giovedì 22 dicembre 2011

Senza volto, senza nome

L'uomo dell'anno per Time è il contestatore, l'indignato di tante piazze che dal Medio oriente , a Wall Street, passando per l'Europa, ritrova il gusto della politica, ma mal sopporta l'idea di farsi irreggimentare dai partiti tradizionali.

 

di Renzo Balmelli  

 

DISSENSO. Senza volto, senza nome: l'uomo dell'anno per Time è il contestatore, l'indignato di tante piazze che dal Medio oriente , a Wall Street, passando per l'Europa, ritrova il gusto della politica, ma mal sopporta l'idea di farsi irreggimentare dai partiti tradizionali. Insomma, una figura potenzialmente pericolosa agli occhi del potere che non perde occasione per demonizzarla. Nell'attuale contesto storico il dissenso dei movimenti giovanili, sostanzialmente pacifico, ha contribuito a rimodellare la politica mondiale, ridefinendo il potere dei popoli che chiedono udienza ad alta voce. Con la sua iniziativa controcorrente, la prestigiosa rivista americana , non nuova a simili exploit, riporta al centro del dibattito un problema cruciale , il problema dell'ingiustizia sociale, che chi siede nelle stanze dei bottoni non potrà ne dovrà accontentarsi di liquidare come la solita ragazzata post- sessantottina.

 

EQUITA'. Per Natale gli ultimi marines torneranno a casa e la guerra in Iraq sarà finita. D'ora in poi toccherà alla Storia giudicare la decisione di imbarcare gli Stati Uniti in una avventura militare durata nove anni e costata la vita a migliaia di soldati, sacrificati sull'altare del neocolonialismo di Bush. Per intanto però il tema del giorno a Washington non è il giudizio dei posteri, bensì l'improvvisa svolta " rooseveltiana " di Obama che per annunciare la lieta novella ha piu` volte citato la politics of fairness, la politica dell'equità. A rendere piccante la vicenda non è tanto la citazione, del tutto legittima, quanto il fatto che il Roosevelt al quale si è ispirato il Presidente non è il democratico Franklin Delano, bensì suo cugino Theodore, un repubblicano tutto d'un pezzo che per primo, all'inizio de novecento, incluse il concetto di equità nel suo programma. Come quelle del Signore, anche le vie della politica sono infinite.

 

FRONDA. Grazie a Monti l 'Italia riconquista autorevolezza, ma la strada del governo tecnico resta in salita. A dispetto del clima di apparente distensione, non serve scomodare il sommo Leopardi per intuire che dietro il "vogliamoci bene" di facciata vi sono tutti i sintomi della calma prima della tempesta. Tra le ostilità della Lega, che inscena pagliacciate in aula, e la contestazione più sottile, ma non meno perfida, degli orfani di Berlusconi , la situazione resta precaria. Con questo retroterra nessun bookmaker accetterebbe scommesse sulla durata dell'esecutivo. Ormai nei salotti televisivi che nonostante ll cambio di direzione al TG1 restano un traino potente per rianimare l'esangue Cavaliere, cresce la fronda nei confronti dell'intruso della Bocconi che per i suoi detrattori è soltanto uno che ha " portato la tristezza al potere". Come se prima, quando il mondo rideva alle spalle di Roma per le buffonate dell'ex premier, ci fossero motivi per stare allegri.

 

DUELLO. Per le feste sarà nelle sale Le idi di marzo , l'ultimo film firmato da George Clooney che parla del rispetto dell'etica, calpestata dai potenti, con uno sguardo intelligente e cinico quanto basta per alzare i veli sui tradimenti, i veleni e le ipocrisie della politica. Il riferimento a Giulio Cesare non è puramente casuale, ma chiama in causa tutti i trafficoni e tutti i doppiogiochisti che dall'America all'Italia, dove certi vizi sono ben noti , usano le mazzette come pugnali . Lontano dai gossip e dai caffè bevuti negli spot televisivi, Clooney è un regista molto bravo, senza macchia e senza paura, che scava e scava nel retrobottega del potere mettendone a nudo le magagne con una calligrafia cinematografica di rara efficacia narrativa. Nel film si evoca pure il duello tra i colossi della comunicazione che danno vita a sorde lotte di potere simili a quelle in atto nel Belpaese per la ripartizione delle frequenze. Visto che l'autore risiede abitualmente sul lago di Como, forse questo capitolo della sceneggiatura non è soltanto una coincidenza.

 

TONFO. Come ai tempi di Schwarzenbach, l'editore di Zurigo che non amava gli italiani, anche quest'anno la Svizzera ha dovuto fare i conti con un schieramento, l'UDC, che fin quando ha potuto ha lucrato consensi facendo leva in modo spudorato sui sentimenti meno nobili di stampo xenofobo. Dopo il rinnovo di governo e parlamento, rinnovo che costituiva un passaggio cruciale per il ruolo della Confederazione nel mondo, il quadro è cambiato. Alle sirene del partito di Blocher, noto per le sue rozze posizioni anti stranieri, è stata messa la sordina, obbligandolo a ripensare le strategie del suo squallido armamentario ideologico. ll tonfo della destra nazionalista consentirà ora di riqualificare la concordanza attorno a quei valori che sono stati il fiore all'occhiello del Paese. I valori non negoziabili della tolleranza, della solidarietà e dell'accoglienza che hanno dato lustro alla patria di Tell.

 
 

ERRATA CORRIGE

SPIGOLATURE 11.12.11

 

La scorsa settimana nella titolazione ("Titolo" e "Sottotitolo") delle SPIGOLATURE di Renzo Balmelli mancavano i contenuti di testo che qui sotto riportiamo, chiedendo venia all'Autore e ai lettori per l'involontario refuso.

 

Il bon ton non basta

 

Sarà una svolta cruciale per il Paese, una svolta in senso etico e non solo tecnico, senza la quale la manovra "lacrime e sangue" di Monti finirebbe con l'essere profondamente ingiusta.

martedì 13 dicembre 2011

Manovra - Compromesso - Madre

MANOVRA - Diceva Buffon che lo stile fa l'uomo. Certo, il bon ton da solo non basta a domare la crisi né a rimediare agli errori di chi c'era prima. Va per forza di cose blindato con provvedimenti tanto drastici quanto - ahinoi - impopolari. Però l'avere ridato il giusto valore a parole come sobrietà e decenza, così spesso oltraggiate dalle sguaiate esibizioni sulle false nipotine di Mubarak, ha rappresentato un grande passo avanti per recuperare credibilità. In fondo ne è passato appena uno, di mesi, dal cambio della guardia, eppure nel modo di comportarsi si avverte un'eloquenza che colpisce più di quanto il linguaggio non saprebbe fare. Ora si tratta di proseguire nello slancio e di ridare il suo giusto significato all'equità dei sacrifici in modo che comincino a pagare anche coloro che finora non hanno pagato mai ritenendolo una fastidiosa incombenza da lasciare ai soliti gonzi. Sarà una svolta cruciale per il Paese, una svolta in senso etico e non solo tecnico, senza la quale la manovra "lacrime e sangue" di Monti finirebbe con l'essere profondamente ingiusta.
 
COMPROMESSO. Alla fine del vertice più drammatico dell'UE, gli euroscettici inglesi, rinchiusi nel loro isolamento poco splendido e molto venale, hanno esultato pur avendo ben poco di cui andare fieri. Rimasta sola nel contrastare i vincoli di bilancio e la riforma del fondo salva-Stati, la Gran Bretagna a guida conservatrice si chiude ora nel suo ruolo di mina vagante che concorre a mantenere elevato il rischio di un'esplosione dell'euro. Non si riesce, infatti, nemmeno a immaginare quali sarebbero le conseguenze di un fallimento dell'eurozona. Sul piano degli ideali il Titanic della nave comunitaria sarebbe una sconfitta cocente per tutti, anche per i paesi che hanno mantenuto le loro valute. Potremmo assistere al ritorno delle barriere protezionistiche, alla rinascita dell'egoistico " ognuno per se" che era quanto i padri fondatori si proponevano appunto di evitare per non ricadere nella trappola dell'egoismo nazionalista. Nel solco della tradizione, l'Unione ha trovato il compromesso un minuto prima di mezzanotte, ma spaventata dalla rottura con Londra rimane in bilico sul ciglio del burrone senza avere la garanzia di riuscire a mettere la moneta unica al riparo dalla tempesta.

MADRE. Vent'anni fa, a conclusione del rocambolesco negoziato che cancellava l'Unione sovietica, i russi spinti sulle ali dell'entusiasmo per la libertà ritrovata, pensavano di andare incontro alla democrazia, la loro democrazia ancora giovane ma carica di promesse. Di certo non immaginavano di doversi accontentare della pallida imitazione che nell'era di Putin riecheggia a volte i vezzi, le angosce e le brutture del vecchio socialismo reale. Come se il Muro fosse ancora al suo posto, censure, intimidazioni e violenze hanno alimentato i dubbi sulla correttezza delle recenti elezioni. Gli amici italiani del leader di "Russia unita" che frequentavano assiduamente le sue feste e che senza considerare i criteri della scuola del KGB da cui proviene vedevano in lui l'uomo del rinnovamento , ora dovranno cominciare a ricredersi. A dispetto del malumore che cresce a vista d'occhio malgrado la dura repressione, l'attuale premier russo non ha nessuna intenzione di mettere la sordina alle sue ambizioni presidenziali. Seppur ridimensionato dal verdetto delle urne punta diritto alla riconquista del Cremlino che già fu suo e che farebbe di lui un novello zar dei tempi moderni. Riuscisse nell'intento, come appare probabile, resterebbe al potere più a lungo di Breznev, l'ultimo fossile stalinista ricordato per la brutalità con la quale represse la primavera di Praga. Se così tanti giovani russi sognano l'America, se l'emigrazione è un flusso costante, c'è qualcosa di sbagliato a casa della Grande Madre Russia.

martedì 6 dicembre 2011

Il Fardello di un passato che non passa

di Renzo Balmelli
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FARDELLO. - Come altri intellettuali della sua generazione, anche Christa Wolf, una delle maggiori scrittrici tedesche scomparsa alcuni giorni fa a 82 anni, ha portato sulle spalle il fardello di un rapporto complicato, a volte ambiguo, con la storia del suo Paese, passato quasi senza transizione dagli orrori del nazismo al regime pedantesco e liberticida della Germania orientale. Nella DDR, dove viveva e lavorava, la Wolf a lungo è stata considerata il simbolo del dissenso prima di scoprire tra le macerie del Muro alcuni compromessi con la STASI, la polizia segreta , che ne hanno offuscato l'immagine. A difenderla solo Günter Grass, l'amico di sempre, anch'egli un mâitre à penser che per tanto tempo, troppo, conservò il terribile segreto della sua appartenenza alla Hitlerjugend. Tutto ciò non intacca minimamente il valore letterario dell'autrice di "Cassandra" e "Un cielo diviso", capolavori di una straordinaria cronista della separazione che però solo sul finire esprimerà una denuncia chiara, ma forse tardiva, di quello che lei stessa definiva il passato che non è morto; anzi – aggiungeva - che non è nemmeno passato.

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POLEMICHE. - E' vero che già Wells con "La guerra dei mondi" aveva intuito la forza micidiale dei virus tanto da debellare i marziani con un banale raffreddore. Ma era fantascienza, qualcosa di divertente, nulla al confronto con le manipolazioni effettuate in un laboratorio olandese sul virus dell'aviaria che se per disavventura dovesse fuggire nell'aria provocherebbe una pandemia di proporzioni bibliche. Una vera e propria apocalisse virale che sta scatenando polemiche infuocate nella comunità scientifica. Che la ricerca comporti qualche rischio è arcinoto. Ma con tutti i problemi che incombono sull'umanità, il pensiero di trasformare un virus letale in uno ancor più letale nel chiuso di un moderno antro di stregoni in camice bianco fa venire i brividi.

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ETICA. - Sotto il cielo di Roma non ci si salva dalla crisi economica senza curare la crisi morale. I due passaggi sono inscindibili. Se non si riapre il libro mastro dell'etica, sul quale si è posata la polvere dell'oblio, la ripresa rischia di essere una strada lastricata di buone intenzioni. Il Paese esce da un periodo segnato da un mostruoso intreccio tra politica, affari, corruzione e comportamenti devianti rispetto al decoro della funzione pubblica. Si esecrava il " moralismo" per meglio liberarsi della moralità. Ora si avverte un grande bisogno di onestà. Cambiare la percezione che si ha del governo, guastata dal Rubygate, passa quindi anche dalla capacita di "deberlusconizzare" la società dopo il disordine e gli eccessi degli ultimi anni. I segnali sono promettenti. Sempre più spesso i cittadini avvertono il bisogno di ripulire le stanze del potere dall'aria viziata che vi si è incrostata ed esplicitano il loro anelito nel bellissimo slogan "L'Italia degna che si indigna".

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PRIMAVERA. - Se i simboli significano qualcosa, le bluse bianche e i capelli raccolti di Hillary Clinton e Aung San Suu Ky alla loro prima storica cena, potrebbero preannunciare davvero l'inizio dela primavera di Rangoon. Quel look che contrasta col verde oliva dei militari segna infatti, a livello mediatico, la prima, significativa rottura col truce regime che per oltre vent'anni ha stretto la Birmania in una morsa di terrore. Ottenuta l'investitura della Casa Bianca, d'ora in poi il parere dell'indomita leader della resistenza alla dittatura sarà decisivo per qualsiasi sviluppo delle relazioni tra Washington e il nuovo " regime civile " birmano che da alcuni mesi sta moltiplicando le riforme. Da una vita il premio Nobel per la pace sogna il riscatto e la democrazia per il suo popolo sottoposto a ogni tipo di vessazione. Finalmente intravvede una luce in fondo al tunnel della prevaricazione, ma senza abbassare la guardia o chiudere gli occhi. I generali sono nell'ombra,d'accordo, ma conoscendo le loro pessime abitudini forse ancora non si rassegnano a liberare il paese dalla loro sgradita presenza.

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RIDICOLO. - Nella loro protervia i nostalgici del ventennio nemmeno si rendono conto che il ridicolo uccide più della spada. Come accogliere infatti, se non con una fragorosa risata, il loro monito "a non scatenare una guerra partigiana ad una scrivania", quella usata a suo tempo da Mussolini e che il neo ministro degli Affari europei Moavero ha "osato" spostare per ragioni di spazio. A onor del vero il mobile in questione sarebbe più al suo posto in un museo che non in un ufficio governativo della Repubblica dove il predecessore non scatena certo ondate di entusiasmo. Ma, oltre a far sorridere, la sgangherata reazione ha anche un retrogusto amaro in quanto rivela quali siano le tendenze dominanti di chi è ancora convinto, come l'ex premier ebbe a dire più volte, che il confino fosse in fondo un piacevole centro benessere a cinque stelle.

martedì 29 novembre 2011

Spietata trasversalità

Nella sua spietata trasversalità, la crisi non fa sconti a nessuno.

di Renzo Balmelli  

 

PANTOMIMA. E' tanto grossa che se la raccontate a un ipotetico visitatore dello spazio non vi crederà. Invece succede. Con tutti i problemi e gli sforzi per risollevare le quotazione dell'Italia, cosa fa chi è rimasto senza auto blu' e non l'ha digerita? Niente. Anziché collaborare alla ripresa con senso di responsabilità, si avvita attorno alla logora pantomima delle poltroncine da sottosegretario per ritagliarsi una nicchia nelle stanze del potere. E' un modo vecchio di concepire la politica, del tutto inadatto a recepire le emozioni e le speranze dei cittadini. E si che svariati sondaggi confermano che il Paese, consapevole della posta in palio, è disposto a condividere un discorso fondato sui valori della coesione e la sobrietà. Che Monti sia un po' più di destra o di sinistra per la gente a questo punto è irrilevante purché il nuovo premier, incassata la fiducia dell'Europa, abbia il tempo di fare bene il suo mestiere lasciandosi alle spalle l'aria viziata dei bagordi.

 

BIRILLI. Nella sua spietata trasversalità, la crisi non fa sconti a nessuno. A destra come a sinistra. Uno alla volta i premier cadono come birilli, travolti dalla drammatica congiuntura in cui nulla è gratis e nessuno regala niente. La gravità della situazione è tale che non basta neppure il cambio del regista per rendere il futuro meno fosco. Papandreou, Berlusconi, Zapatero, Di Rupo sono stati i primi a lasciarci le penne, ma presto o tardi altri nomi illustri andranno forse ad aggiungersi al dolente corteo dei vinti. Vittima del suo stesso protagonismo, il prossimo a dover fare le valige potrebbe essere addirittura Sarkozy che ha perso il contatto con i francesi. Nella testa di tutti si è infiltrato il pensiero che Nicolas sia ormai al capolinea e che nemmeno un miracolo lo riporterà all'Eliseo per un secondo mandato.

 

RELIQUIA. Strano ma vero: c'è gente che si indigna a causa degli indignati. E' un banale gioco di parole, d'accordo, ma rende l'idea. L'esercito di giovani e meno giovani che osano sfidare Wall Street e altri mostri sacri della finanza danno fastidio ai signori dei piani alti. Eppure basterebbe un minimo di accortezza per capire che i manifestanti non sono delinquenti e che il loro è il grido di disperazione di chi si barcamena tra precarietà e povertà. Anziché ignorare l'indignazione, che non è un sentimento deplorevole, meglio sarebbe cogliere l'opportunità offerta dal dissenso per porre rimedio ai guasti di un sistema profondamente malato. Purtroppo il ritorno in auge del vecchio metodo ricattatorio basato sul bastone e la carota esaspera il clima sociale fino al punto da considerare il diritto al posto d lavoro come una reliquia sindacale da rottamare senza rimpianti.

 

MEMORIA. Sul piano culturale, ancora non è chiaro in quale direzione si muoverà la Spagna dopo lo straripante successo del Partito popolare. L'interrogativo, non privo di lati oscuri, accompagna i giorni della svolta e del distacco dalla scuola di Zapatero, laica e libertaria. Caduta la dittatura, la nazione iberica ha costruito la transizione verso la democrazia badando a non riaprire le ferite della guerra civile. Dai toni euforici di Rede Cope, una specie di Radio Maria dei vescovi spagnoli, si intuisce invece che il dibattito attorno ai temi etici, alla memoria del passato e alla laicità dello Stato potrebbe riesplodere con toni e accenti non propriamente distensivi. Per la Spagna si preannuncia dunque una probabile sfida al calor bianco che di sicuro non sarà come un set di Almodovar.

 

PASSATO. Dire che la primavera araba è un percorso a ostacoli, è quasi un'ovvietà. Il sangue versato a piazza Tahrir evidenzia in modo tragico quanto sia arduo rimuovere le incrostazioni di un passato che si ostina a non passare. Tra lo sconcerto di larghe fasce dell'opinione pubblica è andata così creandosi in difesa degli antichi privilegi una strana alleanza tra esercito, Fratelli mussulmani ed esponenti del vecchio regime di Mubarak che vuole vincere le elezioni, ma ha perso ogni credibilità. Nelle urne lo scontro avrebbe dovuto essere tra libertà e dittatura, tra educazione e ignoranza, ma il popolo egiziano, intuita la tresca, in larga parte se ne starà a casa per non assecondare le manovre gattopardesche di coloro che incapaci di modificare se stessi vogliono cambiare affinché nulla cambi.

 

INTRECCIO. Quando si scava nei meandri dell'estremismo di destra si finisce quasi sempre con lo scoprire un inquietante, sotterraneo intreccio di complicità che ha diramazioni un po' ovunque. Anche il gruppo neonazista di Jena, in Turingia, che si ispirava al Terzo Reich, non era da solo con le sue bacate teorie. Attivo da vari anni, il gruppo è sospettato di essere all'origine degli "omicidi al kebab" contro gli immigrati turchi. Allo sdegno per l'allucinante scoperta, si somma lo sconcerto per la facilità con la quale gli emuli di Hitler hanno potuto agire quasi indisturbati. Pare che i servizi segreti, pur sapendo, non siano intervenuti con la necessaria determinazione, rivelando cosi' l'esistenza di smagliature nelle indagini che ora sono motivo di gravi preoccupazioni nel governo di Angela Merkel.

 
SATIRA. Nel mondo ci si chiede se il declino di Berlusconi sia definitivo. A tale proposito più della politica è la parodia che aiuta a chiarire alcuni dubbi. Tutti ricordano che quando il Cavaliere era all'apice del bunga bunga e delle gaffes planetarie si distingueva non tanto per le sue doti di statista, ma per il contributo dato agli scoppi di ilarità. Uscito di scena il mattatore del cucù, molti si chiedono come sarà la satira senza di lui. Gli addetti ai lavori giurano che non ne risentirà. In un periodo in cui forse più del solito la risata è un toccasana, i cavalli di razza della comicità sono pronti a raccogliere la sfida e a rinnovarsi. Anche perché - dicono - le battute su Berlusconi ormai non divertivano più. Insomma, se Silvio non fa nemmeno ridere, qualsiasi domanda sul suo tramonto è del tutto superflua.

mercoledì 23 novembre 2011

Monti, finché c'è crisi c'è speranza

Nel nuovo clima si rispecchia la sfida più grande: spingere

l'Italia a ripensarsi per lasciare alle spalle gli echi della

palude. Sarà difficilissimo, ma non impossibile.

di Renzo Balmelli  

 

RIGORE. Finché dura questa crisi, il destino del governo Monti, il più politico dei governi tecnici, sembra segnato: in positivo. Sia in Aula, dove i rivali si sopportano non essendovi altre vie d'uscita, sia all'estero, dove le reazioni sono di sollievo, si ammette che la metamorfosi è stata rapida e stupefacente. In pochi giorni dal Barnum della precedente situazione si è passati, con un radicale cambiamento di scenario, ai toni sobri del fare, del rigore, senza lustrini e mega-show. Nel nuovo clima si rispecchia la sfida più grande: spingere l'Italia a ripensarsi per lasciare alle spalle gli echi della palude. Sarà difficilissimo, non impossibile. Se il Paese è riuscito a superare un ventennio in cui la politica è stata sinonimo di corruzione e realtà occultata, può affrontare qualsiasi prova.

 

EX. Con poco genio e moltissima sregolatezza, l'ultima stagione di Arcore, consumata tra le lenzuola, ha nuociuto all'Italia tanto quanto il fatidico differenziale con la Germania. Mago ormai senza cilindro, l'ex premier prova a sparare le ultime cartucce, fissa i paletti, afferma che lui la spina al governo la stacca quando vuole, ma le polveri sono bagnate. Non meno astruse appaiono le teorie di un complotto ordito da una congiura mondiale per mandare a casa il Cavaliere. Le testate di famiglia, palesemente a corto di argomenti, ci sguazzano per salvare un bilancio fallimentare. Suvvia, un po' di serietà. Per gingillarsi con il Grande fratello, che tra l'altro non fa più audience, questo non è davvero il momento adatto. Per rompere il circolo vizioso serviva una personalità di grande prestigio e Roma l'ha trovata nell'inquilino del Quirinale. Per fortuna che Giorgio c'è. 

 

ATTACCO. L'Italia resta sotto osservazione, ma la crisi del debito non risparmia nessuno, neppure i paesi più virtuosi. D'altronde, senza essere esperti, basta monitorare le nevrotiche oscillazioni dei grafici finanziari per intuire che l'eurozona è sotto l' attacco concentrico di una congiuntura impazzita per la quale non sembrano esservi rimedi veramente efficaci. Da giorni ormai il campanello d'allarme della Banca europea, ora affidata a Mario Draghi, squilla senza sosta. In mancanza di contromisure aumenta il rischio del contagio che potrebbe innescare un generale indebolimento delle attività in gran parte delle economia avanzate. Poco più di secolo fa, tra i fumi della speculazione, l'Europa corse verso la sua rovina.

 

HIDALGO.  La politica non è il terreno più adatto per gli idealisti. Zapatero idealista lo era; un visionario dotato di grande coraggio, che aveva della Spagna una concezione repubblicana, laica. Nell'animo era vicino all'hidalgo di Cervantes, meno al pragmatismo prussiano di Bismarck. Purtroppo, senza lo scudo della Realpolitik, le forti premesse morali non lo hanno salvato dalla crisi . Il leader socialista deve cedere il passo al Partito popolare di Mariano Rajoy, uomo mediocre, grigio, che domenica alle elezioni anticipate si prenderà la rivincita dopo essere stato battuto due volte da Zapatero. In Spagna non esiste un partito di estrema destra perché con altri schieramenti è domiciliato nella futura maggioranza . Quanto peso avranno i nostalgici del franchismo che il Pp non ha mai condannato in modo inequivocabile, è la maggiore incognita del cambio della guardia a Madrid. 

 

GAFFES. Di questo passo e con avversari uno più imbranato dell'altro, Obama puo' guardare con maggiore serenità alla rielezione. Di sicuro non ci arriverà in carrozza; come Monti dovrà vedersela con i diffusi malumori causati dalla finanza senza freni che fa ricco chi è già ricco e mette in ginocchio gli indignati. Ma le gaffes spettacolari dei suoi rivali ne evidenziano tutti i loro limiti come potenziali " comandanti in capo" della prima potenza mondiale. Uno di loro - dite se è poco - ha confuso la Cina con l'Iran, mentre l'ex re della pizza Hermann Cain, che deve anche difendersi dalle accuse di molestie sessuali, non aveva la più pallida idea di cosa fosse accaduto in Libia . Alla tv di Milwaukee ha fatto scena muta per undici, interminabili secondi, rovinandosi con le proprie mani dopo avere fatto sognare i repubblicani 

 

PUTIFERIO. Era fatale che il gesto della studentessa del Cairo apparsa senza veli sul Web scatenasse un putiferio. Che una blogger pubblichi online i suoi autoritratti come mamma l'ha fatta, non è una novità. Ma se colei che si definisce ''laica, liberale, femminista, vegetariana, individualista'' osa sfidare le regole di un paese in cui dopo la rivoluzione sempre di più si va diffondendo una interpretazione rigida dell'Islam, la questione si complica. E' un'iniziativa senza precedenti che l'autrice definisce "un grido contro la società della violenza, del razzismo, della molestia sessuale e dell'ipocrisia". Ai parrucconi è venuta l'orticaria e la Rete si è divisa. Molti, pur lodando il coraggio della giovane, mettono in dubbio che l'iniziativa possa davvero servire a migliorare la condizione della donna in Egitto e nel mondo arabo. Può darsi. Ma restare in silenzio sarebbe peggio. 

 
ARTEMISIA. Se la giovane araba ha potuto avvalersi di internet, quattrocento anni fa la sua coetanea Artemisia Gentileschi, travagliata per il suo anticonformismo, aveva i suoi pennelli, la sua forza d'animo e straordinarie qualità pittoriche per trasferire al centro della tela il dramma della condizione femminile nella ipocrita società di allora. Femminista ante litteram, la grande artista, ora in mostra a Milano, ha saputo tradurre con mano felice la sua ribellione alla violenza e allo stupro subito in giovane età. A lungo incompresa, la Gentileschi, col suo sfarzo tutto seicentesco, si è fatta interprete della donna offesa, oltraggiata, forse anche dileggiata, con un stile in cui, accanto alle sublimi doti artistiche, prevale un senso della dignità che non solo nulla ha perso del suo significato, ma che al confronto coi nostri tempi resta un messaggio di straordinaria attualità.

lunedì 14 novembre 2011

Passo indietro o di lato?

Sotto la sua guida l'Italia è retrocessa dalla A alla serie C.

di Renzo Balmelli  

 

INTRUGLI. Dopo anni e anni di presunte ricette miracolose che in realtà erano solo banali intrugli, Berlusconi ha finalmente mantenuto una promessa, la prima, fatta solennemente alla Nazione. Ha compiuto il passo tanto atteso dall'Italia, dall'Europa e dai mercati ; un passo non si sa bene se indietro o di lato, e si è dimesso. Ma che pena prima del sospiro di sollievo. E si,  perché il premier, convinto di avere ancora il pallino in mano, le ha provate tutte per riuscire a pilotare e  volgere in suo favore la crisi al rallentatore. Con il solito giro di carte truccate ha ritardato la conclusione del suo mandato a Palazzo Chigi per avere il tempo di  sistemare i suoi beni personali. Perché alla fine sempre li siamo: salvare la roba. Nel crepuscolo del Pdl,  la maggioranza in disarmo   ha offerto in queste ore  agli italiani, che osservavano a bocca aperta, la sua peggiore rappresentazione. Ministri coltelli, deputati che si azzuffano, gerarchi che non mollano le poltrone, escort che si eclissano dalle uscite posteriori. Sono tutti sintomi evidenti della fine ingloriosa di un'era nefasta  che consegna alla storia un paese in parte rovinato. L'uscita di scena del Cavaliere, che sotto,sotto ha ancora voglia di fare il guascone e di dettare i nomi degli amici da piazzare nel nuovo governo,  non cancella tuttavia la pesante eredità del berlusconismo che con le sue scorie  continuerà a condizionare la politica in senso negativo fino a quando non avverrà il ricambio radicale e generazionale di una classe dirigente imbolsita dagli ozi di Arcore. Se sotto la sua guida  l'Italia è retrocessa dalla A alla serie C europea, adesso sappiamo di chi sono le responsabilità e quali sono gli errori da non ripetere.

 

TRAVERSATA. Nel governo  sarebbe bastato un soprassalto di dignità per favorire la transizione nel paese stremato dalla crisi. Attesa vana. Eppure, a dispetto delle difficili previsioni di crescita,  a chi verrà dopo si offre  l'occasione unica, volendo quasi provvida, di realizzare le riforme che con la destra sono rimaste nel cassetto. Sarà una lunga traversata nel deserto, fatta di sacrifici, lacrime  e sangue. Ma ora che la svolta è vicina, cresce la   consapevolezza che nonostante tutto l'Italia è un grande Paese che ha in sé le energie e le risorse per rialzarsi. A chi ama i giochi di parole non è sfuggita a tale proposito una curiosa e si spera ben augurante coincidenza: l'anagramma di Mario Monti è RIMONTIAMO. Come usa nella migliore tradizione napoletana, incrociamo le dita e facciamo gli scongiuri.

 

LIVORE. Sui giornali di famiglia l'hanno presa male, è ovvio. Ma paragonare l'Italia che verrà dopo Berlusconi al "pianeta delle scimmie" rivela quanta acredine alberghi nei sentimenti di coloro che anziché fare onestamente i conti con se stessi, si lasciano dietro una scia di livore e di propositi velenosi. Quanto al sulfureo editoriale "Volevate uno scalpo, avrete una guerra" sembra uscito da una pagina di Celine, nel giorno in cui il ventennio berlusconiano giunge al termine del suo viaggio nella notte della Repubblica. A sentir loro è tutta colpa dei traditori. Che dire allora di chi ha malamente disatteso il mandato degli elettori. Chi è il vero traditore?

 

STUPORE. Con le tragedie naturali l'uomo si comporta come con la storia: l'unica cosa che impara è che non impara nulla. In Italia e nel mondo i disastri ogni volta suscitano sdegno e stupore. Poi, passata l'emozione, tutto torna a essere come prima. Nelle spine dell'emergenza Claudio Magris ha osservato che in Liguria il nubifragio "ha tragicamente restituito alle parole il loro significato primario e letterale: l'acqua alla gola ha ucciso". E forse non è stato solo un fatale concorso di circostanze se la sventura è piombata sul Belpaese durante la piu' grave crisi della sua storia recente. Nel fallimento della cricca si rispecchiano anni di negligenze.

 

BOMBA. Non è la prima volta che si attribuisce all'Iran la capacità di costruire la bomba atomica. Negli ultimi tempi i sospetti sono andati aumentando d'intensità, al punto da prefigurare scenari apocalittici. Massimo due anni e Teheran potrebbe disporre di ordigni micidiali in grado di trasformare il Medio oriente in un inferno. Sono fughe di notizie che per la loro gravità vanno prese tuttavia con le pinze. Pare infatti del tutto improbabile che la Casa Bianca, in piena campagna elettorale, voglia rischiare un attacco preventivo dalle conseguenze imprevedibili. Oltretutto sarebbe contrario alla filosofia di Obama, per sua natura votato alla mediazione. Alla stessa stregua è lecito supporre che il regime degli ayatollah, per quanto inaffidabile, non sottovaluti le spaventose ricadute dell'olocausto nucleare.

 

SCHIAPPE. Ha un che di deamicisiano l'iniziativa del vescovo di Livorno che adoperandosi per ripristinare gli oratori, di cui si è persa la memoria, vuole formare la squadra delle "schiappe" da iscrivere ai campionati regionali. Nessuno di loro diventerà mai un emulo di Maradona, ma in compenso avranno la fortuna di partecipare a un'esperienza di vita che sarà loro di aiuto al momento di affrontare le sfide che li aspettano fuori dal campo. Il calcio è uno sport bellissimo che pero', viziato dai soldi, ha bisogno di ritrovare la poesia perduta e i valori su cui si fonda: il piacere di giocare , la solidarietà e lo spirito di aggregazione.

 
MODELLO. In Svizzera l'italiano non se la passa bene. I problemi che incontra l'idioma di Dante sono in parte legati alla concorrenza dell'inglese, in parte alla disaffezione dei licei e non da ultimo alla passività del governo di Roma nel tutelare la propria lingua all'estero. Declassare l'italiano, come qualcuno paventa, da lingua nazionale a lingua regionale sarebbe un sensibile impoverimento delle culture minoritarie che sono il fiore all'occhiello della composita realtà elvetica. Urge quindi un dibattito approfondito al fine di individuare quanto ancora è importante l'italiano, e con l'italiano l'italianità, per tutelare le peculiarità multiculturali che fanno della Confederazione un modello unico nel suo genere.

lunedì 7 novembre 2011

Genova in ginocchio

Se è vero che non possiamo prevedere tutti gli eventi naturali, non meno vero è che una miglior prevenzione aiuterebbe a evitare molte tragedie annunciate.

 

di Renzo Balmelli  

 

TRAGEDIA . E' surreale che mentre un nubifragio micidiale mette in ginocchio Genova e la Liguria, la maggioranza diffonda un effluvio di proclami celebrativi sulla crisi "che non si sente", il "Paese benestante" e "i ristoranti pieni". Chissà da che parte guardano. Forse nessuno di loro ha visto le immagini allucinanti della tragedia , frutto dell'incuria piu' che della fatalità. Si potrà obbiettare che l'erosione del territorio, gli argini che si sbriciolano, l'edilizia abusiva e gli incendi dolosi si trascinano da anni. Ma è un'ovvietà. Se è vero che è impossibile prevedere tutti gli eventi naturali, non è meno vero che una buona prevenzione aiuta a limitare i danni.

 

STILE . Sul fronte della crisi europea, dominata dall'indebitamento mostruoso della Grecia, vi sono altri fattori di rischio rappresentati da Italia e Spagna. Dal G20, Roma esce con il marchio di vigilata speciale di UE e Fmi. Ogni tre mesi dovrà sottoporsi a un test sull'attuazione delle riforme come si fa con gli scolaretti indisciplinati. Nell'emergenza lo stile conta, e Zapatero, da vero statista, ha dato un segnale di discontinuità che migliora la fiducia nei confronti di Madrid. Berlusconi, congelato dal complesso del numero uno, non si avvede che il suo tempo è scaduto e rifiuta l'idea di un passo indietro anche a costo di affrontare l'onta del fallimento.

 

DISSENSO . Leopolda sarebbe un bel nome per un romanzo fin de siècle . Abbinato al regolamento di conti in casa del Pd ha un suono stonato. A chi osserva da fuori risulta difficile credere che l'opposizione sia capace di litigare e scambiarsi velenose ripicche generazionali anche quando si prepara a vincere. Per carità, dissenso e dialettica interna sono il sale della sinistra che non conosce il pensiero unico di Silvio. Sarebbe tuttavia un gran peccato se amici e alleati, riuniti in una delle prime stazioni ferroviarie costruite in Italia, avessero clamorosamente sbagliato treno anziché dimostrare di avere una collaudata cultura di governo.

 

DESCO . Le oscillazioni dell'eurozona! Cosa volete che siano per chi si arrabatta con un dollaro al giorno. Un lusso da ricchi. La Terra ha raggiunto il capo dei 7 miliardi di abitanti e l'esplosione demografica pone enormi interrogativi etici sui modelli di sviluppo. Il mondo aggiunge posti a tavola, ma il desco non sarà mai imbandito per tutti allo stesso modo. La speranza che tecnologia e globalizzazione promuovessero una maggiore equità nella distribuzione delle risorse è rimasta nel cassetto. A questo ritmo la bimba indiana insignita del titolo simbolico di settemiliardesima abitante del pianeta imparerà presto a sue spese che gli ultimi non potranno mai essere beati se i primi si dimenticheranno di essere onesti.

 

SVOLTA. Dalla costa africana del Mediterraneo arrivano segnali contrastanti. Dietro le quinte dell'acerba primavera araba serpeggiano tensioni che sembrano diluire la novità e gli entusiasmi rappresentati all'improvvisa richiesta di democrazia da parte di quei popoli a lungo sottomessi. In Tunisia vincono gli islamici moderati, è una scelta legittima, ma la via appropriata per realizzare il cambiamento invocato dalle masse resta una decisa svolta laica. Il desiderio di voltare pagina pare invece infrangersi contro cio' che ancora resta dei vecchi regimi che di fronte alla storia che avanza mal sopportano l'idea di rinunciare ai privilegi feudali.

 

SPIRAGLIO . Non è stato un voto unanime, ma è significativo che la Palestina sia stata accolta nell'Unesco, a dispetto del fronte del no, delle astensioni e delle inevitabili controversie sui torti e le reciproche ragioni nella turbolenta scacchiera del Medo oriente. Certo, non è che un inizio e per giunta difficoltoso, con mille risvolti politici, diplomatici, e psicologici. Ma se non altro d'ora in poi questo lembo di terra che non conosce pace figurerà  almeno su una mappa ufficiale, quella dei siti storici, e avrà un suo primo ruolo riconosciuto nella comunità internazionale. E' difficile dire se seguiranno altri passi  sulla via del riconoscimento da parte dell'ONU. A esso si frappongono ostacoli  di ogni genere. Ma intanto grazie all'iniziativa dell'Organizzazione mondiale per la cultura si potrà forse dare piu' forza allo spiraglio che si è aperto dopo la liberazione del soldato Shalit.

 
AZZARDO . In Abruzzo la ricostruzione batte la fiacca. Anzi, è ferma. Ma gli utili della società che doveva erogare i fondi continuano a crescere. Già questa sarebbe una stranezza con svariati lati oscuri. Stranezza che poi diventa anomalia se si considera che i soldi provengono dal gioco d'azzardo online gestito da un gruppo legato, guarda caso, a Berlusconi. Ci mancava anche questa. Il presidente operaio, muratore, allenatore, poeta, strimpellatore, mago, imprenditore e ora pure presidente croupier . Comunque sia, di tutte le definizioni quest'ultima è forse quella che meglio si adatta al personaggio. Nessuno come lui ha mostrato tanta spregiudicatezza nel bluff al tavolo verde della politica. Al punto da autoproclamarsi "premier a tempo perso".

lunedì 31 ottobre 2011

Al mercatino delle illusioni

Con la sua lettera al Consiglio europeo Berlusconi ha uguagliato la scena cult di "Toto', Peppino e la malafemmena". Nessuno ci ha capito niente, se non che il "libro dei sogni" del premier era merce usata venduta come nuova in modo sconcertante.

 

di Renzo Balmelli  

 

ILLUSIONI. Ma stavolta al mercatino delle illusioni spacciate per riforme il piano anti-crisi del Cavaliere non ha funzionato. Ne sul piano interno, ne sul fronte internazionale. All'opposto mentre l'UE chiede misure concrete, il fumoso manifesto economico del Cav innesca forti tensioni sociali, entra a piè pari sul mercato del lavoro, manca di credibilità e confina Roma nell'ingrato ruolo di sorvegliata speciale. Il governo giace in pratica su un binario morto e alla fine del vertice è prevalsa la sgradevole sensazione che se fosse caduta la Grecia, poi sarebbe toccato all'Italia.

 

DIRETTORIO. Sono tantissimi i passi falsi del Presidente del Consiglio, ma questa volta la Merkel e Sarkozy con il loro sorrisetto sardonico hanno passato il segno. L'hanno passato perché l'Italia non è Silvio Berlusconi e gli italiani, cittadini di un paese fondatore, meritano di essere rispettati. L'autoproclamato direttorio franco-tedesco a quanto consta non ha ricevuto nessuna investitura ufficiale per distribuire pagelle agli altri popoli. Al di là dell'inaccettabile sgarbo fatto a una intera nazione l'episodio rivela pero' in modo brutale come sia finito in basso il prestigio di chi la governa. Non a caso all'estero si punta sul presidente Napolitano al quale vengono rivolte continue attestazioni di stima per la determinazione e il rigore morale con cui si erge a baluardo delle istituzioni messe sovente a mal partito dagli eccessi del Rubygate .

 

STAMPELLA. La Cina non è mai stata cosi' vicina. Con un cambio di strategia da cui spariscono le ideologie e subentra il pragmatismo, Pechino si propone quale stampella dell'UE qualora le misure anti-crisi non riuscissero a riportare sotto controllo le volubili oscillazioni del debito pubblico. L'ipotesi non è campata in aria. Seconda potenza economica mondiale la Cina è cosi' cosciente del proprio ruolo da poter negoziare in qualsiasi circostanza con la duttilità di cui aveva già avuto sentore Marco Polo. Quindi, non si svenerà per l'euro se l'operazione non dovesse combaciare con gli interessi nazionali che anche Mao giudicava intangibili. Ma non si tirerà indietro se la sua lunga marcia nei corsi e ricorsi della storia gioverà al tornaconto di un miliardo e mezzo d'individui.

 

DILUVIO. Per l'incolumità dei cittadini è auspicabile che il ministro dell'ambiente torni sui banchi di scuola. Dire che la devastazione delle Cinque Terre è stata l'ennesima conseguenza di una condizione di dissesto del territorio testimonia come minimo una conoscenza a dir poco assai superficiale dei dossier affidati al suo dicastero. L'affermazione è talmente scontata da suonare come una presa in giro. Piu' o meno come il famoso tunnel dei neutrini di Maristella Gelmini. A Stefania Prestigiacomo è probabilmente sfuggito il non trascurabile dettaglio che il dissesto non è frutto della fatalità bensi' delle inadempienze di chi sta al potere. Mentre sulla Liguria si abbatteva qualcosa di simile al diluvio universale, in Aula autorevoli esponenti della maggioranza si azzuffavano come tifosi inferociti per una questione che non merita nemmeno di essere evocata. Un politico – diceva De Gasperi – guarda alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni. Questo è il punto.

 
PERDITE. Avevano il muso lungo i populisti svizzeri di Christoph Blocher. Il loro sogno di dominare le elezioni federali e di lasciare agli altri soltanto le briciole si è infranto contro la dura realtà delle urne. Anziché il grande balzo avanti, il bilancio dell'UDC comporta perdite sensibili: sette deputati in meno al Consiglio nazionale, la Camera bassa, e pochissimi senatori eletti al primo turno. Con poco piu' del 25% di elettori il movimento che fa politica con manifesti improponibili resta comunque il primo partito svizzero, ma non al punto da poter dettare condizioni al Parlamento. Se vorrà riavere il posto perso nel governo federale quattro anni fa dovrà mettere la sordina alle pretese egemoni tanto piu' che il 75% degli svizzeri ha mostrato di non riconoscersi negli slogan dell'UDC che cavalca senza pudore la denigrazione indiscriminata degli stranieri.

mercoledì 19 ottobre 2011

LE ANIME MORTE

di Renzo Balmelli  
 
ANIME MORTE . Chiamarla fiducia è fare un grave torto alla grammatica e alla sintassi della buona politica, onesta e sincera. A dispetto della sguaiata esultanza della destra, la vera fiducia è tutt'altra cosa, non l'impressionante mercimonio di voti scambiati sottobanco. Quando Berlusconi è alla strette non esita a ricorrere al suo enorme potere di condizionamento affidandosi a minacce neppure tanto velate del tipo "après mi le déluge" rivolte agli " amici" recalcitranti. Già applicata in passato, la strategia dei ricatti sussurrati a bassa voce puo' portare a conseguenze devastanti di cui abbiamo avuto d'altronde svariati esempi. Adesso e fino alla prossima scadenza bisognerà quindi prepararsi a ricominciare di bel nuovo in attesa che la maggioranza in disfacimento e prossima all'implosione esaurisca l'ultima scorta di disastri ai danni dell'Italia, Sarà un penoso stillicidio senza prospettive di miglioramento. Da come è nato il consenso, alte sono infatti le probabilità che altre stazioni vadano ad aggiungersi all'interminabile via crucis che da ormai tre legislature vede la maggioranza imporre la propria dittatura con l'unica finalità di evitare al Cavaliere i processi in cui è imputato. A pagarne il prezzo piu' doloroso è l'immagine di Roma nel mondo; immagine compromessa dalle insanabili magagne di un esecutivo minato dal Rubygate e dagli scandali dei festini che lo hanno reso inaffidabile agi occhi della comunità internazionale. Tanto da non essere nemmeno consultato, se non a cose fatte, sui principali temi in agenda, dalla Libia ai dossier europei. Tra riforme sempre promesse, mai mantenute e che non vedranno mai la luce, in queste ore si cristallizza lo smarrimento di un Paese che assiste sgomento allo spettacolo invero poco edificante della fiducia d'accatto e del tutto inefficace. Di male in peggio, ormai Palazzo Chigi è una casa degli spettri, abitata da "anime morte" come quelle di Gogol.
 
STOCCATA. Quando il premier attacca la sinistra accusandola di avere fatto una figuraccia durante la votazione sulla fiducia pare di sentire il bue che da del cornuto all'asino. In tema di figuracce le prestazioni del Cav. bastano per riempire un elenco telefonico. Tuttavia non si offenda nessuno se osserviamo che nel caso specifico la stoccata non è del tutto priva di fondamento. Nel clima di emergenza morale oltre che politica in cui versa Italia, mentre la crisi chiede con insistenza immediata udienza, l''opposizione, gratificata oltretutto dai sondaggi, era tenuta a presentarsi a ranghi compatti in modo da offrire le migliori garanzie per arrestare la deriva, Al netto del risultato negativo, prevale invece la sensazione che il Pd e i sui alleati anziché contare unicamente sulle loro forze, che non sono poche, abbiano commesso un grosso peccato di ingenuità affidandosi a improbabili compagni di viaggio, ai radicali liberi, ai Fini e agli Scajola, per destituire Berlusconi. Come si fa a non capirlo: questa è gente che in mente ha altre cose, gente incapace per interessi di bottega d smarcarsi in modo netto da una situazione che persino la Chiesa ha giudicato intollerabile. Magari il successo non sarebbe arriso subito, ma l'iniezione di fiducia in totale autonomia sarebbe stata come un raggio di luce nello squallore dell'aula di Montecitorio semi deserta.
 
SFIDA. Non è una novità che nonostante le raffinate sottigliezze del francese, Martine Aubry e Francois Hollande si detestino cordialmente. Stessa storia, stessa tradizione, stesso quadro culturale, i due contendenti tuttavia non la pensano allo stesso modo su come realizzare la svolta e hanno cosi' dato vita a un vivace incontro di pugilato in guanti di velluto che domenica, alla conta finale delle primarie socialiste, indicherà lo sfidante di Sarkozy. Hollande è favorito dai pronostici, la Aubry potrebbe essere la prima donna all'Eliseo, un atout non da poco nel paese di Marianna. Le speranze di successo sono piuttosto buone, tanto piu' che il presidente, finita da tempo la luna di miele con la Francia, appare decisamente fuori forma. A bocce ferme la base spera comunque, facendo gli scongiuri di rito, che ognuno al momento buono sappia riconoscersi nel programma comune della "gauche" senza cadere nella litigiosità che già tanti guai addusse al PS. Italia docet.
 
MOSTRA. Tutto si potrà dire del comunismo, ma non fingere di ignorare il suo ruolo nelle vicende italiane. Al di la dei giudizi di merito, non v'è dunque nulla di scandaloso nella mostra retrospettiva sul Pci a Bologna che consente di ricostruire importanti pagine di storia recente, dalla Resistenza al crollo dell'Unione sovietica, senza perdere di vista la reale dimensione di un fenomeno che fu segnato dall'implacabile contrapposizione ideologica tra est e ovest. Ma c'è dell'altro. Oltre le pagine di Guareschi e l'indimenticabile iconografia cinematografica, Peppone e Don Camillo non appartengono soltanto all'invenzione letteraria, ma sono personaggi esistiti davvero con le loro forti passioni volte a costruire un paese migliore. L'iniziativa pero' non è piaciuta alla destra che mossa dall'indignazione a senso unico vorrebbe cestinare il ricordo di "una generazione che si è sacrificata, che ha creduto, che ha combattuto" per il bene comune. Non sono parole di un militante, ma di Pier Ferdinando Casini, di qualcuno al di sopra di ogni sospetto.
 
MANOVRE. Succede anche questo. A Forte dei Marmi si preparano le grandi manovre in difesa del " genius loci", Dalla perla della Versilia dovranno sparire tutti gli esercizi pubblici che non hanno nulla a che vedere con la cultura locale. Saranno messi al bando kebab, involtini primavera, pub e fast food che non rispondono alla tradizione. Sarebbe come se nel mondo venisse decretata la chiusura di migliaia di ottimi ristoranti italiani e pizzerie in quanto non rispondenti alle abitudini gastronomiche del luogo. Che poi l'impennata di zelo autarchico porti la firma di un sindaco e di una giunta targata Pd, non fa che accentuare le perplessità.
 
LIVORE. Non serviva, ma se occorreva una prova per svelare il vero volto di una certa destra di stampo reazionario, negli USA i repubblicani ne hanno dato una dimostrazione eloquente. Animati da livore allo stato puro, i nemici di Obama giocano apertamente allo sfascio e scelgono il " muoia Sansone con tutti i filistei" piuttosto che approvare il piano della Casa Bianca per sostenere il mercato del lavoro con la creazione di uno a due milioni di nuovi impieghi. Nell'esaltazione manichea della loro crociata i vendicatori del Tea Party, senza lesinare sui mezzi, preparano i tremendi giorni del castigo per l'intruso di colore. Mette i brividi pensare che il futuro di tantissime famiglie dipenda da un voto di dispetto dettato da ragioni inconfessabili.
 
FIASCO. Nel linguaggio a doppio taglio della diplomazia, doveva essere " la guerra per la pace". Dieci anni dopo il conflitto in Afghanistan è diventato il teatro di una guerra che non si puo' piu' vincere ne sul piano militare ne su quello negoziale e umanitario. Dal 2001 al 2011 sul terreno sono rimaste migliaia di vittime tra militari, talebani e popolazione civile: un bilancio desolante, tremendo, un tragico fiasco, costato seicento miliardi di dollari spesi per un pugno di mosche, senza avvicinare di un passo le prospettive di dialogo tra le parti e senza avere contribuito in maniera decisiva a sferrare il colpo risolutore contro il terrorismo. Qualcuno pero' un giorno, al d la della vuota retorica, dovrà assumersi la responsabilità di spiegare al padre dell'alpino tornato a casa in una bara come è morto suo figlio. Come e perché.
 
SCACCHI. Se l'occidente si era illuso di trattare Mosca alla stregua di una nobile decaduta, dovrà ricredersi in fretta. Ora che Putin si è tolta la maschera tornano a manifestarsi spinte centrifughe che riportano al clima della guerra fredda. Sull'Europa plana la minaccia di una mina vagante chiamata Ucraina, una variabile fuori controllo che altera gli equilibri nel bel mezzo del continente e rivela, con la dura condanna dai risvolti politici inflitta a Yulia Timoschenko, l'esistenza di sorde lotte di potere senza quartiere e dalle conseguenze inimmaginabili. Le ambizioni imperiali dei nuovi zar aprono scenari dagli sviluppi inquietanti, Sono partite a scacchi con la storia che di solito finiscono molto male.