giovedì 22 dicembre 2011

Senza volto, senza nome

L'uomo dell'anno per Time è il contestatore, l'indignato di tante piazze che dal Medio oriente , a Wall Street, passando per l'Europa, ritrova il gusto della politica, ma mal sopporta l'idea di farsi irreggimentare dai partiti tradizionali.

 

di Renzo Balmelli  

 

DISSENSO. Senza volto, senza nome: l'uomo dell'anno per Time è il contestatore, l'indignato di tante piazze che dal Medio oriente , a Wall Street, passando per l'Europa, ritrova il gusto della politica, ma mal sopporta l'idea di farsi irreggimentare dai partiti tradizionali. Insomma, una figura potenzialmente pericolosa agli occhi del potere che non perde occasione per demonizzarla. Nell'attuale contesto storico il dissenso dei movimenti giovanili, sostanzialmente pacifico, ha contribuito a rimodellare la politica mondiale, ridefinendo il potere dei popoli che chiedono udienza ad alta voce. Con la sua iniziativa controcorrente, la prestigiosa rivista americana , non nuova a simili exploit, riporta al centro del dibattito un problema cruciale , il problema dell'ingiustizia sociale, che chi siede nelle stanze dei bottoni non potrà ne dovrà accontentarsi di liquidare come la solita ragazzata post- sessantottina.

 

EQUITA'. Per Natale gli ultimi marines torneranno a casa e la guerra in Iraq sarà finita. D'ora in poi toccherà alla Storia giudicare la decisione di imbarcare gli Stati Uniti in una avventura militare durata nove anni e costata la vita a migliaia di soldati, sacrificati sull'altare del neocolonialismo di Bush. Per intanto però il tema del giorno a Washington non è il giudizio dei posteri, bensì l'improvvisa svolta " rooseveltiana " di Obama che per annunciare la lieta novella ha piu` volte citato la politics of fairness, la politica dell'equità. A rendere piccante la vicenda non è tanto la citazione, del tutto legittima, quanto il fatto che il Roosevelt al quale si è ispirato il Presidente non è il democratico Franklin Delano, bensì suo cugino Theodore, un repubblicano tutto d'un pezzo che per primo, all'inizio de novecento, incluse il concetto di equità nel suo programma. Come quelle del Signore, anche le vie della politica sono infinite.

 

FRONDA. Grazie a Monti l 'Italia riconquista autorevolezza, ma la strada del governo tecnico resta in salita. A dispetto del clima di apparente distensione, non serve scomodare il sommo Leopardi per intuire che dietro il "vogliamoci bene" di facciata vi sono tutti i sintomi della calma prima della tempesta. Tra le ostilità della Lega, che inscena pagliacciate in aula, e la contestazione più sottile, ma non meno perfida, degli orfani di Berlusconi , la situazione resta precaria. Con questo retroterra nessun bookmaker accetterebbe scommesse sulla durata dell'esecutivo. Ormai nei salotti televisivi che nonostante ll cambio di direzione al TG1 restano un traino potente per rianimare l'esangue Cavaliere, cresce la fronda nei confronti dell'intruso della Bocconi che per i suoi detrattori è soltanto uno che ha " portato la tristezza al potere". Come se prima, quando il mondo rideva alle spalle di Roma per le buffonate dell'ex premier, ci fossero motivi per stare allegri.

 

DUELLO. Per le feste sarà nelle sale Le idi di marzo , l'ultimo film firmato da George Clooney che parla del rispetto dell'etica, calpestata dai potenti, con uno sguardo intelligente e cinico quanto basta per alzare i veli sui tradimenti, i veleni e le ipocrisie della politica. Il riferimento a Giulio Cesare non è puramente casuale, ma chiama in causa tutti i trafficoni e tutti i doppiogiochisti che dall'America all'Italia, dove certi vizi sono ben noti , usano le mazzette come pugnali . Lontano dai gossip e dai caffè bevuti negli spot televisivi, Clooney è un regista molto bravo, senza macchia e senza paura, che scava e scava nel retrobottega del potere mettendone a nudo le magagne con una calligrafia cinematografica di rara efficacia narrativa. Nel film si evoca pure il duello tra i colossi della comunicazione che danno vita a sorde lotte di potere simili a quelle in atto nel Belpaese per la ripartizione delle frequenze. Visto che l'autore risiede abitualmente sul lago di Como, forse questo capitolo della sceneggiatura non è soltanto una coincidenza.

 

TONFO. Come ai tempi di Schwarzenbach, l'editore di Zurigo che non amava gli italiani, anche quest'anno la Svizzera ha dovuto fare i conti con un schieramento, l'UDC, che fin quando ha potuto ha lucrato consensi facendo leva in modo spudorato sui sentimenti meno nobili di stampo xenofobo. Dopo il rinnovo di governo e parlamento, rinnovo che costituiva un passaggio cruciale per il ruolo della Confederazione nel mondo, il quadro è cambiato. Alle sirene del partito di Blocher, noto per le sue rozze posizioni anti stranieri, è stata messa la sordina, obbligandolo a ripensare le strategie del suo squallido armamentario ideologico. ll tonfo della destra nazionalista consentirà ora di riqualificare la concordanza attorno a quei valori che sono stati il fiore all'occhiello del Paese. I valori non negoziabili della tolleranza, della solidarietà e dell'accoglienza che hanno dato lustro alla patria di Tell.

 
 

ERRATA CORRIGE

SPIGOLATURE 11.12.11

 

La scorsa settimana nella titolazione ("Titolo" e "Sottotitolo") delle SPIGOLATURE di Renzo Balmelli mancavano i contenuti di testo che qui sotto riportiamo, chiedendo venia all'Autore e ai lettori per l'involontario refuso.

 

Il bon ton non basta

 

Sarà una svolta cruciale per il Paese, una svolta in senso etico e non solo tecnico, senza la quale la manovra "lacrime e sangue" di Monti finirebbe con l'essere profondamente ingiusta.

martedì 13 dicembre 2011

Manovra - Compromesso - Madre

MANOVRA - Diceva Buffon che lo stile fa l'uomo. Certo, il bon ton da solo non basta a domare la crisi né a rimediare agli errori di chi c'era prima. Va per forza di cose blindato con provvedimenti tanto drastici quanto - ahinoi - impopolari. Però l'avere ridato il giusto valore a parole come sobrietà e decenza, così spesso oltraggiate dalle sguaiate esibizioni sulle false nipotine di Mubarak, ha rappresentato un grande passo avanti per recuperare credibilità. In fondo ne è passato appena uno, di mesi, dal cambio della guardia, eppure nel modo di comportarsi si avverte un'eloquenza che colpisce più di quanto il linguaggio non saprebbe fare. Ora si tratta di proseguire nello slancio e di ridare il suo giusto significato all'equità dei sacrifici in modo che comincino a pagare anche coloro che finora non hanno pagato mai ritenendolo una fastidiosa incombenza da lasciare ai soliti gonzi. Sarà una svolta cruciale per il Paese, una svolta in senso etico e non solo tecnico, senza la quale la manovra "lacrime e sangue" di Monti finirebbe con l'essere profondamente ingiusta.
 
COMPROMESSO. Alla fine del vertice più drammatico dell'UE, gli euroscettici inglesi, rinchiusi nel loro isolamento poco splendido e molto venale, hanno esultato pur avendo ben poco di cui andare fieri. Rimasta sola nel contrastare i vincoli di bilancio e la riforma del fondo salva-Stati, la Gran Bretagna a guida conservatrice si chiude ora nel suo ruolo di mina vagante che concorre a mantenere elevato il rischio di un'esplosione dell'euro. Non si riesce, infatti, nemmeno a immaginare quali sarebbero le conseguenze di un fallimento dell'eurozona. Sul piano degli ideali il Titanic della nave comunitaria sarebbe una sconfitta cocente per tutti, anche per i paesi che hanno mantenuto le loro valute. Potremmo assistere al ritorno delle barriere protezionistiche, alla rinascita dell'egoistico " ognuno per se" che era quanto i padri fondatori si proponevano appunto di evitare per non ricadere nella trappola dell'egoismo nazionalista. Nel solco della tradizione, l'Unione ha trovato il compromesso un minuto prima di mezzanotte, ma spaventata dalla rottura con Londra rimane in bilico sul ciglio del burrone senza avere la garanzia di riuscire a mettere la moneta unica al riparo dalla tempesta.

MADRE. Vent'anni fa, a conclusione del rocambolesco negoziato che cancellava l'Unione sovietica, i russi spinti sulle ali dell'entusiasmo per la libertà ritrovata, pensavano di andare incontro alla democrazia, la loro democrazia ancora giovane ma carica di promesse. Di certo non immaginavano di doversi accontentare della pallida imitazione che nell'era di Putin riecheggia a volte i vezzi, le angosce e le brutture del vecchio socialismo reale. Come se il Muro fosse ancora al suo posto, censure, intimidazioni e violenze hanno alimentato i dubbi sulla correttezza delle recenti elezioni. Gli amici italiani del leader di "Russia unita" che frequentavano assiduamente le sue feste e che senza considerare i criteri della scuola del KGB da cui proviene vedevano in lui l'uomo del rinnovamento , ora dovranno cominciare a ricredersi. A dispetto del malumore che cresce a vista d'occhio malgrado la dura repressione, l'attuale premier russo non ha nessuna intenzione di mettere la sordina alle sue ambizioni presidenziali. Seppur ridimensionato dal verdetto delle urne punta diritto alla riconquista del Cremlino che già fu suo e che farebbe di lui un novello zar dei tempi moderni. Riuscisse nell'intento, come appare probabile, resterebbe al potere più a lungo di Breznev, l'ultimo fossile stalinista ricordato per la brutalità con la quale represse la primavera di Praga. Se così tanti giovani russi sognano l'America, se l'emigrazione è un flusso costante, c'è qualcosa di sbagliato a casa della Grande Madre Russia.

martedì 6 dicembre 2011

Il Fardello di un passato che non passa

di Renzo Balmelli
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FARDELLO. - Come altri intellettuali della sua generazione, anche Christa Wolf, una delle maggiori scrittrici tedesche scomparsa alcuni giorni fa a 82 anni, ha portato sulle spalle il fardello di un rapporto complicato, a volte ambiguo, con la storia del suo Paese, passato quasi senza transizione dagli orrori del nazismo al regime pedantesco e liberticida della Germania orientale. Nella DDR, dove viveva e lavorava, la Wolf a lungo è stata considerata il simbolo del dissenso prima di scoprire tra le macerie del Muro alcuni compromessi con la STASI, la polizia segreta , che ne hanno offuscato l'immagine. A difenderla solo Günter Grass, l'amico di sempre, anch'egli un mâitre à penser che per tanto tempo, troppo, conservò il terribile segreto della sua appartenenza alla Hitlerjugend. Tutto ciò non intacca minimamente il valore letterario dell'autrice di "Cassandra" e "Un cielo diviso", capolavori di una straordinaria cronista della separazione che però solo sul finire esprimerà una denuncia chiara, ma forse tardiva, di quello che lei stessa definiva il passato che non è morto; anzi – aggiungeva - che non è nemmeno passato.

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POLEMICHE. - E' vero che già Wells con "La guerra dei mondi" aveva intuito la forza micidiale dei virus tanto da debellare i marziani con un banale raffreddore. Ma era fantascienza, qualcosa di divertente, nulla al confronto con le manipolazioni effettuate in un laboratorio olandese sul virus dell'aviaria che se per disavventura dovesse fuggire nell'aria provocherebbe una pandemia di proporzioni bibliche. Una vera e propria apocalisse virale che sta scatenando polemiche infuocate nella comunità scientifica. Che la ricerca comporti qualche rischio è arcinoto. Ma con tutti i problemi che incombono sull'umanità, il pensiero di trasformare un virus letale in uno ancor più letale nel chiuso di un moderno antro di stregoni in camice bianco fa venire i brividi.

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ETICA. - Sotto il cielo di Roma non ci si salva dalla crisi economica senza curare la crisi morale. I due passaggi sono inscindibili. Se non si riapre il libro mastro dell'etica, sul quale si è posata la polvere dell'oblio, la ripresa rischia di essere una strada lastricata di buone intenzioni. Il Paese esce da un periodo segnato da un mostruoso intreccio tra politica, affari, corruzione e comportamenti devianti rispetto al decoro della funzione pubblica. Si esecrava il " moralismo" per meglio liberarsi della moralità. Ora si avverte un grande bisogno di onestà. Cambiare la percezione che si ha del governo, guastata dal Rubygate, passa quindi anche dalla capacita di "deberlusconizzare" la società dopo il disordine e gli eccessi degli ultimi anni. I segnali sono promettenti. Sempre più spesso i cittadini avvertono il bisogno di ripulire le stanze del potere dall'aria viziata che vi si è incrostata ed esplicitano il loro anelito nel bellissimo slogan "L'Italia degna che si indigna".

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PRIMAVERA. - Se i simboli significano qualcosa, le bluse bianche e i capelli raccolti di Hillary Clinton e Aung San Suu Ky alla loro prima storica cena, potrebbero preannunciare davvero l'inizio dela primavera di Rangoon. Quel look che contrasta col verde oliva dei militari segna infatti, a livello mediatico, la prima, significativa rottura col truce regime che per oltre vent'anni ha stretto la Birmania in una morsa di terrore. Ottenuta l'investitura della Casa Bianca, d'ora in poi il parere dell'indomita leader della resistenza alla dittatura sarà decisivo per qualsiasi sviluppo delle relazioni tra Washington e il nuovo " regime civile " birmano che da alcuni mesi sta moltiplicando le riforme. Da una vita il premio Nobel per la pace sogna il riscatto e la democrazia per il suo popolo sottoposto a ogni tipo di vessazione. Finalmente intravvede una luce in fondo al tunnel della prevaricazione, ma senza abbassare la guardia o chiudere gli occhi. I generali sono nell'ombra,d'accordo, ma conoscendo le loro pessime abitudini forse ancora non si rassegnano a liberare il paese dalla loro sgradita presenza.

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RIDICOLO. - Nella loro protervia i nostalgici del ventennio nemmeno si rendono conto che il ridicolo uccide più della spada. Come accogliere infatti, se non con una fragorosa risata, il loro monito "a non scatenare una guerra partigiana ad una scrivania", quella usata a suo tempo da Mussolini e che il neo ministro degli Affari europei Moavero ha "osato" spostare per ragioni di spazio. A onor del vero il mobile in questione sarebbe più al suo posto in un museo che non in un ufficio governativo della Repubblica dove il predecessore non scatena certo ondate di entusiasmo. Ma, oltre a far sorridere, la sgangherata reazione ha anche un retrogusto amaro in quanto rivela quali siano le tendenze dominanti di chi è ancora convinto, come l'ex premier ebbe a dire più volte, che il confino fosse in fondo un piacevole centro benessere a cinque stelle.