giovedì 19 maggio 2016

Pregiudizi, nient'altro che pregiudizi

di Renzo Balmelli 

 

SCALPORE. Dopo Rotterdam e Calgary, Londra è la terza metropoli occidentale ad avere un sindaco di origine islamiche nel solco di un riuscito processo di integrazione. Quanto basta insomma per provocare incontenibili mal di pancia alla destra eurofobica che vede Sadiq Khan come il fumo negli occhi per almeno tre ragioni: primo appunto perché è mussulmano, poi per il suo essere laburista e infine per la sua dichiarata contrarietà al Brexit. Ma è soprattutto la sua fede a mettere in subbuglio gli avversari arrivati al punto di vedere nel nuovo Lord Major un nemico mimetizzato dell'occidente. Pregiudizi, nient'altro che pregiudizi, che però dilagano, fanno proseliti e trascinano stuoli di cattivi profeti. Quanti Khan saranno ancora necessari prima che un sindaco per il solo fatto di essere mussulmano non faccia più scalpore? Su questo interrogativo si gioca la partita cruciale tra l'Europa dei lumi e quella del bieco oscurantismo.

 

NOSTALGIE. Saranno anche solo quattro gatti, ma di quelli che non fanno le fusa. Nel clima di crescente ostilità populista che dilaga in tutta Europa, il boom di Casa Pound al primo turno delle comunali a Bolzano non può essere liquidato come un banale incidente di percorso o il frutto di passeggere frustrazioni regionali. Attestati al 7%, e perciò quinto partito in città, il successo dei così detti "fascisti del terzo millennio" non è saltato fuori dal cilindro come il coniglio del prestigiatore, ma nasce da lontano ed è il risultato di un lavorio che ha sconvolto la politica locale e deve fare riflettere. Perché quei quattro gatti di oggi che si ispirano a passate nostalgie, potrebbero crescere a dismisura domani inserendosi nel contesto di una deriva generalizzata che antepone le chiusure ermetiche alla solidarietà e all'accoglienza. Segno che il fenomeno non è facile da arginare. Sebbene ancora circoscritto, non va sottovalutato in nessun modo.

 

CONGIURA. Nella sua accezione più nobile e colta, l'immagine dell'Austria felix forse sopravvive solo nel ricordo della splendida elegia che ne fece Stefan Zweig per alleviare le pene dell'esilio. Non potendo più essere capitale di quel periodo d'oro, come ebbe a definirlo uno degli scrittori più famosi del mondo, Vienna cambia registro e si trincera dietro un quadro politico che appare lontano dal clima artistico, intellettuale e multi-etnico che ne forgiò l'affascinante immagine e diede vita a correnti e scoperte straordinarie in tutti i campi dello scibile umano. Orbene, mentre l'estrema destra prova ad allungare le mani sulla presidenza, occorre sperare ardentemente che l'Austria felix, se ancora fa battere i cuori, abbia la meglio sull'Austria degli Haider. Poiché se c'è una cosa di cui l'Europa proprio non ha bisogno per resistere alla congiura dei nemici interni è una sorta di secessione austriaca in senso contrario, alla rovescia, rispetto a quella che diede vita a una nuova epoca. 

 

APPRODO. Letto da più parti a proposito delle elezioni americane: l’una non piace, l'altro fa paura. Non bisogna lambiccarsi il cervello per individuare chi è colui che fa paura. "Elementare" – direbbe Sherlock Holmes. Persino nei ranghi del GOP – acronimo di Gran Old Party – se ne sono dovuti fare una ragione: l'impensabile è diventato possibile e Donald Trump guiderà i repubblicani nella corsa alla Casa Bianca. Ma nel partito non esultano. Peggio per loro: dovevano pensarci prima. Colei che non piace – si fa per dire – risponde al nome di Hillary Clinton, brava, preparata, intelligente, corretta, ma forse un tantino algida e quindi non del tutto adatta a riscaldare gli animi. Nemmeno tutti i democratici sono compatti nel sostenerla e ciò sarebbe un "assist" gratuito per il suo rivale, abile a ribaltare le previsioni ed a creare qualche patema nei ranghi dell'ex first lady che rappresenta comunque l'approdo più sicuro per risparmiare all'America una deriva di stampo lepenista. E dite se è poco.

 

martedì 3 maggio 2016

In quest’Europa agitata

di Renzo Balmelli 

 

ALLARME. Se l'Austria dei muri vince alle urne travolgendo con l'impeto di un fiume in piena una gloriosa tradizione social-liberale significa una cosa sola: significa che quando l'estrema destra xenofoba, anti europea e anti immigrati rompe gli argini e imbarca voti oltre il limite fisiologicamente tollerabile stanno per iniziare tempi grami per tutto il Continente. Anzi, già ci siamo nel marasma in questa Europa drammaticamente agitata che invece di costruire ponti appare contagiata dalla riproposta delle bacate ideologie in auge il secolo scorso. A Vienna il vento gelido della deriva increspa il Danubio e mentre le dolci note dell'ultimo valzer triste si perdono nella foschia della storia, sarebbe imperdonabile se le forze sane dell'arco democratico sottovalutassero il campanello d'allarme austriaco e non solo.

 

IDEALI. Porre un bavaglio ai blogger è una scelta che ripugna a coloro che richiamandosi a Voltaire fanno della libertà di espressione e del confronto delle opinioni, anche le più sgradevoli, uno dei capisaldi della comunicazione senza censure. In talune circostanze capita però che dietro il comodo paravento dell'anonimato vengano veicolati giudizi a dir poco discutibili e in più occasioni condannabili. Ne abbiamo avuto un abbondante e indiscriminato florilegio nei commenti alle elezioni austriache in cui non mancano frasi deliranti inneggianti all'imbianchino folle per auspicare il pronto ritorno al "sano e muscolare patriottismo" d'antan. Patriottismo che nel clima attuale, carico di livore contro i migranti, non significa poetico amor patrio bensì il ripudio dei valori e degli ideali tramandatici dai padri illuministi.

 

RESISTENZA. "Liberateci dalla Liberazione e dalla lagna antifascista". Se davvero si vuole ampliare il concetto del 25 aprile, pur rispettandone il significato originale, non sarà certo dalle balorde elucubrazioni come quelle virgolettate poste all'inizio e veicolate dai media accasati a destra che verrà l'ispirazione. Di ben altro spessore sono invece le parole di Mattarella quando ricorda che è sempre tempo di Resistenza perché "guerre e violenze si manifestano ai confini d'Europa, in Mediterraneo e in Medio Oriente". A maggior ragione lascia quindi allibiti l'insistenza con la quale viene propagata da certi ambienti la contro storia tendente a delegittimare la lotta partigiana che ha riscattato l'Italia dall'onta del regime e l'ha riportata nell'orbita delle nazioni civili. Cedere ai revisionisti sarebbe l'inizio della fine.

 

NO WAR. Nel suo Farewell Grand Tour europeo, forse l'ultimo del suo mandato che molti già cominciano a rimpiangere, Obama non si è smentito e ha lasciato intendere che fino a quando sarà alla Casa Bianca gli Stati Uniti non andranno oltre lo stretto indispensabile per contrastare l'Isis. Non vi saranno insomma corpi di spedizione come all'epoca del Vietnam con l'esito disastroso che tutti ricordano. Una guerra però gli USA la stanno comunque facendo attrezzandosi per bloccare sul Web la diffusione propagandistica dello Stato islamico che di questa strumento ha fatto e fa ampio uso per mobilitare nuove leve. Il Presidente americano ha insomma sposato il convincimento, inviso ai repubblicani, che il Califfato si può battere con le armi della cultura e dell'intelligence meglio di quanto sappiano fare i cannoni.

 

PELLEGRINAGGIO. Sembra che "du côté de chez Salvini" non sappiano più che pesci pigliare per scalare il Campidoglio romano se sono ridotti a prendersela con la povera Pascale, la compagna di Silvio B. che non le manda a dire al leader leghista impegnato a sferrare calci a destra e manca nel tentativo di imporre il suo candidato. Ormai la baruffa tra Forza Italia e il Carroccio alimenta lo spassoso teatrino inscenato quasi ogni giorno dai due schieramenti nella corsa alle amministrative della capitale. Non potendo ormai più contare sulla benedizione dell'ex Cavaliere, il successore di Bossi è andato in pellegrinaggio da Trump che gli ha pronosticato un futuro radioso. "Presto sarai primo ministro e io presidente" gli ha detto, e formeremo un binomio fantastico. E' stata la classica gara a chi le spara più grosse.

 

MISTERO. A ognuno il suo Shakespeare. Celebrato a quattrocento anni dalla morte con numerose iniziative globali, il Bardo di Stratford-upon-Avon, non cessa di stupire, di interpellare le nostre coscienze e di scavare nei gangli della società con intuizioni che indagano nella psicologia dell'uomo quattro secoli prima di Freud. Tale è il suo fascino e la sua capacità di parlare a tutti, che nel settecento, come svela il Giornale del Popolo di Lugano, un erudito contadino svizzero del Toggenburgo, autore di uno dei primi commenti in lingua tedesca dedicati all'autore, gli si rivolge chiamandolo "Caro William", cogliendo in pieno il significato universale dell'opera shakespeariana. Ancora oggi sopravvive il mistero legato alla vera identità del drammaturgo, ma le numerose congetture riguardo alle sue origini svaniscono al cospetto dei suoi personaggi più riusciti.