tag:blogger.com,1999:blog-23674660979965204312024-02-07T05:42:41.684+01:00L'Avvenire dei lavoratoriSPIGOLATUREUnknownnoreply@blogger.comBlogger355125tag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-61378168946433536692019-05-16T18:38:00.001+02:002019-05-16T18:38:16.707+02:00In un punto non sono tollerabili equivoci <div class="WordSection1"> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black">di Renzo Balmelli </span></b><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">CULTURA.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Quando la democrazia è sana, forte e consolidata – e in Italia lo è – non ha nulla da temere dalle sue frange estreme. Tuttavia non passa giorno senza che qualche mal intenzionato tenti di affossarla. La conquista più grande dell’uomo per concretizzare il progetto di una vita degna di essere vissuta, è minacciata da nemici sempre più spavaldi e spudorati. In concomitanza col Salone del libro di Torino la presenza di un editore vicino a CasaPound che si dichiara fascista e definisce l’antifascismo la piaga peggiore del Paese, illustra molto bene la necessità di non abbassare la guardia. Il Salone per sua definizione è uno spazio di libertà e confronto sulle idee, anche quelle più sgradevoli. Sull’argomento le opinioni si dividono. In un punto tuttavia non sono tollerabili equivoci. Qualsiasi tentativo di restaurare e glorificare un regime ripugnante, tirannico e razzista va combattuto e condannato senza mezzi termini come un oltraggio alla cultura democratica.</span><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black"> </span><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">IDEA.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Ancora non si è votato, e già si plasmano i fondali per capire come sarà l’Europa dopo le elezioni meno convenzionali della sua esistenza. Rispetto alle precedenti consultazioni, questa volta il rinnovo del Parlamento di Strasburgo oltre che sui numeri si basa su una questione cruciale da cui dipende, nel bene o nel male, l’avvenire del continente. Dall’esito della maratona elettorale si capirà come nelle varie comunità nazionali viene recepito il messaggio unificante dei padri fondatori, ultimamente al centro di polemiche e gravi fratture. Su questa straordinaria intuizione le forze che le sono ostili hanno sparso quantità industriali di veleno per sganciarsi dalla casa comune e tornare a un'autarchia nuda e cruda, gravida di conseguenze. Nelle urne la vera posta in palio sarà dunque la sfida attorno a un’idea che non può e non deve morire per evitare che l’Ue abbia un futuro alle spalle..</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">WEIMAR. </span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">A leggere che l’Italia “assomiglia a Weimar, imita il passato e non lo sa”, si resta di stucco. Sarà vero oppure è soltanto fantapolitica? Senza giungere a conclusioni affrettate, va detto che la curiosa tesi sviluppata da Sigmund Ginzberg in un libro di recente pubblicazione (<i>Sindrome 1933</i>, Feltrinelli) </span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">in verità </span> <span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">non convince appieno. D’accordo, gli indizi del malessere ci sono e i sovranisti nostrani fanno di tutto per acutizzare i sentimenti negativi e ricavarne profitti elettorali. Ma da qui a profetizzare un tale sconquasso ce ne vuole! Certo, Roma non è nelle migliori condizioni, è innegabile. Con ciò, immaginare però la Città eterna come la Berlino al tramonto di un’epoca d’oro finita nel peggiore dei modi è uno scenario che non si riesce nemmeno a concepire. </span><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">INTERESSI. </span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">Nel Medio Oriente quando le porte del dialogo, già ridottissime, si chiudono del tutto, tornano a parlare le armi. E come si è visto, tra morti e distruzioni nella tormentata striscia di Gaza, le immagini dal fronte riproponevano il medesimo, angosciante spettacolo che si ripete a scadenze cicliche. Conviene quindi non cullare soverchie illusioni sugli effetti dell’ennesima tregua tra israeliani e palestinesi che sembra destinata, come le precedenti, a lasciare il tempo che trova. Per un po’ servirà ad alleviare le sofferenze e la miseria delle popolazioni più esposte. Magari terrà lontano il rischio di un conflitto totale, darà un po’ di respiro per non compromettere il concorso <i>Eurovision</i> della canzone previsto a Tel Aviv, ma di sicuro, canzonette o no, non aumenta la possibilità di un accordo complessivo per fare tornare la calma in modo definitivo. Senza la creazione di due stati capaci di riconoscersi, convivere e rispettarsi a vicenda, ossia senza l’unica soluzione valida che però nessuno vuole, la pace sarà soltanto un miraggio subordinato agli interessi delle parti in causa e dei loro alleati non meno propensi a mantenere lo status quo.</span><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">“GRETINA”.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Con un bilancio davvero più che modesto, a destra l’unico meccanismo che non si inceppa mai è la ricerca del capro espiatorio. Come stratagemma è perfetto per sviare l’attenzione dai litigi e dalle vistose inadempienze del governo. Di norma i bersagli da colpire si dividono in due categorie: quelli fissi e quelli mobili. Come un mantra, quelli fissi sono l’Europa, gli immigrati, i partigiani e la Resistenza. Quelli mobili invece sono attualmente dapprima Fabio Fazio, l’ossessione di Salvini e dei suoi sodali che puntano al controllo sovranista del servizio pubblico, e di seguito Greta Thunberg, colei che mobilita i giovani per la causa ecologista e turba i sonni di chi considera la tutela dell’ambiente un fastidioso ingombro. Per smontare la combattiva svedese, eroina dei nostri tempi, i suoi detrattori hanno coniato per lei il ‘delicato’ appellativo di “Gretina, rompiballe”. Però mal gliene incolse: la villania è tornata al mittente con l’effetto di un doloroso boomerang sul naso. </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">RISPETTO.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Perché non smettiamo di emozionarci nel ricordo del Grande Torino? Perché a settant’anni dalla sciagura di Superga il fascino di quello squadrone non cessa di fare presa sui tifosi di ieri e quelli che lo scoprono oggi per la prima volta? Perché i nomi di Bacigalupo, Menti, Loik, Ossola, Mazzola e dei loro compagni di squadra periti nello schianto contro la basilica, sono entrati nella leggenda scrivendo pagine indimenticabili che vanno oltre il mero aspetto calcistico per diventare una sorta di mito. Quegli atleti intrattabili con la palla al piede, irreprensibili per educazione e rispetto degli avversari, rimangono nell’immaginario collettivo il modello e il simbolo dell’Italia che si entusiasmava per le loro imprese, che poco alla volta cresceva con loro, e sudava come loro per risorgere dalle macerie del ventennio. Il confronto con certe sgangherate esibizioni messe recentemente in campo e sugli spalti per festeggiare una promozione è impietoso. I tempi cambiano, non in meglio.</span><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span lang="IT" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span lang="IT" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> </div> <br clear="both"> ______________________________________________________________________<BR> This email has been scanned by the Symantec Email Security.cloud service.<BR> For more information please visit http://www.symanteccloud.com<BR> ______________________________________________________________________<BR> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-41681603428564523462019-04-18T11:45:00.001+02:002019-04-18T11:45:39.090+02:00Un ministro che offende l’Italia<div class="WordSection1"> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black">di Renzo Balmelli </span></b><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">COSTERNAZIONE.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Poco alla volta cadono le maschere. Nell'imminenza del 25 aprile Matteo Salvini ha deciso con uno strappo duro e inatteso di disertare le celebrazioni per la festa della Liberazione. Che cosa lo abbia spinto a compiere un simile atto è una domanda che l'interessato dovrà porre in primo luogo alla sua coscienza. Nessuno fino ad ora aveva mai osato tanto nello svelare i propri stati d'animo nei confronti di un tema che continua a fare discutere e ad alimentare polemiche strumentali nei confronti della lotta partigiana. Con questo suo gesto a dir poco sconcertante, il ministro dell'Interno in un sol colpo offende la Patria, di cui i leghisti si considerano gli unici depositari, fa un affronto alla memoria di chi si è sacrificato per il bene degli italiani, minimizza il valore della Resistenza, lancia un pessimo segnale al Paese e viene meno al suo ruolo istituzionale. Anziché escludere con frasi irritanti e derisorie la possibilità di sfilare "qua e là con i fazzoletti rossi", il leader del Carroccio avrebbe dovuto essere invece in prima fila a celebrare una data fondamentale che segna la rinascita della democrazia e la fine dell'infame giogo nazifascista. Sottrarsi a questo onore equivale è una rottura col passato importante che lascia perplessi e attoniti. La storia non si cancella con esibizioni muscolari di fronte alle quali, come sosteneva una collega che aveva già capito tutto, ti "kafkano" le braccia dalla costernazione.<o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> <o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">CAOS.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Per ovvie considerazioni di carattere storico, quando la Libia torna a occupare le prime pagine, a Roma, più che altrove, si finisce inevitabilmente col toccare il tasto sensibilissimo di una ferita mai veramente sanata. Non appena i venti di guerra riprendono a soffiare violenti come ora, torna alla memoria il ricordo sbiadito, ma non troppo, dell'assurda mistica colonial-patriottica consumata sulle note di "Tripoli bel suol d'amore" e conclusa al rombo ben poco amoroso dei cannoni. Descrivendo quell'avventura, D'Annunzio evoca "l'odore acre dei dromedari" con una licenza poetica che oggi, con qualche rigurgito nostalgico, restituisce altri effluvi; quelli ben poco seducenti di un Paese conteso da milizie, etnie e tribù varie che si combattono in nome di interessi enormi e di dubbia moralità. Nel caos generale, incombe all'orizzonte la minaccia di un lungo conflitto a bassa intensità dalle conseguenze imprevedibili, senza che la comunità internazionale, prigioniera delle proprie titubanze, si dimostri capace di trovare le risorse per rendere meno fragile il filo al quale è appeso l'incerto futuro del popolo libico.</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">PASSATO.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Più che altro sembravano compagni di merenda in gita finiti lì per caso. Sta di fatto che a Milano il grande Barnum del sovranismo inscenato da Salvini alla fine è risultato uno spettacolino con alcune comparse minori ma senza i primattori della nuova piattaforma politica pronta a dare l'assalto all'UE. Le assenze più o meno giustificate di Marine Le Pen, Viktor Orban e altri tenori della compagnia hanno tolto un bel po' di smalto alla sbandierata, oceanica adunata nazional-populista. Tuttavia è presto per parlare di crepe o divisioni all'interno della coalizione di Visegrad. Il pericolo c'è e preoccupa. Se le prossime elezioni confermassero i sondaggi, il fronte assente nel capoluogo lombardo potrebbe ricompattarsi e dare vita presto a un populismo autoritario di destra, quale si va d'altronde delineando. Con un solo obbiettivo: demolire l'Europa per farla tornare al passato sempre in agguato dietro l'angolo. <o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> <o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">APPELLO.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Per contrastare validamente la deriva reazionarie non bastano le buone intenzioni, per quanto di tutto rispetto. Senza indugi in previsione del voto europeo occorre procedere a un ripensamento della politica che sappia affrontare le paure delle persone, a cominciare dalla precarietà del lavoro nell'ottica di una voce apertamente e onestamente progressista. Questo compito spetta in primo luogo alla sinistra che deve ritrovare sé stessa senza abbracciare tesi neoliberiste che non le appartengono. L'Europa da conquistare a maggio è soprattutto l'Europa della pace e dei valori che sappiano restituirle e consolidarne le vere ragioni per la quale esiste, affinché non ricada nei suoi vecchi mali. La sinistra che nel corso della storia più di una volta è stata chiamata in soccorso della democrazia per ovviare ai disastri degli altri, non può certo ignorare l'appello proprio ora, in tempi tanto calamitosi. <o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> <o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">UTOPIA.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Diceva Giorgio Strehler che il teatro "è il racconto di un uomo che diventa racconto di tutta l'umanità". Sul palcoscenico, fonte inesauribile di comunicazione diretta e di coinvolgimento, si dipanano storie di straordinaria intensità che si fanno metafora come nell'opera di Brecht <i>L'anima buona di Sezuan</i>, considerata uno dei capolavori del teatro epico, ora ripresa e adattata in una versione di stupefacente attualità. Nel suo lavoro, concepito durante l'ascesa del nazismo, il celebre drammaturgo sviluppa il tema della bontà e la difficoltà di metterla in pratica proprio come accade adesso. Alla parabola si ispira l'attrice Monica Guerritore, splendida figlia d'arte del grande regista milanese, che sviluppa il confronto tra bene e male in un mondo intriso di ferocia e reso intollerante dagli istinti "ringhianti". E giustappunto viene da dire con che cosa, se non con la cultura, è lecito sperare nell'utopia di un mondo migliore.</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">LEZIONE.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> Durante il ventennio il termine <i>fake news</i> non era stato ancora inventato. Ma se anche fosse esistito sarebbe stato cancellato come tutte le parole straniere. Comunque si chiamassero, le notizie false avevano ad ogni modo un loro corrispettivo in italiano non meno efficace. Erano le bufale con le quali venivano spacciate le bugiarde vanterie del regime date in pasto ai creduloni. Un <i>pamphlet</i> di Francesco Filippi appena pubblicato da Bollati Boringhieri e commentato sul Corriere della Sera da Corrado Stajano, fa giustizia delle leggende diffuse dalla propaganda mussoliniana che attribuisce al regime meriti non suoi. Dal balcone di Piazzale Venezia venivano irradiati insensati teoremi per spacciare scelte rivelatesi poi disastrose come quando Mussolini decise di invadere l'Albania imitando il suo emulo germanico. Da quel tragico evento, preludio della seconda guerra mondiale, sono trascorsi ottant'anni, ma a volte, ascoltando certi linguaggi, sembra proprio che la lezione non sia stata ancora recepita come si dovrebbe. </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif"">TENSIONE.</span></b><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> In Israele cercansi laburisti disperatamente. Mentre si va configurando il quinto governo dell'era Netanyahu, la sinistra vive uno dei suoi più gravi momenti di debolezza. E non c'è da stare tranquilli. Con l'avvento di un esecutivo sostenuto dalle frange estremiste, il declino del partito che fu di Yitzak Rabin, grande e rimpianto tessitore di pace assassinato dai terroristi, priva il Paese di una reale alternativa alla deriva più a destra della sua storia. D'altronde se a imporsi fosse stato Benny Gantz la situazione non sarebbe stata molto diversa. Sui dossier cruciali come il negoziato con i palestinesi, il leader del neonato movimento "Bianco-blu" che ricalca il colore della bandiera nazionale, non si discosta dalla rigida ortodossia ufficiale della maggioranza. Netanyahu nonostante gli scandali politico-finanziari che lo hanno coinvolto, rimane dunque, a meno di clamorosi rovesci, ancora il re, il "King Bibi" di una nazione che noi tutti amiamo, ma che lontana dai riflettori deve fare i conti sul piano interno con le crescenti disuguaglianze sociali e l'aumento della povertà tra i ceti più sfavoriti. Quanto ai già convulsi rapporti internazionali, dopo il verdetto delle urne che assegna la vittoria seppure di stretta misura al Likud, non è da escludere che fra non molto si farà sentire di nuovo la mano ancora più pesante di Trump. Con i suoi interventi a gamba tesa, il riconoscimento di Gerusalemme capitale e il dono controverso della sovranità israeliana sul Golan, il presidente americano non solo ha scombussolato i già precari equilibri geo-politici della regione, ma ha compiuto il "capolavoro" di aggiungere un carico enorme di tensione emotiva, tipica dei sovranisti, all'interno di un contesto già potenzialmente esplosivo. Viste le premesse e considerato il clima incandescente nei territori occupati, d'ora in poi affrontare il tema dominante della sicurezza e della stabilità non solo sarà più difficile, ma quasi impossibile da concretizzare se non muovendo da posizioni di forza radicali e intransigenti di cui si è sempre fatto interprete il premier <i>in pectore</i>. Ormai la ricerca dell'unica soluzione possibile, ovvero la creazione di due Stati, si fa sempre più flebile e sembra appartenere definitivamente alla preistoria.</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt"><span lang="IT" style="font-family:"Verdana","sans-serif""> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><b><span lang="IT" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif"">INCERTEZZA.</span></b><span lang="IT" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""> C'era una volta la <i>Brexit</i>. Forse non è ancora il punto di caduta definitivo, ma l'ipotesi di un rinvio senza data di scadenza appare sempre più probabile. Si scherza sulle manfrine della "perfida Albione", che tra l'altro non sono imputabili alla presidenza del Consiglio europeo, ma alla prova dei fatti la situazione è maledettamente seria. Alla fine del suo "tour" della disperazione in varie captali, la premier Theresa May sarebbe riuscita a ottenere il rinvio del divorzio in base a una procedura che però cambia completamente le carte in tavola. La fase di stallo potrebbe alla peggio potrebbe durare più di un anno, la qualcosa, come si può facilmente intuire, non sapendo esattamente che cosa accadrà nei prossimi mesi, rimetterebbe addirittura in discussione persino l'uscita della Gran Bretagna dall'UE. A Londra i fautori del <i>leave</i> di fronte a questa prospettiva già sono sul piede di guerra e minacciano tuoni e fulmini per salvarsi dal caos che loro stessi hanno creato. Colmo dell'ironia, la proroga flessibile della separazione senza un accordo del Parlamento britannico obbligherà il Regno Unito, che non ne voleva più sapere, a organizzare e tenere le elezioni di fine maggio mantenendo così, in un clima di totale incertezza, i legami istituzionali con il continente al quale ha voltato sdegnosamente le spalle.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span lang="IT" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> </div> <br clear="both"> ______________________________________________________________________<BR> This email has been scanned by the Symantec Email Security.cloud service.<BR> For more information please visit http://www.symanteccloud.com<BR> ______________________________________________________________________<BR> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-812081594810168142019-03-10T17:52:00.000+01:002019-03-10T17:53:02.672+01:00 Una grande manifestazione antirazzista e un’ottima riuscita delle primarie pd<font face="Verdana" class=""> <br class=""> <span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></span></b></div> <font face="Verdana" class=""><span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""><span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">SORPRESA</span></b><span lang="IT" class="">. Quanto rosicano a destra. Erano impazienti di celebrare i funerali in pompa magna della sinistra, con tromboni e grancassa come a New Orleans. Il jazz però non è roba per tutti. Richiede passione, sentimenti, non il cacofonico spartito giallo verde. Così chi venne per suonare rimase suonato e ammutolito dalla sorpresa. Il Pd ci ha messo un anno per elaborare il lutto elettorale, ma la bella manifestazione antirazzista di Milano e l'ottima riuscita delle primarie lasciano intendere che forse lentamente il partito sta uscendo dalla crisi depressiva. Certo, è prematuro suonare le campane a festa. Ma il risveglio dell'opposizione non può che fare bene al Paese e all'intero sistema democratico. In un clima di generale fragilità economica che a dispetto dell'iper mediatizzato reddito di cittadinanza vede calare la fiducia della gente, un colpo di timone per raddrizzare la barca sarebbe più che auspicabile. </span></font></div> <font face="Verdana" class=""><span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""><span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">INTELLIGENZA.</span></b><span lang="IT" class=""> Dire che il principale nemico del Pd sia il Pd stesso è quasi un'ovvietà. Sarebbe quindi tutto olio che cola se la luna di miele con il nuovo segretario Zingaretti desse buoni frutti. Il condizionale però è d'obbligo. Forse lo lasceranno lavorare in pace per qualche mese, ma dietro la cortina dei sorrisi è facile che la litigiosità riprenda il sopravvento. Guai se accadesse. Stando ai sondaggi l'Italia dovrebbe essere l'unico Paese dell'UE in cui i nazionalisti potrebbero vincere le elezioni europee. Un primato di cui non andare fieri. Allora mettiamola in questo modo, un pò fantasioso. Nicola Zingaretti è fratello di un bravissimo attore che a sua volta interpreta un imbattibile commissario creato dal genio di Camilleri. Il rapporto tra politica e letteratura è difficile e complesso, ma entrambe legate alla stessa radice che consente di sbrogliare anche i casi più intricati. Dal terzetto allargato a quartetto potrebbero nascere con l'apporto dell'intelligenza sviluppi davvero inediti. Dopotutto perché no?</span></font></div> <font face="Verdana" class=""><span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""><span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">COMPLESSO.</span></b><span lang="IT" class=""> Non è soltanto una questione di linguaggio, ma anche delle intenzioni di chi lo usa in un dato modo. Da quando sovranisti e nazional-populisti sono alla guida della nazione, termini come immigrazione, che finora non aveva mai scandalizzato nessuno, di colpo si sono trasformati in parolacce vendute all'ingrosso per fare voti. In un panorama politico sconcertante, il degrado della lingua favorisce il moltiplicarsi di interventi infarciti di espressioni aggressive, se non addirittura di indole bellica. Le forze ora al governo sono riuscite a far diventare nemici coloro che in realtà sono i naturali e inoffensivi alleati di Palazzo Chigi. In tal modo si alimenta la percezione, per altro assurda, che Roma, sia in guerra con tutti, con l'UE, con la Germania, con la Francia, accusate di complottare per impoverire il Paese. Dietro il complesso del "vittimismo nazionale" prende così forma un carico di sentimenti negativi con il solo risultato di isolare l'Italia dal resto del mondo. </span></font></div> <font face="Verdana" class=""><span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""><span style="background-color: rgb(242, 242, 242);" class=""></span></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">TRACOTANZA.</span></b><span lang="IT" class=""> Da tempo si conoscono gli abusi insiti nell'allargamento del principio della legittima difesa. Ma chi auspica la supremazia della Colt sullo stato di diritto mostra di non farci caso. Paradossalmente la legge ora al vaglio del Parlamento più che migliorare metterebbe a rischio la sicurezza del cittadino. Il possesso di armi da usare liberamente senza nessun controllo rischia infatti di attaccare i principi consolidati dall'ordinamento che conferisce alle Forze di polizia il compito basilare della lotta alla criminalità. Laddove questi limiti sono stati by-passati, le conseguenze sono subito apparse catastrofiche. Non a caso l'Associazione nazionale magistrati ha messo in guardia rispetto a una deriva da Far West, ma la reazione di Salvini è sempre stata sprezzante. Dove possa portare una simile deriva è una questione che non dovrebbe fare dormire sonni tranquilli a chi teme, a giusta ragione, le conseguenze della giustizia sommaria come modello di tracotanza e di vita.</span></font></div> <font face="Verdana" class=""><br class=""> <br class=""> </font> <div class=""> <div dir="auto" style="caret-color: rgb(0, 0, 0); color: rgb(0, 0, 0); letter-spacing: normal; text-align: start; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px; -webkit-text-stroke-width: 0px; text-decoration: none; word-wrap: break-word; -webkit-nbsp-mode: space; line-break: after-white-space;" class=""> <div style="word-wrap: break-word; -webkit-nbsp-mode: space; line-break: after-white-space;" class=""> <div style="color: rgb(0, 0, 0); font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: start; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px; -webkit-text-stroke-width: 0px;"> <font face="Verdana" class="">Beste Grüsse<br class=""> <br class=""> Gregorio Candelieri<br class=""> <br class=""> Im Feldtal 2, 8408 Winterthur<br class=""> T<span class="Apple-converted-space"> </span> +41 (0)76 498 09 20<br class=""> <br class=""> </font></div> </div> </div> </div> <br class=""> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-28472861081209763982019-03-03T13:36:00.001+01:002019-03-03T13:36:25.126+01:00Che il vento stia leggermente girando?<font face="Verdana" class=""><br class=""> </font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span style="font-family: Verdana;" class=""> </span></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><b class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></span></b></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt; line-height: normal;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class="">TONICITÀ.</span></b><span lang="IT-CH" class=""> Con la brutta aria che tira, sarebbe stato da ingenui attendersi un miracolo della sinistra in Sardegna. A bocce ferme tuttavia le cose non sono andate così male. Anzi. Stando ad alcuni timidi indizi, si avverte l'impressione che il vento stia leggermente girando. Come nelle precedenti regionali, anche sull'isola l'opposizione ha dato qualche segno incoraggiante di risveglio che rende meno pesante il fardello dell'apatia che ne ha segnato i recenti travagli. Gli uomini, le idee, le forze e la ritrovata tonicità per porre un argine alla marea nera del sovranismo ci sono. Basta non disperderle nella litigiosità, bensì investirle, come in Sardegna, su candidati all'altezza quale si è rivelato il sindaco Pd di Cagliari Massimo Zedda che pur avendo perso – è vero – ha saputo mettere in campo un modello di nuova sinistra capace di riconquistare un elettorato deluso. </span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class="">PD PRIMO.</span></b><span lang="IT-CH" class=""> In Sardegna, dopo il tonfo clamoroso degli exit poll, la credibilità delle previsioni ha incassato un brutto colpo. A quanto pare nella Lega sono volati gli stracci per l'esito del voto di lista di gran lunga inferiore ai numeri pronosticati e sbandierati. Senza il concorso del centrodestra, nel quale Salvini sdegnosamente non si identifica, il risultato sarebbe stato addirittura peggiore. E anche il cappotto tennistico che il Carroccio, a sentire il suo leader, avrebbe inflitto al Pd, sembra piuttosto un parto della fantasia per addolcire la pillola. Il partito democratico, di cui la destra si preparava a celebrare i funerali, è difatti il primo nella classifica delle preferenze, con grave scorno dei suoi rivali. Non trapela nulla, ma pare che la cosa sia stata all'origine di non pochi travasi di bile tra i leghisti. </span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class="">DIVERSA</span></b><span lang="IT-CH" class="">. Era un'altra Italia, che ora non c'è più, quella di Marella Agnelli, scomparsa a novantun anni, dopo una vita accanto all'avvocato Gianni, <i class="">grand patron</i> della FIAT. Difficile dire se migliore o peggiore dell'attuale, ma sicuramente molto diversa dal Paese in cui il "cigno" del Lingotto ha trascorso la sua esistenza guadagnandosi nelle cronache del jet-set il titolo di ultima regina senza corona del dopoguerra. Era l'Italia che pur tra le sue vistose contraddizioni cercava, trovandolo, un posto conforme al suo ruolo quale fondatrice dell'Unione europea. Era l'Italia che cresceva, ma anche l'Italia in cui la lotta di classe c'era, eccome se c'era, e dove l'emigrazione viaggiava non sui barconi, ma spesso con le valige di cartone alla ricerca di un posto al sole. Ma era anche l'Italia in cui, al contrario di quanto accade oggi, l'età del rancore, come ha sottolineato il Corriere della Sera, non era neppure all'orizzonte. E dite se è poco.</span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class="">LUPI</span></b><span lang="IT-CH" class="">. Nel verminaio della pedofilia sono ancora molte le domande che restano in sospeso anche dopo il vertice vaticano. Riconosciuta la volontà della Chiesa di dare un segnale inequivocabile senza più nascondersi, ci si chiede se davvero esiste la possibilità di cambiare le cose. L'omertà con la quale per anni e anni sono stati consapevolmente soffocati i soprusi commessi contro minori indifesi ha lasciato una bruttissima eredità morale da gestire. Da coloro che per vocazione avrebbero dovuto essere i solerti guardiani della virtù era lecito attendersi il più rigoroso rispetto del "sinite parvulos venire ad me" rivolto da Gesù ai discepoli. Quante volte invece è stato disonorato. Sarebbe un passo avanti se il summit voluto dal Papa "per proteggere i piccoli dai lupi voraci" aiutasse a capire fino in fondo la portata del male e delle ferite incurabili che hanno stravolto l'esistenza delle giovani vittime oltraggiate dalla pedofilia. </span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class="">INGERENZA</span></b><span lang="IT-CH" class="">. Per il Venezuela si può soltanto sperare che sappia trovare la sua strada tenendosi alla larga dalle ingerenze esterne e dalle sirene golpiste. Ormai il regime di Maduro a causa dei disastri economici sembra avere, se non le ore, i giorni contati. Ma dipende come. Il sostegno della popolazione, provata dagli stenti, andrà a chi risolverà per primo la gravissima emergenza umanitaria e dell'accesso agli aiuti. Inquieta, però, la mano pesantissima di Trump che fra le tante interferenze non ha mai escluso del tutto l'opzione di un intervento militare che avrebbe conseguenze incalcolabili. Alla Casa Bianca non sta tanto a cuore la sorte della democrazia nel Paese, quanto la propria strategia politico-militare per il Sud America che gli Stati Uniti a guida repubblicana si ostinano a considerare il loro giardino di casa. In questo rigurgito di guerra fredda, molti esperti sono preoccupati dall'ipotesi che si stiano creando le condizioni di un conflitto armato simile a quello che travolse il Cile di Allende. Una tragedia che per molti anni sotto il regime di Pinochet fu all'origine di gravissime violazioni dei diritti umani e di non meno gravi squilibri negli assetti internazionali. </span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class="">SFIDE</span></b><span lang="IT-CH" class="">. Si dice che nel solco delle regionali sia tornata la nostalgia del vecchio bipolarismo. A guardar bene però non è mai scomparso. È stato soltanto sostituito da un nuovo bipolarismo che mette a confronto un modo assai diverso di interpretare le sfide del mondo che cambia. È il bipolarismo tra i sovranisti e chi crede invece nell'Europa senza frontiere, tra chi accoglie e chi colpevolizza i migranti, tra chi ha una visione aperta e plurale della società e chi alimenta sentimenti estremi. Il bipolarismo di oggi è tra l'insegnante che mette alla gogna due bimbi di colore ridicolizzandoli davanti agli altri "per quanto sono brutti e simili a scimmie" e la classe che si ribella e si schiera con i compagni umiliati da un maestro imbecille. In queste ore cresce l'allarme per l'aumento del razzismo e la domanda che in tanti si pongono è se l'Italia stia diventando un Paese isolato e incattivito. Per trovare la risposta non bisogna cercare lontano: l'hanno già data gli alunni di quella scuola mostrando di sapere da che parte stare. Da quella giusta.</span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class="">CICATRICI</span></b><span lang="IT-CH" class="">. Ai tempi del "maccartismo" Hollywood era considerata un covo di comunisti al servizio dell'Unione Sovietica per sabotare il sogno americano. Sabotaggio riuscito invece benissimo ai seguaci del senatore McCarthy con le loro insensate epurazioni. Ma, qualunque cosa si inventassero, né le loro accuse false né l'isteria di massa che provarono a scatenare, riuscirono a mettere la museruola alla creatività dei registi e dei loro protagonisti. A quasi ottant'anni dalla comparsa della <i class="">red scare</i>, la "paura rossa", il cinema rimane un formidabile strumento contro l'intolleranza e gli eccessi del potere. Che all'ultimo Oscar il trofeo più ambito sia andato a <i class="">Green Book</i> è un potente segnale antirazzista nell'epoca trumpiana dei muri e degli attacchi alle minoranze. A Giulio Andreotti non piaceva il neorealismo. Sosteneva che i panni sporchi vanno lavati in casa. Probabile che anche Trump non abbia gradito la pellicola di Peter Farrelly. Ma la scena in cui l'immigrato Tony Vallelonga si fa dare "dell'italiano-mezzo negro" dal poliziotto razzista dell'Alabama è un capolavoro assoluto. In quelle sequenze sono riassunte tutte le cicatrici delle discriminazioni che oggi come ieri non potranno mai essere lavate via dalle coscienze.</span></font></div> <font face="Verdana" class=""><br class=""> <br class=""> </font><br class=""> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-12156749533094940212019-03-03T13:24:00.001+01:002019-03-03T13:24:14.309+01:00Non solo soliti idioti<div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></span></b></div> <font face="Verdana" class=""></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">AGGRESSIONE</span></b><span lang="IT" class="">. Che oggi non vi siano più limiti a pescare nel torbido e nel servirsi degli istinti più riposti per creare consenso, è dimostrato ampiamente dagli episodi di intolleranza che si ripetono con allarmante frequenza. Con la sua logica perversa e con la sua cultura della violenza, l'antisemitismo dilaga e guadagna terreno in Europa come se la memoria collettiva fosse stata cancellata. Lo "JUDEN" che a Parigi ha imbrattato le vetrine di un negozio ebraico, e, pochi giorni dopo, l'insultante "sporco ebreo" rivolto al filosofo Alain Finkielkraut, sono lo specchio del degrado morale attribuibile non soltanto ai soliti idioti. Fomentatori di ideologie bacate si sono insinuati nei molteplici e insospettabili gangli della società mostrandone il loro lato oscuro. Con l'aggressione allo studioso francese, i gilet gialli, che godevano di una certa simpatia, sono riusciti a gettare discredito sul loro movimento nato con ben altri intenti. Tutti sappiamo come l'odio antisemita è cominciato, ma la virulenza con la quale è tornato a diffondersi sta a dimostrare che ancora non è finito e forse non finirà mai se lo si lascerà fare girando lo sguardo dall'altra parte. </span></font></div> <font face="Verdana" class=""></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">MANETTE.</span></b><span lang="IT" class=""> Nel corso dei secoli il tintinnar delle sciabole e quello delle manette non ha mai portato nulla di buono. Entrambe hanno lo stesso suono metallico, truce, simile a quello delle porte che si chiudevano dietro i tribunali dell'Inquisizione. Sciabole a parte, anche oggi le vicende giudiziarie che hanno avuto quali protagonisti, seppure per motivi diversi, i genitori di Renzi e Matteo Salvini, - la cui attività in veste di ministro detto per inciso ci è del tutto estranea- lasciano in bocca l'amaro sapore della sconfitta per tutti. In democrazia vi sono altri mezzi per esprimere il proprio dissenso: il voto, i partiti, il Parlamento, la piazza, le manifestazioni, la civile protesta, le inchieste giornalistiche. Tentare altre strade o provare subdole manovre dai contorni sempre opachi per screditare l'avversario è un misero stratagemma che da un lato non fa che ingrandire il vuoto della politica e dall'altro mostra l'imperizia di coloro che invece la dovrebbero amministrare all'insegna del buon governo. La giustizia ha altri compiti.</span></font></div> <font face="Verdana" class=""></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">TRAGEDIA.</span></b><span lang="IT" class=""> Com'è suo costume, Gianpaolo Pansa non ha perso l'abitudine di provocare. Col suo ultimo libro intitolato "Quel fascista di Pansa" (Rizzoli), il noto e controverso giornalista lancia il classico sasso nello stagno mettendo in copertina una sua fotografia in divisa littoria. Affari suoi, nessun glielo ha impedito. Nella sua urticante rilettura della Resistenza e nel riscrivere, con la puntigliosità del cronista schierato, la storia dell'immediato dopoguerra, l'autore muove però da una posizione che non è corretto presentare come una fondamentale "opera di verità". Mettersi dalla parte di coloro che hanno perso e hanno sofferto è una scelta editoriale che non è di per sé biasimevole, bensì del tutto legittima nell'ambito della libertà di espressione e di coscienza. A patto però di non dimenticare che i "vinti" di cui Pansa ha preso le difese stavano dalla parte sbagliata della Storia e ci sono rimasti anche quando non potevano più invocare la buona fede. I morti sono tutti uguali e tutti degni di rispetto, ma chi ha servito il fascismo fino all'ultimo è stato complice della tragedia. </span></font></div> <font face="Verdana" class=""></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">TORCIA.</span></b><span lang="IT" class=""> Alla fine di maggio mancano poco più di tre mesi, ma in vista delle elezioni per il Parlamento di Strasburgo il fuoco sotto la miccia sta ormai ardendo con crescente intensità. Nella politica europea si è aperta una stagione di conflitto al calor bianco che tiene le Cancellerie col fiato sospeso. Tra populismo e sovranismo crescono i timori per un possibile sconvolgimento degli attuali equilibri nell'Eurocamera. I sondaggi tendono a escludere questa ipotesi catastrofica, ma le scosse di assestamento della Brexit, la tempesta che agita la Spagna di nuovo alle prese con la spinosa questione catalana, l'incerta identità del gruppo di Visegrad, gli interrogativi legati all'asse franco-tedesco e le spinte populiste dell'Italia non consentono di formulare pronostici rassicuranti. La torcia dell'indipendentismo e delle frontiere strettamente sorvegliate come i treni di Menzel e Hrabal è in mano a una eccitata torma di conservatori dalla quale ci si può attendere di tutto.</span></font></div> <font face="Verdana" class=""></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">TREDICI.</span></b><span lang="IT" class=""> Ho fatto tredici! Persino l'irreprensibile Peppone non seppe resistere, oltre che allo sguardo languido della bella segretaria venuta dalla città, alla tentazione della schedina del Totocalcio che prometteva vincite sbalorditive. La sera in cui seppe di avere azzeccato la cifra magica che valeva dieci milioni, una somma enorme per quell'epoca in cui la lira era grande come un fazzoletto, il sindaco non ebbe più pace e con Don Camillo, rivale, ma anche complice, escogitò vari stratagemmi per non farsi scoprire. Sei milioni alla famiglia, uno al partito e tre alla Chiesa sancirono il patto tra il sacro e il profano volto a "santificare" l'intesa tra il combattivo Reverendo e il pugnace comunista. Dai fasti di quel passato ormai non resta quasi più nulla e il Totocalcio, soverchiato da Internet e da decine di pronostici, rischia di scomparire in seguito alla nuova legge sulle lotterie. Con quella schedina che prometteva di cambiarti la vita se ne va un altro spaccato dell'Italia che si stava faticosamente riprendendo dalle follie mussoliniane cullando la speranza di un futuro migliore. Nel ricordo di quegli anni non stupisce che la scomparsa di uno dei concorsi a premi più popolari del secolo scorso sia stata accolta con unanimi sentimenti di stupore e tristezza.</span></font></div> <font face="Verdana" class=""></font> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <font face="Verdana" class=""></font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">ELETTI.</span></b><span lang="IT" class=""> Nell'ambiente convulso, elitario e carissimo dell'alta moda si aggirano personaggi fuori dal comune capaci di trasformare un pezzo di stoffa qualunque non soltanto in un abito prezioso, ma anche in un piccolo oggetto d'arte presente a volte nei musei. In questa galleria spiccano, accanto a Karl Lagerfeld, scomparso a 85 anni, i nomi di moltissimi italiani che hanno segnato un'epoca nella storia del costume e reso famoso in tutto il mondo il "made in Italy" a volte costretto a subire le fanfaronate della politica. Erede designato di Coco Chanel, lo stilista tedesco, al pari della creatrice del famoso tailleur e del non meno celebre profumo, diffidava del romanticismo e delle convenzioni dell'epoca. Si dice che fosse il solo che poteva rendere il bianco e il nero pieno di colori, travalicando i limiti del suo lavoro. Ma siamo pur sempre in un campo riservato a pochissimi eletti che con il valore di un solo vestito potrebbero cambiare la sorte di coloro che sono nati nel cono d'ombra del benessere e per i quali sarebbe invece molto necessario quel "politicamente corretto" che Lagerfeld invece detestava cordialmente dall'alto della sua imponente figura.</span></font></div> <font face="Verdana" class=""><br class=""> <br class=""> </font><br class=""> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-28973060163021453462019-02-19T17:44:00.001+01:002019-02-19T17:44:56.174+01:00Chi si accontenta gode?<div class="WordSection1"> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> <b>di Renzo Balmelli</b></span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">DELUSI</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">. Per dirla con un vecchio adagio, chi si accontenta gode. Però col rischio di non goderne mai e di restare delusi. Dopo la tornata elettorale in Abruzzo è quanto potrebbe accadere alla sinistra che dalle urne è uscita ancora zoppicante. Però è presto per capire se queste regionali faranno tendenza. Il numero dei votanti è troppo esiguo per essere un test nazionale. Certi segnali tuttavia parlano chiaro. La strada è ancora lunga prima di riuscire a riconquistare l’elettorato nauseato dai litigi e che si è lasciato ammaliare dalla facile demagogia di destra, come accadeva ai marinai stregati dalle sirene della <i>Loreley</i>. Le prossime verifiche saranno in Sardegna, Basilicata e Piemonte, ma soprattutto in Europa. A meno di miracoli, merce piuttosto rara in politica, l’ora purtroppo sembra già indicare un minuto dopo mezzanotte. Lasciamoci sorprendere.</span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">SEGRETO</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">. Vincono, litigano, strillano e combinano disastri. Questo è lo specchio dell’Italia a trazione leghista dopo il voto abruzzese. Per il resto sotto il vestito poco, quasi niente. La vittoria non è certo frutto dei programmi, quasi evanescenti, ma piuttosto della paura e altri sentimenti meno nobili. Da “Capitano”, definizione che ai vignettisti suggerisce lo spot di un dentifricio, Salvini assurge ora al ruolo di “Maschio Alfa” del governo. Ma avrà il suo bel daffare per calmare l’aspra lotta di identità all’interno della coalizione che non fa bene al Paese. Anzi fa malissimo, tanto che a causa dell’instabilità della situazione, i risparmiatori hanno già portato in Svizzera oltre 13 miliardi di euro. E senza segreto bancario.</span><span style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">AVVISAGLIE</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">. Si dice che una mela al giorno toglie il medico d’attorno. In politica per togliersi dai mali si inventano i nemici. Vecchia come il cuculo, la tecnica di trovare uno scaricabarile per le cose che non vanno, è stata largamente riesumata dall’esecutivo giallo-verde. Prima sul piano interno contro gli alleati permalosi, poi dirottata verso altri bersagli: i migranti, l’Europa, Bruxelles, Frau Merkel e adesso la Francia di Macron. Nella vulgata leghista tutti coalizzati per affondare l’Italia. In realtà non esistono al mondo due popoli come il francese e l’italiano la cui storia sia più strettamente intrecciata. Ma queste purtroppo sono le avvisaglie più antipatiche di quanto potrebbe accadere se riuscisse l’assalto sovranista al fragile fortino europeo.</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">BAGEL</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">. Erano letteralmente impietriti dall’orrore i parigini fermi davanti alle vetrine di un negozio di specialità ebraiche su cui spiccava a caratteri gialli la parola “Juden”. Nella capitale francese quella scritta, che in tedesco assume un carattere ancor più infame, ha riportato alla memoria l’immane tragedia dell’occupazione nazista durante la vergognosa repubblica di Vichy. “Juden” è un insulto che non si era mai più visto dopo Auschwitz, nemmeno nelle ricorrenti esplosioni di antisemitismo che ultimamente si sono fatte sempre più impetuose. Gli autori del gesto sapevano dove colpire per toccare il doloroso nervo scoperto di sentimenti ambivalenti e inconfessabili. Quello imbrattato in maniera tanto scellerata non era un emporio qualunque, ma un negozio specializzato nella produzione e la vendita dei “bagel”, ciambella tipica della cucina ebraica che nei romanzi del premio Nobel Isaac Singer assume una forte valenza simbolica quale fattore di aggregazione e identificazione all’interno della comunità ebraica. Ciò rende ancora più odioso il gesto, come se le lezioni più tragiche della storia lasciassero indifferenti le coscienze. Con il revisionismo strisciante che guadagna terreno c’è davvero di che inquietarsi.</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">VALIGIE</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">. Sotto i velami dei danteschi versi strani, il festival di San Remo e il commissario Montalbano, diversissimi nei contenuti, sono finiti entrambi nel tritacarne di una volgare polemica di stampo nazional-populista per avere teso una mano ai migranti. Secondo l’ottica deformata di una certa mentalità ostile a prescindere, sia il vincitore di origini egiziane sia l’ultimo caso risolto dal famoso commissario sarebbero sconfinati in territori che non dovrebbero essere di loro competenza. E invece lo sono, eccome se lo sono, quando affrontano tra una canzone e un’inchiesta, il dramma dell’emigrazione e dei morti in mare dal profilo della solidarietà e non col linguaggio impietoso che li descrive come un’orda di criminali, anziché vittime della follia umana. Ormai è chiaro. Chi fa perno sui peggiori istinti non intende certo mollare la ghiotta preda che sfruttata a dovere è una fonte inesauribile di consensi dubbi a costo zero. Da questa prospettiva, sloggiare chi ne intralcia gli stolti propositi e provare a trasformare Strasburgo in avamposto per erodere le istituzioni UE dall’interno, rimane l’inquietante obbiettivo finale dell’insensata ideologia sovranista. Inquietante, ma ahinoi non impossibile nel clima di intolleranza in cui si stanno preparando le valigie all’Europa. Vediamo di non farla salire sul treno.</span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span lang="IT-CH" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> </div> <br clear="both"> ______________________________________________________________________<BR> This email has been scanned by the Symantec Email Security.cloud service.<BR> For more information please visit http://www.symanteccloud.com<BR> ______________________________________________________________________<BR> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-15523564838742647162019-02-07T18:58:00.001+01:002019-02-07T18:58:29.118+01:00Butta la colpa su un nemico<div class="WordSection1"> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> <b>di Renzo Balmelli</b></span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2"><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">POLEMICHE.</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> Quando le cose non vanno per il verso giusto, inventa un nemico cui dare la colpa. Così si ragionava già ai tempi dell’antica Grecia, ed a questa massima, mai caduta in disuso, sembra ispirarsi il ruvido attacco di Roma alla “perfida” Francia e al presidente Macron. Quale molla abbia davvero determinato la dura filippica al punto da creare un momento di forte tensione diplomatica tra due Paesi amici da lungo tempo, non è molto chiaro. Si può immaginare che il nuovo patto franco- tedesco possa risultare sgradito a Palazzo Chigi per mille e svariati motivi. E non concorre a rasserenare l’atmosfera il pesante taglio alle stime di crescita per l’Italia, definita a rischio dal FMI, che ribalta le ben più rosee previsioni del governo Ma da lì a crearsi nemici con le proprie mani anziché prediligere la via del dialogo non pare una scelta molto giudiziosa. A maggior ragione in una fase come questa che richiede prudenza e nervi saldi considerando tra l’altro ciò che accade oltre Atlantico. All’annuale Forum economico di Davos manca infatti l’America a causa della cocciutaggine di Trump. Presentarsi nella località grigionese, dove si incontrano i grandi pianeta, preceduti da un episodio poco gradevole, di sicuro non giova all’Italia che ha invece un ruolo centrale da svolgere sul piano internazionale anziché avventurarsi in polemiche che non portano da nessuna parte.</span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">TRUCCO.</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> Quando in sala volano i miliardi promessi dal governo come fossero bruscolini, tra il pubblico si leva un mormorio di disappunto. Basta con i giochi di prestigio. Lo spettacolo è vecchio, visto e rivisto mille volte, senza neppure avere la grazia vittoriana della commedia che a Londra va in scena da quasi mezzo secolo. Neanche il cambio degli attori sotto le luci cangianti dal giallo al verde del palcoscenico romano è riuscito a strappare gli applausi. C’è stato sì qualche tentativo di aggiungere un po’ di pepe alla rappresentazione con alcuni accorgimenti plateali. Ma il loro effetto mediatico ha avuto vita breve. Né l ‘enfasi esagerata del “decretone”, né la trovata del mega-show per l’arresto di un terrorista come Cesare Battisti, hanno provveduto a cancellare le ombre della crisi. Tra felpe d’ordinanza e giubbotti della polizia indossati all’uopo, sembrava di assistere a una sceneggiata come ai tempi dell’infausta stagione berlusconiana. Ma oggi, dopo il primo, fugace attimo di stupore, quei trucchi ormai non se li beve più nessuno.</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">PAROLE.</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> Fra i tanti e meritati tributi riservati a Fabrizio De André a vent’anni dalla scomparsa, molti a giusta ragione hanno voluto sottolineare il grande rispetto che l’artista aveva per le parole. Nelle sue composizioni non una è fuori posto. Le usava con delicatezza, quasi con pudore, per quei suoi testi tutti diversi dagli altri che fanno di lui un Poeta della canzone nel senso più vero del termine. Se tornasse in vita adesso, in un’epoca in cui perdono peso anche i voltafaccia più clamorosi, l’autore di Marinella e altri capolavori resterebbe sconvolto dall’utilizzo sconsiderato delle parole di cui si macchia il potere. Nei suoi versi De André parlava di diseredati, di emarginati che appartenevano a un mondo di cui nessuno voleva occuparsi. Vent’anni dopo, tra notizie false e lo sciacallaggio elettorale sulla pelle dei migranti, quelle parole così dense di significati troppo spesso si perdono nel vuoto, trasformandosi in un cinico strumento per raccogliere consensi.</span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">MEMORIA.</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> Si poteva pensare che dopo l’Olocausto l’umanità fosse vaccinata contro il virus dell’odio antisemita. Ora col pianto nel cuore e la tristezza nell’anima scopriamo che l’antidoto non è ancora stato prodotto. L’ intolleranza contro gli ebrei, stuzzicata ad arte dai cattivi maestri, anziché diminuire d’intensità sta diventando tragicamente normale. In un crescendo inaudito di idiozia e becera violenza, gli istinti più riposti dell’uomo vengono a galla tra incontrollate esplosioni di razzismo che trovano non solo negli stadi ma anche fuori un terreno fertile al colmo dell’abiezione. Come aveva intuito Primo Levi è accaduto e può ancora accadere. La banalità del male sopravvive nel tempo alla tremenda lezione di coloro che ne furono i consapevoli artefici. È una questione di mentalità, di scarsa educazione e poca cultura che va combattuta con la massima determinazione. A questa deriva va posto un argine. E se qualcosa dev’essere fatto subito è di impedire che la Giornata della Memoria, celebrata in questi giorni, venga soverchiata, nella totale indifferenza, dalla normalizzazione dell’antisemitismo e finisca col diventare la Giornata della Memoria smarrita.</span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">SFIDUCIA.</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> Basta leggere le cronache quotidiane per rendersi conto che non è poi così fuori luogo la domanda sul pericolo rappresentato dal fantasma del fascismo e di un suo possibile riapparire. La “vexata quaestio” è tornata alla ribalta con l’irruzione sulla scena di movimenti che fanno della difesa identitaria dalle ondate migratorie uno dei cardini della loro azione fondata su una discutibile pretesa di superiorità. Finora, grazie agli ammortizzatori democratici di cui dispone la società, le minacce incombenti sono state rintuzzate e non si sono mai realmente concretizzate. Il discorso tuttavia potrebbe mutare radicalmente se nell’opinione pubblica dovesse prevalere il pessimismo sulla possibilità di cambiare il mondo e renderlo migliore. Troppe volte infatti si è avuta la dimostrazione che la sfiducia può essere l’anticamera dei peggiori sistemi totalitari.</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">RESISTENZA.</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> Europa si, Europa no. La sfida è lanciata. Ormai è dietro l’angolo l’appuntamento con il cruciale voto di maggio per il Parlamento di Strasburgo che non sarà un duello in punta di fioretto bensì un tintinnare di spade tra due concezioni inconciliabili sul modo di intendere e volere la Comunità. Una aperta e votata alla solidarietà tra i popoli. L’altra retrograda e ossessionata dai muri, dalle frontiere e dai porti ermeticamente chiusi. Se non si correrà ai ripari il rischio sarà di risvegliarsi un giorno in un continente a trazione sovranista. Ovvero alla mercé di quel movimento seguace dell’intolleranza che malgrado i tardivi ripensamenti elettorali dei suoi leader, in realtà non ha nessuna intenzione di riformare l’UE, ma solo di affossarla. L’Europa come la immaginiamo, come la amiamo e come vorremmo che fosse, non è mai stata in così grave pericolo da quando l’occidente sembra avere perso la bussola. Dalla prova delle urne se ne esce in un modo solo, spazzando via le idee false e bacate e rimettendosi in sintonia con una parola chiave che più di una volta si è rivelata decisiva per salvare i valori nei quali crediamo: Resistenza. Che non è retorica, ma un principio irrinunciabile.</span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> </span><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p style="margin:0cm;margin-bottom:.0001pt;background:#F2F2F2;-webkit-font-smoothing: antialiased;font-variant-ligatures: normal;font-variant-caps: normal;orphans: 2;text-align:start;widows: 2;-webkit-text-stroke-width: 0px;text-decoration-style: initial;text-decoration-color: initial;word-spacing:0px"> <b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm">AFFIDABILITÀ.</span></b><span lang="IT-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:black;border:none windowtext 1.0pt;padding:0cm"> Per avere dato a questo particolare tipo di opere due capiscuola come Beckett e Pinter è venuto quasi naturale paragonare l’incredibile caos della Brexit al teatro dell’assurdo. La situazione è talmente bizzarra da arrivare al punto di paragonare l’incidente stradale occorso al Principe Filippo all’impatto frontale che avrebbe il divorzio di Londra da Bruxelles nelle peggiori condizioni. Il confronto tra le vicende a volte burrascose della Casa reale e la bufera in cui si trova impegolato il governo conservatore, non ha mancato di suggerire irriverenti e pungenti metafore sulle condizioni in cui versa il Regno Unito alla vigilia di quello che è stato definito il “Car crash Brexit”. Confusione, smarrimento e frustrazione sono i sentimenti che predominano tra gli elettori favorevoli o contrari all’uscita dall’UE, ma tutti convinti, in un modo o nell’altro, che nulla potesse guastare l’atmosfera un po’ retrò e tanto british dell’immancabile e tè delle cinque da consumare nell’atmosfera di letizia e serenità. Atmosfera che ora si è smarrita tra la nebbia d un incerto futuro. Profonda è quindi la delusione dei sudditi di Sua Maestà per il declino di quel simbolico rito su cui poggiava la certezza inossidabile nelle istituzioni e nella loro granitica affidabilità.</span><span lang="FR-CH" style="font-family:"Verdana","sans-serif";color:#333333"><o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span lang="FR-CH" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span lang="FR-CH" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal"><span lang="FR-CH" style="font-size:12.0pt;font-family:"Verdana","sans-serif""><o:p> </o:p></span></p> </div> <br clear="both"> ______________________________________________________________________<BR> This email has been scanned by the Symantec Email Security.cloud service.<BR> For more information please visit http://www.symanteccloud.com<BR> ______________________________________________________________________<BR> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-51770646199365132062018-09-23T13:33:00.001+02:002018-09-23T13:33:30.863+02:00La riprovazione della comunità internazionale<font face="Verdana" class=""><br class=""> </font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><br class=""> </div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></span></b></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">INDECENZA. </span></b><span lang="IT" class="">Quando Michelle Bachelet affronta il tema dei diritti umani violati, sa benissimo di che cosa parla avendone subito personalmente le conseguenze nel suo Paese, il Cile dello spietato Pinochet. Durante la feroce dittatura dei generali ha avuto il padre, altri familiari e molti amici morti nelle prigioni del regime in seguito alle torture subite. Non deve quindi scandalizzare se nel suo intervento all'ONU di Ginevra in veste di Alto commissario dei diritti umani per le Nazioni Unite, l'ex Presidente cilena eletta sulle liste del Partito socialista ha fatto a meno di usare la soave coloritura dello svagato linguaggio diplomatico ed è andata invece subito al cuore della più grave crisi umanitaria del momento: quella dei migranti. Sarebbe tuttavia riduttivo e soprattutto ingiusto nei confronti delle migliaia di volontari che si prodigano ogni giorno per questi infelici, circoscrivere il problema all'Italia, sebbene l'inqualificabile vicenda della Diciotti sia valsa al governo in carica la riprovazione della comunità internazionale. Le espulsioni ed i respingimenti in mare presentati come misure di cui andare orgogliosi per contrastare l'arrivo dei profughi hanno soltanto un cattivo retrogusto. Roma tuttavia non può essere lasciata sola ad affrontare un fenomeno che ha ormai assunto le dimensioni di un esodo incessante senza che si intravveda uno straccio di soluzione condivisa su scala mondiale e rispettosa dei diritti umani; diritti tra l'altro da mettere in atto senza indugi già nei Paesi d'origine. All'opposto farne un po' ovunque, come purtroppo avviene in maniera sempre più esplicita, il pretesto di bieche speculazioni elettorali alla mercé di interessi inconfessabili è un atteggiamento che va oltre l'indecenza e interpella le coscienze di tutti, nessuno escluso. </span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">VOTO STORICO.</span></b><span lang="IT" class=""> A proposito della politica ungherese, fonte di gravi apprensioni nella maggior parte delle capitali, giunge da Bruxelles la conferma che l'europarlamento non intende recedere dai suoi principi istituzionali e resta determinato a scendere in campo contro i nemici interni della comunità. Con una votazione storica a favore dello stato di diritto, Strasburgo avvia la procedura che potrebbe attivare l'articolo 7 del Trattato di Roma circa l'adozione di sanzioni contro Budapest. Al governo di Orban si rimprovera di minare i valori europei in merito alla libertà di stampa e contro la discriminazione verso i migranti messa in atto con la chiusura dei confini. Ora spetta ai capi di stato e di governo indicare la procedura da seguire per decidere se applicare o meno le sanzioni. Intanto però il messaggio del Parlamento va direttamente al cuore della questione e si rivolge in particolare ai Paesi che con varie sfumature sono sulla stessa linea delle autorità magiare. Dall'Europa essi esigono soltanto i vantaggi pecuniari sotto forma di svariati miliardi di euro senza offrire nulla in cambio se non astruse ideologie sovraniste del tempo che fu. La posta in palio invece è altissima in quanto chiama in causa i diritti fondamentali sui quali si regge la forza dell'Unione. Al di la dei meri interessi di bottega, a prevalere nelle considerazioni emerse dal lungo dibattito, sono altre motivazioni ; motivazioni etiche e morali affinché l'Europa resti tollerante, aperta, accogliente, e non diventi una fortezza costruita sull'odio come negli anni Trenta. In quest'ordine di idee la dinamica dell'eurovoto è già stata all'origine di crepe profonde all'interno della coalizione giallo-verde, con i 5stelle favorevoli alle sanzioni e la Lega schierata invece con Orban. Resta ora da vedere quanto le prossime mosse incideranno sulla compattezza del governo, non proprio solida, e dei suoi rapporti già difficili con Bruxelles. <i class="">Affaire à suivre.</i></span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">INTEGRITÀ.</span></b><span lang="IT" class=""> "<i class="">No pasaran</i>" era il grido di battaglia col quale la pasionaria Dolores Ibarruri incoraggiava i combattenti anti franchisti esortandoli a tenere duro. Le cose andarono diversamente, però adesso sappiamo che il Duce, Franco ed i loro degni compari, convinti di essere passati, alla fine dovettero ricredersi. Ai tempi nostri in cui l'attualità si mescola ai fantasmi più cupi del Novecento, il <i class="">no pasaran</i> arrivato da Stoccolma, faticoso ma deciso, è un balsamo per chi lotta al fine di porre un argine all'onda neo fascista. Giunta sull'orlo del precipizio, la Svezia seppur con qualche patema d'animo, per fortuna nostra si è rivelata salda nei suoi principi e non ancora disposta a rinnegare la sua storia ed i valori fondanti della socialdemocrazia che ne hanno fatto una Nazione all'avanguardia nel campo del welfare, della civiltà e della convivenza tra i popoli. La minaccia tuttavia non è ancora scongiurata. Certo, alla destra sempre più estrema e di chiara ispirazione razzista, non è riuscito lo sfondamento che i sondaggi le attribuivano. Ma ci riproverà alla prossima occasione da qualche altra parte e col dente vieppiù avvelenato. Ragion per cui nell'organizzare la Resistenza contro l'oscurantismo bisognerà fare propria la locuzione latina <i class="">frangar non flectar</i> intesa come uno stimolo per indicare una integrità morale che non si piega e non si spezza davanti a nessuna minaccia o pericolo.</span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">SCORCIATOIE.</span></b><span lang="IT" class=""> Dopo i giorni neri della Sassonia e lo scampato pericolo scandinavo (ma fino a quando?), per i democratici europei si avvicina l'ora della verità in uno scenario pieno di trabocchetti e insidie di matrice populista e reazionaria. In Italia, mutatis mutandis, mentre Berlusconi, dimenticate le olgettine, prova a rilanciarsi tuffandosi nel calcio minore, sull'altro fronte il governo del cambiamento ha sempre più le fattezze di quello messo in campo dall'ex Cavaliere. Il suo leader in pectore, ovvero Matteo Salvini, non perde occasione di ripetere che lui e solo lui comanda e che non andrebbe a colazione coi magistrati. Frasi roboanti e inutili già sentite ai tempi di Arcore, ma buone per fare voti all'ingrosso. Quanto alla Lega che per anni ha suonato la grancassa di Roma ladrona, ora si scopre- ma guarda che coincidenza- che sui finanziamenti dentro le segrete stanze del Carroccio vigevano regole poco chiare e non tanto diverse da quelle denunciate con tanto accanimento. Un bel boomerang per i leghisti che con gli slogan facili, facili se la sono sempre cavata battendo il tasto sui migranti per sviare l'attenzione dai veri problemi , ma che adesso navigano in acque piuttosto agitate. Ciò nonostante sarebbe incauto da parte della sinistra fare conto sulle scorciatoie giudiziarie per invertire la rotta. Al punto in cui il Paese si trova, ovvero piuttosto basso, la vera sfida si giuoca sul piano culturale e civile, non sulla furbizia demagogica. </span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">VALORI.</span></b><span lang="IT" class=""> Per I leader dalle spiccate pulsioni autoritarie il futuro potrebbe avere in serbo un cammino lastricato non soltanto di rose e fiori. Le loro strategie fondate sulla insistente ricerca del capro espiatorio hanno una data di scadenza e tutto alla fine si scopre. Ad alzare i veli ha provveduto Obama che lasciando da parte l'abituale fair-play ha definito il suo successore alla Casa Bianca un rischio per la democrazia. L'affondo segna l'esordio dell'ex presidente nella campagna per le elezioni di metà mandato a novembre che potrebbero risultare fatali per Trump e il suo mandato. Il discorso, caduto non a caso sui demagoghi che cercano consensi a buon mercato sfruttando la paure e il risentimento, ha attraversato l'oceano ed è arrivato a destinazione mentre l'UE si appresta ad affrontare il nodo dell'Ungheria di Orban e decidere se avviare la procedura per la violazione dello Stato di diritto a causa delle sue leggi liberticide. È facile immaginare che nell'aula di Strasburgo si assisterà a una battaglia campale per affermare i valori europeisti che i sovranisti mostrano invece di volere distruggere.</span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">VINILE.</span></b><span lang="IT" class=""> Strattonato dalle opposte fazioni e a più riprese accusato, senza prove attendibili, di simpatizzare per l'estrema destra, Lucio Battisti a vent'anni dalla scomparsa incanta ancora e ancora fa discutere chi vorrebbe inquadrarlo in un determinato contesto politico. Per la verità tutto ciò sembra piuttosto una polemica di lana caprina che nulla toglie alla musica di Battisti, genio visionario e popolare la cui lezione è sempre attuale. Tanto che le sue canzoni si fischiettano e si cantano a prescindere dalla scheda elettorale. Morto ad appena 55 anni per un male incurabile, il celebre artista ha lasciato in eredità pagine fondamentali della musica popolare italiana pubblicando canzoni che nulla hanno perso della loro attualità grazie anche ai testi che il grande Mogol ha saputo cucirgli sopra. Testi che hanno addirittura contribuito a insegnare l'italiano e nei quali ogni persona è in grado di specchiarsi. L'ultima chicca legate al suo nome è la riproduzione in vinile dei suoi pezzi più noti su un formato che sta risalendo la china e che ha mandato in visibilio i fan vecchi e nuovi di Battisti e del nostalgico e sempre emozionante giradischi.</span></font></div> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-10733592378239910002018-09-22T08:02:00.000+02:002018-09-22T08:03:01.790+02:00La riprovazione della comunità internazionale<font face="Verdana" class=""><br class=""> </font> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><br class=""> </div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><b class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></span></b></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT-CH" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">INDECENZA. </span></b><span lang="IT" class="">Quando Michelle Bachelet affronta il tema dei diritti umani violati, sa benissimo di che cosa parla avendone subito personalmente le conseguenze nel suo Paese, il Cile dello spietato Pinochet. Durante la feroce dittatura dei generali ha avuto il padre, altri familiari e molti amici morti nelle prigioni del regime in seguito alle torture subite. Non deve quindi scandalizzare se nel suo intervento all'ONU di Ginevra in veste di Alto commissario dei diritti umani per le Nazioni Unite, l'ex Presidente cilena eletta sulle liste del Partito socialista ha fatto a meno di usare la soave coloritura dello svagato linguaggio diplomatico ed è andata invece subito al cuore della più grave crisi umanitaria del momento: quella dei migranti. Sarebbe tuttavia riduttivo e soprattutto ingiusto nei confronti delle migliaia di volontari che si prodigano ogni giorno per questi infelici, circoscrivere il problema all'Italia, sebbene l'inqualificabile vicenda della Diciotti sia valsa al governo in carica la riprovazione della comunità internazionale. Le espulsioni ed i respingimenti in mare presentati come misure di cui andare orgogliosi per contrastare l'arrivo dei profughi hanno soltanto un cattivo retrogusto. Roma tuttavia non può essere lasciata sola ad affrontare un fenomeno che ha ormai assunto le dimensioni di un esodo incessante senza che si intravveda uno straccio di soluzione condivisa su scala mondiale e rispettosa dei diritti umani; diritti tra l'altro da mettere in atto senza indugi già nei Paesi d'origine. All'opposto farne un po' ovunque, come purtroppo avviene in maniera sempre più esplicita, il pretesto di bieche speculazioni elettorali alla mercé di interessi inconfessabili è un atteggiamento che va oltre l'indecenza e interpella le coscienze di tutti, nessuno escluso. </span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">VOTO STORICO.</span></b><span lang="IT" class=""> A proposito della politica ungherese, fonte di gravi apprensioni nella maggior parte delle capitali, giunge da Bruxelles la conferma che l'europarlamento non intende recedere dai suoi principi istituzionali e resta determinato a scendere in campo contro i nemici interni della comunità. Con una votazione storica a favore dello stato di diritto, Strasburgo avvia la procedura che potrebbe attivare l'articolo 7 del Trattato di Roma circa l'adozione di sanzioni contro Budapest. Al governo di Orban si rimprovera di minare i valori europei in merito alla libertà di stampa e contro la discriminazione verso i migranti messa in atto con la chiusura dei confini. Ora spetta ai capi di stato e di governo indicare la procedura da seguire per decidere se applicare o meno le sanzioni. Intanto però il messaggio del Parlamento va direttamente al cuore della questione e si rivolge in particolare ai Paesi che con varie sfumature sono sulla stessa linea delle autorità magiare. Dall'Europa essi esigono soltanto i vantaggi pecuniari sotto forma di svariati miliardi di euro senza offrire nulla in cambio se non astruse ideologie sovraniste del tempo che fu. La posta in palio invece è altissima in quanto chiama in causa i diritti fondamentali sui quali si regge la forza dell'Unione. Al di la dei meri interessi di bottega, a prevalere nelle considerazioni emerse dal lungo dibattito, sono altre motivazioni ; motivazioni etiche e morali affinché l'Europa resti tollerante, aperta, accogliente, e non diventi una fortezza costruita sull'odio come negli anni Trenta. In quest'ordine di idee la dinamica dell'eurovoto è già stata all'origine di crepe profonde all'interno della coalizione giallo-verde, con i 5stelle favorevoli alle sanzioni e la Lega schierata invece con Orban. Resta ora da vedere quanto le prossime mosse incideranno sulla compattezza del governo, non proprio solida, e dei suoi rapporti già difficili con Bruxelles. <i class="">Affaire à suivre.</i></span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">INTEGRITÀ.</span></b><span lang="IT" class=""> "<i class="">No pasaran</i>" era il grido di battaglia col quale la pasionaria Dolores Ibarruri incoraggiava i combattenti anti franchisti esortandoli a tenere duro. Le cose andarono diversamente, però adesso sappiamo che il Duce, Franco ed i loro degni compari, convinti di essere passati, alla fine dovettero ricredersi. Ai tempi nostri in cui l'attualità si mescola ai fantasmi più cupi del Novecento, il <i class="">no pasaran</i> arrivato da Stoccolma, faticoso ma deciso, è un balsamo per chi lotta al fine di porre un argine all'onda neo fascista. Giunta sull'orlo del precipizio, la Svezia seppur con qualche patema d'animo, per fortuna nostra si è rivelata salda nei suoi principi e non ancora disposta a rinnegare la sua storia ed i valori fondanti della socialdemocrazia che ne hanno fatto una Nazione all'avanguardia nel campo del welfare, della civiltà e della convivenza tra i popoli. La minaccia tuttavia non è ancora scongiurata. Certo, alla destra sempre più estrema e di chiara ispirazione razzista, non è riuscito lo sfondamento che i sondaggi le attribuivano. Ma ci riproverà alla prossima occasione da qualche altra parte e col dente vieppiù avvelenato. Ragion per cui nell'organizzare la Resistenza contro l'oscurantismo bisognerà fare propria la locuzione latina <i class="">frangar non flectar</i> intesa come uno stimolo per indicare una integrità morale che non si piega e non si spezza davanti a nessuna minaccia o pericolo.</span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">SCORCIATOIE.</span></b><span lang="IT" class=""> Dopo i giorni neri della Sassonia e lo scampato pericolo scandinavo (ma fino a quando?), per i democratici europei si avvicina l'ora della verità in uno scenario pieno di trabocchetti e insidie di matrice populista e reazionaria. In Italia, mutatis mutandis, mentre Berlusconi, dimenticate le olgettine, prova a rilanciarsi tuffandosi nel calcio minore, sull'altro fronte il governo del cambiamento ha sempre più le fattezze di quello messo in campo dall'ex Cavaliere. Il suo leader in pectore, ovvero Matteo Salvini, non perde occasione di ripetere che lui e solo lui comanda e che non andrebbe a colazione coi magistrati. Frasi roboanti e inutili già sentite ai tempi di Arcore, ma buone per fare voti all'ingrosso. Quanto alla Lega che per anni ha suonato la grancassa di Roma ladrona, ora si scopre- ma guarda che coincidenza- che sui finanziamenti dentro le segrete stanze del Carroccio vigevano regole poco chiare e non tanto diverse da quelle denunciate con tanto accanimento. Un bel boomerang per i leghisti che con gli slogan facili, facili se la sono sempre cavata battendo il tasto sui migranti per sviare l'attenzione dai veri problemi , ma che adesso navigano in acque piuttosto agitate. Ciò nonostante sarebbe incauto da parte della sinistra fare conto sulle scorciatoie giudiziarie per invertire la rotta. Al punto in cui il Paese si trova, ovvero piuttosto basso, la vera sfida si giuoca sul piano culturale e civile, non sulla furbizia demagogica. </span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">VALORI.</span></b><span lang="IT" class=""> Per I leader dalle spiccate pulsioni autoritarie il futuro potrebbe avere in serbo un cammino lastricato non soltanto di rose e fiori. Le loro strategie fondate sulla insistente ricerca del capro espiatorio hanno una data di scadenza e tutto alla fine si scopre. Ad alzare i veli ha provveduto Obama che lasciando da parte l'abituale fair-play ha definito il suo successore alla Casa Bianca un rischio per la democrazia. L'affondo segna l'esordio dell'ex presidente nella campagna per le elezioni di metà mandato a novembre che potrebbero risultare fatali per Trump e il suo mandato. Il discorso, caduto non a caso sui demagoghi che cercano consensi a buon mercato sfruttando la paure e il risentimento, ha attraversato l'oceano ed è arrivato a destinazione mentre l'UE si appresta ad affrontare il nodo dell'Ungheria di Orban e decidere se avviare la procedura per la violazione dello Stato di diritto a causa delle sue leggi liberticide. È facile immaginare che nell'aula di Strasburgo si assisterà a una battaglia campale per affermare i valori europeisti che i sovranisti mostrano invece di volere distruggere.</span></font></div> <p style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></p> <div style="margin: 0cm 0cm 0pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">VINILE.</span></b><span lang="IT" class=""> Strattonato dalle opposte fazioni e a più riprese accusato, senza prove attendibili, di simpatizzare per l'estrema destra, Lucio Battisti a vent'anni dalla scomparsa incanta ancora e ancora fa discutere chi vorrebbe inquadrarlo in un determinato contesto politico. Per la verità tutto ciò sembra piuttosto una polemica di lana caprina che nulla toglie alla musica di Battisti, genio visionario e popolare la cui lezione è sempre attuale. Tanto che le sue canzoni si fischiettano e si cantano a prescindere dalla scheda elettorale. Morto ad appena 55 anni per un male incurabile, il celebre artista ha lasciato in eredità pagine fondamentali della musica popolare italiana pubblicando canzoni che nulla hanno perso della loro attualità grazie anche ai testi che il grande Mogol ha saputo cucirgli sopra. Testi che hanno addirittura contribuito a insegnare l'italiano e nei quali ogni persona è in grado di specchiarsi. L'ultima chicca legate al suo nome è la riproduzione in vinile dei suoi pezzi più noti su un formato che sta risalendo la china e che ha mandato in visibilio i fan vecchi e nuovi di Battisti e del nostalgico e sempre emozionante giradischi.</span></font></div> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-33699576151185677722018-04-30T14:57:00.001+02:002018-04-30T14:57:25.688+02:00Vittorio Taviani: “Perché il fascismo tenta di tornare”<font face="Verdana" class=""><b class="">di Renzo Balmelli </b><br class=""> </font> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">RINTOCCHI.</b> La storia in sé non è né buona né cattiva. L'uso che se ne fa invece sì. Con i suoi rintocchi di morte, quanto accade ogni giorno in Siria sotto i nostri occhi conduce inesorabilmente alla conclusione che l'uomo non ha imparato la lezione. Tra missili, che nonostante l'ondivaga vulgata trumpiana non sono né belli né intelligenti, e l'incubo degli attacchi chimici negati dal regime e dai suoi scaltri, cinici alleati, questo disgraziato paese, culla di una civiltà millenaria, è diventato il banco di prova delle peggiori infamie contro l'umanità. Macerie su macerie, lapidi su lapidi si accumulano senza che un solo gesto sia venuto a promuovere il bene della popolazione martoriata. Qui non soltanto si violano le norme che regolano la moralità individuale e collettiva, ma si compiono distruzioni e massacri che sollevano inquietanti interrogativi sulla salute mentale di chi ne porta la responsabilità e tiene il mondo sotto scacco. Quando verrà scritta l'ultima pagina di questa storia tristissima e frequentata da pessimi allievi a ricordarla resterà soltanto il racconto di infinite, assurde sofferenze. <o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">IMPUNITÀ. </b>Sovrastate dal rombo incessante della nervosissima corsa agli incarichi, nell'ombra si perpetuano, ormai con quotidiana frequenza, le rozze esplosioni di razzismo e di antisemitismo. La casa dell'ex ministro Cécile Kyenge imbrattata di escrementi, l'uso blasfemo dell'immagine di Anna Frank e l'incisione nazista a Montecitorio sono gli ultimi episodi un fenomeno a questo punto non più ascrivibile soltanto ai soliti balordi. Gesti del genere, carichi di disprezzo verso i valori dell'integrazione, si inseriscono ormai in un'ampia, deliberata campagna di odio e intolleranza alimentata dall'impunità sui social media e forse, in una certa qual misura, anche dall''avanzata di forze che non di rado hanno assunto posizioni chiaramente razziste e xenofobe. La tendenza a compiere atti tanto vili non è un fenomeno isolato o soltanto italiano ma è presente in tutta Europa in misura crescente. Essa va perciò circoscritta con la massima fermezza poiché solo in questo modo si eviterà di precipitare nell'abisso morale di chi si ispira alle peggiori ideologie ereditate dal passato. <o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">OPINIONE.</b> Che la Lega di Salvini veda Palazzo Chigi come un agognato miraggio, ormai l'hanno capito anche i neonati. Meno si capisce invece la presunzione di volere imporre la propria tabella di marcia ad ogni costo pur mancando i numeri sul piano nazionale, e fosse pure con l'aiutino della destra. Alla conta finale dei voti c'è difatti un dettaglio post elettorale tutt'altro che trascurabile che fa del Carroccio, nonostante l'innegabile messe di consensi, soltanto la terza forza in campo. Una mezza vittoria, insomma, che non basta per tagliare il traguardo in solitaria. In classifica lo schieramento leghista viene dopo il Pd, che certo ha preso una scoppola di quelle che lasciano il segno, ma che per quanto deprecato dagli avversari a rigor di percentuali rimane il secondo schieramento quantunque abbia scelto l'esilio volontario in quel suo strano Aventino di cui un giorno o l'altro dovrà rendere conto al Paese ai suoi disorientati elettori. Ma in politica si sa i margini di manovra sono elastici e capita spesso che la matematica sia soltanto un'opinione. <o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">PREZZO.</b> Daniel Defoe viene frequentemente indicato come il padre del romanzo moderno, ma egli non è il solo nel mondo anglosassone ad avere contribuito in modo decisivo a dare un nuovo, fondamentale indirizzo all'arte del narrare unendo la grazia dello scrivere al rigore del reportage. Se Defoe, con <i class="">Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders</i>, può essere considerato un precursore della scuola freudiana, l'americano Januarius MacGahan, di cui si parla in varie recensioni grazie all'iniziativa editoriale di Laterza, spianò a sua volta la strada in pieno ottocento al moderno giornalismo d'inchiesta con pezzi da manuale che la casa editrice ha raccolto nel volume "Tredici giornalisti quasi perfetti". Inviato sui vari fronti MacGohan scosse il mondo e risvegliò le coscienze intorpidite rivelando crimini e misfatti sui campi di battaglia fin lì censurati. Le sue corrispondenze fecero tremare i governi dell'epoca e seppero toccare il cuore dei lettori come mai era accaduto prima che venissero portati alla luce gli effetti sconvolgenti del genocidio tra la povera gente che paga sempre, oggi come ieri, il prezzo più alto della follia guerrafondaia.<o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">ILLUSIONI.</b> Sarebbe riduttivo racchiudere i film di Milos Forman soltanto ai suoi celebri "Amadeus" e " Qualcuno volò sul nido del cuculo" senza inquadrare l'opera del regista, scomparso a 86 anni, nell'iniziale contesto della "Nova Vilna", la <i class="">nouvelle vague</i> di Praga che segnò una svolta nella cinematografia mondiale mentre la capitale cecoslovacca viveva la sua esaltante quanto breve primavera stroncata dall'invasione sovietica. Con "Gli amori di una bionda", primo lungometraggio di Forman e con "Treni strettamente sorvegliati" tratto dall'omonimo romanzo di Rabal che tenne a battesimo l'esordio di Jiri Menzel, andare al cinema in quell'epoca densa di eventi memorabili e di pellicole di straordinaria, polemica e dissacratoria vitalità era una gioia impagabile. Gli echi di quella ribellione culturale all'ottuso potere dei burocrati avrebbero contagiato migliaia di giovani che si davano appuntamento nei mitici Caffè lungo le rive della Moldava inseguendo il sogno di una società libera dalle costrizioni prima che il Cremlino scrivesse nel sangue la parola "FINE". La fine delle illusioni.<o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">MAESTRO.</b> Ironia del destino, la scomparsa di Vittorio Taviani a ventiquattro ore da quella di Forman, lascia orfana la settima arte di due eccelsi registi la cui traiettoria artistica ha segnato quella che molti critici concordano nell'indicare come l'epoca d'oro del cinema d'autore. Altri confronti sarebbero tuttavia azzardati nell'incrocio temporale di due percorsi che hanno si qualche punto in comune nell'impegno civile, ma che divergono sostanzialmente nella forma e nella ricerca. Il campo di attività ha visto il maggiore dei due fratelli toscani seguire una strada di totale coerenza nel raccontare la realtà, la storia e le contraddizioni dell'Italia, ma non solo, attraverso sequenze di ampio respiro culturale ed europeo. Cosa che invece era andata via via scemando durante l'esilio americano dell'autore di origine ceca sottoposto alla dura legge del mercato e del botteghino. Vittorio Taviani verrà ricordato come un grande Maestro capace di girare straordinari capolavori in cui i grandi eventi locali e universali si intrecciano con la vita di ogni giorno andando al cuore della gente e conquistando i favori del pubblico. Pellicole pluripremiate come "Padre Padrone" oppure lo stupendo "La notte di San Lorenzo" con la sua inimitabile cifra stilistica affrontano con coinvolgente, drammatica ed emozionante partecipazione ideale il tema della Resistenza che nell'ultimo film " Una questione privata", ritratto di Beppe Fenoglio del 2017, segna la chiusura di un cerchio, come l'avevano definita Vittorio e Paolo Taviani, "perché il fascismo torna o tenta di tornare".</font></div> <font face="Verdana" class=""><br class=""> <br class=""> </font><br class=""> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-47350233500953288772018-04-30T14:17:00.001+02:002018-04-30T14:17:12.125+02:00L’ex Cav e l’Ircocervo<font face="Verdana" class=""><br class=""> </font> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><span style="font-family: Verdana;" class=""> </span><b class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></b></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">IRCOCERVO. </b>Al di là del suo teatrale e imbarazzante stile di governo, a Berlusconi va se non altro riconosciuto il merito, da vero affarista, di sapere inquadrare le situazioni con definizioni di sicuro effetto. Per il dopo 4 marzo e la confusione in cui versa la politica, l'ex Cav è andato a rovistare nella mitologia scoprendo calzanti analogie con l'ircocervo, bizzarra creatura per metà cervo e per metà caprone, usato come metafora di cose impossibili o irrealizzabili. Come appunto conciliare le posizioni di coloro che si contendono Palazzo Chigi tra insulti, dispetti e indecorose messe in scena da avanspettacolo. Deprimente davvero! Eppure, vista la difficoltà di sciogliere i nodi e di dare al Paese un esecutivo all'altezza delle aspettative, per evitare il peggio basterebbe usare un po' di buon senso. Basterebbe lasciare lavorare in pace il silente e discreto Gentiloni che pur nei limiti del suo mandato prova a tenere salda la barra per risparmiare all'Italia la stessa fine della nave di Schettino. E dite se è poco.<o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">DERIVA.</b> Resistere. Resistere. Resistere. Nell'ottica della schiacciante vittoria dell'ungherese Orban che spaventa l'Europa, la vera posta in palio, a prescindere dalle laboriose consultazioni del Quirinale, consiste nel sapersi fermare prima del precipizio. Recuperare il valore e il significato dell'accorato appello di Francesco Saverio Borrelli è la chiave di volta per frenare la deriva verso i lidi poco accoglienti di Visegrad, magari avendo in sottofondo pure la marcia di Radetzky. Però non quella allegra del concerto di Capodanno, bensì la versione meno giocosa che traspare dalla tessitura del grande romanzo di Jospeh Roth in cui a prevalere sono con il loro carico di calamità i tragici conflitti etnici, i nazionalismi, il populismo, il razzismo, l'antisemitismo e il sovranismo, ossia i mali peggiori di questa e di altre epoche non molto lontane. Se tali tendenze, tra l'altro non estranee all'aspro linguaggio di una certa destra italiana, finissero col prevalere, a quel punto resistere come lungo una ideale linea del Piave diverrebbe un imperativo morale imprescindibile. <o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">ILLUSIONI.</b> Si dice che la storia non si ripete. Sarà vero, ma forse più per una questione di forma che non di sostanza. Non sono quindi da sottovalutare le inquietudini di coloro che paventano il timore del ritorno e paragonano la situazione odierna a quella del 1922, quando le istituzioni democratiche erano drammaticamente fragili. Sorprendenti a tale proposito sono le risultanze di una inchiesta svolta di recente tra i giovanissimi e che presenta similitudini col passato davvero sconsolanti. Siamo in presenza di adolescenti che disarmati di fronte allo scontento interpretano il fascismo, spesso in modo inconsapevole, come una bella moda capace di creare uno stile di vita "specchio della politica di domani". Fu così anche la prima volta. E fu una sciagura nazionale. Merce avariata e ideologie bacate che un secolo dopo e con le stesse modalità i cattivi maestri di oggi rivendono attraverso l'uso spregiudicato dei social ai ragazzi che cercano una via per orientarsi in un confuso presente. E che ancora ignorano quanto dolorosa possa essere la fine brutale delle illusioni. <o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">LESSICO.</b> Chiede Corrado Augias nella stimolante rubrica che tiene abitualmente su Repubblica "se la sinistra è morta o è solo svenuta". Verrebbe voglia di rispondere parafrasando un celebre aforisma di Woody Allen: ahinoi va tutto di traverso, persino al buon Dio, e anche la sinistra non sta molto bene. Certo, a vederla defunta sono in tanti ad augurarselo. Specialmente agli ultimi piani di quei palazzi in cui si concentra l'enorme potere dell'alta finanza e che giudica una scocciatura scendere di sotto per verificare come va il mondo delle persone normali al di fuori delle stanze ovattate. Per evitare funerali prematuri, comunque non serve a nulla continuare a litigare. Meglio sarebbe – osserva Augias – ripensare il lessico che può aiutare a portare idee nuove nella crisi di identità e di consenso. Anni fa su questo fronte si batteva un certo Ivo Livi, un italiano di Francia e uomo di sinistra, famoso in tutto il mondo come Yves Montand, convinto che anche quando le cose sembrano senza speranza, malgrado tutto bisogna essere decisi e cambiarle. Per conquistare cuori e menti. <o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">DIRITTI. </b>Ci si scandalizza a giusta ragione per la bufera che investe Facebook e la violazione della sfera privata mediante l'uso manipolatorio di milioni di dati. Ma si dimentica che tali abusi, destinati nella maggior parte dei casi ad assecondare le voglie dei più forti per fini elettorali, non sono una prerogativa di questi tempi. Basti pensare allo strazio che ne fecero i nazisti per giustificare l'Olocausto pur non disponendo dei mezzi di oggi. Si può dunque affermare che sbagliato non è lo strumento in sé quanto l'uso perfido e odioso che se ne fa. Ne sa qualcosa Laura Boldrini, una persona per bene, presa di mira da una velenosa campagna carica di insulti irripetibili attraverso la proliferazione dei blog. Ora si attendono le iniziative dei garanti della <i class="">privacy</i> per tutelare gli utenti da pericolose incursioni nelle loro convinzioni, nelle loro abitudini e nei loro stile di vita. In una parola i loro diritti di liberi cittadini. Un passo importante in questa direzione è dato dalla capacità di non farsi abbindolare dai cattivi profeti che le studiano tutte per vellicare gli istinti più riposti di chi non conosce altro che il livore.</font></div> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-52454542207479636172018-01-22T13:10:00.000+01:002018-01-22T13:11:06.328+01:00La prima bimba nata in Austria<p class="ox-ae5c2079db-MsoNormal"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>di Renzo Balmelli </strong></span></span></strong></span></p><p class="ox-ae5c2079db-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>BRIVIDI. </strong>Sono trascorse alcune settimane, ma ripensandoci continuano a provocare un senso di angoscia le ingiurie di stampo razzista rivolte alla prima bimba nata in Austria all'inizio dell'anno per il solo fatto di essere mussulmana. In un Paese civile della civile Europa, ma ora tenuto sotto scacco dall'estrema destra, mette i brividi l ' idea che si possa arrivare a simili abiezioni, al punto da augurare a una bimba innocente di morire nella culla. Secondo una bizzarra teoria gli anni che si concludono con l'otto portano con se novità e rivolgimenti. E anche il 2018 non fa eccezioni. Ma se il mattino si vede dal buongiorno, questo episodio anziché risollevare lo spirito, ci fa sprofondare nella notte più buia e profonda, presaga di di istinti e insulti bestiali come non se ne vedevano dai tempi dell'ultima guerra.</span></p><p class="ox-ae5c2079db-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>MEMORIA.</strong> Può darsi che il fascismo non torni al governo. O almeno si spera. Dicono difatti gli addetti ai lavori che la storia non si ripete mai due volte. Ma in certi casi è lecito dubitarne. Se consideriamo che nella marea dei social ospitata da compiacenti testate, l'antifascismo viene guardato con malcelato disprezzo e non come un valore universale, c'è poco da stare allegri. Eppure di quell'epoca nefasta esistono scritti e testimonianze che non lasciano dubbi. Per rendersi conto, basta rileggere i libri di Aharon Appelfeld, il grande scrittore israeliano e uno degli ultimi testimoni sopravvissuti alla Shoah , scomparso all'inizio di gennaio, che ha vissuto sulla propria pelle, fin da bambino, lo scempio della guerra e di un barbaro regime assassino. Scrivere era per lui il modo più naturale di darne conto, ricordare e perpetuare. Una lezione più che mai attuale, in particolare oggi quando l'importanza della memoria sembra svanire di fronte all'insorgere dell'odio razziale e del recrudescente mito dell'uomo forte.</span></p><p class="ox-ae5c2079db-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>CONSENSO.</strong> "Per qualche dollaro in più" è un western molto famoso della così detta trilogia del dollaro diretta da Sergio Leone, maestro insuperabile di questo genere di pellicole. Non è dato a sapere se Donald Trump ne abbia mai vista una, ma di sicuro non ignora che qualche dollaro in più nel portafoglio aiuta ad ammansire anche coloro che non l'hanno votato e non avranno mai una lussuosa "dacia" come la sua nel cuore di New York .Detto, fatto. Col grande vantaggio, tra l'altro, di distogliere l'attenzione sul piano interno dalle gaffe a ripetizioni che lo portano ad etichettare con epiteti irrepetibili Haiti, El Salvador e parecchi stati africani. Insomma, facendo circolare un pò di " money" e rendere più facile l'accesso ai consumi, il Presidente sa come comperare il consenso dimostrandosi tutt'altro che stupido o malato, pur restando una mina vagante e pericolosa del panorama politico interno e internazionale. </span></p><p class="ox-ae5c2079db-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>INELEGGIBILE.</strong> Bisogna riconoscere che un pochino ci mancavano le spassose e fatue comparsate di Silvio Berlusconi in televisione. Rivederlo all'opera nei salotti a lui più congeniali alle prese con schizzi, diagrammi e cifre prese chissà dove, ci ha fatto ringiovanire di qualche anno. Oppure, all'opposto, invecchiare di colpo. Poiché se è in questo reticolo di promesse e bugie trasversali e di schieramenti e partiti senza visioni e senza unità che funziona la campagna, tremano le vene ai polsi cercando di immaginare che Italia uscirà dalle urne il 4 marzo. A maggior ragione riflettendo sul fatto che l'ex Cavaliere, auto proclamatosi Presidente nella carica dei loghi col nome dentro, a norme di legge non è eleggibile. Per dirla con una salace battuta di Michele Serra " ineleggibile che arriva in dirigibile". Strano che nessuno degli intervistatori glielo abbia fatto notare.</span></p><p class="ox-ae5c2079db-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>SPINA.</strong> Sarà claudicante e non al massimo della forma, ma quando le cose non girano per il verso giusto e la destra ne ha combinate un po' troppe per uscire da sola dai pasticci, tocca alla sinistra rientrare in gioco per rimettere le pedine al posto giusto. Anche in questi giorni, segnati da lunghe e turbolente trattative, il contributo della SPD tedesca è stato determinante per aprire uno spiraglio in vista di una nuova <em>Grosse Koalition</em>. Alla lunga si è capito che la gente vuole un Paese che funzioni e non a caso l'intesa faticosamente raggiunta e ancora da perfezionare è stata letta come un bene per l'Europa e una certa idea della cultura europea nel solco dell'eredità tramandata dai padri fondatori. Un governo stabile a Berlino potrebbe sbloccare importanti decisioni e livello comunitario, non ultima la spina nel fianco della <em>Brexit</em> che per molti elettori britannici ha ormai il sapore di un boccone troppo amaro.</span></p><p class="ox-ae5c2079db-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>DERIVE. </strong>Stiamo cadendo sempre più in basso. Dalle farneticazioni a proposito della "razza bianca a rischio", alla soluzione estrema dell'emergenza migratoria, ormai se ne odono di tutti colori. E a esprimersi così, senza nessuna vergogna, sono politici autorevoli, candidati per posti di prestigio e di governo. Ai numerosi e rumorosi tentativi di riabilitazione del Duce, strumentalizzati ad arte per dare libero sfogo ai malumori, si aggiunge l'aggravarsi del clima di intolleranza destinato a creare inquietudine e pericolose derive nostalgiche. La qualcosa, in mancanza di una vera risposta politica, aumenta il pericolo di fare rivivere le pagine più brutte del passato in un contesto largamente condizionato dall'uso spregiudicato delle <em>fakes news</em>. Se ripensiamo alle tragedie vissute durante la dittatura in Cile e Argentina, l'ipotesi di caricare i profughi sugli aerei per rispedirli da dove vengono, ma senza sapere dove andranno, non consente di dormire sonni tranquilli sul futuro dell'umanità. Tutta l'umanità "in un mondo che è plurale", come ricorda Hannah Arendt.</span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-12242688956183915602017-12-21T14:05:00.001+01:002017-12-21T14:05:39.090+01:00Anno del coraggio al femminile<p class="ox-6ca9766492-MsoNormal"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong><span style="text-transform: uppercase;"><strong><span style="text-transform: uppercase;"><strong>di Renzo Balmelli</strong></span></strong></span></strong></span></p><p class="ox-6ca9766492-MsoNormal"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>FORZA. </strong><strong><span style="font-weight: normal;">È stato l'anno del coraggio declinato al femminile. Nelle tante zone d'ombra di questo 2017 che volge alla fine, la rivolta delle donne contro le molestie di ogni tipo ha rappresentato uno dei rari squarci di luce che rendono meno pessimista il bilancio conclusivo. L'iniziativa del TIME nel proclamarle "persona dell'anno" incornicia in modo ideale la forza di un movimento che vincendo inaudite resistenze è riuscito a spezzare il muro dell'omertà usato per occultare comportamenti intollerabili. Certo, una copertina da sola non basta a cancellare le prevaricazioni, ma ha il merito di proseguire il dibattito e mantenere sotto i riflettori un tema sul quale c'è ancora molto da dire e da scrivere. Pensiamo alla qualità e al genere degli insulti rivolti a Laura Boldrini, insulti indice di uno squallore senza fine, per capire quanto sia incrostata una " cultura" di stampo maschilista sorda a ogni cambiamento in ambito politico e nella sfera della sessualità destinata a essere solo terra di conquista. Ma d'ora in poi le cose non potranno più essere come prima grazie alle armi dell'intelligenza e della creatività messe in campo dal mondo femminile per lottare contro qualunque intimidazione, qualunque ingiustizia esercitata contro chiunque. </span></strong></span></p><p class="ox-6ca9766492-MsoNormal"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>PEGNO.</strong><strong><span style="font-weight: normal;"> Mentre ci accingiamo a liquidare senza troppi rimpianti l'anno vecchio, ci prepariamo ad affrontare quello nuovo interrogandoci sulle grandi sfide che pesano sull'Europa e che ne possono minare la sua lunga e storica ragion d'essere. Tra rigurgiti ultra reazionari e bellicosi , ogni giorno ci troviamo confrontati a problemi vieppiù numerosi e in continuo peggioramento. Ormai l'estrema destra, ovunque si presenti e vinca, non solo è stata sdoganata, ma dall'alto della sua posizione chiede pegni sempre più onerosi per le alleanze richieste in molti Paesi allo scopo di garantirne la governabilità. Veicolate da blogger e social compiacenti, le tinte edulcorate e mistificatorie proprie della propaganda filo-nostalgica finiscono quasi sempre col ricadere sulle spalle dei migranti , soggetti a bieche speculazioni elettorali. Siamo dunque al cospetto di una deriva di cui possiamo già adesso immaginare le ricadute sapendo com'è cominciata, ma non quando finirà, e che presenta analogie assai inquietanti con quanto già successo negli anni venti del secolo scorso. </span></strong></span></p><p class="ox-6ca9766492-MsoNormal"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>ILLUSIONI.</strong><strong><span style="font-weight: normal;"> Coalizione disperatamente cercasi , anche dove meno te l'aspetti. In Germania ad esempio dove la Merkel arranca alla ricerca di partner, ma che sotto l'albero di Natale ha visto impallidire le sue stelle. Oppure nei palazzi romani che prima ancora di votare provano a cucire probabili intese il più delle volte velleitarie in cui calcoli, illusioni e realtà virtuale della politica si mescolano in un puzzle difficile da ricomporre. Ovviamente con tutti i rischi del caso. Se finora Berlino era garanzia di stabilità, da adesso in poi i fari saranno puntati altrove e fino a marzo, in attesa di sapere come si svilupperà la crisi tedesca più lunga degli ultimi anni, toccherà all'Italia e alle sue intrinseche debolezze l'ingrato ruolo di osservata speciale. A pesare sono soprattutto le incognite sul previsto voto di primavera che stando alle previsioni meno incoraggianti invece di chiarire la situazione lascerebbe il Paese senza governo. Comunque sia - e non è un segnale da prendere sul ridere - rivedere l'ex cavaliere sui teleschermi che mostra le vecchie e logore tabelline e in pari tempo è indicato dai suoi come il " futuro" premier, è uno scenario che va oltre ogni immaginazione. </span></strong></span></p><p class="ox-6ca9766492-MsoNormal"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>REGINA.</strong><strong><span style="font-weight: normal;"> In un mondo privo di virtù, un mondo difficile come cantava Tonino Carotone, non mancano gli spazi per ritagliarsi momenti di felicità. Magari brevi, ma gioiosi se vissuti in compagnia assaporando una pizza cucinata a regola d'arte. Una vera pizza col marchio di origine controllata come quella che stata proclamata patrimonio dell'umanità. Deciso dall'Unesco, il riconoscimento va sia al prodotto sia al lavoro del pizzaiolo artefice di un'opera d'arte culinaria sempre imitata e mai uguagliata, frutto di creatività e ingegno. Che poi quella che conquistò la regina Margherita cui è dedicata abbia origine più antiche e sia argomento di confutazione tra gli esperti non fa che sottolineare l'importanza della certificazione. Non c'è di che, un bel finale di partita per l'Italia che ha il più alto numero al mondo di beni da tutelare, ai quali si aggiunge ora la pizza, un prodotto gastronomico di fama universale e al centro nientemeno che di vibranti dispute filologiche sulla sua storia e le sue origini.</span></strong></span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-82386114172800970882017-12-18T16:24:00.001+01:002017-12-18T16:24:05.925+01:00Forse non sa di cosa parla quando ne parla<p class="ox-c8090e13c4-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong><strong><strong>di Renzo Balmelli  </strong></strong></strong></span></p><p class="ox-c8090e13c4-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>BRANDELLI</strong>. Può darsi che oltre Atlantico sia meno nota che in Eu­ro­pa. A maggior ragione leggere <em>La Gerusalemme liberata</em> potrebbe gio­vare agli attuali vertici della Casa Bianca e in primis a Donald Trump che forse non sa di cosa parla quando ne parla. Recuperare la me­moria letteraria sarebbe oltremodo utile per andare a fondo di una re­altà che da millenni si basa su un delicatissimo sistema di equilibri e compromessi. Facendolo saltare si rischia di accendere una miccia dal­le conseguenze incalcolabili. Quando il Tasso compose il suo mirabile poe­ma epico l'America era ancora in fasce, ma oggi che è rimasta l'uni­ca grande potenza ha il dovere di dare prova di saggezza. De­ru­bri­care la città a spavaldo oggetto del desiderio come fosse una prateria del Far West significa saltare di pari passo dalla Gerusalemme liberata alla Gerusalemme conquistata e di conseguenza ridurre a brandelli ciò che resta del dialogo tra israeliani e palestinesi in quei luoghi ricchi di storia e profonde emozioni che sono di tutti noi.</span></p><p class="ox-c8090e13c4-MsoNormal"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>SCHIAFFO.</strong> Sulle testate on line e sui blog di destra, di solito così so­lerti a incensare ogni mossa di Trump, la sconfitta in Alabama del can­didato repubblicano al Senato non si è trovata da nessuna parte. O, se c'era, in pochi l'hanno vista, sperduta tra le notizie in breve. E dire che in questo Stato, dove appena un anno fa il Presidente aveva disinte­gra­to Hillary Clinton, il Gran Old Party da vent'anni poteva starsene co­mo­damente nel fortino senza che la sua su­pre­ma­zia venisse mai posta in discussione. Ma nemmeno l'invincibilità più ferrea, quando il trop­po è troppo, poteva bastare a contenere le stralunate esternazioni di Roy Moore, estre­mi­sta filo-razzista, coinvolto in una serie di scandali ses­suali e che faceva campagna a cavallo ma­gnificando l'età dello schia­vi­smo. A rompere la roccaforte repubblicana ha provveduto il de­mo­cra­tico Doug Jones, che oltre a incassare una vittoria clamorosa rende ancora più stri­min­zita la maggioranza repubblicana al Camera alta. Uno schiaffo per Trump, che era sceso in campo personalmente per sostenere il suo candidato; uno schiaffo destinato a lasciare a lasciare il segno a un anno dalle legislative. Un personaggio come Ray Moore in un altro Stato anche solo un pochino meno reazionario dell'Alabama non sarebbe stato neppure presentabile.</span></p><p class="ox-c8090e13c4-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>DIRITTI.</strong> Siamo rimasti impietriti per la tragica fine di Madina, la bim­ba afgana di sei anni travolta e uccisa dal treno mentre camminava sui binari sognando l'Europa. La sua giovane vita è stata spezzata bru­tal­­mente mentre errava da una frontiera all'altra come migliaia di pro­fu­­ghi in cerca di asilo. Per lei la <em>Dichiarazione universale dei diritti del­­l'uomo</em> era solo un pezzo di carta ignorato dai responsabili di tali atro­­cità. L'anno prossimo si celebrerà il 70esimo anniversario della <em>Di­chia­razione</em>, voluta quale risposta agli orrori, le ferite e le rovine della Se­conda guerra mondiale. Di progressi in questo campo ne sono stati fatti, certo, ma l'odissea di Madina testimonia, specie di questi tempi segnati dall'intolleranza verso chi fugge dai conflitti e dalla fame, quan­­ta strada resta ancora da fare prima di debellare le peggiori di­scri­mi­nazioni a danno dei più deboli. Se i valori insiti nella <em>Dichiarazione</em> sono i pilastri fondamentali di una società giusta, difenderli può costare la vita o la privazione delle libertà individuali. Guai, quindi, arrender­si.</span></p><p class="ox-c8090e13c4-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>INDIETRO.</strong> Il difficile comincia adesso. Agli eurofobici incalliti non sembrava vero di recitare il De Profundis dell'UE dopo il primo parziale successo dei negoziati sulla Brexit. Aggiungendovi, tanto per non farsi mancare nulla, il solito benservito alle " zecche rosse" che svendono l'Italia per trenta denari. Ma l'intesa tra Bruxelles e il Regno Unito è soltanto il primo tassello di una ancora lunga marcia negoziale il cui esito alla fine molto dipenderà dagli equilibri politici a Londra. Theresa May torna a casa con la consapevolezza che il divorzio si consumerà nel reciproco rispetto, ma senza la certezza di riuscire a portarlo a buon fine. La sua sopravvivenza a Downing Street deve fare i conti con gli umori dell'opinione pubblica, consapevole che il distacco sarà molto oneroso, e con la possibilità che i laburisti vadano al governo. Tanto che Oltremanica più di qualcuno vorrebbe rimettere indietro le lancette del referendum. Anche quelle della Brexit.</span></p><p class="ox-c8090e13c4-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>RISORSE.</strong> A vederla in televisione con quel viso tirato e gli occhi sempre più grandi e corrucciati, anche i suoi avversari più determinati provano una certo imbarazzo a metterla alle corde. Però, malgrado il dovuto rispetto, non si può fare a meno di analizzare l'operato di Virginia Raggi, che da quando è diventata sindaca di Roma ha fatto e disfatto la sua giunta, ma ha governato e combinato poco. Colei che doveva essere l'alfiere del cambiamento e il simbolo della "rivoluzione grillina" a ragion veduta un anno dopo l'elezione presenta un bilancio molto modesto. D'accordo, cambiare Roma in tempi brevi è impossibile. Ma nella "caput mundi" nulla sembra essere mutato e se la città mantiene ancora intatto il suo fascino agli occhi di milioni di turisti non è certo per il mito appannato della felliniana <em>Dolce vita</em>, ma per il concentrato di storia che vi si respira a ogni angolo. L'inquilina del Campidoglio non è l'unica responsabile del degrado che nell'Urbe ha radici antiche. Ora arriveranno nuove risorse per rilanciare la ripresa, ma resta da vedere se la Raggi sarà ancora alla guida della città anche dopo le elezioni di primavera.</span></p><p class="ox-c8090e13c4-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>SCANDALO.</strong> A guardare bene non è poi così esatto sostenere che l'ex cavaliere, tornato di colpo al centro della scena politica, sia il capostipite di quel fenomeno di costume ormai noto e citato in tutto il mondo col nome di "bunga bunga". Le "cene eleganti" sono sempre esistite ed a ricordarcelo è la scomparsa di Christine Keeler, splendida modella degli anni sessanta, che si trovò coinvolta in una torbida vicenda di tale ampiezza da fare tremare l'occidente. Ora il suo nome dice nulla ai più, ma quando aveva appena 19 anni la sua torrida relazione con John Profumo, allora ministro della guerra, portò alla caduta di un intero governo di Sua Maestà, quello conservatore guidato da Harold Macmillan. E poiché tra le relazioni della ragazza figurava anche un agente del controspionaggio sovietico ne scaturì in piena guerra fredda uno scandalo enorme che metteva a repentaglio la sicurezza nazionale e internazionale secondo i canoni di una <em>spy story</em> in piena regola, consumata tra le lenzuola.</span></p><p class="ox-c8090e13c4-MsoNoSpacing"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>SIMBOLI.</strong> Un altro attentato a New York. Nelle mille luci che illuminano l'immensa metropoli natalizia e festante, di colpo si è fatto buio. Come una folata di vento impetuoso il bagliore dell'esplosione ha paralizzato l'affollatissima Times Square, la piazza simbolo della città dove transitano 500 mila pedoni al giorno. La paura per le conseguenze immediate del folle gesto si è dileguata in tempi brevi, una volta capito che non c'erano vittime. Ma l'inquietudine per quel " terrore fai da te" con l'ausilio di una bomba rudimentale rimane comunque presente nei gangli vitali della città che ha conosciuto prove ben più drammatiche, ma che sempre ha reagito senza cedere all'isteria. L'attentatore, sbucato dal nulla, è un lupo solitario che si definisce militante dell'Isis, che forse è stata debellata ma non nelle menti di chi ne è rimasto contagiato: la qualcosa rende lui ed i suoi imitatori ancora più pericolosi e incontrollabili. Ma New York non sarebbe New York se non tenesse i nervi saldi. Nelle avversità la Grande Mela ha le sue ancore di salvezza, i suoi simboli vincenti entrati nell'immaginario collettivo come il famoso bacio del marinaio all'infermiera, proprio a Times Square; un bacio più forte delle calamità per festeggiare la fine della guerra e di un incubo.</span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-19263358645261643052017-12-13T14:37:00.001+01:002017-12-13T14:37:18.803+01:00Nel silenzio e nell'indifferenza<p class="ox-f7fbf225bc-MsoNormal"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong><strong>di Renzo Balmelli </strong></strong></span></p><p class="ox-f7fbf225bc-MsoPlainText"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>SCHIAVI.</strong> In un'epoca ormai remota, quando il telefono non si chiamava ancora <em>smartphone</em>, i ragazzi curiosi, anziché smanettare tutto il santo giorno, trascorrevano le ore libere tra le pagine di un romanzo famosissimo, <em>La capanna dello zio Tom</em>, che raffigurava la crudele realtà della schiavitù sullo sfondo della guerra civile americana. E poiché lo schiavismo, da quanto si evince dai rapporti più recenti, rimane ancora ai nostri giorni una ferita che non si rimargina, sarebbe forse consigliabile una rilettura del capolavoro di Harriet Beecher Stowe che rese più acuto il conflitto delle coscienze verso le inaudite sofferenze inferte alla popolazione di colore. Purtroppo di questi tempi poco gloriosi sovente trovano più posto nei media le sceneggiate di un ex leader avvizzito invece del dramma dei popoli e dei profughi schiavizzati che si consuma nel silenzio e l'indifferenza, senza che si riesca a porre fine allo scempio. Per questa e altre ragioni l'opera della scrittrice, abolizionista della prima ora, che si guadagnò l'ammirazione di Abramo Lincoln, ma anche l'odio perenne degli sfruttatori di ieri e di oggi, rimane un secolo e mezzo dopo la pubblicazione una voce forte ma non abbastanza ascoltata nel deserto della prevaricazione dell'uomo sull'uomo.</span></p><p class="ox-f7fbf225bc-MsoPlainText"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>VERGOGNA. </strong>Quando si parla delle tragedie imputabili alle follie dell'uomo nel corso delle guerre, non ci si sofferma con la dovuta attenzione sulle sofferenze inflitte dagli eventi bellici a milioni di bambini, vittime innocenti di conflitti sanguinosi di cui non hanno nessuna responsabilità. Se ne torna a parlare ora, attraverso svariate pubblicazioni, avendo come punto di riferimento la foto della ragazza vietnamita che urla di dolore mentre corre bruciata dal napalm. Sono passati gli anni, ma quella testimonianza iconografica più potente e raccapricciante di mille parole evoca con un solo scatto tutto l'orrore dell'infanzia dilaniata, rubata e travolta dalla brutale aggressività che la perdita del più piccolo barlume di umanità riesce a esprimere quando la ragione viene sopraffatta dai più bassi istinti. Ciò che si dipana sotto i nostri occhi è il resoconto di crudeltà inaudite che hanno nel lavoro e nella prostituzione minorile una delle sue forme peggiori di sfruttamento al servizio di regimi corrotti e ideologie bacate. La geografia della morte, per riprendere una definizione di uno storico contemporaneo, non ha confini, e tremano le vene ai polsi al pensiero che la logica della guerra possa finire nelle mani di personaggi inquietanti e inadatti al loro incarico come quelli che si muovono lungo le opposte sponde del Pacifico.</span></p><p class="ox-f7fbf225bc-MsoPlainText"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>NORMALI.</strong> Nell'italica destra prevale la tendenza a giudicare con molta benevolenza gli atteggiamenti che in vario modo rimandano al ventennio fascista. Episodi come l'irruzione degli estremisti a Como, la scritta "Bella ciao" a Milano cancellata da frasi inneggianti al duce, oppure l'esposizione di una bandiera militare del Reich tedesco in una caserma, vengono ridotti a una goliardia, al frutto dell'esuberanza giovanile nel contesto (<em>sic</em>) di una destra moderna. Al di là della <em>vexata quaestio</em> sulla possibilità che la destra riesca ad essere moderna, appare evidente il salto di qualità nel rivendicare pieno diritto di cittadinanza democratica a fatti che sono invece una provocazione e un vulnus dell'ordinamento repubblicano. Coloro che se ne fanno promotori agiscono ritenendo che le pregiudiziali etiche e culturali nei confronti del passato a cui si ispirano siano cadute e che il ritorno a comportamenti che si credevano sepolti dalla storia debba essere considerato normale. Proprio come accadde negli anni Venti, prima di accorgersi che tanto normali non erano.</span></p><p class="ox-f7fbf225bc-MsoPlainText"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>STRATEGIA.</strong> Se dovessimo stabilire una graduatoria degli avversari che possono dare filo da torcere alla sinistra, la lista comprenderebbe il movimento 5Stelle, Forza Italia, la Lega e i vari cespugli dell'opposizione. Ma sarebbe una lista scontata e comunque ampiamente incompleta poiché non vi figura il competitore più insidioso. Il competitore interno il quale fa dire a chi osserva da fuori che il vero nemico della sinistra, in virtù di un paradossale ossimoro, è purtroppo la sinistra stessa che ora vediamo dibattersi nella ragnatela delle beghe e nelle tortuosità della non meglio definita " cosa rossa". Nella confusione dei ruoli i vari attori anziché dialogare vanno avanti ognuno per la loro strada, giusta o sbagliata che sia, rendendo in tal modo ancor più più traballante il percorso di un'idea che non può essere sacrificata sull'altare delle ripicche. Per evitare il disastro nelle urne occorre dunque avere il coraggio di gettare lo sguardo oltre l'ostacolo .Se il partito laburista di Jeremy Corbyn ad esempio vola nei sondaggi magari potrebbe essere utile dare un'occhiata da vicino alla sua strategia se non altro per arginare la guerra fratricida che di questo passo finirà col favorire soltanto la destra e il populismo.</span></p><p class="ox-f7fbf225bc-MsoPlainText"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>EVENTO.</strong> A dispetto del quadro a fosche tinte dipinto dall'opposizione per racimolare voti facendo leva sulla paura, non tutto va male in Italia. Nonostante i ritardi, le inadempienze, la disoccupazione e altri difetti strutturali, nel Paese, oltre ai segnali di una timida ripresa dell'economia, esistono ancora, e sempre esisteranno, quelle punte di eccellenza che gli hanno consentito di occupare un posto non secondario al tavolo del G8. In ordine di tempo l'ultimo progetto andato in porto grazie al lavoro italiano è l'entrata in servizio del primo treno merci diretto tra il polo logistico integrato di Mortara e la località cinese di Chengdu. Si tratta di collegamento che aggiunge un altro tassello alla Via della Seta, il solo di tale ampiezza tra l'Europa e l'Asia, che ha avuto ampio risalto sui media internazionali per le prospettive che apre nello sviluppo del commercio mondiale e la velocizzazione dei trasporti. Il viaggio ripropone in chiave moderna la leggendaria impresa di Marco Polo in un contesto che grazie al Mortara Express fa sentire a chi ne è protagonista di essere parte attiva di un grande evento.</span></p><p class="ox-f7fbf225bc-MsoPlainText"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>AFFRONTO.</strong> Dopo la grande Brexit con Londra, forse già l'anno prossimo , qualora la diplomazia non riuscisse ad appianare le divergenze , Bruxelles potrebbe trovarsi a dovere fare fronte a una piccola, ma non meno laboriosa Brexit con la Confederazione Elvetica.Pur non facendo parte dell'UE la Svizzera è comunque già adesso al centro di regolari negoziati per non guastare le relazioni di buon vicinato con Berna. Di sicuro però non contribuirà a rischiarare l'orizzonte la decisione dell'Ecofin di non inserire il Paese nel libro nero dei paradisi fiscali,ma di collocarla comunque nella lista grigia, meno severa ma recepita altrettanto male, assieme alle nazioni da tenere sotto sorveglianza fino a quando non verranno realizzati ulteriori e sostanziali progressi nella lotta all'evasione. Inutile dire che l'UDC dell'ex ministro Christoph Blocher, refrattario anche quando era nell'esecutivo a tutto ciò che sa di europeo, è già sul piede di guerra per promuovere altre iniziative destinate a far saltare il banco dell'intero pacchetto di accordi bilaterali e in secondo luogo per mobilitare l'opinione pubblica contro un provvedimento che viene considerato un vero e proprio affronto alla sovranità nazionale. E con la brutta aria a livello popolare che tira anche nella patria di Tell nei confronti dell'UE non è escluso che una Brexit in salsa bernese possa essere prima di quanto si creda all'ordine del giorno.</span></p><p class="ox-f7fbf225bc-MsoPlainText"><span style="font-family: verdana,geneva,sans-serif; font-size: 12pt;"><strong>MICCIA.</strong> Fra annunci roboanti, <em>tweet</em> sparati in ogni direzione e iniziative dettate più dalla frenesia che da scelte ponderate , Donald Trump nel suo operato presidenziale, sul quale pesa il macigno del Russiagate, appare sempre più simile a quel tale che una la fa e l'altra la pensa. In quest'ordine di idee rientra la proclamata volontà di spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Si tratta di una entrata a gamba tesa nel già precario equilibrio del Medio Oriente che getta il mondo nel caos ed è fonte di gravi preoccupazioni nelle Cancellerie internazionali, da Roma a Pechino. Gerusalemme è una città unica, sacra per le tre religioni monoteiste, e con una vocazione speciale alla pace. Minarne lo status quo con la promessa di riconoscerla come capitale d'Israele apre scenari inquietanti dalle conseguenze incalcolabili. Qualora venisse concretizzata in tempi brevi, l'ultima mossa del Presidente , lontana da ogni criterio razionale, potrebbe avere l'effetto di una miccia ad accensione di un nuovo ciclo di guerra in una delle questioni più complicate e controverse della geopolitica: quella delle crisi israelo-palestinesi che costituisce un azzardo permanente per gli sforzi volti a consolidare la distensione. Di ben altra sostanza dovrebbe essere invece il ruolo di <em>commander in chief</em> della maggiore potenza mondiale. Disattenderlo in modo così plateale può essere fonte di grossi guai per tutti.</span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-54302492336309181492017-12-05T09:46:00.001+01:002017-12-05T09:46:37.719+01:00Un anno un po' così, senza infamia e senza lode<p></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>di Renzo Balmelli</strong> </span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>GIUDIZIO.</strong> Per l’Europa si sta avvicinando la fine di un anno che pur evitando l’impietoso giudizio di “annus horribilis” non passerà comunque alla storia con la sua controparte positiva di “annus mirabilis”, secondo la locuzione tramandata ai posteri dalla letteratura inglese del seicento. A questo proposito anche i più fervidi europeisti, consapevoli delle difficoltà che sta correndo la casa comune, non nascondono un certo quale pessimismo e chiedono che i Paesi membri trovino la forza e la volontà di sedersi al tavolo dei negoziati per avviare le indispensabili riforme dell’UE. Altrimenti gli anni a venire potrebbero essere peggiori di quello che Bruxelles si sta lasciando alle spalle. Il riferimento alla letteratura inglese d’altronde non è casuale poiché è proprio dalla patria di quel genio universale di Shakespeare che è arrivato il terremoto chiamato <em>Brexit</em>. Uno sconquasso che con le sue scosse sempre più intense oltre al danno economico potrebbe procurare un oltraggio inimmaginabile alla cultura europea, secondo canoni che non possono coincidere in nome di un assurdo isolazionismo.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>DECLINO.</strong> C’è un manifesto e diffuso compiacimento tra l’interna­zionale della destra populista per le difficoltà che sta incontrando Angela Merkel nel formare il nuovo governo. Difficoltà che innestano nel destino della Germania elementi insoliti ed estranei al tradizionale pragmatismo renano. Senza rilasciare cambiali in bianco alla Cancelliera, nei confronti della quale anche da sinistra esistono riserve tali da complicare il ritorno alla <em>Grosse Koalition</em>, occorre pur sempre ammettere che i suoi dodici anni alla testa dell’esecutivo federale sono valsi se non altro a costruire un argine alla prorompente avanzata dell’estremismo nazionalista, inesorabile nell’erodere le possibilità di una vera e condivisa <em>governance</em> europea. Come hanno osservato alcuni attenti e preoccupati osservatori, se la Repubblica federale, nazione stabile per antonomasia, non riuscisse a uscire dall’impasse, potrebbe tornare a farsi vivo il fantasma degli anni di Weimar il cui ricordo è associato da un lato a uno straordinario periodo di vivacità creativa, ma dall’altro a un crollo dalle tragiche conseguenze.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>PREDELLINO.</strong> Serve un progetto per l’Italia – si può leggere a titoli cubitali mentre nel Paese sta iniziando la lunga e sfibrante campagna elettorale che paralizza la buona politica. Un progetto, sì, ma quale? Mentre la sinistra si svena nella stucchevole guerra delle reciproche re­criminazioni, la destra presentandosi come “futuro che avanza” in real­tà volge lo sguardo al passato. Ne risulta un gigantesco dispendio di energie che invece andrebbero investite in altri e più profittevoli campi per fare fronte alle tante emergenze, dalla disoccupazione che morde alle caviglie ai disagi degli sfollati che all’arrivo dell’inverno ancora non sanno quando potranno tornare alle loro abitazioni distrutte dal si­sma. Nel 2017 , anno del limbo con segnali positivi ridotti al lumi­ci­no, tanto per completare il quadro deprimente si inserisce pure una delle tan­te amenità dell’ex cavaliere che nell’euforia del momento non ha re­si­stito alla tentazione di riproporre a dieci anni di distanza la sce­neggiata del predellino. In un clima che più inconcludente non si può, parlare di progetto per l’Italia ha l’amaro sapore dell’ennesima beffa.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>BUSINESS.</strong> Sembra una storia paradossale quella del cambio di pro­prietà al Time, la prestigiosa rivista di New York che viene annoverata tra gli alfieri dell’editoria liberal e progressista americana. Memorabili sono rimaste le sue prese di posizione contro Trump e una copertina che lo ritrae quale uomo dell’anno, ma con toni intinti nell’inchiostro dell’ironia. Ma l'aspetto curioso in questa nuova tappa della battaglia per l’informazione sta nel fatto che la scalata al settimanale è stata finanziata da un gruppo nazional popolare di ricchi petrolieri del Kansas, i fratelli Koch, repubblicani da una vita, che però- ecco il paradosso – avevano cercato di ostacolare in tutti i modi la scalata alla Casa Bianca del rivale della Clinton. Non si creda però che l’iniziativa sia un <em>endorsement</em> per la linea del settimanale. Allora perché? Ora che il peggio è fatto, nel paese del business l’operazione si spiega molto più prosaicamente col tentativo di smussare le voci critiche per le sbandate di Trump, non sempre compatibili con la logica degli affari, affinché non provochi danni maggiori finché rimane in carica. Insomma, come direbbe il grande Eduardo, con questa presidenza “adda passà a nuttata”. Resta da capire che ne sarà del <em>Time</em>.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>ISOLA.</strong> E adesso le nonne che favole racconteranno ai nipotini se dietro ognuna di esse si nascondono secondi fini inconfessabili. A dire il vero qualche sospetto sui contenuti e la morale di alcuni capolavori della letteratura per i bambini circolava già da parecchio tempo. Non ci voleva d’altronde un grande sfoggio di fantasia per capire che “dietro lo specchio” di Lewis Carrol, autore del romanzo <em>Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie</em> si celassero sguardi non sempre casti. E neppure <em>Cappucceto Rosso</em>, col lupo travestito, ucciso e squartato, può essere considerato un bel esempio per l’infanzia. A volte può far paura anche ai grandi. Che dire poi di <em>Biancaneve</em> con quei sette nani pieni di vigore sempre tra i piedi. Ma la mazzata fatale è arrivata quando una mamma ha lanciato una campagna per mettere al bando addirittura il bacio che porta al risveglio della <em>Bella Addormentata</em>, considerandolo estorto con l’inganno. A questo punto forse non rimane che rifugiarsi sull’isola di <em>Peter Pan</em> che però, purtroppo, è un lungo immaginario, un luogo che non c’è.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>BRAMOSIA.</strong> Sulla incandescente scacchiera della follia nucleare, il leader nord coreano con il lancio di un nuovo missile intercontinentale ha effettuato un’altra mossa del suo personalissimo e pericolosissimo gioco “o la va o la spacca” che tiene il mondo col fiato sospeso. E quand'anche si trattasse solo di un bluff per puntellare il proprio prestigio interno al cospetto di una popolazione stremata dalle difficoltà, a questo tavolo nemmeno la Cina, ossia il competitore più accreditato della regione, sembra in grado di smascherarlo. Le Cancellerie internazionali si erano illuse che Pechino riuscisse a disciplinare il suo vassallo, l’alleato riottoso che invece, anziché piegarsi a più miti consigli, annuncia pomposamente l’ingresso della Corea del Nord nel club delle potenze atomiche in grado di provocare distruzioni apocalittiche nelle metropoli americane. Nell’assenza prolungata di altri test balistici si pensava che l’emergenza nord coreana si stesse dissolvendo, ma quell’ordigno a lunga gittata molto più potente dei precedenti e in grado di trasportare una testata nucleare non solo smentisce crudelmente le congetture degli esperti, ma rischia di fare saltare il banco delle opzioni diplomatiche messe in conto per disinnescare la miccia di un eventuale conflitto con armi atomiche dalle conseguenze spaventose. Forse, speriamo, non siamo ancora al punto di non ritorno, ma parafrasando Pascal, verrebbe da dire che la bramosia del potere conosce ragioni che la ragione non conosce.</span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-15637856402638755232017-11-28T09:17:00.001+01:002017-11-28T09:17:13.030+01:00Argine quanto mai fragile al populismo<p></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong><strong>di Renzo Balmelli </strong></strong></span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>VISIONE.</strong> Doveva essere una mini prova generale dei prossimi ap­pun­tamenti con le urne, e così è stato. Con la sinistra grande e inspie­ga­bile assente, la turbolenta elezione del sindaco di Ostia, che premia ben al di la dei suoi meriti la mutevole pattuglia grillina, prefigura un quadro politico tutt'altro che rassicurante per l'intero Paese. Dopo la Sicilia, dopo l'inaudita aggressione a un giornalista, dopo la beffa inconcepibile dell'Agenzia europea dei farmaci fonte di nuove ama­rez­ze, il microcosmo della inquieta località balneare, drogata dal­l'as­sen­teismo, diventa la visione di quanto potrebbe accadere tra qualche mese nel clima carico di tensioni e incognite che precede le elezioni nazionali. Se nella circostanza Casa Pound, almeno questo, è rimasta ferma al palo, è tuttavia prematuro parlare di scampato pericolo. Perdurando il disagio e la rassegnazione dell'opinione pubblica sempre più delusa dalla <em>governance</em> incolore ed inefficace degli ultimi anni, l'argine che si vorrebbe porre al minaccioso populismo di estrema destra risulta quanto mai fragile.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>OCA.</strong> Fuori giuoco nel litorale romano, non è che la sinistra, sempre prigioniera del demone delle divisioni e delle faide interne, stia brillando ad altri livelli. Di questo passo pare piuttosto condannata all'inesorabile destino del tanto peggio, tanto meglio che lascia dietro di sé soltanto macerie. E a questo punto nemmeno Freud saprebbe trovare il bandolo della matassa. Tutto oro che cola per Berlusconi tornato in auge sulle prime pagine dei rotocalchi rosa per via degli alimenti da versare all'ex moglie. Nel curioso mélange di gossip e vecchi trucchi, l'ex cavaliere, a dire il vero senza incontrare molte resistenze, medita, Strasburgo permettendo, di cavare dal logoro cilindro le scontate magie d'antan, che potrebbero riportarlo alla casella di partenza del suo personale gioco dell'oca. Basti pensare che si è persino inventato il ministero della terza età per fare colpo sull'elet­to­rato più disorientato che mai. E potrebbe pure riuscirci assieme ai compagni di merenda se nella generale confusione non si farà nulla per scongiurar il rischio di riconsegnare il Paese a chi l'ha rovinato.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>INCERTEZZA.</strong> Quando vacillano anche i bastioni più solidi come generalmente veniva giudicata la Germania, c'è poco da stare allegri. Se il caldo sole della Giamaica non è riuscito a diradare la plumbea cappa di nebbia che avvolge la porta di Brandeburgo e se nel cielo sopra Berlino, fallito il tentativo di dare vita a una coalizione caraibica tanto pittoresca quanto fantasiosa, cominciano a circolare termini come <em>Verunsicherung</em>, ossia incertezza, c'è motivo di preoccuparsi per la tenuta del Paese, fin qui incrollabile assertore della stabilità. Tanto più che l'estrema destra, ormai terza forza politica a nord del Reno, potrebbe uscire vincitrice dal collasso delle trattative e dall'eventuale ricorso alle elezioni anticipate. Un malinconico detto francese sostiene che <em>tout casse, tout passe, tout lasse</em> ("Tutto si rompe, tutto passa, tutto va"), ma aggiunge che <em>il n'est rien e tout se remplace</em> ("Nulla c'è, tutto si rimpiazza"). Resta da stabilire se i tedeschi, oltre che stanchi, siano davvero disposti a rimpiazzare Angela Merkel e con chi. Ma soprat­tut­to a che prezzo sia per la Repubblica federale che per l'Europa.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>ROBOT.</strong> A volte capita che la realtà superi la fantasia e renda plausibili gli scenari descritti e anticipati dagli autori di fantascienza. In questo campo, che apre prospettive infinite e ancora in gran parte da esplorare, c'è già chi profetizza una svolta epocale nel campo delle tecnologie più avanzate che porterà enormi benefici a tutta l'umanità. Protagonisti della rivoluzione nonché di congressi e mostre a non finire sono i robot di nuova generazione che stanno compiendo molti passi avanti in questa direzione negli ultimi anni. Il primo a sdoganarli per cancellare le diffidenze e renderli più simpatici era stato Isaac Asimov, caustico scrittore di origine sovietica, che nell'interazione tra genere umano, i robot e la morale, intravvedeva lo strumento in grado di alleviare le fatiche dell'uomo durante il suo percorso esistenziale. In questo campo la scelta non manca e sarà maggiore in futuro, ma sulla convivenza tra l'omino d'acciaio e quello in carne ed ossa sussistono ancora riserve di tipo filosofico che tengono vivo il dibattito e ne mettono in discussione l'opportunità sociale oltre che culturale.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong><span style="color: windowtext;">CORAGGIO. </span></strong><span style="color: windowtext;">È in edicola la nuova Repubblica e parafrasando Fabri­zio De André verrebbe da dire che ci vuole coraggio, tanto coraggio, per varare una iniziativa di tale ampiezza editoriale e giornalistica men­tre le testate tradizionali un po' ovunque stanno attraversando un fase critica segnata dal riflusso dei lettori. Ormai, inutile girarci attor­no, sempre meno persone leggono più i quotidiani. Lo sanno tutti che la maggior parte di chi è interessato va a cercarsi le informazioni su altri vettori di facile e immediato accesso e consumo. Come quaran­t'an­ni fa, quando Eugenio Scalfari seminò il germe dell'innovazione, anche ora la redazione si accinge a raccogliere questa sfida epocale per restare al passo coi tempi e con la sua storia nell'Italia che è cambiata, così com'è cambiato – leggiamo nella presentazione – il ritmo dei fatti, il tempo della loro narrazione e il modo di raccontarli. Con questa ini­zia­tiva, che richiederà non pochi sforzi ai timonieri della navigazio­ne car­tacea, si aprono nuove prospettive per intercettare attraverso gli ap­pro­fondimenti le mutazioni, i desideri e le inquietudini di un'epoca che non ha – citiamo – risposte semplici a problemi sempre più complessi. In tal senso formuliamo i migliori auguri ai colleghi di Repubblica.</span></span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-35256553323088804662017-11-13T17:00:00.001+01:002017-11-13T17:00:58.133+01:00Baruffe e batoste<p></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong><strong>di Renzo Balmelli</strong></strong></span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>RISCATTO.</strong> Basta batoste. Basta brutte figure. Basta baruffe tanto sciocche quanto infantili. E basta ai regali nell'urna, buoni soltanto ad aizzare il gioco al massacro degli avversari. Dalla Sicilia arriva un monito ineludibile per la sinistra prossima al collasso. Diversamente dallo sbarco dei Mille in camicia rossa, essa poco a poco è affondata nel mare procelloso del suo pazzesco marasma interno, trascinando nei gorghi una certa idea dell'Italia moderna, aperta e dinamica, ormai sempre più soverchiata dalle forze della reazione. Peggio della controprestazione, lascia però trasecolati il tentativo di liquidarla come l'inevitabile conclusione di una sconfitta annunciata che ha tutto il cattivo sapore di una resa senza condizioni. Ma vi pare possibile! E come se non bastasse, quando il disastro si era già consumato, avanti con i rimbrotti, le faide, le rese dei conti che oltre a indebolirla sono anche un elemento di disaffezione degli elettori. Se è nel solco di questo spettacolo indecoroso che la sinistra, litigiosa e indecisa, intende avvicinarsi alle prossime elezioni nazionali senza dare segni di risveglio, è inutile chiedersi come andrà a finire. La sua sarà davvero una Caporetto però senza il riscatto del Piave.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>TRACCE.</strong> Silvio c'è! Torna il grido di esultanza della destra (scritta volutamente senza centro) a tal punto baldanzosa che , previo il consenso dei Cinque stelle, autoproclamatisi vincitori morali , già si vede insediata a Palazzo Chigi, nel cuore del potere, da cui l'uomo di Arcore, non fosse per i guai con la giustizia che ne impediscono la rielezione, vorrebbe cacciare coloro che considera alla stregua di usurpatori. Certo è che l'ola trionfante del quartetto vittorioso sull'isola è un serio indizio di come potrebbe diventare il Paese se di colpo si trovasse con un glorioso futuro alle spalle e un incerto passato davanti a se. Nello scenario che ripropone alcuni passaggi dell'infausta era berlusconiana manca soltanto il celeberrimo “meno tasse per tutti” , poi sconfinato nel sarcastico “meno tasse per Totti”, e la tavola per una “cena elegante” sarebbe già bella che imbandita. A quei tempi le magniloquenti promesse del Cavaliere si vendevano un tanto al chilo , ma nonostante i risultati disastrosi, non sembrano avere lasciato tracce, al punto da riproporsi tale e quali come prima, però con una aggravante di peso: l'avanzata delle frange estreme che crescono in maniera inquietante nelle periferie abbandonate dalla politica senza che siano state escogitati i necessari rimedi.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>DIALOGO.</strong> Al giro di boa del diciassettesimo anno del nuovo millennio, se c'è una immagine che non si immaginava di vedere negli Stati dell'Europa comunitaria è quella che mostrava il corteo dei neri cellulari con a bordo i ministri catalani rinchiusi in galera per il loro sostegno alla causa dell'indipendenza da Madrid. A prescindere da come ci si ponga di fronte agli interrogativi sollevati dalle controverse, problematiche e divisive spinte autonomiste di Barcellona, scene simili, malgrado le divergenze, non hanno nulla da spartire con i principi della civile convivenza. Da quando sono state rimosse le rovine della guerra, all'interno dell'Unione Europea, garante del più lungo periodo di pace nel continente, i contenziosi, per quanto gravi , si regolano attraverso il dialogo e non con le misure coercitive. Cose simili accadevano il secolo scorso, quando il continente era percorso dalle orde con gli scarponi chiodati. Adesso, per fortuna, da noi non si imprigiona più nessuno per le sue idee, giuste o sbagliate che siano. Altri scenari lontani dalla nostra cultura umanista e dal nostro sentire comune potrebbero avere ricadute perniciose nel momento in cui sono all'opera movimenti ispirati da ideologie bacate che mirano a sovvertire l'ordine democratico, l'unico che ci pone al riparo dai conflitti di una volta.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"> </span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>SHOPPING.</strong> L'America ha smesso di sognare. Mentre Trump attraversa l'Estremo oriente con la furia di un ciclone per puntellare la sua traballante Presidenza, il suo Paese si trovava esposto una volta ancora all'altra faccia dell'attualità: quella più dura segnata dal terrore, sia esso politico o personale. Come appunto sembrerebbe essere la strage di fedeli nella chiesa battista di Sutherland Springs, nel Texas, imputabile al gesto di un folle. Ma per quelle 27 vittime non cambia assolutamente nulla che la loro fine sia da mettere sul conto del fanatismo ideologico e religioso oppure il frutto di una mente bacata .Perché con le armi a portata di mano come fossero giocattoli, la violenza seriale da qualunque parte venga ha un effetto contagioso che colpisce sia la spumeggiante Las Vegas che la quieta campagna di provincia. Tutti gli autori di queste infamie contro l'umanità si considerano, a modo loro, dei vendicatori e non dei volgari assassini quali sono. Per ammazzare basta che facciano shopping indisturbati al discount di pistole e fucili. L'inquilino della Casa Bianca invoca la protezione di Dio sulla gente, ma se provasse a dargli una mano mettendo un freno alla lobby delle armi, la Nazione a stelle e strisce potrebbe ricominciare a sognare. Ma è risaputo che i sogni muoiono all'alba.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>IMBARAZZO.</strong> Quando la Svizzera era il forziere del mondo, era impossibile perforare la cortina di riserbo che circondava i titolari dei conti cifrati, protetti dal segreto bancario e custoditi, sotto il manto di graziosi “nickname” , non soltanto negli istituti delle principali piazze finanziarie, ma anche nelle più piccole e insospettabili filiali alla periferia della Confederazione. Se ciò avvenga ancora oggi non si sa, ma quanto si può dire in proposito è che di quella centenaria discrezione non v'è traccia nell'enorme flusso di denaro che ora si muove in tutt'altre direzioni, alla ricerca di ospitali paradisi fiscali in grado di fornire lo strumento giuridico necessario alla pratica dello sport preferito da chi manovra centinaia, forse migliaia di milioni: evadere le tasse. In quelle oasi dove il comune cittadino, operaio o salariato, non metterà mai piede se non vedendole al cinema, l'affollamento di personalità in vista è pari a quello delle ore di punta. Un continuo andirivieni svelato per l'occasione dai “ Paradise Papers”, documenti scottanti che lambiscono addirittura la Regina delle Regine, nonché capi di Stato, ministri, star della politica e dello spettacolo. I loro portavoce si affrettano a sottolineare che ovviamente non v'è nulla di illegale in tutto ciò. Sarà vero, ma intanto le carte mettono in imbarazzo l'Occidente.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>VALORI.</strong> Come accade in tutte le democrazie consolidate, anche negli Stati Uniti è nelle urne, e solo lì, che si misurano gli umori e la temperatura del Paese. Da <em>face book</em> a <em>twitter</em>, i social saranno senz'altro un elemento del termometro, ma alla fine sono i voti i criteri che contano realmente. E Trump, alle prese con un primo test importante e con una popolarità ai minimi storici, si trova confrontato ad una nuova erosione di consensi su cui cerca di sorvolare, ma che solleva altri interrogativi sul suo operato a un anno dalla campagna che lo ha condotto alla Casa Bianca. Quelli incassati ad opera dei democratici eletti governatori in Virginia e nel New Jersey, ossia due Stati non propriamente progressisti, senza essere decisivi sono comunque due colpi che fanno male; così come lascia un segno il successo dell'italo americano Bill De Blasio, confermato sindaco di New York, ovvero la metropoli da dove Trump è partito per dare la scalata al potere senza però condividerne i valori. Perché è proprio sui valori che si è giocata questa partita significativa per ridare tono e fiducia ai democratici e che può essere un segnale di ripresa in vista delle elezioni di metà mandato. Se ti rivolti contro i valori della tua città e pretendi di sfidarli – ha commentato De Blasio rivolgendosi al Presidente – la tua città risponde a tono. E così è stato!</span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-37348255435935006942017-11-06T00:05:00.001+01:002017-11-06T00:05:40.144+01:00New York reagisce compostamente<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><b class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></b></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">PAURA.</span></b><span lang="IT" class=""> Chi in cuor suo aveva sperato che la caduta di Raqqa tagliasse l'erba sotto i piedi non soltanto al sedicente e declinante stato islamico, ma soprattutto al suo crudele braccio armato, ha dovuto amaramente ricredersi. Il terrorismo di matrice jihadista non è stato debellato ed è sempre pronto a colpire nel mucchio. Nell'autoproclamata capitale dell'ISIS non sventola più la bandiera nera, questo è vero, e di pari passo il califfato sta perdendo buona parte dei suoi territori: però l'attacco omicida di New York dell'altro giorno evidenzia che il gruppo può ancora avvalersi di una rete di terroristi decisi a uccidere innocenti e passanti inermi. Sono elementi infidi perché spuntano improvvisamente dall'ombra dopo essere passati inosservati, più o meno come l'attentatore uzbeko con quell'aspetto inquietante alla Rasputin. Per la prima volta dopo l'11 settembre, New York è di nuovo teatro di un sanguinoso gesto di follia e l'episodio apre un altro, drammatico e doloroso capitolo nella storia di tutto il mondo. Un gesto che riporta la paura nella metropoli, dove ancora sono visibili le cicatrici del precedente trauma. Ma nel contempo la città manda pure un coraggioso segnale di resistenza e reagisce con compostezza alla sfida del terrore, ossia con l'unica maniera per non cedere al ricatto e per non darla vinta a chi intende impadronirsi delle nostre vite.</span><span lang="IT" class=""><o:p class=""></o:p></span></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">SCONTRO.</span></b><span lang="IT" class=""> Parafrasando il titolo di un famoso romanzo di Osvaldo Soriano, pare proprio che l'aspra contesa tra Barcellona e Madrid si stia avviando verso un "Triste, solitario y final". Verso una conclusione incattivita dalle divergenze che nessuno, qualunque sia la sua posizione nel merito della questione, si sarebbe mai augurato. Non fa bene alla Catalogna, non fa bene alla Spagna e non fa bene all' Europa , già di suo attraversata da inquietanti fermenti, questo scontro a muso duro tra le opposte fazioni . E tanto per complicare la vicenda, nel vortice dei colpi di scena si inserisce pure l'Aventino in terra belga di Puigdemont. Un atto desueto dal sapore antico, quasi un vago segnale di resa, come ai tempi lontani dei regnanti in esilio. Per arrivare all' ordine europeo nel quale viviamo ci sono voluti milioni di morti. Il solo pensare non di scardinare, ma anche soltanto di incrinare le basi di questo tanto delicato quanto insostituibile edificio comune avrebbe conseguenze difficili da riassorbire.<o:p class=""></o:p></span></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">CONVERGENZA.</span></b><span lang="IT" class=""> Quando si legge che il futuro Cancelliere austriaco, destinato a diventare il più giovane capo di governo al mondo, si appresta a coalizzarsi con l'estrema destra, ossia quanto di più vecchio vi sia in circolazione, è lecito chiedersi in che direzione intenda muoversi l'esecutivo viennese. La contraddizione in termini tra il dire che il prossimo governo " sarà europeista o non sarà " e la prevista convergenza con alleati radicalmente eurofobici è in effetti talmente palese da rendere ardua la ricerca di similitudini nei rispettivi programmi. In queste condizioni il comune desiderio di un cambiamento fondamentale dell'Austria da parte di schieramenti che nulla dovrebbe unire, porta a citare Beuamarchais quando diceva di affrettarsi a ridere di tutto per la paura di essere costretto a piangere. Che è poi quanto aveva già intuito in tempi non sospetti quel genio insuperabile di Mozart che ne musicò l' opera sulla folle giornata delle nozze di Figaro<o:p class=""></o:p></span></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><span lang="IT" class=""><font face="Verdana" class=""> </font></span></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">PATRIE.</span></b><span lang="IT" class=""> Non soltanto nella penisola iberica, ma anche in Italia sono tornate a manifestarsi spinte autonomiste che hanno trovato il loro sbocco nei due referendum lombardo-veneti. Ora che le urne hanno parlato ed espresso un verdetto inoppugnabile, sorge immediata una domanda delle cento pistole: e adesso? Adesso i promotori della consultazione che uso faranno del mandato, seppur consultivo, uscito dalle urne? Da voci che si odono in giro pare che le richieste autonomiste non bastino a coloro che si proclamano vincitori e sembrano determinati a ottenere altri poteri ancora tutti da definire. I fermenti avvertiti nel Verbano Cusio Ossola per passare con armi e bagagli dal Piemonte alla Lombardia se non altro per la vicinanza geografica sono a questo proposito un indicatore da non sottovalutare mentre cresce la voglia delle piccole patrie. Voglia che non è garante di federalismo e maggiore democrazia. Se l'Italia anziché proclamare l'unità si fosse smembrata non sarebbe oggi la "settima potenza".<o:p class=""></o:p></span></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">ESCALATION. </span></b><span lang="IT" class="">Negli Stati Uniti, stando ai sondaggi, pare che il numero di coloro che svegliandosi al mattino si mettono le mani nei capelli al pensiero di avere Trump come presidente stia aumentano in modo vertiginoso. E di riflesso in modo altrettanto vertiginoso cala la popolarità dell'inquilino della Casa Bianca che a un anno dalla sua elezione ha toccato il punto più basso con percentuali mai registrate prima dai suoi predecessori. Adesso con la pesante irruzione del <i class="">Russiagate</i>, che potrebbe scavare solchi più profondi del <i class="">Watergate</i> e soprattutto l'escalation nella crisi tra Stati Uniti e Nord Corea il vento sta cambiando per il peggio mettendo a dura prova la leadership del Presidente. In realtà nessuno vuole la guerra., ma intanto gli esperti concordano nel ritenere che il punto di non ritorno di uno scontro nucleare non sia soltanto una mera ipotesi. E dal capo della maggiore potenza gli americani si aspettano che quel punto non venga mai raggiunto, pena l'indecorosa uscita di scena dalla Storia. Per la verità non soltanto loro.<o:p class=""></o:p></span></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class=""><span lang="IT" class="">SEXIT.</span></b><span lang="IT" class=""> Altro che <i class="">Le allegre comari di Windsor</i> di shakespeariana memoria che fecero ballare il rubicondo Falstaff. In questa fase non proprio "very british" per i sudditi di Sua Maestà a tenere banco sotto il cielo di Londra, più grigio del solito, sono gli allegri compari di Westminster che ne hanno combinato di tutti i colori allungando troppo le mani. Tra molestie sessuali e altri comportamenti indecenti di ministri, sottosegretari e deputati, l'austero palazzo del Parlamento non ha nulla da invidiare alle alcove hollywoodiane. Sembra di essere tornati al caso Profumo e la squillo che gli stroncò la carriera. Nel momento meno opportuno per la povera Theresa May, lo scandalo investe in pieno il suo governo già traballante, mettendone a rischio la tenuta. I vizietti di taluni personaggi pubblici, virtuosi solo in apparenza, e che invece di occuparsi dei dossier si concentravano sulle scollature e le gambe delle collaboratrici sono tutto oro che cola per chi ha in animo di destituire la premier. Tanto da far dire ai soliti buontemponi che per il futuro politico dell'inquilina di Downing Street più della BREXIT poté la SEXIT.</span></font></div> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-22044313812718985622017-11-03T11:17:00.001+01:002017-11-03T11:17:06.797+01:00200 milioni… di "cene eleganti"<div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><b class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></b></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">CENE.</b> Che l'iperbole sia uno dei principali nutrimenti della politica non si scopre oggi. Di affermazioni magniloquenti e promesse mirabolanti sono piene le fosse. A volte però l'uso della figura retorica sconfina negli spropositi. Si arriva così alla mastodontica quota di 200 milioni di voti, tanti quanti ne avrebbe raccolti Berlusconi nella sua non proprio esaltante carriera. Più o meno come se l'intera popolazione italiana, neonati compresi, avesse votato per lui quattro volte di fila. Cose da fare impallidire la famosa maggioranza bulgara. Se non è una bufala colossale (<i class="">fake news</i> come si dice oggi) poco ci manca. D'altronde anche i turibolieri meglio indottrinati ammettono, seppure a denti stretti, che il calcolo è un po' forzato. Ma dopotutto che cosa non si farebbe per un posticino alle "cene eleganti" di cui i sostenitori agognano il ritorno.<o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">MONTAGNA.</b> Col passare del tempo e volatilizzata l'euforia post referendaria, la Gran Bretagna è tormentata dai dubbi. La <i class="">Brexit</i> non è esattamente come l'avevano prospettata i suoi promotori. Costa una barca di soldi ed è soggetta a regole che allontanano la prospettiva di divorziare dall'UE senza perdere i vantaggi riservati ai Paesi membri. La stessa Theresa May, costretta a far buon viso a cattiva sorte, contribuisce ad aumentare l'incertezza non sapendo che pesci pigliare tra lo "exit" e il "remain" se si dovesse rivotare. La sua speranza è che sotto l'albero di Natale possa esserci un accordo che le risparmi di essere scalzata dai secessionisti più radicali. Ma oggi come oggi a Londra nessun <i class="">bookmaker</i> accetta scommesse su come andrà a finire questa storia, più impervia delle montagne che nell'ottocento gli alpinisti inglesi scalavano con albionica baldanza. <o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">IDENTITÀ.</b> Soltanto grazie a una grande forza socialista l'Europa riuscirà a navigare in acque più tranquille. Ultimamente la sinistra europea dava l'impressione di essersi assopita, anziché elaborare le necessarie contromisure per fare argine all'onda nera e sovranista. Indubbiamente le controprestazioni elettorali, pesanti come macigni, hanno frenato gli ardori. Per fortuna, a furia di squillare sempre più forte, il campanello d'allarme è stato recepito e la gloriosa famiglia del PSE, a dispetto delle sconfitte, è ora determinata a ricostituire una forte identità tanto nazionale quanto a livello internazionale. È un grande sfida democratica – ha detto il presidente Pittella alla Convention di <i class="">Togheter</i> – una sfida per sottrarre i cittadini a un senso di abbandono e solitudine che finirebbe col dividere e non a cambiare l'Europa in senso progressista.<o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">CASACCA.</b> Erano quegli anni la, quando il "Libretto Rosso" di Mao andava a ruba anche in occidente. È stata l'opera che ha avuto la maggior diffusione con oltre 300 milioni di copie, ma quanto ancora resti di quella bibbia del comunismo ritenuta in grado di risolvere tutti i problemi della vita, è una questione rimasta irrisolta. Se una immagine vale più di mille parole, quella che mostra le hostess elegantissime che a passo marziale servono il tè al recente congresso del partito comunista cinese da la misura di quanto sia cambiato il Paese. Eppure, nonostante le apparenze, sembra di scorgere una sottile linea di continuità tra la politica dei cento fiori del "Grande timoniere" e il leader attuale che promette "una vita migliore e più felice" al suo popolo. Ora più nessuno indossa la casacca d'ordinanza, ma l'abito sartoriale non sempre è sinonimo di democrazia.</font></div> <font face="Verdana" class=""><br class=""> </font><br class=""> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-51984672294966721952017-10-31T16:49:00.001+01:002017-10-31T16:49:20.724+01:00200 milioni… di “cene eleganti”<p></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong><strong><strong>di Renzo Balmelli </strong></strong></strong></span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>CENE.</strong> Che l'iperbole sia uno dei principali nutrimenti della politica non si scopre oggi. Di affermazioni magniloquenti e promesse mirabolanti sono piene le fosse. A volte però l'uso della figura retorica sconfina negli spropositi. Si arriva così alla mastodontica quota di 200 milioni di voti, tanti quanti ne avrebbe raccolti Berlusconi nella sua non proprio esaltante carriera. Più o meno come se l'intera popolazione italiana, neonati compresi, avesse votato per lui quattro volte di fila. Cose da fare impallidire la famosa maggioranza bulgara. Se non è una bufala colossale (<em>fake news</em> come si dice oggi) poco ci manca. D'altronde anche i turibolieri meglio indottrinati ammettono, seppure a denti stretti, che il calcolo è un po' forzato. Ma dopotutto che cosa non si farebbe per un posticino alle “cene eleganti” di cui i sostenitori agognano il ritorno.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"> </span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>MONTAGNA.</strong> Col passare del tempo e volatilizzata l'euforia post referendaria, la Gran Bretagna è tormentata dai dubbi. La <em>Brexit</em> non è esattamente come l'avevano prospettata i suoi promotori. Costa una barca di soldi ed è soggetta a regole che allontanano la prospettiva di divorziare dall'UE senza perdere i vantaggi riservati ai Paesi membri. La stessa Theresa May, costretta a far buon viso a cattiva sorte, contribuisce ad aumentare l'incertezza non sapendo che pesci pigliare tra lo “exit” e il “remain” se si dovesse rivotare. La sua speranza è che sotto l'albero di Natale possa esserci un accordo che le risparmi di essere scalzata dai secessionisti più radicali. Ma oggi come oggi a Londra nessun <em>bookmaker</em> accetta scommesse su come andrà a finire questa storia, più impervia delle montagne che nell'ottocento gli alpinisti inglesi scalavano con albionica baldanza.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"> </span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>IDENTITÀ.</strong> Soltanto grazie a una grande forza socialista l'Europa riuscirà a navigare in acque più tranquille. Ultimamente la sinistra europea dava l'impressione di essersi assopita, anziché elaborare le necessarie contromisure per fare argine all'onda nera e sovranista. Indubbiamente le controprestazioni elettorali, pesanti come macigni, hanno frenato gli ardori. Per fortuna, a furia di squillare sempre più forte, il campanello d'allarme è stato recepito e la gloriosa famiglia del PSE, a dispetto delle sconfitte, è ora determinata a ricostituire una forte identità tanto nazionale quanto a livello internazionale. È un grande sfida democratica – ha detto il presidente Pittella alla Convention di <em>Togheter</em> – una sfida per sottrarre i cittadini a un senso di abbandono e solitudine che finirebbe col dividere e non a cambiare l'Europa in senso progressista.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"> </span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>CASACCA.</strong> Erano quegli anni la, quando il “Libretto Rosso” di Mao andava a ruba anche in occidente. È stata l'opera che ha avuto la maggior diffusione con oltre 300 milioni di copie, ma quanto ancora resti di quella bibbia del comunismo ritenuta in grado di risolvere tutti i problemi della vita, è una questione rimasta irrisolta. Se una immagine vale più di mille parole, quella che mostra le hostess elegantissime che a passo marziale servono il tè al recente congresso del partito comunista cinese da la misura di quanto sia cambiato il Paese. Eppure, nonostante le apparenze, sembra di scorgere una sottile linea di continuità tra la politica dei cento fiori del “Grande timoniere” e il leader attuale che promette "una vita migliore e più felice" al suo popolo. Ora più nessuno indossa la casacca d'ordinanza, ma l'abito sartoriale non sempre è sinonimo di democrazia.</span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-15035337925170205322017-10-17T22:22:00.001+02:002017-10-17T22:22:17.831+02:00Banale dettaglio della Storia?<div class=""> <div style="color: rgb(0, 0, 0); font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; text-align: start; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; word-spacing: 0px; -webkit-text-stroke-width: 0px;"> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><b class=""><font face="Verdana" class="">di Renzo Balmelli </font></b></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">ALLARME.</b> È inutile menare il can per l'aia. Solo quando si darà all'AfD la definizione più consona al suo inquietante e oscuro Dna, si potrà cominciare a ragionare seriamente sul vespaio in cui rischiano di trovarsi la Germania in particolare e l'Europa in generale dopo l'esplosiva avanzata dello schieramento ultrà. Tutti gli altri tentativi di addolcire la pillola sono scappatoie per non prendere atto di una deriva torbida e allarmante. Quasi cento deputati in un solo colpo non sono una bazzecola e neppure un casuale incidente di percorso, bensì l'espressione di uno stato d'animo alterato che non soltanto si ribella ai migranti e all'euro, ma che affonda le sue radici in un pantano maleodorante. Definire la <i class="">Alternative</i> un movimento di estrema destra pare quindi riduttivo. Per capirne la reale portata si pensi agli abitanti di quel villaggio tedesco che pur non avendo in casa un solo profugo hanno votato in massa per il partito che in appena quattro anni, a riprova della sua strisciante e contagiosa ramificazione, ha sbancato il tavolo delle elezioni al <i class="">Bundestag</i>. Magari sarà vero che l'AfD resterà tagliata fuori dalle alleanze, ma intanto l'allarme suona mentre si allarga il fronte di chi scalpita per "resettare" la democrazia. Il suo vero nome? Lo scopriremo presto, molto presto, e non sarà come soleva dire il vecchio Le Pen un banale dettaglio della storia. <o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">SINISTRA.</b> In passato, quando la destra tracimava (e adesso sta tracimando come un fiume in piena), toccava alla sinistra dare prova di saggezza per riportare le acque dentro il loro alveo naturale. Ma qualcosa ci dice che questa volta non sarà così. Dopo l'esito della tornata elettorale che ha messo a soqquadro la <i class="">Berliner Republik</i>, i margini di manovra della SPD, che porta con orgoglio il primato di più vecchio movimento della classe operaia e internazionalista, sono ormai piuttosto ridotti. Il crollo della compagine guidata da Martin Schultz evidenzia una crisi di programmi, leadership e consensi laddove, ai tempi di Willy Brandt, la SPD si poneva invece all'avanguardia nel contrastare le forze della reazione. Nell'intervista al <i class="">Corriere della Sera</i> il presidente emerito Giorgio Napolitano, al quale rubiamo le parole chiedendo venia per il plagio, sostiene che la sinistra «è in crisi ed ha smarrito la sua funzione». Giusto. L'analisi però non si limita al caso tedesco, ma punta i riflettori sulle condizioni in cui versa il socialismo europeo che ora, di fronte a questa sfida, ha l'impellente obbligo morale di ritrovare in sé la forza di reagire e di affrancarsi dalla litigiosità che lo paralizza nello svolgere appunto la sua naturale funzione. "Quale?", si dirà. Non cerchiamo lontano. Essere semplicemente di sinistra, per quanto banale ciò possa suonare.<o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">DOLORI.</b> Non sappiamo se nella cultura del Myanmar, nome moderno dell'antica Birmania, vi sia un personaggio simile al Werther di cui Goethe cantò i dolori. In una chiave di lettura contemporanea, a tale ruolo, sicuramente non dei più facili da interpretare, potrebbe essere associata la figura di Aung San Suu Kyi che – da celebrata, citata e imitata Premio Nobel per la Pace – di colpo si è trovata nel mezzo di durissime contestazioni a causa delle persecuzioni di cui sono vittima i profughi della minoranza Rohingya. La posizione poco chiara assunta dalla leader birmana nei confronti della crisi dagli evidenti risvolti umanitari oltre che politici, ha finito col trasformarla da ammirata e indomita lottatrice contro i soprusi della dittatura militare in una eroina tragica che, proprio a causa dell'atteggiamento defilato, mostra la debolezza del processo di transizione democratica nel Paese dei mille templi. E in cui i generali, seppure nell'ombra, pare abbiano ancora l'ultima parola. Solo le azioni dei prossimi tempi potranno restituire a questa donna che ha incarnato le speranze di tutto un popolo il credito internazionale andato perso nel corso di una vicenda che rischia di esporre il Myanmar a nuove ondate di radicalizzazione e ad altri dolori.<o:p class=""></o:p></font></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><o:p class=""><font face="Verdana" class=""> </font></o:p></div> <div style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;" class=""><font face="Verdana" class=""><b class="">STRUMENTO.</b> Da più parti era stato annunciato che l'anno in corso avrebbe segnato la sconfitta del populismo e il riscatto dell'Europa. Come una puntata al lotto che raramente ci azzecca, anche questo pronostico, seppur dettato dalle migliori e più condivisibili intenzioni, è andato nella direzione opposta. Il populismo non ce lo siamo lasciato alle spalle e tutto il magma indigesto che gli fa da contorno pesa come un macigno sul cuore e sullo stomaco. Per fortuna nostra – al di là di chi senza arrossire fa l'apologia dei soldati di Hitler - a evitare di cadere nel baratro provvede instancabile e salvifica la missione della cultura che non conosce frontiere, razze e problemi di identità. Esemplare a tale proposito è stato il Festival musicale di Lucerna che nel solco tracciato da Claudio Abbado e dal suo insigne erede Riccardo Chailly, per la prima volta ha aperto le porte ai migranti, sottolineando così il valore universale della musica quale potente strumento – è proprio il caso di dirlo – per mettere in comunicazione popoli diversi. Questa iniziativa raccoglie nel senso dell'apertura al mondo la sfida che Toscanini lanciò all'egida nazista e che ora prosegue affinché la note sublimi dei grandi compositori possano essere ascoltate da tutti scavalcando le bacate ideologie dei costruttori di muri.</font></div> </div> </div> <div class=""> <div style="color: rgb(0, 0, 0); font-family: Helvetica; font-size: 12px; font-style: normal; font-variant-caps: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: auto; text-align: start; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: auto; word-spacing: 0px; -webkit-text-size-adjust: auto; -webkit-text-stroke-width: 0px;"> <br class=""> </div> </div> <br class=""> Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-38085999984554642842017-10-11T17:04:00.001+02:002017-10-11T17:04:23.735+02:00Una riga di zeri non basta<p></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>di Renzo Balmelli </strong></span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>SOLIDARIETÀ.</strong> Sulla terra il motore di chi lotta contro le prevari­ca­zioni è sempre acceso. Purtroppo, nonostante l'abnegazione di chi si impegna per il bene degli altri, il quadro anziché migliorare peggiora, sopraffatto dall'egoismo e dall'avidità. In un mondo segnato dal cal­vario dei migranti in fuga dalle guerre e dai soprusi dell'uomo sull'uo­mo, l'abisso tra ricchi e poveri assume sempre più proporzioni che non è esagerato definire <em>mostruose</em>. Una di queste righe non basta per alli­neare gli zeri necessari a calcolare i patrimoni in mano a pochi privi­le­giati. Qualcosa come 70 mila miliardi di dollari o giù di lì. Eppure non è affatto impossibile immaginare di mettere in piedi un sistema capace di riscattare da una vita di stenti tutti coloro che sono condannati all'esilio nel cono d'ombra di un benessere che non conosceranno mai. Andando oltre la carità pelosa, basterebbe uno scatto di solidarietà pura e condivisa per porre rimedio ai guasti delle ingiustizie. Il messaggio però non sembra fare breccia nel resort esclusivo dei Paperoni trincerati in un loro ovattato e invalicabile Eldorado.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>PERICOLO.</strong> Alle prese con il ginepraio della <em>Brexit</em>, allarmata dal­l'esito delle elezioni tedesche e le loro ricadute estremiste, in difficoltà nell'elaborare una strategia concordata per affrontare l'emergenza dei profughi e in ultima analisi esposta alla minaccia del terrorismo, l'Eu­ro­pa unita si trova confrontata a una quantità di problemi che provo­ca­no la rabbia degli esclusi. Per tutta risposta agli interrogativi che ci assillano, da qualche tempo sembra prevalere, con una stupefacente contorsione del linguaggio, la tendenza a considerare destra e sinistra come categorie arrugginite. È una tesi che lascia perplessi non tanto per la terminologia, quanto per il tentativo di omogeneizzare idee, culture e visioni che non potranno mai stare sullo stesso piano. Quali disastri possa provocare la deriva populista, spesso intinta nell'inchio­stro della xenofobia, è ormai sotto gli occhi di tutti. Sempre più mar­cato si avverte di converso il bisogno di programmi sociali chiari, profilati e capaci di recuperare la vera anima di sinistra senza la quale incombe il pericolo del qualunquismo, quello sì davvero arrugginito.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>STRAPPI.</strong> È difficile dire se esista un ritorno di fiamma per le piccole patrie di cui non si conserva un buon ricordo. In Catalogna la demar­ca­zio­ne tra coloro che aspirano all'autodeterminazione e chi invece con­sidera la stabilità all'interno dei propri confini come un valore comune che merita di essere difeso ha evidenziato che il problema esiste ed è profondo. Lo scontro tra le ragioni degli uni ed i torti degli altri, de­fla­grato durante il referendum nel peggiore dei modi per un Paese civile, non ha certo contribuito a creare un clima propizio a future intese su basi pacifiche. All'opposto gli strappi al tessuto democratico paiono difficili da riassorbire in tempi brevi non solo in Spagna, ma anche per le loro ricadute nel continente. Ogni spinta all'autonomia fa storia a sé. Nel Kurdistan il referendum contestato degli scorsi giorni è stato un modo per rivendicare la fine di una diaspora che priva il popolo curdo del diritto ad avere una nazione. Anche qui è mancato il dialogo, così com'è mancato nei confronti del popolo catalano per un irrigidimento dei fronti che non promette nulla di buono.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>DISASTRO.</strong> Berlusconi e Trump non hanno nulla in comune, tranne il vistoso campionario delle promesse mai mantenute. Se i biografi del­l'ex Cavaliere tendono a stendere un velo pietoso per fare credere quel­lo che fa piacere credere, negli Stati Uniti i nodi per il Presidente ame­ri­cano stanno venendo al pettine a velocità impressionante. Ormai a Washington la domanda che circola con maggiore insistenza consiste nel capire <em>che cosa resta</em> del trumpismo e dei suoi proclami. Messo in difficoltà dalla <em>“Alt-right”</em> (la destra alternativa repubblicana che striz­za l'occhio ai suprematisti bianchi), naufragata l'abolizione della rifor­ma sanitaria dell'odiato Obama e, per giunta, sfidato sul piano interna­zionale dall'ineffabile dottor Stranamore di Pyongyang, Trump – a quasi un anno dal suo ingresso alla Casa Bianca – ha fin qui dimostrato di non sapere andare incontro alle esigenze dei suoi elettori, esigenze che aveva promesso di affrontare al grido di <em>“America first”</em>. Se non è un disastro, poco ci manca!</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>FRAGILITÀ.</strong> Tra le tante cose che Trump avrebbe potuto fare per distrarre l'opinione pubblica dalle sue inadempienze, esisteva la possibilità di lanciare al Paese un messaggio chiaro sulla necessità di regolare con maggiore fermezza il facile accesso alla detenzione delle armi in mano ai privati. Nell'angoscia provocata dalla strage di Las Vegas, la più grave della storia moderna americana, era questo il momento per porre un argine a un fenomeno inquietante che non nasce oggi, ma che il terrorismo ha contribuito a riacutizzare in maniera drammatica. Non lo ha fatto. Già in passato molte sono state le battaglie combattute e perse dai precedenti inquilini della Casa Bianca che hanno provato a contenere l'arroganza della <em>lobby</em> delle armi. Un potente gruppo di pressione che infischiandosene dei rischi chiede addirittura leggi ancora più permissive. Ma bisogna insistere. Invece, con quel suo discorso che aggira il nocciolo del problema, il leader repubblicano non ha certo contribuito ad unire la popolazione dietro il progetto di maggiori controlli sulla vendita di fucili e pistole. Quei lunghi minuti di orrore nella capitale dei giochi d'azzardo forse non cambieranno il quadro politico, ma la mancanza di concretezza nel delineare efficaci contromisure evidenzia la fragilità di una presidenza che a sua volta sembra un azzardo.</span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-15027264556151951142017-10-03T16:57:00.001+02:002017-10-03T16:57:57.735+02:00Banale dettaglio della Storia?<p></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>di Renzo Balmelli </strong></span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>ALLARME.</strong> È inutile menare il can per l’aia. Solo quando si darà all’AfD la definizione più consona al suo inquietante e oscuro Dna, si potrà cominciare a ragionare seriamente sul vespaio in cui rischiano di trovarsi la Germania in particolare e l’Europa in generale dopo l’esplosiva avanzata dello schieramento ultrà. Tutti gli altri tentativi di addolcire la pillola sono scappatoie per non prendere atto di una deriva torbida e allarmante. Quasi cento deputati in un solo colpo non sono una bazzecola e neppure un casuale incidente di percorso, bensì l’espressione di uno stato d’animo alterato che non soltanto si ribella ai migranti e all’euro, ma che affonda le sue radici in un pantano maleodorante. Definire la <em>Alternative</em> un movimento di estrema destra pare quindi riduttivo. Per capirne la reale portata si pensi agli abitanti di quel villaggio tedesco che pur non avendo in casa un solo profugo hanno votato in massa per il partito che in appena quattro anni, a riprova della sua strisciante e contagiosa ramificazione, ha sbancato il tavolo delle elezioni al <em>Bundestag</em>. Magari sarà vero che l’AfD resterà tagliata fuori dalle alleanze, ma intanto l’allarme suona mentre si allarga il fronte di chi scalpita per “resettare” la democrazia. Il suo vero nome? Lo scopriremo presto, molto presto, e non sarà come soleva dire il vecchio Le Pen un banale dettaglio della storia.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>SINISTRA.</strong> In passato, quando la destra tracimava (e adesso sta tracimando come un fiume in piena), toccava alla sinistra dare prova di saggezza per riportare le acque dentro il loro alveo naturale. Ma qualcosa ci dice che questa volta non sarà così. Dopo l’esito della tornata elettorale che ha messo a soqquadro la <em>Berliner Republik</em>, i margini di manovra della SPD, che porta con orgoglio il primato di più vecchio movimento della classe operaia e internazionalista, sono ormai piuttosto ridotti. Il crollo della compagine guidata da Martin Schultz evidenzia una crisi di programmi, leadership e consensi laddove, ai tempi di Willy Brandt, la SPD si poneva invece all’avanguardia nel contrastare le forze della reazione. Nell’intervista al <em>Corriere della Sera</em> il presidente emerito Giorgio Napolitano, al quale rubiamo le parole chiedendo venia per il plagio, sostiene che la sinistra «è in crisi ed ha smarrito la sua funzione». Giusto. L’analisi però non si limita al caso tedesco, ma punta i riflettori sulle condizioni in cui versa il socialismo europeo che ora, di fronte a questa sfida, ha l’impellente obbligo morale di ritrovare in sé la forza di reagire e di affrancarsi dalla litigiosità che lo paralizza nello svolgere appunto la sua naturale funzione. “Quale?”, si dirà. Non cerchiamo lontano. Essere semplicemente di sinistra, per quanto banale ciò possa suonare.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>DOLORI.</strong> Non sappiamo se nella cultura del Myanmar, nome moder­no dell’antica Birmania, vi sia un personaggio simile al Werther di cui Goethe cantò i dolori. In una chiave di lettura contemporanea, a tale ruolo, sicuramente non dei più facili da interpretare, potrebbe essere associata la figura di Aung San Suu Kyi che – da celebrata, citata e imitata Premio Nobel per la Pace – di colpo si è trovata nel mezzo di durissime contestazioni a causa delle persecuzioni di cui sono vittima i profughi della minoranza Rohingya. La posizione poco chiara assunta dalla leader birmana nei confronti della crisi dagli evidenti risvolti umanitari oltre che politici, ha finito col trasformarla da ammirata e indomita lottatrice contro i soprusi della dittatura militare in una eroina tragica che, proprio a causa dell’atteggiamento defilato, mostra la debolezza del processo di transizione democratica nel Paese dei mille templi. E in cui i generali, seppure nell’ombra, pare abbiano ancora l’ultima parola. Solo le azioni dei prossimi tempi potranno restituire a questa donna che ha incarnato le speranze di tutto un popolo il credito internazionale andato perso nel corso di una vicenda che rischia di esporre il Myanmar a nuove ondate di radicalizzazione e ad altri dolori.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>STRUMENTO.</strong> Da più parti era stato annunciato che l’anno in corso avrebbe segnato la sconfitta del populismo e il riscatto dell’Europa. Come una puntata al lotto che raramente ci azzecca, anche questo pronostico, seppur dettato dalle migliori e più condivisibili intenzioni, è andato nella direzione opposta. Il populismo non ce lo siamo lasciato alle spalle e tutto il magma indigesto che gli fa da contorno pesa come un macigno sul cuore e sullo stomaco. Per fortuna nostra – al di là di chi senza arrossire fa l’apologia dei soldati di Hitler – a evitare di cadere nel baratro provvede instancabile e salvifica la missione della cultura che non conosce frontiere, razze e problemi di identità. Esemplare a tale proposito è stato il Festival musicale di Lucerna che nel solco tracciato da Claudio Abbado e dal suo insigne erede Riccardo Chailly, per la prima volta ha aperto le porte ai migranti, sottolineando così il valore universale della musica quale potente strumento – è proprio il caso di dirlo – per mettere in comunicazione popoli diversi. Questa iniziativa raccoglie nel senso dell’apertura al mondo la sfida che Toscanini lanciò all’egida nazista e che ora prosegue affinché la note sublimi dei grandi compositori possano essere ascoltate da tutti scavalcando le bacate ideologie dei costruttori di muri.</span></p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-2367466097996520431.post-60338853979535497592017-09-26T16:46:00.001+02:002017-09-26T16:46:08.778+02:00Solo il racconto del male è eccitante». Falso!<p></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>di Renzo Balmelli  </strong></span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>STEREOTIPO.</strong> A scrivere il grande romanzo del bene e del male, ovvero le due forze che muovono l’umanità, ha provveduto e tutt’ora provvede una vasta letteratura che va dai primi filosofi agli autori moderni e contemporanei. Venendo alla nostra epoca, contrassegnata dal flusso caotico dell’informazione e dall’inquietante deriva del feroce qualunquismo, verrebbe da dire, ripensando ad Hanna Arendt, che il male inteso come banalità sia da mettere sul conto della cecità morale. Una condizione che sembrò portarci all’annientamento delle coscienze quando eravamo sovrastati dalle urla e dal rumore agghiacciante degli scarponi chiodati. Ora che certe minacce sembrano voler uscire dai loro sepolcri, cresce la spinta verso un rinnovamento dei valori che il <em>Corriere della Sera</em> prova a intercettare col settimanale "Buone notizie. L’impresa del bene". Una provocazione e una sfida – come avverte la presentazione – per attivare il circolo virtuoso del bene e smentire la credenza che soltanto il racconto del male sia eccitante. Uno stereotipo – citiamo – fuorviante e ingannevole.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>ADDIZIONE.</strong> Tormentone dell’accozzaglia populista, lo <em>ius soli</em> non è soltanto il “fiero pasto” di chi in Italia conta di ricavarne ampie scorte elettorali. In virtù di regole non scritte che hanno sdoganato un modo di intendere la cittadinanza scostante se non addirittura intollerante, la questione dell’identità tende a manifestarsi in varie forme anche dove meno te lo aspetti. Nella civilissima Svizzera, che non conosce lo <em>ius soli</em>, ma resta comunque un buon modello di integrazione, il solo fatto che alcuni candidati al seggio del governo federale rimasto vacante avessero due passaporti, quello elvetico e quello europeo, ha innescato una campagna al calor bianco anche qui alimentata ad arte dalla destra nazionalista anti UE. Il fatto che la polemica abbia investito l’agenda politica evidenzia quanto siano scoperti i nervi su un argomento che finora non aveva mai destato particolari problemi di convivenza. La Confederazione difatti è l’addizione di più appartenenze, di più lingue e culture che ha sempre funzionato senza particolari intoppi. Ma in giro tira un brutto vento e nessuno ne è al riparo.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>PROVA.</strong> Come l’allenatore che riprende una squadra in difficoltà e sull’onda del fattore novità riesce a vincere tre o quattro partite di seguito, ma poi ripiomba nella mediocrità, anche Martin Schulz chiamato al capezzale della SPD per conquistare la Cancelleria, dopo l’iniziale euforia non ha saputo far valere le proprie ragioni. L’ex Presidente del Parlamento europeo, carica che gli aveva conferito visibilità e prestigio, attirandosi i giudizi sprezzanti di Berlusconi, non è riuscito a offrire una prestazione all’altezza delle aspettative. I sondaggi dicono addirittura che i socialdemocratici subiranno alle elezioni di domenica uno smacco bruciante, il peggiore della loro storia recente. Qualcuno ha scritto che Angela Merkel, ormai avviata verso la sicura e confortevole riconquista del quarto mandato, in Italia col suo modo di fare non andrebbe lontana. Ma è una magra consolazione. Le elezioni tedesche, così come quelle francesi o la <em>Brexit</em> ci riguardano da vicino e nell’ottica della sinistra costituiscono un banco di prova il cui esito può davvero cambiare il corso della sua e della storia europea del Terzo millennio.</span></p><p><span style="font-family: verdana,geneva; font-size: 12pt;"><strong>BUGIE.</strong> Se è sempre valido il teorema di Agatha Christie secondo il quale tre indizi fanno una prova, lo stesso concetto potrebbe essere applicato anche alle <em>fake news</em>, che in forme sempre più massicce intasano i nuovi mezzi di comunicazione di massa. Enfatizzate, riproposte a oltranza e ingigantite dalla diffusione sui social network, le notizie false finiscono a volte col conquistare una loro subdola credibilità condizionando in modo erroneo la fruibilità da parte dell’utente più indifeso. È vero, certo, che le bugie ci sono sempre state. Ma nello scenario dell’ampia circolazione in rete il fenomeno dispone di un potenziale enorme e pernicioso che si manifesta attraverso gli appelli all’emotività e alle convinzioni personali. Mentre la cosiddetta famiglia dei “grandi fratelli” – <em>Facebook</em>, <em>Twitter</em>, <em>Google</em> – ha ormai una posizione consolidata, quello delle <em>fake news</em> rappresenta forse il fenomeno più subdolo di un sistema mediatico che ha detta di molti ha cambiato il mondo tanto quanto sia riuscito a fare la scoperta di Gutenberg. Ma con un impatto molto più amplificato.</span></p>Unknownnoreply@blogger.com