lunedì 29 aprile 2013

Le più torride estati

Durante la Giornata mondiale della Terra, celebrata a ogni latitudine, si sono moltiplicati gli appelli per evitare
gli sprechi delle risorse.

di Renzo Balmelli


CLIMA. Quando si osservano le bizze del tempo non pare vero che dal 1990 quasi tutte le ultime venti estati siano risultate le più torride da seicento anni a oggi. Spesso in ritardo, la politica fatica a registrare il cambiamento e intanto il pericolo del surriscaldamento globale si fa estremamente concreto e immediato. Durante la Giornata mondiale della Terra, celebrata a ogni latitudine, si sono moltiplicati gli appelli per evitare gli sprechi delle risorse. Oltre alla strategia climatica, non solo possibile, ma indispensabile, anche una minima inversione di tendenza nei consumi può rappresentare un primo passo verso un futuro più sostenibile per miliardi di persone. Dalla crisi si esce impedendo gli effetti distruttivi sull'ecosistema e non pensando solo alle prossime elezioni.



PROFETICO. Se Stanley Kubrick potesse leggere le rivelazioni delGuardian, si renderebbe conto di avere realizzato con Il dottor Stranamore non solo un film-capolavoro a cavallo tra satira e suspense, ma anche un'opera profetica e sempre attuale per il persistere del ricatto atomico. A sentire l'autorevole quotidiano britannico nei prossimi mesi si assisterà al radicale e inquietante ammodernamento dei 200 ordigni nucleari tattici disseminati in Europa. La faccenda sorprende poiché se confermata con tale ampiezza rappresenterebbe un apparente voltafaccia rispetto agli impegni di Obama sul disarmo. Una settantina di questi "confetti" sono ospitati nelle basi Nato in Italia ed è poco probabile che avendoli così vicini la gente impari ad amare le bombe come invece accade , per un capriccio dei paradossi, allo stralunato dottore protagonista della pellicola.



SCANDALI. A quanto si legge, pare che di spagnoli sempre felici di cantare Ho visto un re, il famoso brano-manifesto di Jannacci, ce ne siano sempre meno in circolazione. A causa degli scandali che investono il "Palacio real" c'è addirittura chi non esclude affatto che un giorno o l'altro la monarchia , durante i secoli sempre presente nei passaggi brutti e belli , divenga unicamente materia di studio per gli storici. Sarebbe ovviamente una svolta traumatica che non fa bene all'immagine del Paese , preoccupa la classe politica e sull'altro fronte rende felici i più ostili alla corona. I molti meriti di Juan Carlos durante la transizione dalla dittatura alla democrazia sono ormai esauriti e il discredito dei Borbone ha le caratteristiche di una tendenza irreversibile che lascia presagire l'inizio di una crisi destinata a scavare solchi profondi in una Nazione già in gravi difficoltà.



DRAMMA. Bisognerebbe parlare di politica, politica italiana, ma "kafkano" le braccia. In Prima che il gallo canti si trova una frase di Pavese che sembra scritta oggi e dice tutto per come coglie nel segno: "Tanto quelli la testa non la cambiano mai". Dopo l'orrendo psicodramma della corsa al Quirinale, la televisione ci restituisce nient'altro che un fermo immagine. Non accorre nemmeno alzare l'audio per indovinare frasi fatte e discorsi vecchi. La speranza però è l'ultima a morire perché si da via a palate e non costa niente. Come la Francia con De Gaulle e Mitterrand, ora l'Italia affida le proprie sorti a Giorgio Napolitano, un saggio e determinato "monarca" dalle forti virtù repubblicane, che ha messo tutti in riga. Se lo faranno fallire di nuovo, la storia non avrà pietà di loro.



INCANTO. L'Italia non è soltanto diventata la grande malata d'Europa a causa delle inadempienze di chi l'ha (mal) governata nell'ultimo ventennio. Oltre il teatrino delle escort, per fortuna ce n'è un altro di Paese, il Paese che vive, resiste agli inciuci e lotta, il Paese che sa tenere alto il tricolore per l'originalità del prodotto e la vivacità dell'offerta. Con Andrea Camilleri e Il commissario Montalbano, tornato in tv per quattro nuovi episodi, il "made in Italy" è stato venduto in oltre 65 nazioni, decise a non perdere neppure una puntata. Sarà per il personaggio, uomo coraggioso e con un grande senso della giustizia, sarà per bellezza mozzafiato del paesaggio, gli spettatori superano le barriere linguistiche per tuffarsi nelle atmosfere uniche di un'isola incantata, quella che fece dire a Goethe in estasi: "Kommt in das Land, wo die Zitronen blühen". Chiamatela retorica, ma fa bene al cuore.

giovedì 18 aprile 2013

Come sconfiggere il mostro?

di Renzo Balmelli 

 INCUBO. C'è un grumo di odio volto a destabilizzare la coesione nazionale dietro il damma di Boston che spaventa l'America e fa rivivere l'incubo dell'11 settembre. Che per quel gesto atroce e codardo contro i civili sia stata scelta la città simbolo del panorama intellettuale, liberal e progressista del Paese, non è meno significativo della coincidenza col 15 aprile, il giorno dell'anno in cui si pagano le imposte. Qualunque sia la matrice dell'attentato, internazionale o domestica, si è voluto colpire al cuore il governo riformatore di Obama che, agli occhi dei terroristi e dei folli di estrema destra, è all'origine di tutti i mali di una società in costante evoluzione. Ma come sconfiggere il mostro? Senza piegarsi alla paura, è il messaggio della Casa Bianca, e facendo prevalere la forza della ragione di cui sono privi coloro che buttano le bombe.

 EMOZIONI. Occupare il posto di un mito è già di per se una " missione impossibile". Se poi il mito si chiama Chavez e il paese è il Venezuela con la sua complessa impalcatura politica, l'operazione è quasi disperata. Alla prova del fuoco Nicolas Maduro, fresco vincitore delle elezioni celebrate a Caracas, dovrà farsi in quattro per tornare a mobilitare quel bagaglio di emozioni e sentimenti che il suo predecessore era riuscito a mettere in moto e coi quali sapeva infiammare il Paese oltre i limiti e gli scompensi del "chavismo". La vittoria di Maduro è una buona notizia per mantenere al centro dell'agenda i temi sociali, ed è pure un segnale di continuità sul fronte dell'integrazione latinoamericana, ma lo scarto minimo dal suo rivale e qualche segnale di fronda interna non lasciano presagire una navigazione tranquilla.

 SOLERZIA. AAA. Trasparenza cercasi. Dopo il polverone sollevato dalle dimissioni al vetriolo del ministro di Hollande beccato con le mani nel sacco, pare sia iniziata una vera e propria gara tra i grandi del pianeta per accreditarsi presso gli elettori come campioni dell'onestà tributaria. Emolumenti considerati top secret, ora sono alla portata di tutti su internet e nelle dichiarazioni dei redditi di presidenti e capi di governo rese di pubblico dominio. Tanta solerzia non sembra tuttavia convincere del tutto l'opinione pubblica. Certo, gli stipendi possono riservare sorprese e risultare più modesti di quanto si potesse immaginare. Però sono al netto delle spese che erodono il budget dei cittadini: vitto, alloggio, trasporti, cure mediche, servizi, vacanze. E scusate se è poco.

 DISPETTI. E' una vecchia storia, mai imparata a dovere. Troppi litigi, troppi rancori personali scalfiscono l'immagine della sinistra: il modo migliore per preparare il terreno alla sconfitta proprio mentre incalzano decisioni cruciali. Anziché sprecare energie a farsi dispetti, il partito di Bersani, partito di maggioranza relativa, ha il dovere di presentare un candidato al Quirinale e anche di trovare i numeri per governare. Altrimenti potrebbe tornare l'incubo berlusconiano, già fonte di guai a catena. Sebbene battuto, il Cavaliere nei sondaggi vede addirittura crescere i consensi, fenomeno che a questo punto non interessa tanto la politica, quanto la psicologia. Ormai lo sanno anche i paracarri che lo stallo e finisce sempre col fare il gioco della destra.

 SLOGAN. Nei dibattiti audiovisivi il frasario elettorale assomiglia sempre più a un elenco di sottotitoli a effetto. Dal globale al locale la tecnica è la medesima, semplificata e condizionata dai linguaggi pubblicitari che tendono a sostituire i programmi di partito. Ciò che veramente conta è fare colpo con l'uso dei nuovi media che creano l'illusione di avere scoperto la democrazia diretta. L'Italia ne sta offrendo in questi giorni un campionario significativo, ma non meno inconcludente per la radiosità del futuro. Eppure sembra funzionare. Su un piano più generale fa riflettere il potere di attrazione degli slogan di facile suggestione smerciati all'ingrosso e divenuti ormai un prodotto di largo consumo al fast-food della politica.

 NOSTALGIA. Piccoli fascisti crescono. A Roma e dintorni la deriva non è circoscritta ai nostalgici di vecchia data come la professoressa che non riesce ad affrancarsi dal passato che non passa. La tendenza si allarga alle fasce dei giovanissimi, a coloro che pur lontani dagli anni bui della dittatura sembrano subirne ancora il fascino perverso. Alle loro feste i rampolli cresciuti nei quartieri "bene" della capitale trovano eccitante copiare i riti del ventennio con la certezza di restare impuniti. Ai party della nostalgia ragazzine e ragazzini si esibiscono nel saluto romano e altre sceneggiate in omaggio al duce. Un gesto a quanto pare molto caro in questi ambienti chic, a dispetto delle denunce che però sono state sistematicamente insabbiate.

DEGRADO. Ai tempi di Sandro Bondi, il più improbabile ministro della cultura espresso dal Pdl, era la sorte di Pompei a preoccupare. Uno dei maggiori siti archeologici perdeva i pezzi e il governo manco se ne avvedeva. Ora è la Reggia di Caserta a stare sulle prime pagine, ma non c'è motivo di andarne fieri. La Versailles del Sud, opera sublime del Vanvitelli e al pari di Pompei proclamata patrimonio mondiale dell'umanità da parte dell'Unesco, mostra i segni inequivocabili del degrado. Disertata dai visitatori subisce ogni giorno vere e proprie profanazioni: auto nei viali, rifiuti ovunque, venditori ambulanti e bambini che fanno il bagno nello storiche fontane ne stanno deturpando l'immagine che a causa dell'incuria potrebbe alla lunga subire danni irreparabili.

 

lunedì 15 aprile 2013

Finalmente un trattato sul commercio delle armi

Ma a sentire la lobby dei pistoleros le Nazioni Unite con questo accordo cancellano l'ultima libertà individuale

di Renzo Balmelli 


FURBERIA. Grazie alla spinta di Obama e al cambio di mentalità degli Stati Uniti, dopo dieci anni di tentativi falliti l'ONU è riuscita a varare finalmente il primo Trattato sul commercio delle armi. E' un segnale incoraggiante, ma solo l'inizio. Il successo pieno si avrà quando la comunità internazionale potrà dire di avere vinto in modo definitivo la sfida contro i mercanti di morte. Fino ad allora l'intesa rischia di avere vita difficile per il veto di Russia e Cina, ma soprattutto per l'avidità di chi non è disposto a lasciarsi sfuggire un colossale giro d'affari che rende settanta miliardi di dollari l'anno. A sentire la lobby delle armi con quell'accordo alle Nazioni Unite si è cancellata l'ultima libertà individuale, ma si capisce che è soltanto una rozza furberia ideologica per sorvolare sui crimini commessi a causa dell'accesso incontrollato al supermarket di fucili e pistole.

 

STRAPPO. Tolleranza zero è la sola risposta adeguata contro qualsiasi rigurgito razzista e antisemita. Conscia della gravità di quanto accade, l'UE insorge per deplorare la deriva di Budapest, dove si è consumato uno strappo preoccupante ai valori europei fondati sull'antifascismo. L'indignazione da sola però non basta se non si interviene alla radice del male che si insinua come un virus nei gangli della società. Non meno insidiosi sono infatti i comportamenti individuali spesso celati sotto il perbenismo di facciata. Il gesto della professoressa di Roma che tesse l'elogio di Auschwitz per redarguire una studentessa ebrea oltre che ignobile è un campanello d'allarme da prendere sul serio per non avviarsi, come direbbe Osvaldo Soriano, verso un Triste, solitario y final.

 

PALUDE. Se qualcuno ha pazienza, provi a scrivere 32 trilioni di dollari. Otterrà un numero sbalorditivo che sta a indicare la mole delle attività consumate lontane da occhi indiscreti, nell'ovattata atmosfera dei paradisi fiscali. Combattere l'evasione è un postulato che non ha mai fatto breccia negli ambienti dell'alta finanza, sempre molto scaltri a muoversi con consumata abilità lungo il crinale tra legalità e illegalità. D'ora in poi, però, grazie alla determinazione di una trentina di autorevoli testate, sarà sempre meno facile truccare le carte. Con la sua coraggiosa inchiesta a tutto campo, il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi ha contribuito, infatti, ad alzare i veli sulla palude dei depositi off shore ed a diradare la cortina fumogena che copre la frode e la fuga di capitali. Una verità che venendo a galla potrebbe avere l'effetto di un terremoto nell'enorme buco nero dell'economia mondiale.

 

SVOLTA. All'infuori della sua cerchia, traboccante di elogi, Margaret Thatcher, scomparsa a 87 anni, sarà ricordata tra i protagonisti più temuti e in ugual misura tra i più detestati del periodo in cui tenne le redini di Downing Street. Le sue ricette iperliberiste inizialmente accolte come un toccasana, ebbero conseguenze devastanti per le classi meno favorite. Meritandosi in pieno il titolo di "lady di ferro", colei che fino ad oggi resta l'unica donna ad avere guidato il governo inglese, un primato storico nel partito conservatore ultra maschilista, impose una svolta a destra dell'economia talmente radicale che non solo spaccò l'opinione pubblica, ma viene indicata ancora oggi tra le cause remote della crisi in cui ci dibattiamo. Avversaria implacabile dei sindacati e della sinistra, l'ex premier perse però l'ultima battaglia, quella sfociata nello sciopero di diciotto milioni di lavoratori ormai esausti per il rigore a senso unico. A quel punto il vento cambiò e complice anche il fuoco amico, iniziò il suo declino politico.

 

DRAMMA. Da Fazio ancora non si erano spente le note del Macbeth affidato al maestro Riccardo Chailly e alla Filarmonica della Scala, che il pensiero correva al fantasma di Banquo non già per evocare una tragedia scozzese, bensì per inquadrare in tutta la sua angosciosa dinamica l'ennesimo dramma italiano: il triplice suicidio dei tre anziani privi di mezzi che a Civitanova si sono tolti la vita per la vergogna. A vergognarsi dovrebbe essere invece la classe politica persa nei suoi stanchi rituali, e talmente autoreferenziale da non vedere oltre la nebbia che avvolge anziani lasciati a se stessi, giovani allo sbando, disoccupazione, licenziamenti ed emigrazione in crescita. La loro sorte non appare mai nel fiume di parole di rottamatori o sedicenti leader che parlano e parlano per riempire il vuoto dei contenuti.

 

RECITAL. Orfana di Jannacci e Califano, l'Italia che cercava e trovava la via del riscatto, vede scomparire poco alla volta i testimoni di una generazione che ha segnato un'epoca non certo tutta rosa e fiori, ma in cui sperare e sognare era ancora lecito . Oggi tocca invece assistere alle teatrali apparizioni di coloro che promettono sfracelli, ma che nella loro furia iconoclasta, malgrado gli sbandierati propositi, alle deprecate auto blu, simbolo degli sprechi , però mica hanno rinunciato: hanno soltanto cambiato il colore della carrozzeria. E intanto, dalla serie "al peggio non c'è mai fine", al poeta dei "scarp da tennis" si sovrappone lo squallido recital di una falsa nipote di Mubarak in cerca di assoluzioni per se e per un potere ventennale senza regole durante il quale i protagonisti e gli amici degli amici si sono ultrasaziati come a un banchetto senza fondo.

 

SPERANZE. Quattro anni dopo il terremoto, gli abitanti dell'Aquila , visibilmente mortificati , forse stanno tornando con la memoria a quel vertice del luglio 2009 che pareva promettere una rapida ricostruzione ma che poi si rivelò un evanescente falò delle vanità berlusconiane. Nel rivedere le immagini del summit e confrontandole con le difficoltà e il dissesto in cui ancora oggi versa il capoluogo dell'Abruzzo, non è difficile immaginare l'imbarazzo e lo stato d'animo dei partecipanti, parecchi dei quali ancora in carica. La mobilitazione planetaria ha ormai lasciato il posto alla rassegnazione e un velo di tristezza traspare dalle dichiarazioni della popolazione che non sa più a che santo votarsi per concretizzare finalmente le speranze di vedere la sua città tornare all'antico splendore. Sarebbe tremendo se tra la gente s'insinuasse il sospetto di avere fatto da semplice comparsa nella rappresentazione mediatica del dolore.