giovedì 31 maggio 2012

Anziché governare lui si trastullava

 

di Renzo Balmelli 

 

STRACCI. De gustibus non disputandum est. Sarà. Però che gusto ci sia a guardare giovani donne travestite da Obama o da giudice Boccassini per allietare gli ozi dei potenti è un mistero destinato a rimanere avvolto nelle nebbie di Arcore. Fellini ci avrebbe costruito un corrosivo ritratto dei suoi, la metafora perfetta della decadenza di un sistema. Di fronte allo squallore si misurano in tutta la loro gravità i rischi corsi dall'Italia rimasta alla mercé di una classe dirigente inetta, che sprecava il suo mandato trastullandosi anziché governare. La consapevolezza del pericolo dovrebbe se non altro contribuire a sventare senza indugi il bluff del presidenzialismo alla francese, l'ultima trovata raschiata dal fondo del cilindro sulla quale il Pdl pensa di fondare la Terza Repubblica prossima ventura, targata Berlusconi. Come se non avesse combinato abbastanza guai nella Seconda. Si rassegni il partito più malato della legislatura. Sul palco ormai il re ormai è nudo. A terra restano gli stracci di un progetto fallito, le ricadute di una sconfitta impossibile da azzerare.

 

GERUNDIO. Strano il destino dell'Italia in cui si bistratta la straordinaria potenza creativa della commedia dell'arte con volgari imitazioni. C'è stato il premier mutatosi in comico, più bravo a promettere che a mantenere. A furia di repliche stucchevoli e inconcludenti, il biglietto d'ingresso per il Barnum di Palazzo Grazioli alla fine era diventato troppo caro e il teatro ha chiuso per mancanza di idee e spettatori. Adesso va forte il comico mutatosi in politico, deciso a farsi strada urlando, imprecando e litigando. E' difficile prevedere fin dove arriverà Grillo, di sicuro però l'attore genovese non ricorda le parole di Benedetto Croce, il quale ammoniva che "mal comincia un periodo con un gerundio". Infine, se Dio vuole, c'è Paolo Rossi il quale non chiede che di fare bene il suo mestiere di comico dedicandosi agli "esercizi spirituali di rifondazione umoristica". Candidarmi? Mai, mi voterei contro. In tanta presunzione, una sana boccata d'ossigeno!

 

GESTI. Tempo fa, nella presentazione del duello Sarkozy-Hollande, un quotidiano della destra ha usato un paragone orribile: non si può chiedere a una persona di scegliere tra la morte a causa delle peste e quella a causa del colera. Non sappiamo come l'abbia presa l'ex presidente, ma il nuovo non si è scomposto. Con lo stile tranquillo tipico del suo carattere, Hollande si è guardato bene dal replicare con toni arroganti. Il neo eletto non scambia l'Eliseo con Versailles, non confonde la presidenza con la monarchia. Usa i mezzi pubblici, non strapazza le auto blu per fare shopping, vuole essere cittadino tra i cittadini, interagire con gli altri. Di fronte alla crisi l'Europa avverte il bisogno di una nuova offerta politica fondata sulla solidarietà e la capacità di ascoltare. Quelli del socialista Hollande sono piccoli gesti, d'accordo, impreziositi però dalla semplicità e dalla modestia. Aiutano ad accorciare le distanze, e, ciò che più conta, a creare un clima meno cupo, alla faccia degli uccelli di malaugurio.

 

VERGOGNA. Diceva Nereo Rocco a un suo difensore troppo irruente sull'avversario: te go dito tocalo, non copalo! Marcalo, non ucciderlo. Adesso forse nemmeno con la sua verve  il popolare allenatore troverebbe le parole giuste di fronte all'enormità della catastrofe che poco alla volta sta uccidendo il calcio italiano, il suo calcio pulito, travolto da una ondata di illeciti, scommesse e partite truccate arrivata a lambire anche la sacralità della Nazionale. Sconcerto, umiliazione, vergogna sono le reazioni alla scoperta della corruzione sotto la crosta, della gramigna dei risultati da aggiustare, del giro di irregolarità milionarie destinato fatalmente ad alterare il campionato e a causare un danno devastante all'immagine e alla credibilità del calcio italiano nel mondo. Chi ha sbagliato, pagherà, almeno si spera. Ma avere rovinato lo spettacolo e il piacere ai tifosi con l'ombra del sospetto diventato ormai certezza è un fallo da rigore imperdonabile. E i reprobi non erano soltanto poche mele marce.

 

TERREMOTO. Nemmeno Dan Brown con il fantasioso "Codice da Vinci" o il maligno Peyrefitte col sulfureo "Le chiavi di San Pietro", forse, sarebbero stati capaci di immaginare e descrivere la nuova tempesta che investe il Vaticano mentre la Curia romana sta ancora faticosamente rielaborando la triste vicenda dei preti pedofili. Tra fughe di carte segrete e il documento con cui la Santa sede sfiducia il numero uno dello IOR si dipana una trama da romanzo noir in cui la realtà supera la fantasia. Sul piano delle cose terrene un colpevole delle malefatte è già stato trovato: è il maggiordomo, la persona più vicina al Papa, ma è un epilogo fin troppo banale. Da questo uno-due di segreti, intrighi e ipocrisie riaffiorano i ricordi dolorosi di scandali passati, da Marcinkus alla fine mai chiarita di Calvi sotto il ponte londinese dei Frati neri, tanto da indurre Benedetto XVI, esterrefatto e addolorato,  a evocare la tragedia di nuova Babele capace di corrompere anche le anime dei devoti. La Chiesa non cade perché è fondata sulla roccia, recita il Vangelo. Stavolta però la fragorosa irruzione delle tentazioni temporali nel cuore del potere spirituale lascia intendere che il terremoto potrebbe essere solo all'inizio.

 

ILLUMINISMO. Gran consulto al capezzale dell'Europa sofferente. E' un mal sottile, quello dell'UE, reso insidioso dalla mancanza di fiducia nell'euro, dal viaggio verso l'ignoto della sindrome greca, dalla cocciutaggine della Germania, dall'incomprensione tra i governi, dai rinascenti egoismi nazionalisti, ma soprattutto dalla progressiva dispersione degli ideali comunitari tramandati dai padri fondatori. Un vistoso deficit culturale non meno drammatico di quello di bilancio. Non a caso sul Corriere della Sera, Gian Arturo Ferrari parla dell'Unione come di una "orchestra senza musica", mentre André Glucksmann esorta a ritrovare l'identità comune nei valori dell'Illuminismo. Ora tocca alla politica indicare la strada, ma fin qui le risposte sono state meri esercizi strategici, spesso discordanti e troppo poco persuasivi per riuscire a rianimare il dibattito oltre l'egemonia dei listini di borsa.

 

DISUNIONE. Fino a quando ha tenuto l'illusione della presunta superiorità morale, la Lega ha avuto gioco facile nel deridere il meridione, Roma ladrona, l'unità d'Italia e l'Europa allargata. Ma, dal giorno in cui ha perso l'innocenza, al Carroccio non resta molto altro per sfuggire al declino se non togliere dall'armadio le idee più strampalate come quella sentita in questi giorni di annettere la Lombardia alla Svizzera. Visto che non ha funzionato in patria, si esporta la secessione all'estero, promuovendo nostalgiche dinamiche sul miraggio di un continente all'antica, frantumato in tante signorie, su cui costruire un primo nucleo dell'Europa delle regioni, per altro già archiviata da tempo, che finirebbe col far saltare il patto di solidarietà tra i popoli. A sostegno della mirabolante operazione si cita addirittura Dostoevskij che, notoriamente, non era amico di Cavour. Ma la disunione europea non sarà mai una carta vincente.

 

ARCHITRAVE. In Egitto la soddisfazione per il primo voto democratico in cinque mila anni di storia è offuscata dal ballottaggio di metà giugno per la presidenza al quale si presenteranno un leader islamico conservatore e un ufficiale, esponente del vecchio regime. Sarà in sostanza una sfida gattopardesca, dalla quale sono esclusi moderati, laici, liberali e progressisti, in modo da lasciare le cose come prima. C'è sconcerto e delusione specie tra i giovani. Quella che altrove sulla costa africana è stata chiamata rivoluzione araba, al Cairo è soltanto una transizione strettamente controllata dai militari. La consultazione assomiglia sempre più all'enigma della Sfinge, impossibile da sciogliere. Dopo una ventata di speranze inaudite, ora tradite, il sipario sembra già calato sul paese che per cultura e tradizione avrebbe dovuto formare l'architrave del moderno Medio oriente.

giovedì 24 maggio 2012

MELISSA



di Renzo Balmelli 


DIVENTARE STILISTA. Melissa,16 anni, studentessa a Brindisi, cullava un sogno, diventare stilista. Un sacrilegio le ha rubato la vita. Nemmeno nei peggiori anni di piombo era mai accaduto che il terrorismo affondasse l'infamia e gli artigli fino al punto da colpire una scuola. Che è come colpire al cuore una nazione intera. A cosa sia dovuto lo spaventoso salto di qualità nella brutalità degli esecutori è una domanda che si perde nella nebbia dei tanti misteri italiani. Alcune inquietanti coincidenze sembrerebbero portare alla matrice mafiosa: il nome dell'istituto intitolato a Francesca Morvillo Falcone, il ventennale dell'attentato di Capaci, la carovana per la legalità partita da Mesagne, roccaforte della Sacra corona unita. C'è però un'altra ipotesi a gelare il sangue nelle vene. Lascia sgomenti la possibilità di stare ad assistere a una riedizione della strategia della tensione tesa a gettare i cittadini nel panico E' uno scenario già visto: le trame eversive destinate a restare impunite in un criminale intreccio di complicità e omertà.


UN FINE SETTIMANA DA INCUBO. In seguito a un fatale concorso di circostanze, quello appena trascorso è stato un fine settimana da incubo per l'Italia confrontata nel giro di poche ore con la duplice emergenza del rinascente terrorismo e del riacutizzarsi dei fenomeni sismici che da vari mesi si manifestano con scosse di intensità variabile. Sono eventi senza nessun legame, ma che tra popolazione, già duramente provata dalla crisi e dagli scandali che incrinano la fiducia degli elettori, hanno lasciato un sentimento di paura e di insicurezza. In entrambi gli eventi – sia a Brindisi, teatro del vile attacco alla scuola, sia in Emilia, epicentro del terremoto con morti, feriti e danni ingenti – nel sistema di protezione di cui deve farsi carico lo Stato sono apparse falle preoccupanti. Quando l'emergenza incombe, alla politica e a chi governa viene chiesta fermezza e coesione per contrastare i focolai dell'eversione e gli imprevisti della natura che in passato, da Bologna all'Aquila, a causa di pesanti inadempienze nella rete di sicurezza, hanno messo in serio pericolo l'incolumità del Paese.


CONDANNA. L'Italia dimentica sempre troppo in fretta. Spesso il ricordo di tanti leali servitori della Stato eliminati, cancellati perché facevano paura al potere, è soltanto un nome inciso su una lapide. Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, uomini troppo giusti per avere un destino diverso. Da lontano arriva, come l'eco di un monito rivolto alle coscienze, la voce della vedova di Vito Schifano, l'agente caduto nell'adempimento del dovere. "Vi perdono – disse rivolta agli assassini del marito – ma mettetevi in ginocchio e pentitevi". Non è valso a fermare la ferocia. La scuola brindisina teatro della strage era da tempo impegnata in prima linea per sostenere la lotta contro tutte le mafie ed aveva vinto il primo premio del concorso volto ad attuare le iniziative del pool contro la criminalità organizzata. Con il loro slancio, quelle splendide ragazze uccise, ferite, dilaniate nel corpo e nell'anima e quei giovani protagonisti di una guerra vera e mai riconosciuta combattuta in nome della giustizia, non sapevano di avere firmato la loro condanna a morte. Ci vorrà tanto coraggio e tanta forza di volontà per squarciare il velo di tristezza e rassegnazione caduto sull'Italia


FRUGALITA'. Non è più tempo di metafore. E' carino farsi fotografare senza cravatta per mostrare al pubblico che i vertici non sono soltanto un rituale mondano come lo furono in passato i summit spettacolari celebrati tra lo scintillio di cristalli e abiti da sera. Lo sforzo è senz'altro lodevole, tuttavia il clima quasi spartano in cui è andato in scena il G8 di Camp David da solo non basta per attenuare il senso di impotenza. Dal comunicato finale, scritto da abili " sherpa" già prima di riunirsi, emergono memorie da economia di guerra da cui si diramano scenari poco inclini all'ottimismo. Se incontri di questo tipo ancora hanno un senso, è soltanto perché di fronte all'emergenza globale è sempre meglio parlarsi piuttosto che rinchiudersi nella torre d'avorio degli egoismi nazionali. In sintonia col nuovo stile anche i pasti dei "ricchi "del mondo sono stati frugali. Ma nemmeno la morigeratezza a tavola sarà motivo di consolazione per i 200 milioni di bambini che ogni giorno vanno a letto affamati senza essere sicuri di tornare a rivedere il sole. Forse è ora di riscrivere le priorità.


CONTAGIO. Tranne quello caduto sull'aereo presidenziale, non c'è stato il colpo di fulmine tra Francois Hollande e Angela Merkel, la coppia più improbabile e meno affiatata della politica europea. Uno, irrobustito dalle vittoriosa corsa all'Eliseo, deciso a scardinare le pesanti politiche di austerità che stanno mettendo in ginocchio l'Europa. L'altra, indebolita dalle sconfitte elettorali, e scavalcata in popolarità da Hannelore Kraft, l'astro nascente della SPD, deve da un lato difendere la sua linea del rigore e dall'altro non perdere la faccia oltre che il contatto con Washington, Parigi e Roma, più flessibili in tema di crescita. Antonioni ne avrebbe fatto un film sull'incomunicabilità. Nell'eurozona si teme il contagio del governo "usa e getta" di Atene. Ne consegue che la capacità di cercare intese senza dissanguare i cittadini diventa l'unica via obbligata per evitare tristi verdetti. Tra le due scuole di pensiero, la voglia di riscatto dei socialisti appare così come l'ancora di salvezza gettata a chi oggi paga il costo più elevato della crisi. 


ARTE. Da emozione in emozione. Per dirla con Antonio Fossati, nostro lettore a Buenos Aires che ci ha inviato la splendida esecuzione del " Va pensiero" curata dal Metropolitan di New York, non vi è cosa più bella della cultura italiana che lo spirito condiviso, sentito e apprezzato universalmente. Eravamo ancora sotto la magia del coro verdiano, e già il cinema ci proponeva un'altra testimonianza di quanta arte e quanta passione ci sia nella visione del mondo di un grande regista italiano. C'era una volta in America di Sergio Leone – uscito nel 1984 – non solo è un capolavoro, ma un monumento al talento del suo creatore fuori dal tempo e dalle mode. Nella versione restaurata presentata a Cannes, la pellicola ha fatto rivivere le stesse sensazioni e la forte identificazione con l'impianto narrativo, provate quasi trent'anni fa, nella trionfale anteprima sulla Croisette. Come il Va pensiero verdiano che non si smette mai di ascoltare, anche la creatura prediletta da Leone ha ogni volta il potere di bloccare lo spettatore sulla poltrona come se fosse la prima volta. Non si ci stanca mai di apprezzare la sua bellezza, la sua complessità, i suoi personaggi ritagliati sullo sfondo di una società segnata da epici contrasti sociali che l'autore ha saputo raccontare come pochi sanno fare. Una pietra miliare della settimana arte che potrebbe avere un altro titolo: C'era una volta il grande cinema. 


AMORE. Un bacio per la storia.  Ognuno col suo significato. Il Bacio  di Hayez, simbolo del romanticismo. L' abbraccio  tra marines e infermiera a New York,  esplosione di gioia per la  fine della guerra.  L'inno alla sensualità  nella collezione dei celebri baci cinematografici con cui Tornatore  conclude il suo "Nuovo  cinema paradiso".  Ora - segno dei tempi - il bacio  immortalato dal fotografo tra una ragazza e un ragazzo che col loro gesto d'amore hanno inteso dimostrare lo scopo pacifico della protesta contro il capitalismo.  Scattata a Francoforte durante  una manifestazione di Occupy , l'istantanea  è candidata a diventare il simbolo del movimento eterogeneo  iniziato a Zuccotti Park, vicino a Wall Street, e  teso  ad abbattere  le convenzioni per portare nei Palazzi la voce delle persone in sofferenza. Un bacio per l'umanità.  I grandi del mondo  farebbero  bene a tenerne conto.

martedì 15 maggio 2012

Scenari di una strana primavera

di Renzo Balmelli 


PROVA. Poco alla volta da Berlino ad Atene, da Parigi e Roma passando per Madrid, la crisi sta erodendo i capisaldi del governo  comunitario, aprendo squarci preoccupanti per la tenuta dell'Unione anche la dove sembrava saldissima. Sotto la spinta del diffuso malumore l'Europa a due velocità traballa vistosamente e lo scricchiolio, seppure per motivi di segno diverso, in queste ultime ore si è avvertito in ugual misura sia in Germania, maestrina virtuosa del rigore, sia in Grecia, campionessa degli sperperi, ormai sempre più lontana dall'antica saggezza aristotelica. Se a un estremo di Eurolandia  il caos ellenico è ormai diventato una costante senza via d'uscita e carica di insidie,  sull'altro versante fa effetto la debacle incassata da Angela Merkel nel Nord Reno-Vestfalia, il più popoloso Stato della Repubblica federale e cuore industriale, minerario, operaio e politico del Paese. Le sinistre democratiche volano e la donna più potente del mondo esce gravemente indebolita dalla consultazione, considerata la prova generale delle prossime elezioni per il Bundestag. Come in tutte le nazioni dove si è votato - ultima la Francia di Hollande - anche la Cancelliera paga la rivolta dei cittadini contro la sua richiesta ossessiva di austerità vissuta però dalla popolazione come una deriva che la impoverisce. L'intesa Sarkozy-Merkel è ormai fallita e archiviata ed è appunto alla socialdemocrazia che l'elettorato, reso insicuro dai passi falsi di una classe politica, ora si rivolge per uscire dalle secche di una conclusione triste, che fa presagire tempi ancora più duri di quelli di oggi.


SANTABARBARA. Mentre l'Egitto esplode di nuovo, Damasco brucia ancora, la Libia resta in bilico e in Algeria resiste l'eterno Fronte nazionale di liberazione, il partito che liberò il paese dall'occupazione francese, gli scenari della primavera araba cambiano in continuazione. Svanito l'alone romantico delle manifestazioni portatrici di speranze inaudite, poi amaramente deluse, per una svolta democratica, il Vicino Oriente è tornato a essere quello che è sempre stato, una Santabarbara attorno alla quale si agita un universo in preda al terrore, alla repressione e alla corruzione. Nessuno sforzo diplomatico sembra in grado di contenere il contagio della sindrome siriana col suo carico di violenze sanguinarie e di minacce per l'intera regione. Ancorché atomizzata dalla morte di Osama Bin Laden, la galassia del terrorismo islamico potrebbe trovare in questo clima convulso nuovi e pericolosi sbocchi alle sue infiltrazioni destabilizzanti proprio vicino a noi, nel bacino meridionale del Mediterraneo.


DIRITTI. E' un segnale di promettente vivacità intellettuale il ritorno dei temi etici nella corsa alla Casa Bianca, fin qui segnata quasi esclusivamente dalle inquietudini per l'incerta evoluzione della crisi. Con l'apertura ai matrimoni gay, Obama con una mossa spiazzante ha difatti sparigliato le carte di una competizione che lo vede in vantaggio nei sondaggi, ma sulla quale si fa sentire il peso delle forze più retrive e ultra conservatrici. L'iniziativa del presidente ha costretto Mitt Romney, sotto accusa per i giovanili atti di bullismo omofobo al liceo, a una affannosa rincorsa per non essere scavalcato su una questione che ribadisce la centralità della lotta a qualsiasi forma di discriminazione e in favore della parità dei diritti sui quali edificare una società davvero equa. In quest'ottica il passo di Obama è stato una scelta di civiltà su uno degli argomenti più spinosi della campagna elettorale.


TENSIONE. Sarà un fatale e involontario concorso di circostanze concomitanti, ma ogni qual volta il confronto sociale si fa più aspro e l'indignazione assume il carattere di una legittima rivolta morale, dagli anfratti della storia rispuntano gli atti violenza, il linguaggio e le sigle degli anni di piombo. E' difficile dire da quali matrici risalgano i rigurgiti vetero-brigatisti di ogni colore; tuttavia senza cadere nella trappola di assurdi teoremi complottisti, non si può fare a meno di notare, dopo l'agguato di Genova e le aggressione a Equitalia, quanto sia singolare il ritorno alla strategia della tensione mentre nel Paese prevalgono l'incertezza e il sentimento di precarietà. Coincidenze che fanno pensare. Parlare di una occulta cabina di regia non ha alcuno senso - siamo d'accordo - ma ancor meno legittimo è il tentativo di confondere il disagio legato alla crisi con il terrorismo; insomma di trasformare la vittima in capro espiatorio. Perché una cosa va detta: a sparare e gettare bombe non sono i lavoratori e nemmeno marziani venuti da chissà dove, ma militanti al servizio di interessi inconfessabili.


SAPIENZA. Quando si offre un servizio a cinque stelle, negli alberghi di tale categoria è vietato sgarrare. Con i prezzi che girano l'offerta non può presentare sbavature. Si può quindi supporre che Beppe Grillo sapesse cosa lo aspettava quando decise di attribuire al suo Movimento l'ambiziosa autocertificazione. Con un tale marchio di elevata qualità, il comico genovese adesso non può certo accontentarsi dello slogan "Abbasso tutti!" che ricorda L'Uomo qualunque di Guglielmo Giannini al quale viene accostato. Ci vuole altro. Giunto alla fase in cui dalle sfuriate occorre passare ai programmi traboccanti di proposte, a Grillo toccherà provare di non essere solo l'istrione abile nel cogliere l'attimo fuggente, e nemmeno una delle tante meteore apparse nel variegato firmamento della politica. Passata l'euforia del successo elettorale, si apre per i grillini un terreno inesplorato in cui dimostrare di non avere soltanto la sapienza infusa. E qui iniziano le difficoltà. Perché difendersi dalle critiche, distinguersi e progettare vere alternative richiede appunto una preparazione e una bravura a cinque stelle.


SOLITUDINE. Bisognerebbe coniare un titolo sulla solitudine degli elettori. Magari non sarebbe male, nell'analisi delle amministrative, ricordarsi in quali precarie condizioni di smarrimento gli elettori sono andati al voto. Per spiegare la frantumazione del quadro politico si dà la colpa alla crisi. C'è molta verità in tutto questo. Ma anche una grande omissione: il dilemma dei cittadini, da poco usciti dalla crisi morale del Rubygate che ha segnato le coscienze. Certo, le condizioni dell'economia restano drammatiche a causa della scarsa attenzione portata in passato alle scelte di lungo periodo per le riforme. Lo scollamento tra la volontà popolare e le misure di austerità non dipende però soltanto da questo. Il divario è destinato ad aumentare se il risanamento, oltre ai conti in ordine, non riporterà al centro del villaggio l'equità dei sacrifici e la priorità della questione morale.

 

venerdì 4 maggio 2012

La litania del complotto

di Renzo Balmelli
IPOCRISIA. Di questo passo non ci sarà da stupirsi se un domani l'Italia osservata da fuori verrà vista come una Repubblica fondata sul complotto. Con tutti i casi di corruzione in cui nessuno si riconosce, non passa giorno senza che personaggi un tempo osannati e adulati si riempiano la bocca di questa parola quale insulsa giustificazione per salvare reputazioni compromesse da tesorieri fraudolenti, sperpero di denaro pubblico e collusioni mafiose. La litania del complotto è ormai il tormentone dei salotti televisivi, ma questo non significa che se ne debba abusare. Invece a furia di " non sapevo", e di" non c'ero" il Paese è costretto ad assistere a un deplorevole festival dell'ipocrisia che è quanto di meno indicato vi sia per ridare credibilità alla politica.
RANCORI. Fa paura, e tanta, la cavalcata dell'estrema destra francese . Molti democratici si chiedono se i partiti tradizionali vedono il pericolo rappresentato da sei milioni e mezzo di elettori - uno su cinque, una enormità - accecati dalle bacate ideologie di Madame Le Pen. La " paladina nera" ha giocato la carta della rispettabilità , ma dietro il consenso che ne fa un arbitro scomodo delle elezioni emerge una Francia piena di rancori spesso intinti nell'inchiostro del livore xenofobo. Si fa quindi affidamento su Hollande, preferito dai sondaggi al posto di Sarkozy che va a caccia di voti lepenisti, per fermare la deriva di un altro viaggio al termine della notte di cui qualcuno dovrà prendersi la responsabilità davanti alla Storia.
IDENTITA'. Anche i primi della classe non stanno bene. Nazione virtuosa e di ampie vedute, l'Olanda è sull'orlo di una crisi di identità che ne sta snaturando l'immagine di paese tollerante per sostituirla con l'idea malsana che si, d'accordo, l'altro non disturba , ma soltanto a casa sua. Complice il fardello del debito sulla " tripla A" di cui l'Aia va orgogliosa, attorno al leader dell'estrema destra Geert Wilders si è andato via, via coagulando un farraginoso segmento della società anti tutto: anti europea, nemica dell'euro, ostile al dialogo multiculturale. A molti anni dai Trattati di Roma sottoscritti in nome del "mai più guerre tra noi" tornano a materializzarsi sul Vecchio Continente i fantasmi del passato in cui ognuno prova a dettare legge a modo suo.
CORSI E RICORSI. La disoccupazione è un male acuto che erode la dignità dell'uomo ,opprime l'animo, rende difficile progettare il futuro. Possono cambiare le maggioranze come è avvenuto in Spagna, ma serve poco: nella nazione iberica come del resto in tutta l'UE l'esercito dei disoccupati conosce - dati alla mano - una progressione che non accenna a decelerare. La finanza avida e senza regole ha lasciato in eredità all'Europa una gran fame di lavoro che per la sua gravità evoca sia il crollo del 1929 sia lo spettro del 1937, l'anno in cui si misero in moto gli scarponi chiodati. Forse oggi ci sono più strumenti per non cadere nell'abisso; ciò nondimeno il peso dei corsi e ricorsi storici obbliga a guardare la realtà senza cullare soverchie illusioni.
SFIDE. Quando il gioco si fa duro, i duri scendono in campo. Esponente della scuola umanistica, Obama un duro non è, né per carattere né per formazione. Al contrario la capacità di usare cuore e cervello al posto dei muscoli è il suo asso nella manica, mentre la campagna elettorale entra nel vivo. Di fronte, a meno di clamorose sorprese, si troverà Mitt Romney che ha strappato la designazione dei repubblicani dopo essere passato indenne attraverso il fuoco amico. La qualcosa ne fa un candidato ancor più temibile. Grazie ai quattro anni alla Casa Bianca il presidente è meglio attrezzato del rivale, ma è pure consapevole che a volte, come nella nobile arte amata da Hemingway, occorre mettere i guantoni, seppure a malincuore, per vincere le sfide che contano.