lunedì 15 dicembre 2008

Il Cav e la Gelmini - stelle del cinema?

Il regista Tinto Brass si è dichiarato interessato e disponibile a girare un suo film con entrambi.
di Renzo Balmelli
SCUOLA - La riforma della scuola è una cosa seria, talmente seria che la maggioranza si è vista costretta a compiere una clamorosa marcia indietro rispetto al progetto iniziale della Gelmini, in parte slittato di un anno. Palazzo Chigi nega qualsiasi cedimento, ma il fatto che nella riforma del grembiulino il maestro unico da obbligatorio sia diventato facoltativo è un segnale che non si discute. I soliti maligni sostengono che il ministro dell'istruzione abbia ammorbidito le sue posizioni perché sta pensando a una nuova carriera nel cinema. Il regista Tinto Brass farebbe volentieri un film con Maristella Gelmini, "piu' erotica - dice lui - di Mara Carfagna". E già che ci siamo, Brass nella pellicola ci metterebbe anche Berlusconi che secondo lui ha un immaginario erotico vivace.

SPINTA ETICA - Sulla questione morale, tornata di prepotenza a occupare la scena politica, nessuno nell’Italia berlusconiana, men che meno la destra, è nelle condizioni di impartire lezioni di stile a chichessia. Spiace dirlo, ma in questa vicenda non vi sono innocenti, da qualunque parte la si guardi. Nel tempo sembra invece perdurare l’assurdo teorema secondo il quale la questione morale puo’ addirittura costituire un fastidio per la democrazia.

Senza tangenti e bustarelle - questa la bacata idea di fondo - non si faranno mai le riforme. Con l’abnorme pretesto delle ruote da ungere per assicurare il funzionamento del sistema, in sostanza si tengono spalancate le porte a tutti gli abusi possibili e immaginabili. I sacerdoti dell’evasione, i nemici della legge, i fraudolenti della storia che barattano Salo’ con la Resistenza, hanno cosi’ campo libero per ordire le trame che consentono loro di ritagliarsi ampie rendite di posizione nella spartizione del potere. La maggioranza dei cittadini pero’ non si rassegna ad accettare il primato del malcostume teso a delegittimare l’onestà quale norma di comportamento. A livello locale, nei movimenti di base, lontano da qualsiasi logica lottizzatrice, si moltiplicano un po’ ovunque le iniziative per rompere le catene dell’omertà, per dare un senso compiuto alla spinta etica che sale dalla società civile.

La scrittrice Dacia Maraini, attenta osservatrice dei fenomeni di costume, cita a questo proposito la rivista siciliana "Il nuovo Paese", un esempio di ottima controinformazione stampato a Bagheria da un gruppo di giornalisti risoluti a lottare contro la mafia e le sue diramazioni. La rivista, lontana dalle fumose astrazioni dei politicanti, si è fatta portavoce dell’indignazione popolare nei confronti della rete di complicità che calza a pennello per il popolo di Cosa Nostra ed i suoi grandi elettori.

La coraggiosa iniziativa editoriale, che certo non ha vita facile e richiede parecchi sacrifici, illumina la scena e mostra in che direzione muoversi per arginare i soprusi e l’arroganza della casta. Ecco come si fa, ecco come si costruisce, come si consolida la questione morale. "Poiché è da persone come queste - ammonisce la Maraini - che comincia la creazione di un tessuto connettivo sociale nuovo che puo’ salvare il Paese dal degrado e dall’abbandono di sé".

PROPOSTA INDECENTE - Al capo del governo non basta la "Schadenfreude", quel sentimento tra i piu’ meschini di tutti i sentimenti che consiste nel bearsi alla vista dei guai altrui. Poter dire che la sinistra non ha il monopolio della questione morale è per il premier la piu’ bella e gradita delle strenne.

Mai Berlusconi, e con Berlusconi tutti coloro che hanno in odio i magistrati e la giustizia, hanno avuto un Natale di così vittoriosa, piena, gratificante goia. Cio’ nonostante il signore di Arcore, in calo di popolarità alla vigilia della sfida elettorale in Abruzzo, non si accontenta, vuole di piu’, molto di piu’, e nel giro di poche ore. Ammutolendo il paese, ha disegnato la riforma della giustizia da attuare a colpi di maggioranza, la riforma fai da te. Egli porta cosi’ l’affondo su un terreno esplosivo: quello del cambiamento unilaterale della carta costituzionale che di fatto costituisce un diktat dirompente nell’Italia repubblicana e antifascista.

Viene cosi’ a compiersi un progetto, il progetto del potere unico, che nelle intenzioni di chi l’ha concepito mira a mettere fuori giuoco sia l’opposizione, di cui il premier non riconosce l’esistenza neppure a parole, sia il Parlamento, sempre piu’ esautorato dalle sue prerogative, sia il Capo dello Stato i cui pareri a favore di una riforma condivisa non vengono tenuti in nessun conto.

La posta in palio è questa e nessun altra. In queste condizioni, mentre fuori dal Palazzo c'è il Paese reale, con il problema concreto di una crisi che ridisegna il mondo, la riforma della giustizia perde ovviamente qualsiasi significato. Non è una proposta sincera ma soltanto una proposta indecente, una squallida, ripugnante prova di regime. Certo, l’opposizione ha i suoi grattacapi, pure grossi, inutile nasconderlo. E dai suoi ranghi ora si aspettano reazioni univoche, non inficiate da tardivi propositi di rivalsa. La sinistra, a dispetto di tutti gli sbagli commessi, costituisce però ancora una forza benefica destinata a offrire un solido approdo ai cittadini nel momento in cui l’anomalia berlusconiana, con l’attacco sconsiderato ai principi cardini della Costituzione, sta portando il paese a lambire pericolosamente il confine dell’emergenza democratica.