giovedì 28 novembre 2013

Un punto per Obama

di Renzo Balmelli

DIALOGO. Quando non è soltanto una parola più gentile per indicare le cannoniere, la diplomazia a volte riesce anche a smuovere le montagne. Qualcosa del genere è accaduta a Ginevra col primo accordo sul nucleare iraniano che costituisce una mina vagante per la sicurezza. Pur comprendendo le legittime apprensioni di Israele, che dal precedente regime di Teheran non ha certo ricevuto profferte d'amore, occorreva rimuovere gli ostacoli che impedivano di disinnescare la tensione in una delle regioni più a rischio del pianeta. Forse è ancora troppo presto per parlare di svolta storica. Intese di questa portata necessitano di un lungo periodo di incubazione, tanto più che non mancano i nemici nelle rispettive società nazionali. Basti pensare al livore della destra repubblicana negli USA. D'altro canto mantenere a oltranza l'Iran nel cono d'ombra degli stati canaglia era una scelta carica di insidie. Obama l'ha capito e nella ricerca del dialogo ha messo a segno, a dispetto del Tea Party e degli ayatollah intransigenti, un punto importante.

ABOMINIO. Quasi si stenta a crederci quando si leggono le raggelanti statistiche relative alla violenza sulle donne. Invece quei dati che certificano l' aumento impressionante del femminicidio sono la conferma inesorabile di un fenomeno che non accenna a diminuire nonostante la mobilitazione e le giornate internazionali di sensibilizzazione. Le iniziative in tal senso per fermare l'abominio difatti non mancano. Significativo è stato il gesto del Presidente Napolitano che ha conferito l'onorificenza di Cavaliere all'avvocatessa di Pesaro sfregiata con l'acido su ordine dell'ex fidanzato. Ma fintanto che in tutte le parti del mondo continuerà a imperversare la sottocultura maschilista che considera la donna alla stregua di un oggetto, non si dovrà mai stare zitti poiché il silenzio è complicità. Oltraggiare l'altra metà del cielo è un gesto bestiale che ricalca le peggiori prevaricazione di stampo fascista.

EQUITA'. Se qualcuno osa sfidarne le prerogative, anche la destra svizzera è simile a tutte le altre. Nel campo dei super stipendi poi non vuole sentire ragione. E' dunque con un sospiro di sollievo udito in tutta la Confederazione che i top manager, quelli dei compensi annui oltre i 15 milioni di franchi, hanno accolto la bocciatura del referendum che mirava a ristabilire un minimo di equità nelle retribuzioni aziendali. Due svizzeri su tre hanno respinto la proposta dei Giovani socialisti che per il suo significato universale ha destato molto interesse anche all'estero. Rovesciando l'assioma si potrebbe d'altronde osservare che uno su tre l'ha comunque approvata, a testimonianza del crescente malessere tra i salariati. Gli avversari dell'iniziativa hanno parlato di un ritorno del bolscevismo. In realtà si trattava di promuovere una maggiore giustizia sociale non tanto per superare il capitalismo quanto i suoi eccessi intollerabili.

TRUCCO. Qualcuno ricorderà il finale a sorpresa del film di Woody Allen " La maledizione dello scorpione di giada", quando la formula magica che alterava la realtà cessava di funzionare. Al crocevia della Seconda repubblica l'Italia sta vivendo un finale di partita più o meno simile. Dopo vent'anni , il torpore ipnotico del berlusconismo ha smesso di fare effetto: il trucco non solo c'è, ma si vede. Il potere di seduzione non dura in eterno e ormai dal cappello a cilindro del Cavaliere escono frasi senza l'arte e la grazia del carisma che i suoi sostenitori vorrebbero attribuirgli. Di carismatico, difatti, c'è ben poco nelle dichiarazioni fuori misura, quasi eversive, per scongiurare l'ineluttabile decadenza. Sprecare una parola così bella e preziosa com`è appunto il carisma, da usare solo in casi eminentissimi, significa difatti ricadere nella trappola dell'abbaglio mediatico che già tanti guai ha procurato.

SOLITUDINE. Decadenza di Silvio B. Si, Ma come? Con ogni verosimiglianza vedendosi abbandonato da coloro che un tempo formavano la corte di Arcore e che ora, col leader che barcolla, emigrano verso altri carri di possibili vincitori. Al fuggi, fuggi, l'ex premier replica alzando la posta. Forse non gli hanno ancora insegnato che l'erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re. Perché lui di cose nel vuole tante. Esige l'immunità parlamentare e ordina al Colle di concedergli la grazia, minacciando sfracelli in caso contrario. A suo dire sarebbe un golpe colpire colui che i fedelissimi chiamano il "Kennedy di Arcore", benché l'unica affinità riguardi le infedeltà coniugali. I maligni adesso immagineranno il Cavaliere intento a fischiettare " La mia solitudine sei tu" interpretata dalla zingara di Ligonchio, al secolo la devota Iva Zanicchi, che dopo due legislature la mano non gliela da più.

REALISMO. Che la vicenda non abbia alcun rilievo penale è accertato. Ma che questo basti per dissipare le ombre sullo slalom della Cancellieri non è per nulla provato. Ci sono situazioni in cui il concetto etico della politica dovrebbe prevalere su qualsiasi altra considerazione. Ammesso e non concesso che esista ancora. Ciò che il Paese disorientato dai precedenti e poco edificanti esempi di mala gestione, attendeva con ansia era un gesto di umiltà, un passo indietro per rassicurare l' opinione pubblica che non esistono due Italie, quella dei potenti e delle corsie preferenziali e quella della gente comune per la quale non si fanno telefonate. Sarebbe stato un segnale di altissimo valore morale, nel momento in cui il Pd è davanti a scelte cruciali. Non è arrivato. Ha vinto il realismo delle larghe intese che non sempre è una buona risorsa per rianimare le speranze di un cambio epocale.

 

giovedì 14 novembre 2013

LE ANIME PERSE

di Renzo Balmelli

RILANCIO. Se ci fosse un Gogol contemporaneo, più che di anime morte parlerebbe delle anime perse della sinistra, tesa a inseguire un'ansia di rinnovamento che tra i brandelli del passato e le foglie al vento del presente non riesce a costruirsi una nuova identità per il futuro. Il problema non è tanto la litigiosità che fa da sfondo alle primarie. E' fisiologica. Basta guardare a quello che succede negli Stati Uniti dove i competitori se ne dicono di tutti i colori. No, il problema è che non sono d'accordo su niente, nemmeno sull'adesione al PSE, voluta e rinnegata fino ad arrivare al punto di rottura. E' insomma una questione di cultura politica che se non riesce a esprimere un minimo comun denominatore e uno straccio di modello unitario, difficilmente darà risultati di lunga lena. Senza una visione condivisa un grande partito come il Pd non si rilancia.

MISERIA. Nemmeno durante la Prima Repubblica si erano contati così tanti emendamenti per un solo provvedimento. Mai si era arrivati alla cifra mostruosa di 3093, tanti quanti ne sono stati presentati per la Legge di stabilità, frutto di appetiti irrefrenabili. E neanche a cercarla col lanternino si troverà in questa intricata foresta di modifiche, rettifiche e aggiunte, una richiesta che avvicini alla cultura, sebbene sia uno dei temi ricorrenti in ogni dibattito sul declino e la possibile ripresa dell'Italia. In questo settore cruciale il mondo politico italiano , prigioniero delle sue faide quotidiane, ha mostrato un'attenzione sicuramente non pari alla straordinaria potenzialità dell'offerta che ne fa una delle prime al mondo per il pregio artistico e naturalistico. Non meraviglia quindi se all'estero, dove serpeggia lo sconcerto per le evidenti lacune, si parli di " bella miseria" anziché di Bella Italia.

MEMORIA. Con la dolente compostezza richiesta dal triste evento, è stata ricordata la Notte dei cristalli che 75 anni fa diede il via al bestiale pogrom nei confronti degli ebrei. Ma poiché l'incontro con la stupidità, lungi dall'essere impossibile, è perfino probabile, le voci stridule non smettono di farsi sentire. Mentre non si è ancora depositato il polverone sollevato da quel signore che confonde l'Italia democratica con la Germania nazista, un suo emulo, ospite a Gerusalemme, ha rincarato la dose asserendo che quel signore e gli ebrei rappresentano i mille volti della persecuzione. Si torna insomma in altra forma sullo stesso parallelo nel tentativo di sdoganare un concetto improponibile che non ha nessuna attinenza con la realtà se non quello di rivendicare il ricorso alla memoria per l'uso personale. Un triste, tristissimo esempio di cupio dissolvi.

RIBELLE. Già le origini, umili, in uno sperduto villaggio algerino al tempo del colonialismo, concorsero a fare di Albert Camus l'étranger qui nous ressemble (“lo straniero che ci somiglia”), la scomoda coscienza critica della Francia e dell'Europa. A oltre 50 anni dalla prematura morte in un misterioso incidente e nel centenario della nascita, l'autore francese più letto al mondo, premio Nobel, ammiratore di Silone, ribelle, eroe della Resistenza, assetato di giustizia e libertà, resta una presenza viva per la sensibilità e la capacità di indagare nei meandri dell'essere umano. Autore di capolavori come La peste , Lo straniero e L'uomo in rivolta ci ha lasciato un pensiero attualissimo, non omologabile, vigoroso e quanto mai necessario in quest'epoca povera di visioni illuminanti, segnata dal pressappochismo e dal "bunga-bunghismo" di cui l'Italia sta ancora pagando un prezzo elevatissimo.

MILIARDARI. Spuntano come i funghi dopo una spolverata di rugiada, ma sono meno appetitosi. Mentre l'Europa stenta e sul ponte sventola bandiera bianca, i miliardari proliferano a vista d'occhio nei cinque continenti e messi assieme detengono una ricchezza superiore al PIL di tutti i Paesi, tranne USA e Cina. Per loro la crisi è soltanto una parola sotto la lettera "c" del vocabolario, un dettaglio da non prendere nemmeno in considerazione nel mare sterminato del loro patrimonio complessivo che raggiunge i 3.100 miliardi di dollari. O Dio, anch'essi , poveretti, qualche preoccupazione ce l'hanno. Dover scegliere ogni giorno in quale villa o in quale maniero assecondare la passione per i viaggi, le collezioni d'arte, il golf e i jet privati alla lunga può sfiancare. Vuoi mettere l'adrenalina di una bella fila per un posto di lavoro!

ORELLI. Nel mezzo di una situazione difficile che vede critici e letterati accorrere al capezzale della poesia in sofferenza, viene a tacere una delle voci più autenticamente poetiche della nostra epoca: quella del ticinese Giorgio Orelli, considerato uno dei maggiori rappresentanti della poesia contemporanea di lingua italiana. Se l'idioma di Dante, ma anche di Foscolo, Pascoli e Montale, non è ad ammuffire in qualche scaffale, ma continua a far vibrare le corde più profonde dell'animo, gran merito va a questo figlio della valle a ridosso del Gottardo, scomparso a 92 anni, che ha insegnato a intere generazioni a vederlo con occhi nuovi, in tutta la sua ricchezza verbale. Per questa sua capacità di innovare, per il gusto della parola precisa, Orelli oltre che poeta è stato un grande ambasciatore della lingua italiana. Ciò che fa di lui, come disse Gianfranco Contini, un toscano del Ticino.

 

martedì 5 novembre 2013

Stupisce che ci si possa stupire

Nel balletto dello spionaggio amico tra le due sponde dell'Atlantico, ciò che maggiormente stupisce è il fatto che ci si possa stupire per qualcosa di cui da tempo si conosceva l'esistenza e che riguarda tutti.

di Renzo Balmelli

SCANDALO. Nel balletto dello spionaggio amico tra le due sponde dell'Atlantico, ciò che maggiormente stupisce è il fatto che ci si possa stupire per qualcosa di cui da tempo si conosceva l'esistenza e che riguarda tutti. Siamo infatti in un campo in cui nessuno può dirsi innocente. Non sorprende quindi che dalla Casa Bianca la polemica raggiunga il Cremlino, risvegliando il ricordo della stagione in cui secondo la vulgata corrente faceva comodo pensare che le spie venissero dal freddo e fossero soltanto i comunisti a frugare nella vita degli altri. Non è una attenuante, nemmeno per Obama che adesso ha le sue gatte da pelare per riconquistare la fiducia degli alleati furiosi. Caso mai la differenza rispetto al passato è il dilagare di tecnologie ultra sofisticate e gadget truccati che consentono di intercettare qualsiasi Cancelleria e qualsiasi vertice, eludendo le reti di protezione e rendendo lo spionaggio uno strumento misterioso, potentissimo e impossibile da controllare. Questo semmai è il vero scandalo orwelliano.

GUERRA E PACE. Siamo così assuefatti da non farci emozionare quando sentiamo la parola guerra, una delle peggiori contemplata dal dizionario, se non la peggiore. Per trasalire, per indignarci, le immagini devono essere di una tale efferatezza da risultare intollerabili finanche ai generali. Complice l'indifferenza di chi finge di volerla, ma si guarda bene dallo smantellare gli arsenali, l'umanità si è rassegnata all'idea che la pace nel mondo sia la più utopistica delle utopie. A smentire la fallace teoria provvede con il suo instancabile impegno Jody Williams, invisa ai mercanti di morte per la sua vittoriosa battaglia contro le mine antiuomo che le valse il premio Nobel. Ora la "ragazza del Vermont", come ama definirsi, lancia una nuova campagna con l'obiettivo di smascherare il legame perverso tra tecnologia e guerra. Se avrà successo, il suo sforzo contribuirà a rendere la pace un tema meno utopistico, togliendo denaro alle armi per investirlo in vera sicurezza.

SOGNI. Che a travolgerli siano i panzer di Breznev o i bizantinismi post-sovietici, l'esito è sempre sconfortante: coloro che un tempo ormai lontano trepidarono per la primavera di Praga, dovranno arrendersi all'idea che i sogni muoiono definitivamente all'alba. Delle inaudite speranze tramandate da Dubcek alla rivoluzione di velluto di Vaclav Havel, restano ormai soltanto brandelli di ricordi e la nostalgia di epoche diverse, ma cariche di fermenti, che mai videro concretizzarsi le aspirazioni del Paese. A rendere il contrasto ancora più acuto concorre nella Repubblica Ceca, sorta dalle ceneri della Cecoslovacchia, l'esito delle elezioni politiche che mostra un quadro frastagliato e oltremodo confuso. Dalle urne emergono, quale espressione di una nuova-vecchia casta politica, due filoni contrapposti destinati a fare scintille: da un lato il ritorno dei comunisti, decisi a ritrovare un ruolo in governo, dall'altro la pesante zampata dei populisti, presagio di "relazioni pericolose" dai risvolti inquietanti.

GIRAVOLTE. Possibile non vi sia nella destra un'anima pia tanto coraggiosa da dire a Berlusconi quanto sia patetico riesumare vecchi simboli che ormai non incantano più nessuno. Dirgli che il Paese è cambiato, che seppure con grande fatica è iniziato un nuovo capitolo, che non si fa il bene della comunità con la guerriglia che i suoi rambo e le sue pitonesse vorrebbero scatenare per fermare il corso della storia. Con le " larghe intese" si è fatto di necessità virtù, ma non ad ogni costo, non fino al punto da costringere il governo a sprecare energie per rintuzzare i capricci del Cavaliere. Non è accettabile, insomma, la strategia che inventa un pretesto al giorno per scaricare sulla popolazione il peso di scelte azzardate delle quali chi le ha provocate dovrà assumersi per intero la sua responsabilità. Forza Italia? Povera Italia!

SCENARI. Da Firenze a Trento la distanza è molta, ma non insuperabile. Vi si incontrano non soltanto le molteplici varietà del paesaggio italiano, ma anche le varie sfaccettature della sinistra che quando vuole riesce a imporsi nella consapevolezza che uniti si vince e divisi si perde. Visto in quest'ottica il franco successo nel Trentino Alto Adige in contemporanea col tonfo del Pdl, dei grillini e di Forza Italia, al primo test dopo il ritorno al logo e al nome delle origini, apre nuovi scenari non soltanto politici, ma anche culturali a livello nazionale. Da tempo, infatti, serviva un deciso colpo d'ala per ripristinare la fiducia nell'Italia e non più accreditare nel mondo l'immagine di un Paese in disfacimento "nonostante la grande bellezza", secondo il ritratto severo che ne fa il New York Times. Alla sinistra compete ora l'obbligo morale, oltre che istituzionale, di ricucire lo spirito unitario per porre rimedio al danno creato da un ventennio che ha soffocato le regole ed enfatizzato la teatralità.