martedì 23 settembre 2008

ATTERRAGGIO

La superficialità e la sicumera con la quale la maggioranza ha affrontato l’emergenza della compagnia, denota una disinvoltura preoccupante, in stridente contrasto con l’immagine trionfante che il Cavaliere vuole dare di se e della sua compagine.

di Renzo Balmelli
ALITALIA - A Palazzo Chigi lo scenario era già pronto, con tanto di tappeto rosso, per la cerimonia che doveva conferire al Cavaliere il ruolo di salvatore della patria, di acclamatissimo sovrano e di patrono dell’italica compagnia di bandiera. La vicenda Alitalia ha invece avuto un epilogo amaro,amarissimo, e il tonfo ha lasciato il segno nella maggioranza che era ormai convinta di avere la situazione in pugno.

Invece gli aerei non sono sacchi di immondizie che appaiono e misteriosamente scompaiono sull’onda della congiuntura politica.

La questione era un pochino piu’ complessa visto che oltre a migliaia di posti di lavoro era in ballo la possibilità di garantire al paese una rete di collegamenti aerei moderni, efficenti e all’altezza del prestigio di una grande nazione. La questione Alitalia è stata invece affrontata dal governo essenzialmente come una prova di prestigio, per dimostrare quanto loro siano molto piu’ bravi nel risolvere i problemi.

Dalla strategia messa in campo durante le trattative era pero' assente la lungimiranza atta a favorire una solida e promettente azione di rilancio e consolidamento che non gettasse sul lastrico migliaia di lavoratori. Purtroppo non è cosi’ che funziona. La fumata nera per il salvataggio della società, il cui destino è ormai appeso a un filo sottilissimo, è la batosta finale di mirabolanti promesse elettorali messe in circolazione da un sistema che insegue la spettacolarizzazione della gloria cortigiana.

Lo smacco incassato dall’esecutivo non è tuttavia un motivo di esultanza per nessuno, ma intriso di profonda tristezza. La conclusione dell’intera vicenda è innanzitutto una sconfitta per l’intero paese, già costretto a tirare la cinghia, che ne pagherà le conseguenze fino in fondo. E Berlusconi, come ha già provato a fare, non si sogni di scaricare colpe sulla CGIL, che ha fatto il suo dovere di sindacato, perché le responsabilità di questa brutta storia gravano in gran parte su questo governo. La crisi di Alitalia viene da lontano, sedimentata nel corso degli anni e frutto di strategie passate e presenti assolutamente indifendibili.

La superficialità e la sicumera con la quale la maggioranza ha affrontato l’emergenza della compagnia, denota una disinvoltura preoccupante, in stridente contrasto con l’immagine trionfante che il Cavaliere vuole dare di se e della sua compagine.

FARSA - Strana epoca, quella in cui viviamo. Strana davvero, in cui sembra che vecchi schemi, che parevano ormai desueti, tornino invece in auge con una forza insospettata. Le parole per indicarla sono due, una non meno inquietante dell’altra: revisionismo e restaurazione.

Revisionismo e restaurazione cui vanno ad aggiungersi indifferenza, egoismo, mancanza di soidarietà, edonismo sfacciato. A Milano abbiamo un morto per odio razzista, un giovane di colore ammazzato a sprangate per un pugno di biscotti. La natura e i contorni dell'episodio sono estremamente preoccupanti e richiamano alla mente fatti di grave intolleranza razziale. Sembra di tornare ai macabri rituali del Ku Klux Klan. Si sprecano le solite frasi di convenienza, intrise di falso dolore, di falso sdegno; frasi che domani saranno già dimenticate.

La maggioranza, che veleggia dall’alto di sondaggi bulgari, veri o presunti che siano, nel timore di disturbare il potente alleato lumbard, glissa, nega la componente xenofoba del delitto, tende a sminuire, smussare, motivare. Nel giorno in cui accadeva questo mostruosa mattanza, l’articolo piu’ letto è stato quello che raccontava dell’appartamento acquistato da Veltroni a New York. Da brivido. Duri i commenti di chi ha ancora un cuore, un’anima e un cervello per pensare con la propria testa.

"E’ cosi’ difficile - si legge sul sito del Corriere - dire e pensare che la vita è sempre vita, anche quando si tratta di non padani”. Sì, strana, strana davvero quest’ epoca segnata dall’indecenza e dalle fanfaronate del potere.

Berlusconi dice di non voler entrare nella discussione sul fascismo sostenendo che lui guarda avanti e che l'antifascismo è cosa scontata. La storia ridotta a mera quisquiglia, a quantité négligeable affinché non ostacoli in nessun modo la processione verso l'apoteosi. Posizione troppo comoda, ipocrita, pilatesca, visto che un ministro del suo governo e il sindaco di Roma, che fa parte della sua maggioranza, hanno espresso giudizi gravi e nostalgici sul ventennio e sulla repubblica sociale.

Il presidente della Camera Fini ha sentito il dovere di sconfessarli. Il premier no. Ecco: proviamo a pensare quant’è grottesca, artefatta e innaturale la situazione sotto il cielo di Roma. Il Presidente della Camera non solo dissente, ma addirittura smentisce il capo del suo governo su un tema dal quale si dipartono le peggiori derive. Il copione avrebbe fornito spunti incredibili a Samuel Becket, maestro nel descrivere le finzioni le affabulazioni che tornano utili ai potenti per nascondere l’immondizia sotto il tappeto.

Nello stillicidio dei valori che nella quarta era berlusconiana spinge il paese verso le zone basse delle graduatorie internazionali, tornano alla mente le parole di Hegel, quando osservava che tutti i personaggi ed eventi storici si ripetono per cosi’ dire due volte. Al che Marx, con una frase rimasta proverbiale, aggiunse una precisazione illuminante: la prima come tragedia, la seconda come farsa.