giovedì 26 settembre 2013

A Stoccolma gli scienziati…

Riuniti in conclave al capezzale del nostro pianeta, gli scienziati dell'ONU scuotono il capo come in presenza di un malato grave

 di Renzo Balmelli 

 CLIMA. Non è la prima volta, né sarà l'ultima, che gli esperti lanciano messaggi angosciosi sulla sorte della Terra. A Stoccolma gli scienziati dell'ONU riuniti in conclave al capezzale del nostro pianeta, scuotono il capo come in presenza di un malato grave. Dal loro rapporto, un librone di 2200 pagine frutto di sei anni di lavoro, risulta che abbiamo davanti al massimo due lustri per evitare la totale e irreversibile catastrofe climatica. Senza misure drastiche contro il surriscaldamento e l'emissione di sostanze nocive, milioni di individui rischiano di non più avere risorse idriche e alimentari. Ora le proposte passeranno al vaglio dei governi, ma e proprio questo che inquieta. Il tempo per salvare la Terra è pochissimo, ma a volte prevale l'impressione che la voce dei ricercatori si perda nel deserto delle cancellerie, soffocata da interessi che prevalgono sul bene comune dell'umanità.

 INTESE. Forse alla Germania farebbe comodo Enrico Letta, il più "tedesco" dei premier italiani. Senza dubbio i consigli di un maestro ed esperto come lui in fatto di " larghe intese" impossibili, potrebbero essere di aiuto ad Angela Merkel che per un soffio ha fallito la maggioranza assoluta. Nel trionfo la regina d'Europa è sola dopo il tracollo dei liberali che la costringono a cercare nuove alleanze per guidare il processo di crescita dell'UE . Ma l'ipotesi della Grosse Koalition, ossia le larghe intese in salsa berlinese, non sarà come quella di Roma con l'inaffidabile Pdl, bensì il risultato di trattative con un partner, l'SPD, che ,seppure con fatica e in ritardo, ha ripreso taluni postulati della sinistra dopo le sbandate liberiste che le avevano alienato il consenso di molti elettori delusi.

 DIAVOLETTO. Certo, per chi da vent'anni è costretto a subirle ogni giorno condite in tutte le salse mediatiche possibili e immaginabili, non sarà facile depurarsi dalle tossine del berlusconismo. Se poi a dare manforte al Cavaliere ci si mette pure quel diavoletto di Putin, non propriamente un modello da imitare, il rattoppo, cioè la difesa d'ufficio, finisce col trascinare la vertenza verso gli abissi più profondi dello squallore. Il dire , come fa il padrone del Cremlino, che se Silvio fosse gay non lo toccherebbero , scatena sui blog reazioni che nemmeno si immaginavano. Anche se fosse stato "negro" - scrive un lettore- non lo avrebbero sfiorato con un dito. E via di questo passo. E' solo uno scampolo di una fiumana di " bravo Vladimir" che da quel pulpito lascia interdetti!

 VELO. Sull'onda dell'emotività l'occidente viene a volte attraversato da turbolenze anti-burqa, in verità un problema più simbolico che reale, quasi inesistente qui da noi. Pone quindi un interrogativo di carattere universale il referendum che nella Svizzera italiana ha sancito il divieto, ancorato nella costituzione, di indossare il burqa nei luoghi pubblici. Universale, perché il voto tocca un nervo scoperto che va oltre i confini regionali senza tuttavia affrontare con la necessaria serenità di giudizio un argomento dal quale non è estranea la paura. Se da un lato può infatti avere una sua legittimità il desiderio di opporsi alla mentalità oscurantista che occulta ed emargina la donna, dall'altro nell'Europa erede della cultura illuminista il velo non può diventare il facile pretesto per scatenare un conflitto tra opposte culture.

 POLPETTA. Di norma si mangia col risotto, ma chissà che non rappresenti una rivoluzione nella gastronomia del "fast-food" il menù a base di patatine e "ossburger", ossia il panino con l'ossobuco, frutto dell'intraprendenza di un imprenditore cui non difetta la fantasia per dare un tocco originale alla polpetta ideata in omaggio a Expo 2015 di Milano. Anche questa è l'altra Italia che piace al mondo, l'Italia affrancata dalle pitonesse della politica, così come piace l'insurrezione contro l'oltraggio fatto a Venezia con l'ignobile sfilata nella Laguna di pachidermiche navi da crociera. Mentre sull'altare del profitto si celebrava, come ha detto Celentano, l'eterno funerale delle bellezze del mondo, sarebbe bastato uno stupido inchino per sfregiare la Serenissima, città unica al mondo, splendida e fragile. Come l'Italia, appunto!

 

martedì 24 settembre 2013

Un video-gioco di vecchia generazione

SPIGOLATURE 

 di Renzo Balmelli 

 RISCATTO. Non pianger per me, Italia. Qui ci sono e qui resto. Con una spolverata di pathos alla Evita (dont cry for me Argentina) e convinto più che mai che la politica sia un infinito musical, anche in attesa del giudizio Berlusconi non si è fatto mancare niente. Davanti a un Paese sempre più esterrefatto, il Cavaliere ha cavato dal logoro cilindro l'ennesimo, stantio teorema sul complotto dei magistrati, il "mostruoso" partito dell'odio e la democrazia dimezzata. Ma le polveri ormai sono bagnate ed il video-messaggio pareva un vecchio video-gioco di un'altra generazione. Nel suo caso e nella rete d'interessi imbastiti con consumata abilità, In questo triste finale di partita il bilancio è magro, mentre c'è invece molto da piangere e nulla da rimpiangere. Con la decadenza che non è di un uomo solo ( quelli passano, restano le idee, ammoniva Kennedy) ma di un ventennio che a proposito di idee lascia un vuoto sconcertante, si avvia alla chiusura un ciclo che ha fatto parlare di se in tutto il mondo per tanti motivi, ma non per la qualità dei contributi messi in campo al servizio del bene comune. Quando la patina del tempo si sarà posata su questo periodo infausto, nei libri di testo, a dispetto dei proclami roboanti, sarà arduo trovare un solo atto di governo degno di essere ricordato. D'ora in poi nessuna astuzia di Silvio e dei suoi cortigiani riuscirà a contenere l'irrefrenabile esigenza di serietà e pulizia morale che sale dalla società civile di fronte a un sistema di potere che ormai sa di muffa. E a proposito del bisogno di aria nuova, la trepidazione con la quale è stato seguito il recupero della Costa Concordia affidato a uomini di valore, ne è la prova eloquente. Dall'isola del Giglio è venuta la dimostrazione che c'è un'altra Italia, c'è sempre stata anche quando pareva relegata nell'ombra dai fasti del sultanato di Arcore. Un'altra Italia affidabile e laboriosa, ben diversa dall'immagine approssimativa e cialtrona del bunga-bunga. E questo si chiama riscatto.

 ABUSI. Con il video di Berlusconi, il video del tramonto, le televisioni pubbliche e private hanno reso un pessimo servizio al pluralismo dell'informazione. Al messaggio privatissimo e autoreferenziale, che ha fatto l'apertura di tutti i telegiornali, è stato infatti concesso uno spazio enorme, sproporzionato, che negli Stati Uniti non verrebbe mai accordato nemmeno a Obama se non in una situazione di gravissima emergenza. Tale anomalia è motivo di sconcerto all'estero dove non si capisce come un politico che non ha cariche di governo e sta per decadere dalla carica di senatore possa monopolizzare le principali emittenti a suo piacimento ed a suo esclusivo  beneficio, senza mai essere interrotto dalle domande dei giornalisti. L'intervento dell'ex premier è stato in pratica un monologo di oltre 15 minuti infarcito di toni eversivi – da guerra fredda, ha commentato Epifani – e offensivi nei confronti degli avversari, delle istituzioni, dei magistrati, della sinistra e di tutti coloro che ponendosi  al servizio dello Stato mai potrebbero permettersi simili abusi verbali, intercalati da minacciosi appelli alla ribellione e alla rivolta. Queste sono cose che possono accadere soltanto in Italia dove da tempo ormai, come fanno notare molti osservatori, esiste una sola stagione politica, la stagione dell'irrealtà, altro frutto bacato del berlusconismo.

 PROVOCAZIONE. In televisione le donne e gli uomini del Cav garantiscono che la giustizia è uguale per tutti. Per tutti, forse, tranne che per uno, tranne che per il capo a giudicare dalla baraonda inscenata dopo la condanna a un anno e la conferma della mega-multa per il Lodo Mondadori. Da queste parti il lupo perde il pelo, ma non il vizio, e l'irruzione sul palco del protagonista che non ha più voce nel copione, sta a significare che la commedia ancora non è finita e che il rischio di prolungare l'inerzia non è scongiurato. Il partito Mediaset si propone precisamente questo da quando nacque vent'anni fa: salvare il soldato Berlusconi e creare un'altra politica al riparo dai controlli istituzionali. Già l'ipotesi di affidare il timone della rinascente Forza Italia a Guido Bertolaso, cioè di colui che nella gestione della Protezione civile non ha lasciato un ricordo adamantino, è un messaggio dal significato inequivocabile in cui si sfiora però la provocazione, specie dopo il successo della mission impossible del Giglio. Con ogni evidenza si è trattato non di un casuale concorso di circostanze, bensì di una strategia calcolata per fare sapere che lui c'è e che nemmeno ai domiciliari o ai servizi sociali libererà il campo. Almeno per ora. Comunque sia, lascia perplessi il solito proclama del predellino, in palese ritardo sulla storia , il quale assicura che presto tornerà a risplendere su Roma il sole di Forza Italia. Ma quando mai. Il "sol dell'avvenire" è già spuntato da un pezzo ed era un'altra cosa.

 FRONTIERA. Oggi come ieri, alla destra populista hanno sempre fatto comodo i capri espiatori. Di solito la perfidia colpisce i lavoratori stranieri come accadde nella Confederazione elvetica all'epoca delle iniziative del tribuno xenofobo Schwarzenbach. In tempi più recenti la perfidia si è indirizzata verso il fantomatico idraulico polacco, i frontalieri ed i padroncini italiani, accusati delle peggiori infamie. Ironia della sorte, a dispetto delle campagne cariche di veleno, la Svizzera si è però attivata in tutti i modi per invitare le imprese della vicina Italia a trasferirsi al di qua del confine, offrendo loro condizioni di favore. Orbene, l'iniziativa ha avuto un tale successo da costringere i promotori a porvi fine a malincuore prima del termine stabilito. Le disponibilità erano infatti esaurite. Un bello schiaffo alla faccia di chi crede, cullandosi nella miope visione della società e della civile convivenza, che il mondo finisca alla frontiera.

 GIACCA. In Germania mancava una nota curiosa per rendere un po' meno soporifera la campagna elettorale piuttosto noiosa. A rianimare la competizione ha provveduto la giacca di Angela Merkel che in pubblico ne sfoggia un'intera collezione, tutte uguali nel taglio, ma dai più svariati colori. Quale sarà la tinta del capo d'abbigliamento che indosserà dopo le elezioni di domenica è l'interrogativo che tiene banco nei media e appassiona i tedeschi. Se la sua rielezione appare scontata da quando il voto della Baviera, come recita la pubblicità di una nota bevanda , le ha messo le ali, meno sicuro è sapere con chi governerà dopo il tonfo dei liberali. La FDP sta elemosinando il secondo voto per superare la soglia di sbarramento del 5% che garantisce l'accesso al Bundestag, ma l'impresa appare disperata. Con un linguaggio da gossip, vista la difficoltà di ripristinare la vecchia coalizione nero-gialla, ci si sbizzarrisce a speculare con chi la Merkel convolerà a nozze dopo il voto e con quale giacchetta. Quella rossa, a pochi giorni dall'apertura dei seggi, è balzata in testa delle ipotesi più accreditate, sebbene lo scenario di una grade coalizione CDU/SPD, sulla quale convergono i pronostici, sia causa di non pochi mal di pancia nei due schieramenti. Ma ormai anche nella Germania " maestrina di virtù", gli elettori si sono rassegnati all'idea che dalle urne uscirà non un volo d'amore nuziale nel cielo sopra Berlino, ma un classico matrimonio di interessi. Forse l'unico a non volerlo è Peer Steinbrück.

 FELICITA'. Convince poco la pagella della felicità elaborata dall'ONU che prova a catalogare sentimenti per loro natura incompatibili coi freddi parametri statistici. In questa curiosa classifica al secondo posto figura la Norvegia, paese all'avanguardia, ma non certo al riparo da prove laceranti, fonte di gravi disagi. Dando per buono il PIL della felicità, ribattezzato FIL (felicità interna lorda), sorge qualche dubbio sull'attendibilità della ricerca al pensiero che nella ricca petro-monarchia del nord siano gli xenofobi puri e duri del SIV, il partito del Progresso in cui militò lil criminale Anders Breivik, a fare da ago della bilancia per garantire la maggioranza al prossimo governo di centro-destra. Il ghigno dell'estremista, autore del massacro in cui morirono 77 persone, suona come una condanna ben diversa dal concetto di felicità.

 SGOMENTO. Nasce nei laboratori nazisti il gas sarin impiegato in Siria e causa di atroci sofferenze. Fu infatti ottenuto per la prima volta nel 1939 da due scienziati tedeschi che misero la loro scoperta al servizio di Hitler e della sua sanguinaria brama di potere. La comparsa di questa terribile arma chimica, comprovata dal rapporto dell'ONU, ci riporta a uno dei periodi più tragici dell'umanità, quando in quella sorta di antro sinistro e crudele che erano le fabbriche della morte del Terzo Reich si faceva a gara nel mettere a punto le più spaventose armi di distruzione di massa. Che lo scempio sia sopravvissuto alla storia non fa che accrescere lo sgomento e la condanna verso chi ha messo la firma sulla strage di innocenti.

 

giovedì 12 settembre 2013

Un uomo solo allo sbando

 Per i suoi interessi personali, l'ex premier si è genuflesso davanti alla Corte di Strasburgo, sebbene l'Europa non sia mai stata in cima alle sue priorità.

 di Renzo Balmelli 

 MACIGNO. E' umiliante che un uomo solo allo sbando abbia il potere di paralizzare una nazione intera. Chi ha la coscienza pulita non ha nulla da temere. Col suo comportamento forsennato, ricattatorio, minaccioso e portato avanti a qualunque prezzo, sulla coscienza Berlusconi deve avere invece non soltanto un peso, ma un macigno grande come una montagna. Per i suoi interessi personali, l'ex premier si è persino genuflesso in modo indecoroso davanti alla Corte di Strasburgo, sebbene l'Europa non sia mai stata in cima alle sue priorità. Ma lo sapevano bene i nostri vecchi che la prima gallina che canta è quella che ha fatto l'uovo.

 SPIRAGLIO. Se lo era immaginato diverso, Obama, il suo secondo mandato, dedito alla crescita del benessere e non alla gestione dei venti di guerra. Ora che nella vicenda delle armi chimiche siriane si è aperto un tenue spiraglio , forse la minaccia non è più così imminente. Per gli inconsolabili orfani di Bush dare addosso al Presidente era diventato una sorta di tiro al bersaglio, quella che in tedesco si chiama "Schadenfreude", la gioia per i guai altrui. Ma c'è voluto poco per capire che agli implacabili censori del " giovanotto abbronzato" stava a cuore non tanto la sorte della Siria quanto il miraggio di una tardiva rivincita.

 SFIDA. Per ora è ancora una guerra di nervi, ma per molti analisti la guerra fredda tra Stati e Russia è già ripresa con il ritorno al Cremlino di Vladimir Putin, il cui scopo è di riportare il Paese al centro della scena internazionale, posizione che comporta anche il confronto e lo scontro con gli americani. Il maggior punto d'attrito è ora rappresentato dai rapporti con Damasco che Mosca sostiene senza riserve nell'intento di ridisegnare in chiave neo imperialista i confusi assetti planetari su cui operano attori dalla dubbia moralità. La vera sfida sarà di recuperare il dialogo multipolare nel contesto di una nuova stagione diplomatica.

 RIPOSTIGLIO. Nemmeno a quarant'anni di distanza si può cancellare l'orrore per il golpe di Santiago che portò alla fine cruenta di Salvador Allende. Quel tragico 11 settembre del 1973 – una data maledetta – strangolò l'esperimento del socialismo nella libertà, e segnò per il Cile l'inizio di uno delle più feroci dittature del secolo scorso. Sullo sfondo di una spietata battaglia ideologica per "estirpare il cancro marxista", la democrazia fu stritolata da Pinochet con l'appoggio di Washington. A quei tempi la Casa Bianca considerava l'America latina come il ripostiglio di casa, secondo una concezione che tollerava scelleratezze di ogni genere.

 RISCATTO. Dire che alla destra non piace l'8 settembre è quasi una ovvietà. Nel settantesimo anniversario di quell'evento che cambiò il destino dell'Italia, complice forse l'aria pesante che si respira in casa, l'ostilità è però salita di parecchi gradi. La svolta per affrancare il Paese dalla dittatura diventa agli occhi dei nostalgici un inglorioso armistizio , quasi come a voler dire che la vera tragedia non fu il fascismo, bensì la Resistenza. Che quello sia stato il momento cruciale della rinascita e del riscatto viene presentato all'opposto come un falso ideologico, fino al punto di volerne riscriverne la storia in chiave revisionista. Allarmante!

 LETTURA. Sullo sfondo della bufera che investe governo e Parlamento, risulta oltremodo stuzzicante l'editoriale di Michele Carocciolo di Brienza su La Rivista, colta pubblicazione della Camera di commercio italiana in Svizzera diretta da Giangi Cretti. Con un paragone audace, l'autore dell'articolo si chiede se Andreotti e Berlusconi siano stati leader carismatici, in grado di migliorare gli italiani. Al netto di qualche battuta folgorante la risposta è negativa. Nessuno dei due rientra nella categoria, seppure con tutta una serie di sfumature che portano alla provocante domanda conclusiva: "Chi rappresentava l'Italia in maniera più decorosa? Berlusconi o Andreotti?"

 MISTERI. Alla Spoon River della letteratura italiana si è aggiunta un'altra stele, quella che porta il nome di Alberto Bevilacqua, uno dei maggiori scrittori contemporanei, maestro delle magie e dei sentimenti. Autore controverso, acclamato dal grande pubblico, molto meno dagli intellettuali, al pari di Soldati e Pasolini ha saputo combinare l'arte della scrittura con la regia ottenendo anche in questo campo risultati eccellenti. Come aveva già sperimentato Stendhal, Parma, la sua Parma, teatro di scontri generazionali, di pellegrinaggi lungo il Po, di meditazioni sui misteri dell'anima, era il luogo amato e odiato che ispirò a Bevilacqua capolavori come La Califfa, bella operaia che al cinema ebbe il volto indimenticabile di Romy Schneider.

 

lunedì 9 settembre 2013

Un’estate non poco agitata

SI VIS PACEM. Si riparte, dopo una estate invero non poco agitata, con l'angoscia nel cuore per la minacciosa prova di forza che si va delineando in Siria, vaso di Pandora di tutte i misfatti del Medio oriente. Ad acuire i rischi insensati di un conflitto che potrebbe contagiare non soltanto l'intera regione, ma anche i precari equilibri planetari, concorre lo spettro degli atroci crimini contro l'umanità commessi in quell'area in spregio alle convenzioni internazionali. Le ispezioni diranno quali sono le responsabilità del regime di Damasco e di chi ne è complice dietro il paravento di interessi inconfessabili Ma a che a più di un secolo dalla loro devastante apparizione sui campi di battaglia, i gas nervini e le armi chimiche non siano ancora state bandite definitivamente è un vulnus che apre le porte alle peggiori nefandezze. All'opposto della citazione latina, la pace non si prepara facendo la guerra, ma il grave sospetto che la guerra sia la prosecuzione della diplomazia con altri mezzi sembra avvalorato dall'immane catastrofe che ogni giorno si compie sotto gli occhi delle Cancellerie balbettanti e indecise a tutto.

 BURATTINAI. Nel rileggere in filigrana i tragici eventi che hanno sconvolto l'Egitto, ormai ricaduto nelle mani dei militari, si finisce col passare in rassegna le sorti delle varie primavere, oltre a quella araba, che hanno acceso speranze inaudite, poi tristemente disattese. Dalla lontana Repubblica di Weimar, coi suoi esaltanti fermenti culturali poi strozzati dalla barbarie nazista, alla splendida primavera di Praga, soffocata dal miope imperialismo sovietico, la storia è piena di fallimenti e di occasioni perdute. Quante volte l'illusione di una società più equa si è infranta contro la stupida ferocia dei burattinai di turno e dei loro protettori. Al Cairo, sotto la pesante cortina di piazza Tahir , si prova a indovinare l'immane e per ora frustrata fatica di un Paese abbagliato dal miraggio di una problematica democrazia che sembra essere neppure all'inizio.

 OSSESSIONI. A 50 anni dal celebre "I have a dream" col quale Martin Luther King osò sfidare a viso aperto l'arroganza dell'America bianca e segregazionista, il sogno resta incompiuto. Se grazie a quella marcia il Paese è stato reso migliore e più giusto per tutti, non tutti nel mondo ne hanno capito e accettato la portata. Sotto sotto continuano a ribollire grumi di intolleranza che non hanno risparmiato neppure l'Italia. Mentre la stagione balneare batteva il pieno, si è scatenata una tempesta di livore e di insulti contro Cécile Kyenge ("orango", "prostituta" e quant'altro) indegna di una società civile. Dietro la bacata ideologia dei nostalgici di "faccetta nera", incapaci di affrontare un corretto confronto delle idee, si intuisce il risvolto peggiore dell'uomo, deformato da una esistenza senza sogni e popolato da ossessioni razziali.

 ANIMA. Chissà come si potrebbe tradurre in Germania l'italica perorazione a dire qualcosa di sinistra. Scartato d'ufficio, per ovvie ragioni linguistiche, l'improponibile sag mir etwas auf links che risulterebbe ridicolo oltre che incomprensibile, non si può tuttavia fare a meno di porsi qualche legittimo interrogativo sullo stato di salute della socialdemocrazia tedesca alla vigilia delle elezioni. Sondaggi e pronostici lasciano intravvedere un quadro generale della situazione ormai abbastanza definito e favorevole, salvo cataclismi dell'ultima ora, alla riedizione della coalizione di centro destra guidata da Angela Merkel. A questo punto qualcosa di sinistra, un guizzo declinato in loco, potrebbe magari essere di giovamento alla SPD per ritrovare l'anima smarrita della grande tradizione socialdemocratica a cui di questi tempi sembra mancare la linfa vitale della passione.

 RIMPIANTI. Con la stuzzicante complicità del bicentenario di Verdi, è cresciuto assieme alle estenuanti turbolenze dello scontro politico-giudiziario, anche il rimpianto per l'Italia " si bella e perduta". L'Italia già duramente mortificata dall'infausto ventennio berlusconiano, ma che purtroppo non ha ancora finito di pagare dazio per il viaggio al termine della lunga notte di Arcore. Con l'uso astuto e disonesto della comunicazione, la destra, abilissima nel capovolgere il senso comune della realtà col suo nuovo dizionario a protezione del leader, sta infatti mettendo in atto una vera e propria strategia della mistificazione destinata ad alzare cortine fumogene per modificare il corso degli eventi. Trionfa così l'impostura in nome di una concezione distorta della legalità e della democrazia che mira a distogliere l'attenzione dai veri problemi dell'ex premier. Perché in fin dei conti a essere condannato è l'eletto, non chi lo ha votato. Ben altra cosa insomma rispetto allo slogan delirante della " guerra civile" annunciato da Bondi se il Senato votasse la decadenza del Cavaliere dalle cariche pubbliche.

 RIDICOLO. Con la storia che si fa cronaca e viceversa, emerge la figura di Giorgio Napolitano che prova a ridare lustro e brillantezza all'immagine dell'Italia nel mondo scalfita dalle ricadute del bunga-bunga e dei processi che ne sono seguiti. Il Capo dello Stato ha nominato quattro senatori a vita di assoluto , incontaminato prestigio e di altissimo profilo: sono Abbado, Piano, Cattaneo e Rubbia, nomi di primissimo piano nei loro campi di attività. Ed ecco, neanche a farlo apposta, arrivare a volta di corriere espresso il berciante dissenso di Pdl e Lega che con una faccia tosta incredibile si rammaricano per la mancata nomina di colui che a loro dire sarebbe stato l'unico meritevole di tanto onore: il cavalier Silvio ben noto alle cronache internazionali non certo per le sue doti di statista. Ma possibile che non si vergognino nemmeno un pochino, o non abbiano almeno il senso del ridicolo!