lunedì 24 settembre 2012

I pompieri incendiari

di Renzo Balmelli 

IRA E RAGIONE. Blasfemo frutto di una mente bacata, il filmaccio che deride Maometto irrompe nella campagna presidenziale americana e sull'infuocata scacchiera mediorientale col suo carico di strategie devastanti. A esse, alla stupidità criminale che ha guidato la mano del regista, in simili momenti di estrema tensione si può soltanto contrapporre il buon senso, nella speranza che la ragione prevalga sui giorni dell'ira. Dimostrandosi statista avveduto e consapevole di guidare una grande potenza, Obama nonostante la gravità dei fatti accaduti a Bengasi non si è lasciato travolgere dalla spirale delle crociate punitive evocate dalla destra repubblicana per raccattare consensi e ha deciso , in linea con le sue convinzioni, di tenere aperto l'unica opzione plausibile, quella del dialogo e della diplomazia. Qualsiasi altra ipotesi finirebbe col trascinare il mondo arabo in un conflitto senza ritorno. Nell'atteggiamento adottato dalla Casa Bianca è però implicito un messaggio all'Islam affinché porti avanti senza tentennamenti la mutazione da forza di lotta in forza politica, poiché da essa dipende il successo della primavera araba. Restare nell'ambiguità, essere pompieri e incendiari è una causa persa in partenza, è dare corda al fondamentalismo, a maggior ragione se si considera che l'uccisione dell'ambasciatore Chris Stevens è stata sua volta una barbarie intollerabile, ordita da una occulta cabina di regia al servizio di interessi inconfessabili.


DISAFFEZIONE. Dato che è come se l'Italia fosse già in campagna elettorale, cresce la curiosità di conoscere gli orientamenti di voto dei cittadini. Orbene se i sondaggi verranno confermati, non c'è nulla per cui esultare. Stando così le cose, al momento di recarsi alle urne il peggior nemico dei partiti, oltre alla crisi economica, sarà infatti la disaffezione che raggiunge picchi mai visti. Sembra di capire che nessuno abbia fatto tesoro della provvidenziale pausa di riflessione offerta da Napolitano e dal governo Monti per pensare e ripensarsi. La sinistra perché frenata dalle liti personali e dai contrasti interni sul programma. La destra perché rimasta quella del Rubygate e del cucù alla Merkel. Il centro perché persosi in periferia. I grillini perché vivono più di slogan che di sostanza. È un quadro piuttosto deprimente, sostanzialmente povero d’impulsi vivificanti, che in pari tempo segnala quanto sia diffusa la sfiducia tra l'opinione pubblica, ormai stanca e sconcertata dallo sterile teatrino della politica oltre il quale si staglia il fantasma della deriva qualunquista.


DESIO. Da quando le escort si sono squagliate, il desio del Cavaliere si volge ai naviganti di quella che potrebbe chiamarsi la crociera delle futilità. Le banalità propinate ai compagni di viaggio sono tanto scontate se non addirittura ridicole, da fare impallidire il ricordo di Monsieur De La Palisse. Tra le amenità della navigazione, merita la medaglia d'oro il fantozziano "serve una svolta salutare", un auspicio che detto da chi è stato tanto a lungo sulla breccia da avere lasciato sullo scranno la sagoma indelebile del suo fondo schiena ha il sapore di una beffa colossale. Segue a ruota l'impegno a non consegnare l'Italia alla sinistra, come se quando era governata dalla destra andasse a gonfie vele. Rispetto a La Palisse c'è però una differenza sostanziale. Il povero generale morto a Pavia fu vittima di altrui burla che gli valse, suo malgrado, la fama di campione dell'ovvio per il resto della Storia. Le esternazioni del Cavaliere sono invece tutte farina del suo sacco.


GRAZIA. Shakespeare che di tresche, regine, principesse, cortigiani e pettegolezzi se ne intendeva, aveva già intuito, con parecchio anticipo sulla stagione del gossip, che "Molto rumore per nulla", come il titolo di una sua famosa commedia, è una locuzione che esercita un formidabile potere di attrazione sul pubblico. E molto rumore per nulla o quasi si è fatto attorno al topless di Kate Middleton, fotografata mentre si toglieva la parte alta del costume con un gesto da donna innamorata che forse non avrebbe lasciato indifferente nemmeno il drammaturgo di Stratford. Per sua sfortuna la futura regina ha acquisito con lo statuto reale una visibilità che la condanna a essere perseguitata dai paparazzi, distanti però anni luce, con la loro sfrontata invadenza nella privacy, dal tocco di grazia dei versi del grande William. Ma non è la fine del mondo. 


DISCREZIONE. Con Roberto Roversi, morto nella sua Bologna a 86 anni, scompare un altro frammento della cultura italiana dal profilo non convenzionale, calamita per tanti spiriti inquieti, e nel contempo estranea alle esibizioni gridate. La cifra di Roversi, poeta e scrittore anomalissimo, partigiano e uomo di teatro, è stata la discrezione. Nei momenti di maggiore esposizione, era così schivo da distribuire i suoi lavori in ciclostile invece di pubblicarli dagli editori. Il vezzo, indice di una forte personalità controcorrente che a detta degli amici a volte sconfinava in metodi di lavoro stressanti per chi gli stava attorno, nulla ha tolto alla sua fama di grande sperimentatore della nostra lingua. Oltre alla collaborazione con Pasolini, la sua abilità a lavorare con il linguaggio segnò profondamente anche il profilo artistico di Lucio Dalla, un'altra voce fuori dal coro di cui si avverte la mancanza nel panorama della canzone d'autore.


CARRILLO.  Evoca molti ricordi e alza il sipario su una stagione ormai lontana nel tempo, una stagione attraversata da fermenti, speranze e a volte delusioni anche cocenti, la morte di Santiago Carillo, figura di spicco dell'anti-franchismo e storica guida del Partito comunista spagnolo. Carillo, scomparso all'età di 97 anni, era l'ultimo esponente della generazione cresciuta con Enrico Berlinguer e Georges Marchais, dalla quale scaturì quello che venne chiamato "eurocomunismo". L'adesione alla linea moderata e riformista gli costò l'espulsione dal Pce ancora fermo su intransigenti posizioni dogmatiche. Quell'affronto non lo distolse tuttavia dai suoi ideali. Negli annali resterà di lui l'immagine di quando nel 1981, durante l'occupazione del Parlamento spagnolo da parte dei militari che tentavano un colpo di stato, fu tra i pochi a rimanere in piedi, impassibile, sfidando la tracotanza del colonnello Tejero. Un gesto che, entrando nell'immaginario collettivo, contribuì a rinforzare l'ancor fragile democrazia spagnola e a fare di Carillo un eroe nazionale.

 

Compresreste un'auto usata da uno come Paul Ryan?

di Renzo Balmelli 

ASSEGNO. In America quando non ti fidi di qualcuno, si usa dire che da un tipo come lui non compreresti nemmeno un'auto usata. Fidarsi di uno come Paul Ryan, il vice di Romney, che promette 14 milioni di nuovi posti di lavoro in cambio di un mandato vale quanto firmare un assegno a vuoto . Ne più ne meno dei 10 milioni di impieghi vagheggiati da Berlusconi e mai visti. Spalmato su quattro anni il programma diventa una chimera , mentre appare più realistico e credibile, anche ne non facile da far passare, il messaggio di Obama che non smercia illusioni, ma soltanto la consapevolezza che il sogno americano non cresce sugli alberi.


TORMENTONE. Nel vedere le immagini di repertorio diffuse sul satellite RAI, ci si chiede, con un filo di tristezza, dove siano finiti i tempi in cui il cinema italiano occupava un posto di grande rilievo alla mostra di Venezia. Anche all'edizione che si è appena conclusa, difatti, giusto per rispettare la tradizione degli ultimi anni, nessuna pellicola della Penisola è salita sul podio. Di cosa soffra esattamente la cinematografia italiana, se sia diventata troppo provinciale e incapace di affrontare i grandi temi universali, è un tormentone senza via d'uscita che lascia l'amaro in bocca nel paese in cui sono nati alcuni fra i maggiori capolavori della settima arte.


DIBATTITO. Che la letteratura tradizionale e quella della Rete finissero con l'entrare in rotta di collisione, era da prevedere. A stuzzicare l'attenzione su un conflitto ormai latente ha provveduto Philip Roth a causa di una infelice citazione di Wikipedia. Senza farne una guerra di religione, la caratura dei contendenti ha mostrato che tra i due mondi - classico uno, veloce e disinvolto l'altro - non sarà semplice arrivare a una tregua. Mentre crescono le polemiche sull'inarrestabile esercito della comunicazione on line, è dunque plausibile supporre che in futuro il dibattito culturale nell'ambito della tecnologia non mancherà di sollevare onde sempre più alte.


OBLIO. Sartre e il nostro tempo. La curiosità di sapere che fine abbia fatto l'eredità del maitre à penser di intere generazioni nasce dalla scoperta casuale di un vecchio articolo del 2000, pubblicato a vent'anni dalla morte del filosofo. Già allora l'anniversario fu l'occasione per uno scontro acceso su una figura per alcuni datata, per altri da rivalutare. Poi l'interesse cominciò a sbiadire e sull'autore della Nausea sembra essere calata la nebbia della distrazione. Magari è soltanto un oblio passeggero; ciò non di meno sarebbe interessante capire se il mito esistenzialista del Café Flore dice ancora qualcosa ai giovani d'oggi.


ARGINE. Se l'UE, tradendo la propria sigla e la propria cultura, diventasse la comunità della disunione, quella che taluni hanno definito la " telenovela" dell'euro rischierebbe di non conoscere il lieto fine. Al culmine della crisi, l'esortazione in favore "di più Europa" perciò non potrà limitarsi a una mera enunciazione di principio, ma dovrà assumere il carattere di una vera e propria controffensiva per porre un argine contro la marea montante degli egoismi nazionali. Se lo sforzo non sarà corale, la disgregazione della moneta unica porterebbe alla disgregazione dei popoli, con conseguenze tali da far tremare le vene ai polsi al solo pensarci.


SERMONE. I pareri si dividono sul concitato sermone di Clint Eastwood a Obama, rappresentato da una sedia vuota. Sta di fatto che se voleva servire la causa repubblicana , l'autore di tante pellicole di successo ha ottenuto proprio l'effetto contrario. Il dialogo surreale ha finito infatti con l'oscurare il già pallido intervento di Romney, mettendo in serio imbarazzo gli strateghi del Grand Old Party. Giudicare il regista attraverso il prisma politico non funziona, ma della Convenzione di Tampa si ricorderà soprattutto la sua strana performance, tipica di un anarchico del suo calibro che passa dalla Magnum alla critica sociale e a volte sbaglia la mira.

 

lunedì 10 settembre 2012

Io speriamo che ce la caviamo

di Renzo Balmelli 


SPERANZA. Senza il capestro della crisi che morde tutti i governi in ugual misura, Obama avrebbe avuto la rielezione in tasca. Il suo mito, quantunque un po' incrinato, continua infatti a rappresentare un motivo di speranza per realizzare una società migliore, in cui valga la pena di vivere, fondata sui principi di giustizia e libertà. Per non perdere la Casa Bianca, nei prossimi due mesi il presidente in carica dovrà percio' declinare altrimenti il suo "yes we can" e trasformarlo, con una chiave di lettura nuova più che mai attuale, in un "ce la possiamo ancora fare" a non ricadere nel vecchio precipizio di Bush e soprattutto a non consegnare l'America al potere ringhioso dei repubblicani.


LIVORE. A giudicare dal clima che si respira da qualche tempo negli Stati Uniti, nella campagna della destra sono del tutto assenti i valori dello spirito con i quali Obama ha provato, tra mille difficoltà, a dare una dimensione di grande spessore etico e culturale alla realizzazione del sogno americano. Dietro il sorriso sintetico di Mitt Romney, l'uomo vuoto per tutte le mezze stagioni, e del suo vice, l'aggressivo Tom Ryan, imperversano i sentimenti meno nobili del Tea Party intinti nel veleno del livore contro l'intruso di colore alla guida del paese. Da questo punto di vista la deriva qualunquista del Grand Old Party rappresenterebbe un inquietante ritorno a un passato ultra conservatore che non ha lasciato buoni ricordi.


FLIPPER. Non si vincono le elezioni semplicemente con gli slogan di facile suggestione. In quelle sfide da cui possono dipendere i destini del mondo, oggi è fondamentale la capacità di usare in modo sapiente le infinite opportunità dei "social network". Figlio del suo tempo, se Obama venisse riconfermato, potrà vantarsi di essere il primo "social president" della storia americana. Quello che gli esperti hanno già definito il " flipper mediatico" nel gioco a rimbalzi di domande e risposte sulla rete ha mostrato, con oltre 30 milioni di contatti, (ma saranno molto di più fino a novembre) quanto l'elettore apprezzi il dialogo diretto e senza filtri, capace di restituire l'entusiasmo a un'opinione pubblica sfiduciata e oppressa dallo spettro della sindrome greca.


CIRCOSTANZE. Durante l'estate abbiamo assistito al remake del solito film mirabolante in cui Berlusconi, paragonandosi a Batman, si ostina a girare l'ultima scena del suo ritorno sulla breccia, il suo ritorno al ridicolo. A cosa miri l'escalation se non a inquinare un quadro politico già destabilizzato di suo, è un interrogativo che si perde nella bolgia del politichese. Lascia tuttavia allibiti notare come la " fosca manovra " sulle intercettazioni telefoniche in atto da alcune settimane colpisca il Quirinale mentre l'Italia, seppure a fatica, sta poco alla volta ritrovando il concetto di responsabilità a livello internazionale .Che poi il proprietario delle testate da cui è partito il duro attacco a Napolitano sia il Cavaliere non sembra essere soltanto un casuale concorso di circostanze..


ILLUSIONI. Sono state Olimpiadi riuscite quelle di Londra ; gradevoli, senza smancerie e molto british, con quel tocco da festa mobile più da Hemingway che da Dickens. Ogni quattro anni - ha osservato Beppe Severgnini - i giochi mostrano come il mondo potrebbe essere, ma non ci riesce e nemmeno ci prova. Ammainata la bandiera universale dei cinque cerchi, ciò che si presenta ai nostri occhi sono le immagini della tremenda macelleria di Assad, la più tragica delle conferme di fronte al baratro delle illusioni perdute. Nessun altro commercio è tanto prospero come quello delle armi, tenuto vivo da complicità inconfessabili. I mercanti di morte non conoscono la crisi e nessuno può proclamarsi innocente davanti al massacro.


GRIGIORE. Su alcuni quotidiani inglesi è apparsa un'inchiesta da cui risulta che l'Italia è diventata un paese triste, ormai incapace di godersi la Dolce Vita. Agli autori del servizio si potrebbe obbiettare che il capolavoro di Fellini non era un documentario su un villaggio di vacanze, ma qualcosa d'altro. Un fondo di verità tuttavia viene a galla tra le pieghe del servizio, malgrado gli stucchevoli luoghi comuni sugli italiani gaudenti e poco inclini al rigore. Bisogna convenire, infatti, che assistere al quotidiano, stucchevole teatrino dei partiti, tra anatemi e insulti sguaiati, non trasmette allegria. Qualcosa di simile d'altronde decretò pure la fine della " swinging London", quando la stagione dei Beatles, di Carnaby Street e della mini gonna, che segnò un epoca, dovette cedere al passo al grigiore della quotidianità senza sogni.


PARTIGIANI. Con tutti i veri fascisti che hanno ripreso a circolare in Europa, usare il termine, seppure non nella sua accezione storica, ma semmai antropologica, per colpire l'avversario, può dare adito a spiacevoli malintesi, tanto più che il vero pericolo è rappresentato dai continui rigurgiti del crescente esercito dei nostalgici contro i valori della Resistenza. Senza vergogna a destra si dedica con grande sfoggio mediatico un sacrario al generale Rodolfo Graziani, figura ignobile della storia nazionale, mentre passa quasi sotto silenzio lo splendido gesto di alcuni ragazzi alla Cascine di Montegroppo .Di loro iniziativa hanno piantato una piccola croce costruita con le canne di un moschetto alla memoria dei loro coetanei ammazzati dai nazisti. La libertà di cui godiamo noi - hanno scritto - gliela dobbiamo a quei giovani partigiani.