Mentre il centrosinistra americano si premara ad assumere le redini di un paese sfiancato dalla catstrofe morale, bellica e liberista dell'Amministrazione Bush jr., il Cavalier Silvio - senza una sillaba di autocritica per l'avventura irachena nella quale aveva trascinato l'Italia al seguito delle falsità sulle "armi di steminio" di Saddam - minaccia la stampa colpevole di aver stigmatizzato il conflitto d'interessi del premier platealmente riemerso nella vicenda Sky.
di Renzo Balmelli
OBAMA TRA SOGNI E REALPOLITIK - In politica capita spesso di misurare quanto sia sottile il discrimine tra il dire e il fare. Se ne sta rendendo conto anche Barack Obama, che già nella fase di transizione si trova confrontato alle prime difficoltà della presidenza e a qualche guizzo di malumore da parte dei suoi sostenitori.
Mentre con l'imminente cambio effettivo della guardia alla Casa Bianca si approssima l'ora della rinascita, cresce per lui l'agenda delle attese da colmare; attese enormi, forse eccessive, ma indissolubilmente legate al suo programma. Ci sono sogni da realizzare, e da realizzare subito, in un paese impaziente, colmo di speranze, un paese da rassicurare e che vuole dimenticare in fretta il nido di vipere lasciato in eredità dalla precedente amministrazione. Certo è che dopo l'iniziale euforia per il trionfo elettorale, nello staff di Obama è subentrato un periodo di riflessione, di meditata consapevolezza sulle scelte da compiere.
Nei primi passi del leader democratico abbiamo visto prevalere un modello di scuola realista che si riflette nella formazione della sua squadra, in cui spicca il nome della vecchia rivale Hillary Clinton, donna dalla fortissima personalità che alla guida della diplomazia statunitense non si lascerà certo confinare nel ruolo di semplice esecutrice. Tuttavia, accanto ai politici navigati e garanti della solidità esecutiva, nel futuro governo di Washington, se non altro in sintonia con le promesse elettorali, ci si aspettava di trovare qualche liberal in piu', oppure quel tocco supplementare di stuzzicante fantasia creativa capace di ravvivare lo spirito depresso della nazione. Era dunque inevitabile che di fronte a certe decisioni frutto della Realpolitik, la sinistra americana piu' progressista arricciasse il naso chiedendosi: ma il cambiamento è tutto qui? Domanda legittima. Già: tutto qui? Orbene, toccherà a Obama trovare in sé le giuste risorse per sedare i dubbi e certificare nei fatti che la "speranza nel futuro", di cui è stato alfiere fino ad oggi, resta l'obbiettivo principale, un impegno che realizza la cesura netta con il disvalore della violenza unilaterale di marca repubblicana.
Tra l'altro, a proposito dell'Iraq, Bush ha riconosciuto di essersi sbagliato, e ha quasi dato la tardiva impressione di volersi scusare per l'inganno fatto patire alla sua gente. Il baro che imbrogliò se stesso - secondo l'azzeccata definizione di Vittorio Zucconi. Chissà se in Italia coloro che in passato schierarono supinamente il paese sulle posizioni interventiste della Casa Bianca hanno avvertito qualche rimorso di coscienza? Impossibile, con questa destra. Ma passiamo oltre.
Ecco, in questa sfida, nella sfida cosmopolita e multilaterale che alle armi antepone la forza delle idee, il nuovo presidente USA mette in giuoco se stesso e la voglia di riscatto che ha accompagnato la sua folgorante ascesa. Sospinto dal voto e dall'entusiasmo dei suoi concittadini, Obama si trova ora al cospetto della storia che lo chiama e lo sollecita a rompere davvero gli indugi per risollevare il paese da una catastrofe morale, bellica e liberista di proporzioni bibliche. Bismarck asseriva che la politica è l'arte del possibile, capace di cambiare il carattere dell'uomo. Il nuovo inquilino della Casa Bianca raccolga la sfida e dia al mondo la prova che il Cancelliere di ferro aveva torto.
L'IRA DELL'EST - Narra Max Frisch che ai tempi di Gugliemo Tell, l'odiato balivo Gessler perdeva facilmente il controllo a causa del Foehn, ossia il favonio, vento caldo del sud che provoca insopportabili emicranie. A Berlusconi invece saltano i nervi quando si espone troppo da vicino al vento dell'est. Sarà una coincidenza, ma non appena si avventura nei territori dell'ex impero sovietico il premier sembra cadere in preda a ire funeste e a reminiscenze storiche di dubbia provenienza.
Moniti, diktat, sanzioni, rimproveri e attachi partono in tutte le direzioni dalle antiche capitali della cortina di ferro per raggiungere i piu' disparati obbiettivi in patria. Da Tirana, un tempo capoluogo di un incubo orwelliano, gli strali piu' recenti hanno colpito il Corriere della sera e La Stampa a causa dei loro servizi sulla controversia tra il governo e Sky. Gli articoli e i giudizi critici erano risultati indigesti al premier che in simili frangenti sembra coltivare una sua singolarissima concezione della libertà di stampa.
Sia detto per dovere di cronaca: quella della partita IVA di Sky è una storia ambigua nella quale nessuno puo' proclamarsi innocente. Una vicenda che puzza di conflitto di interessi lontano un miglio. Il Cavalier Silvio, mollati gli ormeggi, ha spinto pero' l'arroganza fino a invitare i direttori delle due testate a cambiare mestiere e, già che ci sono, ad andarsene a casa portandosi appresso l'opposizione. Una pretesa tanto inaudita quanto ridicola.
Il quotidiano di via Solferino, con una nota alla quale ci associamo in segno di solidarietà, ha replicato che questo mestiere "continuerà ad esercitarlo, anche se qualche volta" - precisa - "ci è capitato e ci capiterà di dare un dispiacere al presidente del Consiglio in carica". La zampata berlusconiana, al di là dello sconcerto, resta tuttavia un fatto preoccupante, indice di un costume politico che mal si addice a chi ha la responsabilità di governare e di rappresentare il paese nel mondo.
Nell'Italia trasformata in campo di battaglia dalle pretese egemoni del premier, la sfuriata berlusconiana in terra albanese, lungi dall'essere uno sfogo passeggero, proietta le sue ombre inquietanti sul disegno iniziato col tristemente famoso editto bulgaro.