martedì 29 ottobre 2013

Peggiora il peggio del peggio

La schiavitù è tutt'altro che scomparsa

di Renzo Balmelli

VERGOGNA. Un tempo nella biblioteca dei ragazzi non poteva mancare "La capanna dello zio Tom". Ora non usa più ed è un vero peccato perché, a giudicare dal rapporto dell'Unicef, la schiavitù è tutt'altro che scomparsa. Anzi, rispetto al romanzo della Beecher-Stowe, è addirittura peggiorata, ammesso che si possa peggiorare il peggio del peggio. Un film bello e forte come Django di Quentin Tarantino, ci aiuta a ricordare che in passato la tratta degli esseri umani importati dall'Africa imperversava soprattutto nelle ricche piantagioni di cotone degli stati sudisti. Ora la piaga dello schiavismo non risparmia nessun continente e conosce le forme più atroci dello sfruttamento, della prevaricazione, della prostituzione e della coercizione ai lavori forzati. Che una simile perversione altamente lucrativa possa continuare a esistere è una vergogna che interpella il mondo intero, senza eccezioni.

BRIVIDO. Dire a proposito di nazifascismo che malgrado l'orrore esiste un passato che non passa è quasi un'ovvietà. Eppure, per quanto sia una frase scontata, non se ne può fare a meno dopo le sguaiate manifestazioni seguite alla morte e ai funerali di Erich Priebke. Per un vecchio e arrogante ufficiale delle SS che meritava soltanto l'oblio, è stata riesumata, tra livori mai sopiti, la più ripugnante delle terminologie antisemite. Un brivido è corso lungo la schiena quando nell'entourage del boia si è cantata vittoria "perché non ci siamo fatti mettere i piedi in testa né dalle autorità né dagli ebrei". Sconvolgente! Se si considera che la malapianta dei rigurgiti nostalgici cresce di pari passo con la gramigna del populismo, ossia il solo movimento che raccoglie consenso a pochi mesi dalle elezioni europee, è lecito pensare che nelle Cancellerie del Vecchio Continente non si dormano sonni tranquillissimi.

PRECETTI. Quando si sentirà sola, è improbabile che Leonarda Dibrani , cacciata da Parigi come fosse una criminale, si consoli fischiettando "Douce France, cher pays de mon enfance", la canzone resa celebre da Charles Trenet. Per la ragazzina kosovara di 15 anni che gioca ancora con le bambole e ha il fidanzatino come nelle tavole di Peynet, quelle parole avranno sempre un retrogusto amaro. La sua espulsione è una macchia nella culla dei lumi, un mostro burocratico che aumenta la pena per il dramma dell'immigrazione esploso con i contorni della tragedia al largo di Lampedusa. Monsieur l'Eliseo che, per ricucire l'onta, offre alla giovane la possibilità di tornare, ma da sola, al danno aggiunge anche la beffa. Da Presidente socialista avrà qualche problema a chiarire un atteggiamento che fa a pugni con i sacri precetti di "liberté, égalité et fraternité".

SCISSIONE. Prima del "game over" politico del Cavaliere, il Pdl le prova tutte per prolungare l'agonia di un ventennio che ormai ha fatto il suo tempo. Chi lo sorregge a oltranza suddivide l'Italia tra coloro "che spingono per cambiare e chi resta arroccato sulla difesa di un presente inadeguato". Lo strano codice non spiega tuttavia in virtù di quali meriti documentati, l'ex premier sia da annoverare nella prima categoria, quella del cambiamento. Certo, Berlusconi ha fatto parlare tanto di sé, soprattutto all'estero, ma non per i suoi meriti di statista, né per come ha fatto progredire il Paese. Ciò che resta alla fine dell'esperienza è il bilancio fallimentare di una classe dirigente immobile che si è consumata nella demagogia, mancando tutte le promesse e sulla quale pende ora lo spauracchio della scissione. Sorge quindi il vago sospetto che per cambiamenti s'intendessero le leggi ad personam.

MELASSA. A volte tornano le accese e ferocemente partigiane discussioni sul ruolo degli intellettuali al tempo di Silvio B. Quando il tema riesce a spezzare il monopolio dei gossip sul cagnolino dell'ultima fidanzata, tra i contendenti sprizzano scintille che in altre epoche sarebbero state pretesto per un duello. A destra la categoria non è molto amata, a meno di non essere funzionale al sistema. Chi non rientra nel "mainstream" gradito ai censori, viene annoverato di forza tra gli "intellettuali del piffero", definizione che non è un elogio. Che gli intellettuali abbiano le loro responsabilità, è risaputo. Ma chiamarli falsi maestri, ipocriti, mitomani e ruffiani, è insultante oltre che immeritato. Significa liquidare in modo brutale e disonesto il contributo di chi si è fatto in quattro per impedire che il Paese sprofondasse in modo irreparabile nella melassa berlusconiana.

 

sabato 19 ottobre 2013

Trascurabile dettaglio

La condanna in via definitiva del Cav viene da più parti trattata
come un dettaglio da non prendere nemmeno in considerazione.

di Renzo Balmelli


SHOW. Sono vent'anni, ormai, che gli interessi personali di un solo uomo condizionano e paralizzano l'Italia. E a giudicare dall'andazzo di questi giorni, in vista degli arresti domiciliari di Berlusconi, forte è il timore che le cose non possano che peggiorare. Attorno all'esecuzione della pena, o, per meglio dire, attorno ai trucchi per ritardarla o addirittura per non attuarla, i compagni di merenda dell'ex premier stanno, infatti, costruendo un castello di trappole che lascia esterrefatti. Come nelle serie televisive di duemila e oltre puntate, non passa giorno che la telenovela non si arricchisca di nuovi, inverosimili sotterfugi, alla faccia della legge uguale per tutti. L'intento palese è quello di relegare in secondo piano se non addirittura fare dimenticare la condanna in via definitiva del Cav, quasi fosse un trascurabile dettaglio da non prendere nemmeno in considerazione. Che ciò possa avvenire deve fare riflettere poiché a questo punto non è più soltanto un fatto politico.



PRESTIGIO. Mette tristezza vedere come la deleteria stagione del bunga-bunga sia riuscita a mortificare persino l'Italia dei saperi, a giusta ragione orgogliosa custode di un patrimonio straordinario che il mondo le invidia. Culturalmente parlando prevale l'impressione che il Paese sia rimasto fermo al palo, frenato dall'ingordigia di pochi e incapace di rinverdire i fasti del mitico "made in Italy", un tempo sinonimo di immaginazione, inventiva e creatività. Che qualcosa non sia più all'altezza dell'antico prestigio si è avvertito alla Fiera del libro di Francoforte dove il contributo italiano è stato decisamente sotto tono. A Roma i soliti buontemponi hanno ribattezzato "Alfetta" il binomio Alfano-Letta. A loro si offre a questo punto l'occasione di raccogliere una sfida affascinante: fare il pieno di cultura affinché in questo campo l'Italia non diventi una nazione di seconda categoria.



CLONE. Al reazionari d'Italia piace da morire la gallica sorella lepenista. A tal punto piace, da vagheggiare una clone di Marine Le Pen in salsa romana alla quale affiancare un replicante di Alain Delon, anche a costo di far rivoltare nella tomba l'amato e comunista Luchino Visconti. Al rigurgito delle ideologie più sfrontate di cui è portatore ilFront National concorre l'avversione quasi viscerale, radicata e diffusa nei movimenti consimili che un po' ovunque guadagnano crescenti consensi, contro l'Europa e gli immigrati. Avversione che spesso si traduce nei toni gridati e insolenti riservati ai paladini della tolleranza e dell'accoglienza. Ma non solo. Quali siano i rischi reali insiti nella possibilità, tutt'altro che remota, che una destra radicale conquisti la scena politica si può facilmente capire da quanto accade negli Stati Uniti dove il Tea Party, ormai sempre più padrone in casa repubblicana, sull'estremismo devastante ci marcia alla grande, ballando sull'orlo del baratro. Abbassare la guardia sarebbe quindi un errore imperdonabile.



MALE. Priebke è morto e la cosa migliore sarebbe stata di fargli i funerali senza schiamazzi per non offrire ai nostalgici il pretesto di trasformare il persecutore in perseguitato. Uomo gelido e senza cuore, solerte burocrate di un sistema marcio fino al collo, ma con un forte seguito popolare, il capitano Priebke (non l'ex, ma l'eterno nazista mai pentito) non ebbe pietà ne dei vivi ne dei morti. Ciò che resta del famigerato boia delle Fosse Ardeatine, è la vicenda di un gaglioffo spudorato che ha continuato ostinatamente a negare l'Olocausto ed i crimini bestiali del Terzo Reich. Possa il suo sgradevole ricordo servire se non altro da monito – come sottolinea Serge Klarsfeld al Corsera – "per raccontare alle nuove generazioni cosa hanno fatto certi personaggi arrivando a cent'anni bevendo birra". E arrivarci con l'aria spavalda di chi ha insanguinato e imbrogliato la storia. Per questo prioritario è tenere viva la memoria di quello che fu e resta il male assoluto.



LIBERTÀ. Ha fatto parecchio discutere la mancata attribuzione del Nobel per la pace a Malala, la ragazza pachistana vittima della violenza bruta e del bieco oscurantismo talebano. Il premio, com'è noto, serve ripagare gli sforzi di chi si batte per rendere possibile un mondo migliore. Nessun dubbio che la giovane eroina dell'emancipazione l'avrebbe strameritato. Ma anche onorare l' Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche è stata sua volta una scelta legittima che coglie perfettamente nel segno. Gli interessi inconfessabili che circondano il turpe commercio di questi ordigni impediscono la messa al bando definitiva dei temibili strumenti di morte, obiettivo al quale l'OPAC tende con tutte le sue energie materiali e morali. Per Malala, simbolo della lotta alla prevaricazione e per il diritto all'istruzione, andrebbe coniato un Nobel speciale, il Nobel della libertà, sinonimo di pace e progresso. Per il suo straordinario impegno le è stato conferito il prestigioso premio Sakharov e noi siamo tutti con lei.



INGHIPPO. Potenza delle statistiche, aveva del miracoloso la ricerca di un autorevolissimo istituto bancario elvetico dal qual risultava che ogni persona residente nella Confederazione elvetica possiede in media un gruzzoletto di ben 513 mila dollari. Insomma, come se uno nascesse con l'assegno in mano. Fosse vero, sarebbe un prodigio da fare invidia al buon Gesù. Ma siccome la moltiplicazione del pane e dei pesci riusciva bene soltanto a Lui, gratta, gratta, ecco saltar fuori l'inghippo in questo quadro idilliaco: a dispetto delle cifre e delle percentuali da Paperon de Paperoni, il divario tra ricchi e poveri rimane costante. Stavolta chi non crede nei miracoli ha avuto ragione, di modo che un certo signor Trilussa ha potuto sorridere sotto i baffi nel vedere quanto sia sempre attuale il suo famoso e sarcastico stornello sui polli ben poco equamente divisi.

lunedì 14 ottobre 2013

I solenni proclami

E accanto alle cronache del dolore pubblicità a tutta
pagina di un "ninnolo" da quarantamila dollari…

di Renzo Balmelli


LACRIME. Si levano solenni proclami e vibranti contestazioni per porre fine alle insopportabili tragedie del mare di cui si scrive a caratteri cubitali quando la conta dei morti assume proporzioni bibliche. Ma fino a quando sussisteranno le sperequazioni più vistose e intollerabili tra il sud e il nord del pianeta il dolente corteo delle sofferenze continuerà a mietere vittime. Scoprire accanto alle cronache del dolore la pubblicità a tutta pagina di un "ninnolo" da 40 mila dollari è un rozzo accostamento tra il lusso estremo e l'indigenza totale che indigna profondamente mentre tra le onde galleggiano le povere cose di chi non c'è più. Per le traversate gli scafisti senza scrupoli esigono mille dollari a testa, la qualcosa significa che la vita di quaranta disperati vale quanto un accessorio per ricchi. Inaudito. Se non si taglierà alle radici l'origine del male le lacrime che si versano oggi sono lacrime di coccodrillo che asciugano in fretta.



NOBEL. Chi salva un uomo salva il mondo intero. Onore quindi agli abitanti di Lampedusa che ogni giorno, facendo propria la grande lezione della tradizione ebraica e guadagnandosi la stima del mondo, si prodigano senza sosta con la loro abnegazione e il loro spirito di sacrificio per tendere una mano salvifica ai derelitti che bussano alle nostre porte. Chi vive quotidianamente a contatto con lo strazio di donne, uomini e bambini sente su di se il peso della tragedia più grande nella storia dei flussi migratori; avverte il senso della vergogna che interpella le nostre coscienze. La vergogna dell'Europa e del mondo. Si parla di proporre l'isola per il Nobel della pace, ma la gente di qui chiede anzitutto più solidarietà e aiuti alla comunità internazionale; chiede di non essere lasciata sola prima che sia troppo tardi.



DECADENZA. Letta guarda avanti e dopo la fiducia sentenzia: è finito un ventennio. Giusto. Non esiste nessun motivo per cui un uomo possa farsi scudo a suo piacimento di un intero Paese a tutela degli interessi personali. Non si gioca con le emozioni degli altri per suscitare ammirazione. Un vero leader deve far sognare, ma soltanto se il sogno non è sinonimo di inganno. Diviso sul dopo Berlusconi, il Pdl fa l'offeso. Ma ora la palla è nel suo campo dove è in corso uno scontro feroce dal cui esito si potrà misurare l' autonomia dei dissidenti. Gli indizi non sono promettenti . Sui giornali di casa circola una domanda: secondo voi è giusta la decadenza del Cavaliere? Questione pleonastica alla quale ha già risposto la Storia ( si quella con la S maiuscola) prima ancora del Senato: sull'infausto ventennio berlusconiano è calato il sipario e sono sempre in meno a chiedere il bis.



PASSATO. Per uno di quegli strani paradossi della politica, a Ginevra, capitale europea dell'ONU e centro cosmopolita per antonomasia, alle elezioni spopolano i movimenti che puntano a fare leva sui sentimenti di chiusura e altre spinte meno confessabili per incanalare il malcontento popolare. Non è un fenomeno isolato. Schieramenti consimili avanzano un po' ovunque nel continente e se per ora ognuno declina ancora in termini propri le rispettive modalità d'azione, a renderli simili e temibili è l'uso spregiudicato degli slogan di facile suggestione per accrescere i consensi . Definiti genericamente schieramenti " contro", insofferenti alla libera circolazione, stupisce come riescano ad avere il vento in poppa a dispetto di programmi e contenuti tanto confusi quanto velleitari. Più che un futuro sembrano avere un passato davanti a loro, ma è proprio questo anacronismo a farne una forza da prendere con le pinze.



OMINO. In battaglia il generale Giap, morto alla veneranda età di 102 anni, ebbe contro alti ufficiali usciti dalle più prestigiose accademie militari e dai nomi altisonanti: l'aristocratico De Lattre de Tassigny all'epoca della guerra d'Indocina contro i francesi, l'ambizioso Westmoreland durante l'offensiva americana nel Vietnam. Furono sorci verdi per entrambi. Von Clausewitz, che se ne intendeva, avrebbe ammirato quel grande tattico, ma ancora più grande stratega, preso sottogamba dai nemici e che invece divenne l'incubo di eserciti preponderanti in uomini e mezzi, ma inadeguati a competere con la tecnica della guerriglia. Chi l'ha visto da vicino faticava a credere che quell'omino dentro l'uniforme troppo grande fosse l'eroe della riunificazione, colui che inflisse agli invasori alcune tra le più cocenti sconfitte militari della loro storia.

lunedì 7 ottobre 2013

Lungo viaggio al termine della notte

di Renzo Balmelli

CONVERSIONE. Al termine del lungo viaggio attraverso la notte più tragica, convulsa e assurda della Seconda Repubblica, il governo di Enrico Letta ha ottenuto la fiducia col voto decisivo del Senato. Scontato quello della Camera in virtù della ampia maggioranza di cui dispone il Pd. Ma non è il caso di balzare in piedi sulla poltrona per compiere salti di gioia. Si può tutt'al più tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo di una crisi al buio che avrebbe esposto l'Italia al severo giudizio della comunità internazionale. In questo clima di estrema incertezza economica e sociale, la prosecuzione del mandato, che verosimilmente sarebbe arrivata anche senza gli imprevisti e teatrali scarti di umore di Berlusconi , era un atto dovuto, un gesto di elementare responsabilità verso gli elettori. Come si può facilmente intuire la fiducia ritrovata è soltanto il primo passo di un doloroso processo di profondo rinnovamento della politica più che mai urgente, ma che sul suo cammino troverà però ancora parecchi ostacoli. Di questa destra improvvisamente convertita al buon senso sulla sua via di Damasco, difatti è meglio non fidarsi, specie dopo il drammatico Barnum messo in scena dal Cavaliere e dai suoi compari di merenda per assecondare quelli che Sergio Romano ha definito i conati velleitari di un uomo, l'ex premier appunto, arrivato al capolinea. Le prossime mosse diranno con maggior chiarezza se il ravvedimento dell'ultimo minuto è stato soltanto il solito giro di carte truccate per nascondere una sconfitta, oppure se il pentimento per i rischi fatali fatti correre al Paese era sincero. Ad ogni buon conto, definirsi come ha detto Alfano, " diversamente berlusconiano" nasconde non poche ambiguità. Visti i trascorsi è quindi consigliabile non abbassare mai la guardia e diffidare dalle profferte posticce d lealtà piovute in aula tra il lusco e il busco quando l'ala intransigente del Pdl, ormai alle corde, ha intuito, assieme al suo leader in affanno e rassegnato alla resa, che di questo passo si sarebbe trovata isolata all'opposizione senza poter contare sulle furbizie ormai consunte di Silvio.

CAOS. A fare il matto non è stato soltanto Berlusconi, ma tutta quella destra che passando con colpevole disinvoltura dal caos alla follia ha fatto sorgere inquietanti interrogativi sulla sua reale natura al limite dell'eversione. Per un volta, una sola, diamo ragione a Beppe Grillo che nel suo ossessivo e spesso inutile vociare impreca contro il teatrino della politica. Sbaglia tuttavia il comico quando sul palcoscenico ci mette tutti, in una ammucchiata senza distinzione di ruoli e di stile. Nel citare Croce ed Einuadi era implicito il richiamo di Letta all'ala liberale, moderata ed europea di una destra italiana di cui si rischiava di perdere le tracce, stritolata dalle spire di pitoni e pitonesse senza etica e senza decenza. Il laborioso passaggio a Palazzo Madama sancisce quindi nuovi equilibri tra le forze della maggioranza e dentro la destra di cui bisognerà tenere conto per non dilapidare il significato di una svolta che potrebbe rivelarsi provvidenziale al fine di riportare il Paese al ruolo che gli compete di grande potenza industriale. Per la prima volta Berlusconi ha dovuto inseguire i suoi che gli stavano sfuggendo. Se non è la fine è un altro passo sulla via del tramonto.

DERIVE. Enrico Letta è una persona per bene e glielo si legge in viso. Ovunque è stato, ha trovato porte spalancate e accoglienze calorose. Obama ha espresso il suo apprezzamento per la riconferma alla guida di un Paese amico di un alleato prezioso che a sua volta, come accade adesso a Washington, ha dovuto confrontarsi con pericolose derive populiste. Indecente ed eversiva la destra si sta dimostrando infatti pure negli Stati Uniti, dove non esita a spingere il Paese sull'orlo del baratro per contrastare l'odiatissimo inquilino della Casa Bianca e la sua riforma sanitaria. Un atteggiamento a dir poco suicida in nome di tardive e sordide rivalse. Beppe Severgnini ha scritto che se Berlusconi avesse amato l'Italia almeno un pò, non l'avrebbe tenuta in ostaggio. Col suo comportamento la destra repubblicana di sicuro non ama l'America, ma la tiene sotto ricatto senza avere tuttavia un progetto alternativo da presentare se non quello infarcito dai soliti e ripetivi slogan di facile suggestione sl Paese in mano ai comunisti.

IPOTESI. Se Roma piange, Berlino e Vienna non ridono. Il crollo verticale dei liberali in Germania e l'avanzata minacciosa dei nipotini di Haider in Austria hanno modificato mica male il quadro politico di due nazioni ritenute stabili e al riparo dai tormenti dell'italico governo delle larghe intese. All'ombra del Prater la " Grosse Koalition" rosso-nera si salva per il rotto della cuffia, ma si preparara a vivere giorni difficili per tenere a bada le pulsioni anti europee dell'estrema destra. Sotto la porta di Brandeburgo invece non si è ancora del tutto dissipata la diffidenza verso il " matrimonio degli elefanti", ovvero la grande coalizione tra i due maggiori partiti, SPD e CDU, che seppure tra i mugugni e lo scontento di entrambi gli schieramenti si va vieppiù ipotizzando come la più probabile via d'uscita dalla situazione di stallo creatasi dopo le elezioni. Roseo comunque il clima non è, tanto più che le ipotesi di una maggioranza alternativa di sinistra al Bundestag o di un monocolore democristiano minoritario non sono da escludere. Forse non era proprio questo il trionfo che Angela Merkel sognava.

ORGOGLIO. Nell'Italia due volte devastata, prima dalle scelleratezze del fascismo, poi dalle rovine della seconda guerra mondiale, arrivò sugli schermi il capolavoro di Roberto Rossellini " Roma città aperta" che oltre a rappresentare il manifesto del neorealismo, mostrò al mondo il talento insuperabile di una delle maggiori attrici mondiali, quello di Anna Magnani. A quarant'anni dalla scomparsa della grandissima interprete, l'immagine della " sora Pina" abbattuta da una raffica mentre cerca di salvare il marito dalla furia nazista, fa di questa donna, come ebbe a dire Fellini, la figura femminile che diede agli italiani un motivo d' orgoglio dopo le privazioni della dittatura. E nessuno seppe uscire d scena come la Magnani, Mamma Roma, lupa e vestale, aristocratica e stracciona, quando nel film Roma chiude ridendo la porta in faccia al maestro di Rimini e con una sola frase conclude la sua magnifica carriera di attrice: Federico, vai a dormire!