giovedì 16 maggio 2019

In un punto non sono tollerabili equivoci

 

di Renzo Balmelli

 

CULTURA. Quando la democrazia è sana, forte e consolidata – e in Italia lo è – non ha nulla da temere dalle sue frange estreme. Tuttavia non passa giorno senza che qualche mal intenzionato tenti di affossarla. La conquista più grande dell’uomo per concretizzare il progetto di una vita degna di essere vissuta, è minacciata da nemici sempre più spavaldi e spudorati. In concomitanza col Salone del libro di Torino la presenza di un editore vicino a CasaPound che si dichiara fascista e definisce l’antifascismo la piaga peggiore del Paese, illustra molto bene la necessità di non abbassare la guardia. Il Salone per sua definizione è uno spazio di libertà e confronto sulle idee, anche quelle più sgradevoli. Sull’argomento le opinioni si dividono. In un punto tuttavia non sono tollerabili equivoci. Qualsiasi tentativo di restaurare e glorificare un regime ripugnante, tirannico e razzista va combattuto e condannato senza mezzi termini come un oltraggio alla cultura democratica.

 

IDEA. Ancora non si è votato, e già si plasmano i fondali per capire come sarà l’Europa dopo le elezioni meno convenzionali della sua esistenza. Rispetto alle precedenti consultazioni, questa volta il rinnovo del Parlamento di Strasburgo oltre che sui numeri si basa su una questione cruciale da cui dipende, nel bene o nel male, l’avvenire del continente. Dall’esito della maratona elettorale si capirà come nelle varie comunità nazionali viene recepito il messaggio unificante dei padri fondatori, ultimamente al centro di polemiche e gravi fratture. Su questa straordinaria intuizione le forze che le sono ostili hanno sparso quantità industriali di veleno per sganciarsi dalla casa comune e tornare a un'autarchia nuda e cruda, gravida di conseguenze. Nelle urne la vera posta in palio sarà dunque la sfida attorno a un’idea che non può e non deve morire per evitare che l’Ue abbia un futuro alle spalle..

 

WEIMAR. A leggere che l’Italia “assomiglia a Weimar, imita il passato e non lo sa”, si resta di stucco. Sarà vero oppure è soltanto fantapolitica? Senza giungere a conclusioni affrettate, va detto che la curiosa tesi sviluppata da Sigmund Ginzberg in un libro di recente pubblicazione (Sindrome 1933, Feltrinelli) in verità non convince appieno. D’accordo, gli indizi del malessere ci sono e i sovranisti nostrani fanno di tutto per acutizzare i sentimenti negativi e ricavarne profitti elettorali. Ma da qui a profetizzare un tale sconquasso ce ne vuole! Certo, Roma non è nelle migliori condizioni, è innegabile. Con ciò, immaginare però la Città eterna come la Berlino al tramonto di un’epoca d’oro finita nel peggiore dei modi è uno scenario che non si riesce nemmeno a concepire.

 

INTERESSI. Nel Medio Oriente quando le porte del dialogo, già ridottissime, si chiudono del tutto, tornano a parlare le armi. E come si è visto, tra morti e distruzioni nella tormentata striscia di Gaza, le immagini dal fronte riproponevano il medesimo, angosciante spettacolo che si ripete a scadenze cicliche. Conviene quindi non cullare soverchie illusioni sugli effetti dell’ennesima tregua tra israeliani e palestinesi che sembra destinata, come le precedenti, a lasciare il tempo che trova. Per un po’ servirà ad alleviare le sofferenze e la miseria delle popolazioni più esposte. Magari terrà lontano il rischio di un conflitto totale, darà un po’ di respiro per non compromettere il concorso Eurovision della canzone previsto a Tel Aviv, ma di sicuro, canzonette o no, non aumenta la possibilità di un accordo complessivo per fare tornare la calma in modo definitivo. Senza la creazione di due stati capaci di riconoscersi, convivere e rispettarsi a vicenda, ossia senza l’unica soluzione valida che però nessuno vuole, la pace sarà soltanto un miraggio subordinato agli interessi delle parti in causa e dei loro alleati non meno propensi a mantenere lo status quo.

 

“GRETINA”. Con un bilancio davvero più che modesto, a destra l’unico meccanismo che non si inceppa mai è la ricerca del capro espiatorio. Come stratagemma è perfetto per sviare l’attenzione dai litigi e dalle vistose inadempienze del governo. Di norma i bersagli da colpire si dividono in due categorie: quelli fissi e quelli mobili. Come un mantra, quelli fissi sono l’Europa, gli immigrati, i partigiani e la Resistenza. Quelli mobili invece sono attualmente dapprima Fabio Fazio, l’ossessione di Salvini e dei suoi sodali che puntano al controllo sovranista del servizio pubblico, e di seguito Greta Thunberg, colei che mobilita i giovani per la causa ecologista e turba i sonni di chi considera la tutela dell’ambiente un fastidioso ingombro. Per smontare la combattiva svedese, eroina dei nostri tempi, i suoi detrattori hanno coniato per lei il ‘delicato’ appellativo di “Gretina, rompiballe”. Però mal gliene incolse: la villania è tornata al mittente con l’effetto di un doloroso boomerang sul naso.

 

RISPETTO. Perché non smettiamo di emozionarci nel ricordo del Grande Torino? Perché a settant’anni dalla sciagura di Superga il fascino di quello squadrone non cessa di fare presa sui tifosi di ieri e quelli che lo scoprono oggi per la prima volta? Perché i nomi di Bacigalupo, Menti, Loik, Ossola, Mazzola e dei loro compagni di squadra periti nello schianto contro la basilica, sono entrati nella leggenda scrivendo pagine indimenticabili che vanno oltre il mero aspetto calcistico per diventare una sorta di mito. Quegli atleti intrattabili con la palla al piede, irreprensibili per educazione e rispetto degli avversari, rimangono nell’immaginario collettivo il modello e il simbolo dell’Italia che si entusiasmava per le loro imprese, che poco alla volta cresceva con loro, e sudava come loro per risorgere dalle macerie del ventennio. Il confronto con certe sgangherate esibizioni messe recentemente in campo e sugli spalti per festeggiare una promozione è impietoso. I tempi cambiano, non in meglio.

 

 

 


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