano”. Magari con mille euro al mese o addirittura meno della metà. Sono cifre che danno da pensare. A maggior ragione quando si prova a riflettere sui 140 milioni dei contribuenti che il Cav. ha regalato a Catania per fare un favore agli amici degli amici.

BROGLI “MADE IN USA”. - Nelle elezioni, quando c’é di mezzo la destra decisa a scongiurare la perdita del privilegi, chissà perché non è raro sentire aleggiare nell’aria l’odore sulfureo dei brogli. Il fenomeno torna a manifestarsi alla vigilia delle presidenziali americane che negli ultimi giorni di corsa alla Casa Bianca rischiano di essere dominate da oscure vicende. Non siamo al Watergate (lo scandalo che costrinse Nixon a una resa infamante), ma il clima è carico di veleni. La battaglia inizialmente verbale, nel campo repubblicano si è trasformata in uno scontro senza esclusione di colpi per demolire Barak Obama, ormai quasi irraggiungibile nei sondaggi. Dopo l'invenzione di "Joe l'idraulico", le accuse al senatore dell’Illinois sono state quelle di essere amico dei terroristi e di promuovere un programma economico "socialista". Ora però si è passati alle intimidazioni. Diversi Stati - soprattutto quelli "in bilico" ma tradizionalmente repubblicani (North Carolina, Ohio, Pennsylvania) - sono sottoposti a fortissime pressioni perché cancellino dalle liste migliaia di elettori che potrebbero spostare l’ago della bilancia a favore di Obama. Torna alla memoria il precedente del 2000, con il riconteggio della Florida, e la vittoria di Bush per poche centinaia di voti in circostanze dubbie e mai chiarite. Mai, in quasi mezzo secolo, le elezioni presidenziali sono state "sentite" come quelle di quest'anno, mai tanta gente è coinvolta in quello che viene percepito come un possibile cambio epocale. I repubblicani, logorati da otto anni di potere fallimentare non riescono a intercettare il disagio e provano dunque a screditare l’avversario con insinuazioni ignobilmente faziose.

lunedì 20 ottobre 2008

Che paese è mai questo?

di Renzo Balmelli
MAI SOLO
Che paese è mai questo, se la camorra ha un potere talmente sconfinato da pronnciare condanne a morte scrivendo il libro nero dei conti da regolare. In che mondo viviamo, se Roberto Saviano, uomo simbolo di Gomorra e vittima sacrificale designata dai padrini, cerca scampo nell'esilio per riprendersi la sua vita, per resistere, resistere, resistere.

Ebbene, sì. E' lo stesso paese di Marcello dell'Utri, senatore del Pdl, che esalta Mussolini "statista di vaglia e grande capacità politiche". E' il paese delle classi separate per gli stranieri sul modello in auge un tempo negli stati segregazionisti. E' il paese della ragazza marocchina punita dalle compagne varesine per avere infranto la gerarchia razziale su un mezzo pubblico. Ricordate: "White only", solo per bianchi!

E' il paese del tifo violento, croci celtiche, saluto romano, canti del ventennio. E' il paese il cui premier, sfidando il ridicolo, tuba mano nella mano con Bush e pretende sia storia cio' che invece è soltanto un'operetta mediatica da quattro soldi. Lina Sotis dixit: sembrava l'incontro di due vecchie marchese.

Che paese è mai questo? Solo questo? No, assolutamente no. Per fortuna c'è anche l'altra Italia, l'Italia migliore, il paese di Giorgio Napolitano e di tanta, tantissima gente per bene, la stragrande maggioranza, a volte senza voce, ma mai rassegnata, che manda un accorato messaggio di incoraggiamento a Saviano: "non sei solo!".

GOVERNO-AZIENDA -
Da quel gran furbone che è, populista e incantatore di serpenti, governa a suo piacimento come se l'Italia fosse una sua proprietà di famiglia. Si regge a colpi di decreti, fiducia e lodi Alfano che via via salvano lui ed i suoi amici.

Il suo modo di procedere è sempre piu' simile a una gestione aziendale dalla quale è bandito il dissenso. Ha traslocato la stanza dei bottoni da Palazzo Chigi a Palazzo Grazioli, la sua residenza privata, in cui sono ammessi soltanto i fedelissimi sacerdoti dei suoi riti.

Nonostante tutto questo, il 62 per cento degli italiani (sondaggio di Repubblica) ha fiducia in Berlusconi come premier, come leader e come capo del governo.

La crisi economica e le pessime notizie che arrivano dal fronte della spesa pubblica, del costo della vita e dell'inflazione non scalfiscono la sua immagine di uomo solo al comando. Anzi, i consensi salgono a vista d'occhio.

"Che volete - dicono i suoi - lui è fatto cosi, non guarda in faccia a nessuno e vince sempre". Col cav! Vediamo di non trascurare la domanda piu' inquietante suggerita da percentuali talmente imbarazzanti da sembrare non veritiere: uomo solo oppure sindrome dell'uomo forte? Chi puo' dirlo?

Dopo tante, ripetute e tollerate operazioni-nostalgia la deriva è ormai dietro l'angolo. E non è una prospettiva allettante.

martedì 14 ottobre 2008

DELL'AVIDITA', DELLE DERIVE E DI UNA BUFALA STORICA

Nessuno è innocente nella crisi che ogni giorno manda in fumo tanti miliardi quanti ne basterebbero per sfamare mezza Africa.

Men che meno i governi.
di Renzo Balmelli

AVIDITA’
Nessuno è innocente nella crisi che ogni giorno manda in fumo tanti miliardi quanti ne basterebbero per sfamare mezza Africa. Men che meno i governi, che oggi si affannano a tamponare il fallimento inesorabile del modello liberista, senza etica e senza regole.

Troppo a lungo i grandi del pianeta hanno tollerato le logiche perverse di chi ha inseguito l’avidità smodata a scapito della buona finanza, facendosi cogliere impreparati quando la bolla speculativa è esplosa col fragore di un’atomica.

Ora i Caimani si affidano all’aiuto provvidenziale dello Stato, di cui fino ad oggi hanno detto peste e corna, per provare a uscire indenni dalle loro malefatte. C’è pero’ qualcosa di indecente nel loro atteggiamento, un misto di arroganza e incoscienza che la dice lunga sulla loro totale mancanza di scrupoli.

L’azione salvifica della mano pubblica potrebbe tuttavia non bastare ad arrestare la cancrena che rode il sistema se prima la politica non tornerà a riprendere il controllo della situazione, facendo valere il suo primato sull’economia e dettando codici severissimi di comportamento a chi ne ha fatte di tutti i colori.

Il “new deal” che dovrà riportare la fiducia nelle case avrà qualche possibilità di riuscire unicamente se si muoverà nel rispetto della moralità a misura d’uomo. E’ la premessa indispensabile per costruire una nuova società sulle macerie prodotte dalle follie della nuova ingegneria finanziaria.

Il pensiero corre al 1929, allo sfacelo che nel giro di pochi anni, complice l’indifferenza della destra, fece precipitare il mondo nel baratro della guerra.

DERIVE
Berlusconi si è morso la lingua quando si è accorto che il paese non era in gramaglie all’annuncio che avrebbe disertato i salotti televisivi. Per Beppe Severgnini, bravo scrittore e fine umorista del Corriere, è un caso di tentato matricidio da video.

Con o senza tivu’, il Cavaliere tuttavia non recede dalla tentazione di governare quanto piu’ possibile con decreti legge urgenti che snaturano le prerogative del Parlamento.

Non pago di rifarsi al modello accentratore di Luigi XIV (l’état c’est moi) , il premier mostra anche di non tenere in nessun conto l’opposizione, ossia l’altra metà del paese, liquidandola con giudizi sferzanti che tendono a sbilanciare gli equilibrio dello Stato a favore del governo.

Nel solco delle derive autoritarie, si torna cosi’ a parlare del rischio-fascismo. Vicenda storica chiusa da decenni, ma mai archiviata a causa dei rigurgiti sul ventennio e Salo’.

L’uomo di Arcore, avvitatosi sul suo protagonismo, ignora platealmente il dovere della concertazione che potrebbe contribuire a svelenire il clima instauratosi nel paese dopo il cambio di maggioranza.

Sbaglia. Con la crisi incombente, crisi non soltanto dei mercati, ma profonda a tal punto da mettere in discussione la democrazia, sarebbe urgente dare inizio all’era dei governi “intelligenti”, per raccogliere le sfide con migliori probabilità di riuscita.

Vista l’aria che tira, l’Italia dovrà attendere fino alle prossime elezioni.

BUFALA STORICA
In una fase di grandi difficoltà per le finanze, i consumi e il potere d’acquisto dei cittadini, l’Italia si avvia verso un federalismo fiscale costoso e pasticciato. Esso, invece di ridurre spese e tasse, finirà con l’aumentarle.

Per mere considerazioni di opportunità elettorale si è messo in piedi in qualche modo un disegno di legge che è soltanto una scatola vuota, lastricata di ciarle.

Dal consiglio dei ministri è uscita soprattutto una concessione a Umberto Bossi, una sorta di bandiera simbolica consegnata ai Lumbard e che ha tutto il sapore di un surrogato, di uno scambio di favori tra Pdl e Lega.

Quando pero’ si passerà dalla filosofia (quale?) all’aritmetica si scoprirà magari che la "riforma storica" di cui mena vanto la propaganda ufficiale altro non è, in verità, che una "bufala storica" pagata dai contribuenti e destinata a ingrossare le fila degli spreconi.

A quel punto lo slogan “Roma ladrona” non avrà piu' lo stesso significato.

lunedì 6 ottobre 2008

Ritornava una rondine al tetto...

Veltoni cambia stle e milioni di elettori sperano che si inizi finalmente a rompere l’ipnosi del Cavaliere. Chissà!
di Renzo Balmelli
SCONGIURI - Oddio. A sentire gli analisti la vera recessione comincia ora. Senza essere esperti, avevamo intuito qualcosa del genere. Il dubbio si è fatto certezza quando nel bel mezzo dello tsunami che ha investito il mondo della finanza, Berlusconi ha garantito, mano sul cuore, che gli italiani non perderanno nemmeno un euro dei loro risparmi. Sapendo cosa valgono le promesse del Cavaliere, si dovrebbero cominciare a fare gli scongiuri. In effetti, visto il marasma in cui versano i mercati, sarebbe piu’ giudizioso non illudere chi rischia di pagare di tasca sua le follie dei semidei dell’olimpo di Wall Street. Questo crollo forse non avrà le conseguenze drammatiche come nel 1929, ma ci sta andando terribilmente vicino. Malgrado cio’ il capitalismo senza regole non dà segni di ravvedimento. Anzi. Con la scusa che l’economia deve salvarsi da sola, i padroni del vapore già intrecciano losche manovre per pilotare i cambiamenti in modo che nulla cambi. La crisi in corso celebra la fine del mercatismo, ma negli USA i liberisti a oltranza della base repubblicana si dannano l’anima per bloccare l’intervento salvifico dello stato che giudicano una deviazione verso il socialismo Intanto pero’, guarda caso, la sola industria a macinare utili è quella bellica, prova elquente delle storture “ideologiche” sulle quali si regge il sistema. Che la finanza avesse smesso di avere i piedi ben piantati per terra, lo sapevano tutti. Nessuno pero’ aveva valutato l’ampiezza devastante del fenomeno.

SADISMO - Quando la lotta alla criminalità diventa un bieco pretesto per racimolare consensi fondati su un clima di paura, le conseguenze si pagano a caro prezzo. E cosi’ è stato. Dal giorno in cui la destra è andata al potere, il giro di vite adottato dal governo italiano nei confronti dell’immigrazione ha cominciato a produrre danni sempre piu’ gravi. Il frutto avvelenato della "tolleranza zero" ha instaurato, poco alla volta, un clima culturale miserabile che alimenta il grande sport nazionale: la caccia al povero cristo, al “negro”. A Parma, nella civile Parma di Stendhal, di Verdi e delle violette - si compiono gesti ripugnanti di prevaricazione dell’uomo sull’uomo, gesti al limite del sadismo. In provincia come nelle metropoli, nella Treviso o nella Verona degli sceriffi leghisti come nella Roma di Alemanno e nella Milano della Moratti, si assiste a un delirio di norme incivili che aprono ferite profonde nel tessuto sociale. "Nel momento stesso in cui si riscrive la storia delle leggi razziali nell'urgenza di rivalutare il fascismo, si
testimonia - denuncia Curzio Maltese su Repubblica - quanto il razzismo sia una malapianta nostrana che apre la porta a ogni abuso". Una malapianta per la quale un sindaco di provincia o un vigile di periferia si sentono depositari di un potere di vita o di morte su un "negro". Brava questa maggioranza che alleva gli istinti peggiori!

IPNOSI - Mentre in Italia si rilasciano patenti di nobilità alla repubblica di Salo’, in Russia si riabilita il regime degli Zar. Quando Veltroni nella sua sofferta folgorazione sulla via di Damasco della politica accosta Putin a Berlusconi ovviamente coglie nel segno e lancia un messaggio sul rischio di un grave ritorno indietro capace di destabilizzare la democrazia. Il timore purtroppo è che il leader del Pd arrivi in ritardo sulla scena, ormai interamente presidiata, condizionata e declinata dal “delirio di onnipotenza berlusconiano”. Anche se non è il Ventennio (non ancora) l’allarme è sacrostanto. Il profilo del Cavaliere è di colui che ogni giorno, ormai sicuro dell’impunità, scommette sul suo ruolo decisionista e strattona le prerogative del Parlamento senza più nemmeno curarsi di salvare la forma. La disinvoltura con la quale ha deliberato uno stanziamento di 140 milioni di euro per soccorrere le finanze del comune di Catania, rovinate dall’incompetenza della destra, ne è una dimostrazione vistosa ed eloquente. Ora l’opposizione mostra di volere rialzare la testa per riprendere il combattimento e ridare dignità e visibilità all’Italia meno protetta. La manifestazione del 25 ottobre dovrebbe costituire lo spartiacque, un passaggio politico di grande importanza, l’inizio di una strategia durissima volta a rompere l’ipnosi del Cavaliere. Milioni di elettori sperano ardentemente che sia davvero cosi', che non si ripeta il fallimento delle ultime elezioni. Chissà! La voce della sinistra, come la rondine del Pascoli, pigola ancora troppo piano nel suo nido lontano per essere certi che la svolta si compia in nome di ideali comuni e condivisi. Ci vorrà tempo per recuperare la fiducia dopo i clamorosi errori che di fatto hanno consegnato il paese nelle mani di un "quasi-regime" la cui ombra si allunga. E si allunga, dicevamo, anche sul fallimento di Catania, che, per inciso, viene pagato dai contribuenti che hanno votato il signore di Arcore.

martedì 30 settembre 2008

Veltrusconi, adieu

di Renzo Balmelli
MONOLOGO - A detta degli esperti, siamo dunque alla fine dell’infausto periodo passato in archivio col nome di “veltrusconismo”. Buono, anzi, ottimo! La breve stagione del dialogo tra il Cavaliere e il leader del Pd - dialogo che in realtà non c’è mai stato - chiude una fase segnata dagli equivoci. Ognuno torni al suo posto, senza gabellare patetici “embrassons nous”. Con questa destra è semplicemente impossibile trovare un minimo comun denominatore. Berlusconi è abile nel fingere di lanciare ponti affinché gli altri vengano nel suo giardino, ma soltanto alle condizioni che meglio gli aggradano. Finché il dialogo sarà un monologo, mi pare ovvio che i due continueranno a non parlarsi.

MESSAGGIO - Appena tornato da New York, Walter Veltroni assicura - bontà sua - che il Pd nei sondaggi è intorno al 30 per cento e continua a salire. E va bene: un pizzico di retorica non guasta, perché la politica è una merce da vendere come qualsiasi altro prodotto. Ma rincorrere Berlusconi sul saliscendi dei sondaggi non ci pare un’idea molto originale. Il Cavaliere si pavoneggia “con percentuali di consenso imbarazzanti” che pero’ nella vicenda Alitalia non sono valse a fargli vincere la partita. L’auto-elogio si scioglie come neve al sole quando la crisi arriva sul serio. La priorità è dare ai cittadini un messaggio vero, affrancato dal circo mediatico a cui si abbevera il premier. ll clima è pesante, c'è una cappa di piombo sul Paese e l’opposizione ha il dovere di rimettere al centro del dibattito le questioni economiche che come negli USA hanno rovesciato a favore di Obama l’andamento della campagna presidenziale. Alla lunga con gli slogan di facile suggestione di cui si avvale la destra non si va da nessuna parte.

RESISTERE - Se non è censura, poco ci manca. Un primo indizio il No ad Oliver Stone e al suo film su George W. Bush che, benché attesissimo, non figura nel cartellone del festival di Roma. No, perché quella ricostruzione così "apocrifa" della vita politica del Presidente degli Stati Uniti non piace a Berlusconi, amico fraterno dell'America. Un secondo indizio è la perquisizione nella redazione dell’Espresso che sta pubblicando, guarda caso, un’inchiesta sugli intrecci tra politica e camorra. Una pesantissima intimidazione, tesa a limitare la libertà d'informazione. Se a questo quadro già di per se sconcertante aggiungiamo la freddezza con la quale nei ranghi della maggioranza è stata accolta la designazione di “Gomorra” all’Oscar per il miglior film straniero, c’è davvero di che restare allibiti. Il lavoro del regista Matteo Garrone ha tutti i requisiti per raccontare la bella storia della lotta del bene contro il male radicato in alcuni gangli della società. In quest’ottica suonano profetiche le parole di Roberto Saviano, autore del bestseller da cui è tratta la pellicola, quando afferma che scrivere e documentare non è diffamare, ma resistere.

martedì 23 settembre 2008

ATTERRAGGIO

La superficialità e la sicumera con la quale la maggioranza ha affrontato l’emergenza della compagnia, denota una disinvoltura preoccupante, in stridente contrasto con l’immagine trionfante che il Cavaliere vuole dare di se e della sua compagine.

di Renzo Balmelli
ALITALIA - A Palazzo Chigi lo scenario era già pronto, con tanto di tappeto rosso, per la cerimonia che doveva conferire al Cavaliere il ruolo di salvatore della patria, di acclamatissimo sovrano e di patrono dell’italica compagnia di bandiera. La vicenda Alitalia ha invece avuto un epilogo amaro,amarissimo, e il tonfo ha lasciato il segno nella maggioranza che era ormai convinta di avere la situazione in pugno.

Invece gli aerei non sono sacchi di immondizie che appaiono e misteriosamente scompaiono sull’onda della congiuntura politica.

La questione era un pochino piu’ complessa visto che oltre a migliaia di posti di lavoro era in ballo la possibilità di garantire al paese una rete di collegamenti aerei moderni, efficenti e all’altezza del prestigio di una grande nazione. La questione Alitalia è stata invece affrontata dal governo essenzialmente come una prova di prestigio, per dimostrare quanto loro siano molto piu’ bravi nel risolvere i problemi.

Dalla strategia messa in campo durante le trattative era pero' assente la lungimiranza atta a favorire una solida e promettente azione di rilancio e consolidamento che non gettasse sul lastrico migliaia di lavoratori. Purtroppo non è cosi’ che funziona. La fumata nera per il salvataggio della società, il cui destino è ormai appeso a un filo sottilissimo, è la batosta finale di mirabolanti promesse elettorali messe in circolazione da un sistema che insegue la spettacolarizzazione della gloria cortigiana.

Lo smacco incassato dall’esecutivo non è tuttavia un motivo di esultanza per nessuno, ma intriso di profonda tristezza. La conclusione dell’intera vicenda è innanzitutto una sconfitta per l’intero paese, già costretto a tirare la cinghia, che ne pagherà le conseguenze fino in fondo. E Berlusconi, come ha già provato a fare, non si sogni di scaricare colpe sulla CGIL, che ha fatto il suo dovere di sindacato, perché le responsabilità di questa brutta storia gravano in gran parte su questo governo. La crisi di Alitalia viene da lontano, sedimentata nel corso degli anni e frutto di strategie passate e presenti assolutamente indifendibili.

La superficialità e la sicumera con la quale la maggioranza ha affrontato l’emergenza della compagnia, denota una disinvoltura preoccupante, in stridente contrasto con l’immagine trionfante che il Cavaliere vuole dare di se e della sua compagine.

FARSA - Strana epoca, quella in cui viviamo. Strana davvero, in cui sembra che vecchi schemi, che parevano ormai desueti, tornino invece in auge con una forza insospettata. Le parole per indicarla sono due, una non meno inquietante dell’altra: revisionismo e restaurazione.

Revisionismo e restaurazione cui vanno ad aggiungersi indifferenza, egoismo, mancanza di soidarietà, edonismo sfacciato. A Milano abbiamo un morto per odio razzista, un giovane di colore ammazzato a sprangate per un pugno di biscotti. La natura e i contorni dell'episodio sono estremamente preoccupanti e richiamano alla mente fatti di grave intolleranza razziale. Sembra di tornare ai macabri rituali del Ku Klux Klan. Si sprecano le solite frasi di convenienza, intrise di falso dolore, di falso sdegno; frasi che domani saranno già dimenticate.

La maggioranza, che veleggia dall’alto di sondaggi bulgari, veri o presunti che siano, nel timore di disturbare il potente alleato lumbard, glissa, nega la componente xenofoba del delitto, tende a sminuire, smussare, motivare. Nel giorno in cui accadeva questo mostruosa mattanza, l’articolo piu’ letto è stato quello che raccontava dell’appartamento acquistato da Veltroni a New York. Da brivido. Duri i commenti di chi ha ancora un cuore, un’anima e un cervello per pensare con la propria testa.

"E’ cosi’ difficile - si legge sul sito del Corriere - dire e pensare che la vita è sempre vita, anche quando si tratta di non padani”. Sì, strana, strana davvero quest’ epoca segnata dall’indecenza e dalle fanfaronate del potere.

Berlusconi dice di non voler entrare nella discussione sul fascismo sostenendo che lui guarda avanti e che l'antifascismo è cosa scontata. La storia ridotta a mera quisquiglia, a quantité négligeable affinché non ostacoli in nessun modo la processione verso l'apoteosi. Posizione troppo comoda, ipocrita, pilatesca, visto che un ministro del suo governo e il sindaco di Roma, che fa parte della sua maggioranza, hanno espresso giudizi gravi e nostalgici sul ventennio e sulla repubblica sociale.

Il presidente della Camera Fini ha sentito il dovere di sconfessarli. Il premier no. Ecco: proviamo a pensare quant’è grottesca, artefatta e innaturale la situazione sotto il cielo di Roma. Il Presidente della Camera non solo dissente, ma addirittura smentisce il capo del suo governo su un tema dal quale si dipartono le peggiori derive. Il copione avrebbe fornito spunti incredibili a Samuel Becket, maestro nel descrivere le finzioni le affabulazioni che tornano utili ai potenti per nascondere l’immondizia sotto il tappeto.

Nello stillicidio dei valori che nella quarta era berlusconiana spinge il paese verso le zone basse delle graduatorie internazionali, tornano alla mente le parole di Hegel, quando osservava che tutti i personaggi ed eventi storici si ripetono per cosi’ dire due volte. Al che Marx, con una frase rimasta proverbiale, aggiunse una precisazione illuminante: la prima come tragedia, la seconda come farsa.



lunedì 15 settembre 2008

Chi tace acconsente

Nel film Pretty women il protagonista Richard Gere rincuorava la bella Julia Roberts spiegandole che l’affare appena concluso con un concorrente in difficoltà non era una truffa, ma “sapeva di buono”. Non così la viceda politica italiana in questa fine estate degli obbrobri.

di Renzo Balmelli
AMBIGUITA’ - Chi tace acconsente. Berlusconi non ha speso una sola parola per biasimare la doppia sortita di La Russa e Alemanno che all’unisono hanno onorato Salo’ e il fascismo con una disinvoltura che sfiora l’obbrobrio etico-politico. Ma d’altronde come poteva farlo il Cavaliere, proprio lui che ebbe l’ardire di paragonare il confino a una leggiadra vacanza a cinque stelle.

Eppure dietro la “fedeltà” da ultima spiaggia alla ferocia nazista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere a gas, le deportazioni, l’Olocausto. In concomitanza con l’otto settembre il provocatorio giudizio di due uomini di prima fila della destra al governo ha percio’ assunto il carattere
beffardo e insultante di una “bestemmia istituzionale”, consumata in un
clima di preoccupante indifferenza.

La destra e il fascismo da sempre intrattengono rapporti che si reggono su un cumulo di ambiguità di fondo, a cavallo tra l’esaltazione cieca del patriottismo, il
revanscismo, l’impulso autoritario e le farneticazioni storico-culturali. Con il cambio della maggioranza, che lascia fare senza vergognarsi delle conseguenze, la situazione si è ulteriormente aggravata. Il tentativo di riaggiustare il passato oltre che compiere un vistoso salto di qualità ha finito con lo sfociare in una deriva revisionista dall’esito incongruo e tragico.

A dare man forte all’opera di sdoganamento concorre poi, accanto ai complici silenzi di chi governa, anche lo strabismo congenito dei cosiddetti intellettuali
“liberali “e dei loro giornali che, come giustamente osserva Ezio Mauro, "non hanno mai incalzato la destra per spingerla a liberarsi dei suoi vizi e dei suoi ritardi".

Fatalmente, cosi’, si peggiora la situazione e si tengono accese sotto le ceneri le braci di una fiamma mai spenta. Con questa costellazione e alla luce dei recenti episodi sarebbe davvero imprudente sottovalutare il monito lanciato da “Famiglia cristiana” quando esprimeva la preoccupazione, ora piu’ che mai condivisibile, che il fascismo possa avere un “passato davanti a se”.

IMBROGLIO - Nel film “ Pretty women” il protagonista Richard Gere rincuorava la bella Julia Roberts spiegandole che l’affare appena concluso con un concorrente in difficoltà non era una truffa, ma “sapeva di buono”. La storia di Alitalia, imperniata sulla logica del profitto, non sa di buono e se qualcuno si cimenterà a scrivere un copione sulla compagnia di bandiera, sentirà al massimo puzza di imbroglio lontano un miglio. I licenziamenti passano da duemila a settemila e i disagi per migliaia di famiglie non faranno che aumentare.

Gaetano Salvemini avrebbe probabilmente detto che si tratta di un classico esempio di privatizzazione degli utili e di statalizzazione dei debiti. Ma chi se ne importa. Grazie alla sua potente macchina dei consensi, Berlusconi,
che ha fatto tanto parlare di se per i gossip ben pilotati di fine estate, sta letteralmente prendendo per i fondelli gli italiani, con successo e senza nessuna seria opposizione. In Italia non esiste praticamente piu’ l’opinione pubblica e qualsiasi cosa il Cavaliere dica o faccia viene ingurgitata senza nemmeno guardare nel piatto.

L’accerchiamento degli elettori è come l’assalto al forte e si avvale di tutti i mezzi disponibili. Il ministro Bondi sta allestendo un piano di censure preventive sul cinema da un punto di vista specificatamente etico o politico che tarperà le ali a chi crede che la settima arte sia un modo popolare e universale per trasmettere messaggi non solo poetici, ma anche sociali. Film come “Il Caimano” di Moretti potrebbero finire all’indice e la possibilità di esplorare le zone d’ombra del potere sarebbero praticamente azzerate. La catastrofe è dietro l’angolo, ma a milioni di italiani continua purtroppo a piacere cio’ che a noi non piace nella gestione di Palazzo Chigi. Il modo con cui la destra ha
finto di risolvere i primi problemi lascia pochissime speranze sul futuro del paese. Colmo dei colmi: persino alcuni esponenti del Pd, non di quelli meno importanti, hanno riconosciuto al capo del governo meriti che mai nessuno, prima, gli aveva attribuito.

A che pro? Meglio non chiederselo, dal momento che la voglia di lottare sembra ormai prigioniera della litigiosità e della mancanza di prospettive insita nel progetto veltroniano. Aspettiamo con ansia la mobilitazione d'autunno, con la speranza, forse l'ultima prima della resa incondizionata, che la sinistra riprenda a credere nella forza della proprio cultura e della fede politica, binomio inscindibile per resistere, resistere, resistere. E magari per tornare a vincere.

mercoledì 27 agosto 2008

FORZA E MORALE

di Renzo Balmelli

BANCAROTTA SONNAMBULA
Il governo non la conta giusta. A Napoli Berlusconi ha fatto incetta di voti con i rifiuti, ma nel contempo si guarda bene dal levare i veli su realtà analoghe riscontrate in altre regioni del paese. "L’immmagine di Silvio Berlusconi con la scopa è demagogica. Ma non basta nascondere lo sporco sotto il tappeto per avere la casa pulita" – ha commentato il cantautore di origine irpina Vinicio Capossela. Forse il Cavaliere non ne parla volentieri perché il degrado riguarda centri importanti guidati da schieramenti vicini alla maggioranza e quindi poco spendibili dalla propaganda per raccogliere consensi. Le cronache si sono occupate in questi giorni del caso di Catania, da otto anni in mano alla destra. La nona città d’Italia, invasa dai rifiuti e gravata da debiti che sfiorano il miliardo di euro, è sull’orlo di una bancarotta che rischia di metterla in ginocchio. Nella patria di Bellini, la giunta è una “Sonnambula” che vaga nelle nebbie della sua inettitudine e non sa come fermare la deriva.

COMUNISTA !?
Sarà una grande famiglia, come sostiene il Cavaliere, ma la destra che ha preso casa a Palazzo Chigi è pure una coalizione litigiosa, poco coesa e per giunta esposta di questi tempi a svariati fuochi incrociati. Da un giorno all’altro la maggioranza, che ha sempre avuto un rapporto strumentale con la Chiesa (e viceversa), si è trovata a dovere fare i conti con Famiglia Cristiana, una testata battagliera che non le manda a dire a nessuno, e quindi neanche al premier e alla sua squadra. Un editoriale mai cosi esplicito, che ha messo in guardia sul rischio di “una rinascita del fascismo sotto altre forme”, ha ovviamente lasciato il segno provocando un diluvio di polemiche e reazioni indignate sulla "democrazia debole" dell'era berlusconiana. A rincarare la dose ci si è messo pure il Papa, solitamente cosi’ paterno e benevolo con quel caro figliolo di Silvio. La sua filippica sul razzismo è arrivata come una frecciata al cuore del governo e del ministro Maroni: né la sicurezza né le manifestazioni legate spesso a problemi sociali ed economici, ha ammonito Ratzinger, possono mai giustificare il disprezzo o la discriminazione xenofoba. L’offensiva che pero' ha sollevato il maggior putiferio è giunta dal fronte padano-meneghino di Bossi, animale politico furbo e imprevedibile che sa sempre quando annusare il vento. L’intervento del Senatur sull’ICI, un pretesto bell’e buono, ha avuto l’effetto di smascherare la linea economica ondivaga dell’esecutivo che mostra ormai di avere i nervi a fior di pelle. La dichiarazione di Bossi infatti va ben oltre la reintroduzione della tassa comunale sugli immobili, per altro già accantonata, e non rimarrà isolata quando verrà il momento di consolidare la sua alleanza con Tremonti. Il ministro delle finanze, diventato un leader potente (anche se troppo saccente a detta degli alleati), non vorrà fungere passivamente da spettatore quando inizieranno le grandi manovre per la successione del premier di cui già si intravvedono in filigrana i primi, concitati segnali. La corsa per la pole position ormai è lanciata. Maurizio Gasparri, che non delira d'amore né per la Lega né per Tremonti, ha provato a buttarla in ridere ribatezzando l’ICI “Imposta Comunista sugli Immobili”. Imposta Comunista? Francamente la battuta è troppo stracca per dissimulare le baruffe che serpeggiano nella compagine berlusconiana.

FORZA E MORALE
Il conflitto caucasico ha posto l’umanità di fronte ai nuovi confini dell’etica e della convivenza nel terzo millennio, un’epoca segnata dalla confusione e contraddistinta dalla necessità di governare le sfide globali con le risorse dello spirito e non con vecchie categorie che tenevano banco durante la guerra fredda. Purtroppo non funziona. Dal duemila a oggi, da questo ventunesimo secolo che doveva alimentare speranze straordinarie è emerso come unico insegnamento tratto dalla storia il fatto che l'uomo dalla storia non impara nulla. E' come se il tempo si fosse fermato. Gli scontri nella Georgia e in Ossezia svelano impietosamente il lato oscuro del potere, la sua inaudita capacità di sfidare la ragione per contrabbandare i peggiori soprusi al servizio di interessi inconfessabili. Oggi come ieri, ogni invasione, russa o americana, è un atto di prepotenza che calpesta le convenzioni internazionali, ma che gli strateghi chiusi nelle stanze dei bottoni, trincerandosi dietro fumose terminologie, chiamano “misure aggiuntive di sicurezza”. Lo spartito caucasico, come in precedenza quello iracheno, è pieno di note stridule, stonate. Nello scenario che si dipana sotto i nostri occhi, il comportamento di Putin, Giano bifronte e senza scrupoli impegnato a restituire l’orgoglio perduto ai suoi connazionali, porta con se elementi di tensione e prepotenza che non concorrono certo a rasserenare il clima. E non vanno tanto meglio, anzi vanno malissimo, i pericolosissimi missili piazzati in Polonia a ridosso del territorio russo per "il bene" americano e per regalare uno scampolo di dubbia "gloria" a Bush, un presidente che piu' screditato di così non si può. No, nessuno puo’ proclamarsi innocente in questa guerra che nella peggiore delle ipotesi poterebbe infiammare l’intero pianeta. Percio', se la diplomazia balbetta e i militari sono inclini a fare un uso esagerato delle armi, forse questa è davvero l'ora indicata per recuperare un'idea piu' sana, l’idea che il diritto e la morale possano sostituire la forza, anziché legittimarla. Il mondo civile ha il dovere di provarci, di non lasciare nulla di intentato per realizzare questo disegno controcorrente, proprio mentre decine di giovani partiti in missione per portare la pace sui fronti piu' caldi tornano a casa in una bara. Machiavelli sosteneva che i profeti disarmati sono sempre votati alla rovina, ma con tutto il rispetto per l'autore del Principe non c'è obbligo alcuno di prenderlo alla lettera.

lunedì 18 agosto 2008

Le relazioni pericolose

di Renzo Balmelli

VILE IMBROGLIO - Fosse servita una conferma, è arrivata dall'Ossezia. I conflitti regionali che si manifestano nelle nuove condizioni della competizione internazionale, non sono mai una faccenda locale. Quando esplodono come è accaduto nella regione caucasica, snodo cruciale di formidabili appetiti geopolitici oltre che energetici, rischiano di incendiare il mondo intero. E quand'anche fosse vero che dalle nostre parti, complice la scarsa conoscenza dei luoghi, non si è capito molto di quanto è successo in Georgia, l'impressione frammentaria che se ne ricava è comunque quella di un vile imbroglio consumato alle spalle della popolazione civile in nome di interessi inconfessabili. In questo senso, l’immagine del padre che stringe al petto il figlio morente nel lugubre scenario di una città ridotta in macerie ne è d'altronde la dimostrazione dolorosamente emblematica. Nel vedere e rivedere sui teleschermi quella dolente testimonianza della sofferenza umana, è tornata alla memoria con la violenza di un pugno allo stomaco la frase di Kennedy il quale ammoniva che se l'umanità non porrà fine alla guerra, sarà la guerra a porre fine all'umanità. Mai profezia fu tanto azzeccata. Difatti il rischio che stiamo correndo è proprio questo: di vanificare a causa delle intemperanze belliche gli sforzi finalizzati a produrre stabilità ed a governare le contraddizioni globali del terzo millennio. La pessimistica considerazione vale anche per questa ennesima crisi che, malgrado il cerotto diplomatico di Sarkozy, rischia di trascinarsi all'infinito per la presenza di molteplici fattori di instabilità latente che la rendono ingestibile. Tra le pieghe del conflitto, tutt'altro che chiuso, si intravvede infatti l'altra partita che si sta giocando senza esclusione di colpi nelle stanze dei bottoni, al di fuori del contesto periferico. E' la partita ancor piu’ insidiosa per le sorti del pianeta che segna il riacutizzarsi delle mai sopite rivalità tra gli Stati Uniti, forti della loro supremazia unilaterale, e la Russia che mira a recuperare in fretta il ruolo di superpotenza perso con la caduta dell’Unione Sovietica. Lo scenario è semplicemente da brivido. Con Putin e il suo neo-imperialismo di stampo zarista da una parte e l'Occidente che dall'altra ha nell'armadio lo scheletro ancora fresco dell'Iraq, il braccio di ferro tra est e ovest, nella peggiore delle ipotesi, minaccia di far tornare sugli altari la “balance of power”, il famigerato equilibrio del terrore dei tempi andati. In quest'ottica il cinismo delle teste calde che barano al tavolo della pace lascia sgomenti.

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MARCIAPIEDI - Al giro di boa dei primi cento giorni, il Cavaliere si liscia le penne. A dargli retta, si direbbe che dal suo ritorno al potere cada la manna dal cielo. Ma, oltre lo stretto orizzonte della propaganda, la realtà non è esattamente quella riflessa dallo specchio deformante della “dolce vita” berlusconiana. In Italia la forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre piu’, mentre il governo svia l'attenzione con iniziative discutibili come il "presidente spazzino", il gioco dei soldatini nelle città e lo zelo dei sindaci-sceriffo.

Picture (Metafile)
E però in questo "paese da marciapiedi" - cosi' in uno dei durissimi fondi di Famiglia Cristiana che hanno profondamente irritato il Vaticano - cresce il numero di chi per mangiare ha come unica risorsa quella di rovistare nei cassonetti: al di fuori di quanto si trova nella spazzatura non dispongono di altre opportunità per vivere. Se questo è l’uso che Palazzo Chigi fa della sua maggioranza “bulgara”, se la manovra finanziaria produce disparità indegne di un paese del G8, forse nello sconfinato autocompiacimento del premier una nota stonata c’è. O no?

Picture (Metafile)
IL ROSSO E IL NERO - Il goffo tentativo censorio di Sandro Bondi allo scopo di bloccare la diffusione del film sulle Br “Il sol dell’avvenire” al festival di Locarno, ha avuto se non altro il merito, di sicuro non cercato dal ministro, di levare i veli su uno dei periodi piu’ bui della democrazia italiana. Già Andreotti sostenne ai tempi del neorealismo che i panni sporchi andavano lavati in casa. Ma non poté impedire a quei capolavori di conquistare il mondo. Anche Bondi ha avuto torto. La ricerca del regista Gianfranco Pannone, primo esempio italiano di un filone documentaristico che in altri paesi è radicato da gran tempo, lungi dal vellicare intenti apologetici, ha disegnato con grande rigore formale la scarsa complessità e la mediocrità culturale dei terroristi. Nelle loro testimonianze non c’è rivisitazione critica né pietà. Malauguratamente, nella propaganda della maggioranza, la memoria condivisa sul recente passato ha senso unicamente se si fonda su una egemonia culturale nuova di zecca, naturalmente di destra, che porta a sottacere le responsabilità dell'altro terrorismo, non meno feroce, quello "nero" di stampo neo-fascista. Evidentemente, in un momento epocale di crisi c'è chi pensa a rileggere la storia a modo suo, in chiave ottusamente ideologica, per farne uno snodo decisivo sul quale esercitare maggiormente i tentativi di revisionismo. C’è solo da sperare che lo zelo un po’ bigotto di Bondi non scoraggi altre iniziative volte a riportare in superficie la riflessione sui mali oscuri dell’Italia.

venerdì 18 luglio 2008

E che Leopardi perdoni l'abuso dei sublimi versi...

di Renzo Balmelli

CONCORRENZA - I costruttori del nuovo consenso berlusconiano non sanno più che cosa inventare per fare le pulci a Zapatero. Il governo socialista di Madrid è riuscito a promuovere un progetto di modernizzazione civile e sociale della Spagna che è oggetto di generale ammirazione e che fa concorrenza al Bel Paese nella graduatoria europea. Le riforme hanno portato una ventata di dinamismo nella società spagnola di cui avrebbe tanto bisogno anche l'Italia.

MANI PULITE - Lascia di stucco la caduta di un militante di lunga lena. Tra i compagni si indovina un senso di silenzioso stupore e di frustrazione per l'offensiva giudiziaria nei confronti di Ottaviano Del Turco, uno di casa, alto esponente del PD di tradizione socialista.

L'arresto del governatore democratico dell'Abruzzo per tangenti nella sanità , riapre a distanza di molti anni da Mani Pulite il dibattito su corruzione e politica in Italia. Cio’ avviene - ironia della sorte - mentre la sinistra sta cercando di riportare al centro dell'attenzione la questione morale e il senso della legalità per contrastare l'offensiva berlusconiana in materia di giustizia.

La mazzata è stata doppia. La casta, sotto qualsiasi bandiera, continua a spadroneggiare, a fare sempre la stessa cosa, a rubare, a sperperare denaro pubblico, a gestire appalti, spartizioni e gare truccate. La riscoperta del malcostume che regna incontrastato ha poi creato ulteriori motivi di sconcerto nel Paese, già reso insicuro e vulnerabile dalla crisi e dell'inflazione galoppante.

In queste condizioni non desta meraviglia se la stragrande maggioranza dei cittadini onesti, sempre più lontani dai vertici del potere, cade in preda allo sconforto. Va bene sognare. Ma se tornano i fantasmi di Tangentopoli, va a finire che i sogni muoiono all'alba.

OPPORTUNISMO - Il Pdl difende Ottaviano Del Turco per puro opportunismo, per dimostrare che Berlusconi aveva ragione quando si lagnava di essere la vittima designata dei teoremi giudiziari orditi contro di lui da avversari forcaioli. Grazie al parlamento radunato ai suoi piedi, nell'Italia che ancora si illude di avere la legge uguale per tutti, Silvio IV, si avvia a diventare più uguale dei suoi concittadini. La sua ossessione si rifà al concetto della 'giustizia sono io'.

Dalla strategia berlusconiana emerge un mutamento profondo del modo di intendere il mandato di Presidente del Consiglio. Lo schema trasforma di fatto le Camere in anticamere del governo, grazie alla maggioranza che è pronta a esaudire senza batter ciglio i desideri speciali del premier. Il Cavaliere da quando è tornato prova ad ogni costo e con tutti i mezzi a delegittimare la magistratura per sottrarsi ai processi in cui è imputato. E da quanto s'è visto finora, sembra esserci riuscito alla grande.

DERIVA - Ezio Mauro riflette sull'imbarazzo della democrazia italiana, in questa concatenazione abusiva e imparziale tra l'interesse privato e la legislazione pubblica. Il direttore di Repubblica, piuttosto allarmato per la piega che sta prendendo la politica berlusconiana, si chiede che cosa puo accadere quando il medesimo uomo fa le leggi e fa in modo che nessuno possa giudicare le sue infrazioni. Già: che accade?

Nessuno insinua che stiamo assistendo al ritorno del fascismo, ma la deriva di onnipotenza c'è e fa paura. Proprio per questo è stato importante che a Piazza Navona migliaia di cittadini abbiano provato a uscire dall'isolamento repubblicano in cui sta scivolando il Paese. Un sistema impegnato a costruire un muro di salvaguardia per un leader a cui non basta la dignità della funzione , è semplicemente inaccettabile.

Con Silvio IV prevale la concezione dell'immunità intesa come strumento per immobilizzare, ammutolire, vincolare e dominare. Sotto il cielo di Roma, tra soubrettes e leggi ad personam, la politica sprofonda in acque torbide e annega in un mare in cui "il naufragar" non è affatto dolce. E che Leopardi ci perdoni l'abuso dei sublimi versi.