lunedì 28 giugno 2010

Gallina che canta ha fatto "goal"

SPIGOLATURE 

Sarebbe interessante sapere a quanto ammonta la dote del matrimonio padano consumato nel sultanato di Arcore.
di Renzo Balmelli 

GALLINA. Come prima, piu’ di prima la Lega è una mina vagante che con i propri voti condiziona pesantemente la sopravvivenza del governo. Al fango su tutto quel che riguarda l’Italia si è aggiunta, all’indomani della manifestazione di Pontida, l’infamante accusa agli azzurri di avere comperato la partita con la Slovacchia. Infamia , per altro smentita dalla clamorosa eliminazione della  squadra di Lippi, che la maggioranza, in apnea continua a causa degli scandali, si è guardata bene dal biasimare. Secondo un vecchio adagio la prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo, per cui sarebbe interessante sapere a quanto ammonta la dote del matrimonio consumato nel sultanato di Arcore.

SPECCHIO. - Se fosse vero anche solo in parte che il calcio è una specie di metafora della vita, si potrebbe dire che il tonfo degli azzurri ai mondiali è lo specchio dell’Italia berlusconiana: nemmeno un reality, bensi’ un immenso irreality-show in cui c'è poco di vero e quel poco che appare, come sta succedendo con la ricostruzione dell'Aquila, è in gran parte fumo negli occhi. Con la differenza, sostanziale, che nel calcio il bluff dura poco, il tempo di un partita, di un risultato umiliante, mentre nella maggioranza l’inganno va avanti da anni, indisturbato e con la complicità di un immenso apparato mediatico che abbacina e ipnotizza gli spettatori. Ora sono iniziati i processi all’allenatore e ai giocatori, ma la ricerca del capro espiatorio di norma è un esercizio sterile che raramente porta a vere riforme. Da rimettere in forma semmai è l’intero sistema che si autoalimenta a suon di milioni e di false illusioni sperperate al vento. Proprio come questo governo.

BRAGHE BIANCHE. Un altro pezzo d’Italia che se ne va. Celebre per l‘omino coi baffi, la caffettiera Bialetti abbandona la gloriosa tradizione di famiglia ed emigra nell’est europeo, travolta dalla massimizzazione dei profitti a scapito dei posti di lavoro. E’ la pesante fattura che gli industriali onesti e laboriosi sono costretti a pagare in seguito al ritorno rovinoso del capitalismo senza etica che esige dalle maestranze il consenso a comando . Nel terzo millennio, con questa destra alla guida del paese, “el sciur paron dalle bele braghe bianche” non è affatto una categoria in via di estinzione.

CALO. Che Berlusconi si faccia confezionare i sondaggi come i vestiti su misura è risaputo. Non avrà quindi apprezzato, data l’autorevolezza della fonte, l’ultimo rilevamento che attesta un vertiginoso calo di consensi per il governo. Di norma di fronte alle notizie sgradite il premier se la cava con una battuta sulla sinistra che semina odio. Ora sarà interessante vedere come reagirà con il Corsera e Mannheimer, autori dell’inchiesta, che non sono certo assimilabili ai soliti comunisti. Ma presto il premier potrà consolarsi con la legge-bavaglio.

COMPAGNO. Che tristezza! Invece di andarne fiera la sinistra polemizza sull’appellativo “compagni” e regala motivi di scherno ai berluscones che non aspettavano altro per rifarsi la bocca. A giudizio dei riformisti per caso, forse del tutto ignari della storia del movimento operaio, formule come “compagni” e quant’altro sono espressioni desuete che “guardano in maniera ingiustificatamente romantica al passato”. Ma va là! In tempi bui come questi ben altri dovrebbero essere nel Pd i grandi temi su cui confrontarsi anziché dare l’immagine di partito incline a spendersi e lacerarsi nelle più bislacche e autolesionistiche controversie. Una sciocca battaglia priva di senso.

ORRORE. Tra marea nera, generali indisciplinati e la destra repubblicana avida di potere, Obama ha le sue gatte da pelare. Cio’ nonostante la Casa Bianca avrebbe torto a ignorare lo sgomento che si è diffuso nel mondo dopo la fucilazione di un condannato a morte. Oltre al macabro rituale, si prova un senso di doloroso stupore nel vedere la facilità con la quale sono stati reclutati i volontari per formare il plotone di esecuzione. Non puo' esservi giustizia peggiore di quella vendicativa che rilascia la licenza di uccidere abbassandosi al livello dei criminali piu’ efferati. Qualcuno, credendosi originale, ha scritto che, scegliendo di essere fucilato, il prigioniero ha realizzato l’autogestione democratica della pena di morte. Ma qui la pena è nel leggere certe follie. Togli il brivido di orrore e trovi la barbarie.   

martedì 22 giugno 2010

Forza, Africa!

È prioritario che il Sudafrica, impegnato in una sfida cruciale per il proprio futuro, vinca la sua scommessa in nome dell’intero continente nero.

di Renzo Balmelli 

MONDIALI. Per noi non ha assolutamente nessuna importanza chi alla fine si aggiudicherà i mondiali di calcio. Prioritario per noi è che il Sudafrica, impegnato in una sfida cruciale per il proprio futuro, vinca la sua scommessa in nome dell’intero continente nero, oberato da problemi di cui a volte sembra impossibile misurare la reale, disumana portata. Da anni, nella disattenzione generale, nel Congo orientale è in corso il piu’ grande genocidio del dopoguerra. Secondo stime accreditate sono state uccise tra i sei e sette milioni di persone , vittime di massacri spaventosi. E sono soprattutto donne a pagare il prezzo dell'infame operazione. Ma nessuno ne parla perché la priorità per l’occidente passa dalle ricche miniere del paese. Si resta sgomenti pensando al dopo, all’idea di sapere che cosa succederà quando si spegneranno i riflettori sulla rutilante vetrina del torneo e l'Africa tornerà a morire in silenzio.

SEPARATISMO. Suona come il requiem di una nazione il muro contro muro tra fiamminghi e francofoni uscito dalle elezioni belghe. Dopo essere stata lo specchio di cio’ che dovrebbe essere l’Europa del futuro, la patria di Magritte e Simenon sta diventando un rompicapo che mette in crisi le istituzioni comunitarie. Già in passato il regno di Alberto II è stato piu’ volte sull’orlo della crisi per i contrasti tra due comunità che si sopportano, ma non si amano. Negli ultimi tempi il riemergere del problema etnico, culturale e linguistico ha ridato fiato alle sirene del separatismo. Nelle Fiandre è nata una nuova Lega dai caratteri inquietanti che sulla falsariga di quanto accade col movimento di Bossi fa leva sulla presunta superiorità del nord laborioso e locomotiva del paese per riportare indietro le lancette della storia. Se la convivenza si spezzasse fino all’evaporazione del Belgio, al confronto Roma ladrona sarebbe un melodramma e Bruxelles una vera tragedia nel cuore dell’UE.

AUTONOMIA. Non è un editto, ma le regole dettate da Sarkozy per il salvataggio di Le Monde, il prestigioso quotidiano francese gravato da una pesante situazione debitoria, sembrano un tipico esempio di scuola berlusconiana. All’ Eliseo premeva bloccare la cordata della gauche e dal modo esplicito con cui è intervenuto si è intuito che la partita è solamente politica. Grazie alla società dei redattori che ne ha garantito l’indipendenza e l’autonomia finora la testata è stata un modello unico nel mondo della carta stampata. Si intuisce quindi che possa dar fastidio al potere. “ Noi - diceva a questo proposito il noto editorialista del New York Times James Reston - eravamo qui prima che voi arrivaste e ci saremo ancora quando voi politici ve ne sarete andati”. In questa battaglia dei valori e dei principi non ce lo dobbiamo dimenticare mai.

SCINTILLE. Si temeva che il cinema italiano avesse perso voglia e mordente, ma la tendenza sembra essersi invertita. Da Guadagnino a Lucchetti, dalla Guzzanti a Piccioli i pronipoti del neorealismo, mortificati dalla legge-bavaglio e dai tagli decretati dal governo, si sono rigenerati e tornano a raccontare l’Italia cosi’ com’è, con storie forti, penetranti , che indispettiscono la maggioranza, incline di suo a dare un quadro edulcorato della realtà. A guidare la rivolta morale sono scesi in campo registi, autori, attori e scrittori decisi a mobilitarsi in tutto il paese al fine di contrastare la linea politica della maggioranza che si muove contro la cultura in quanto tale. Nel recuperare la lezione dei grandi maestri del passato si capisce che la cinematografia italiana è tornata sulla buona strada per provocare di nuovo scintille e non solo a livello della settima arte.

NERVOSISMO. Quando Bossi da segni di nervosismo, Berlusconi corre subito ai ripari. Va percio' letta nell'ottica di uno strumentale scambio di favori la precipitosa creazione del nuovo ministero per l'attuazione del federalismo. Agli occhi  del premier  la mossa dovrebbe rabbonire il capo leghista che in un momento di forte tensione all'interno della maggioranza ha riaperto di botto i giochi sulle intercettazioni. La legge cosi' com'è non va e sono in molti a dirlo.  Oltre a incontrare il netto rifiuto dell'opposizione, il testo che sa tanto di decreto ad personam  sta pure mettendo in serio disagio sia il Colle, sia svariati pezzi della maggioranza, consapevoli di avere a che fare con un provvedimento contestato anche a livello internazionale.  La sortita di Bossi , che ha accettato l'idea di emendamenti non solo di forma ma anche di sostanza, è bastata per fare pensare al rinvio e in pari tempo, venendo da un alleato di provata fede,  a vanificare l'illusione di Palazzo Chigi  di strappare l'approvazione immediata di un disegno di legge che considerava blindato. Con parole di fuoco il presidente del consiglio ha dato sfogo alla sua frustrazione, ma a dispetto dei soliti attacchi alla sinistra e alla magistratura rossa il suo intervento non è valso a occultare le difficoltà del governo che giorno dopo giorno vede crollare i suoi castelli di carta. A Napoli, dove i rifiuti sono sbucati da sotto il tappeto per invadere di nuovo le strade, e all'Aquila , dove si sgretola lo  smalto fittizio della ricostruzione miracolosa, la verità comincia a farsi strada.   

lunedì 14 giugno 2010

Il silenzio è legge

di Renzo Balmelli 

SILENZIO. Mentre il Senato impartiva la benedizione al ddl sulle intercettazioni, Berlusconi si concedeva un siparietto, al limite dello sgarbo diplomatico, piantando in asso il collega spagnolo Zapatero nel mezzo della conferenza stampa congiunta. Palazzo Chigi ha minimizzato l’incidente, ma l’irritualità della situazione testimonia l’irritazione del premier che non riesce, nonostante il dispiegamento dell’artiglieria pesante, a zittire la mobilitazione contro quella che è stata definita la “legge bavaglio”. In effetti l ’approvazione della nuova normativa espropria i cittadini di un bene inalienabile, il diritto a sapere e la possibilità di conoscere i contenuti delle inchieste. Casi come gli scandali che hanno investito la Protezione civile e costretto il ministro Scajola alle dimissioni in futuro verranno liquidati in famiglia secondo le convenienze dell’omertà politica. Per questa ragione l’Italia è solo all'inizio di una battaglia per la libertà molto dura, al fine di impedire che si torni al regime del '25". Nel piano delle proteste si andrà dalla giornata del silenzio dell’informazione alle pagine in bianco sui giornali che segnalino l’allarme che si è creato nel paese. Pare infatti evidente che il testo licenziato dal Senato non realizza l'obiettivo dichiarato di tutelare la privacy, ma ha semplicemente un effetto intimidatorio nei confronti della stampa. Ne sono dimostrazione le pesantissime sanzioni agli editori. La mobilitazione coinvolgerà anche alcuni giornali stranieri, perché questa è una vicenda che incide sulla Convenzione dei diritti dell'uomo a livello internazionale. Che triste spettacolo ci offre la destra. A questo ha portato la deriva del governo e della sua maggioranza complice nei reiterati attacchi alla Costituzione e alle istituzioni democratiche.


VIA PAL. Se Molnar tornasse nella sua via Pal non la riconoscerebbe piu’. Nemecsec, Janos Boka e gli altri eroi positivi della sua saga urbana sono stati soppiantati da una classe di privilegiati mossi dall’avidità di accumulare ricchezze senza curarsi del resto. Sia chiaro, nessuno rimpiange il comunismo, men che meno a Budapest che ha conosciuto l’orrore dell’invasione sovietica. Ma la transizione frettolosa e caotica da un sistema liberticida al capitalismo senza regole sta costando caro all’Ungheria .Quando i paesi dell’est si affrancarono dal giogo del Cremlino, accanto alla ritrovata libertà ereditarono corruzione, instabilità, rigurgiti nazionalisti e razzisti . E le conseguenze si vedono. Oggi il copione dell’area danubiana, con le sua economia fragile e vulnerabile assomiglia a quello greco, oberato dai debiti. A suo tempo voci auterovoli, da Jacques Delors al tedesco Genscher, esortarono a operare per uno sviluppo sano, graduale e fondato sulla giustizia sociale, ma gli uomini politici non gli dettero retta.


RICORSI. All’orizzonte si intravvedono corsi e ricorsi storici che non lasciano dormire sonni tranquilli. Ovunque ormai crescono i timori sulle prospettive dell’economia mondiale. Oggi come ieri il clima sul fronte sociale è pessimo e peggiora di giorno in giorno, mentre si fa pressante il dovere di mobilitarsi per dare voce ai soggetti piu’ toccati da misure di austerità inefficaci e inique . Prevale la sgradevole sensazione che la scure del rigore colpisca in una sola direzione, sottraendo risorse ai piu’ bisognosi e lasciando impuniti gli incendiari, gli evasori, gli speculatori, i Paperon de Paperoni e gli onorevoli mallevadori delle allegre finanze. Fu cosi’ che il secolo scorso a furia di tirare la corda l’Europa finì sotto gli scarponi chiodati del nazifascismo.


SACRIFICIO. Secondo un curioso sondaggio, in Italia gli uomini mentono piu’ delle donne. Non esiste nessuna tesi scientifica a sostegno di questa tesi, ma Berlusconi e Tremonti che fingono di litigare per meglio spalleggiarsi al fine di sdoganare la manovra ne sono una eloquente dimostrazione empirica. Ma non sono soli. In questo marasma, gli esponenti della maggioranza che fanno? Invece di stare zitti, come il pudore consiglierebbe, mettono in giro la favoletta sulla volontà di fare la loro parte e di ridursi lo stipendio. Ma di quanto? Del 5% che su una busta paga di 16 mila euro netti al mese spettanti ai deputati fanno 800 euro. Vogliamo chiamarlo sacrificio?


PAURA. Sul volto di Napolitano l’imbarazzo era palese mentre il premier si sbracciava al passaggio dell’avvenente crocerossina. Confondere il papagallismo con il buon governo è una tecnica collaudata che serve solo a gettare fumo negli occhi. Ormai il verbo dominante è “berlusconizzare”. Berlusconizzare il sapere, il pensiero, la RAI, i telegiornali, la libertà di stampa, le inchieste contro la criminalità, le intercettazioni, il dissenso, il parlamento, la giustizia, i Pm, gli scrittori, i registi e soprattutto il diritto dei cittadini di essere informati. Toghe, giornalisti, legalità e informazione sono gli incubi ricorrenti della destra berlusconiana che dall'intreccio tra scandali, inchieste e giornali teme per la propria sopravvivenza. Ma la paura della verità è il modo peggiore di governare e assicurare la stabilità della democrazia.    

lunedì 7 giugno 2010

Un po' di coraggio

       
Un po' di coraggio è quel che ci vorrebbe contro i nostri mali: il fanatismo religioso, le menzogne del potere e il conformismo dei media.

di Renzo Balmelli

SCONFITTA - Per chi ama lo Stato ebraico, che è l’unica democrazia mediorientale, il tragico blitz contro la flotta dei pacifisti è stata una prova lacerante e triste. Dietro la manovra si intuisce la lunga mano della destra militare e ultraortodossa, ossia il peggiore, il piu’ nichilista degli incubi, pietra tombale di qualsiasi ideale. Per Israele, che da nazione si è fatta Stato riscattando il dramma della Shoah, diventa quindi urgente recuperare la dimensione politica, diplomatica e umanitaria delle sue scelte per evitare l’isolamento internazionale. Dopo l’insano gesto, che nessun distinguo e nessuna provocazione puo’ giustificare, forte è il rischio che il processo di pace israelo-palestinese sia destinato ad arenarsi in maniera irrimediabile. Sarebbe una sconfitta per tutta l’umanità.

BUGIE -  E’ nel picco da primato della disoccupazione sommato alla maxi-stangata da 25 miliardi che si misura tutta l’inadeguatezza del governo a fare bene i suoi compiti. Finché ha potuto Berlusconi, negando persino l'evidenza, ha tirato avanti nella curiosa convinzione che il mondo si conquista con un po’ di finzione. Ma quando il bluff della crisi che non c’è gli è scoppiato in mano, era ormai troppo tardi per dissimulare l’ammissione della dura realtà. Diversamente dall’isola di Peter Pan, la crisi c’è, eccome, e fa male, molto male. Soprattutto a chi non naviga nei paradisi fiscali. Una delle massime incrollabili di Winston Churchill era che “in tempi difficili la verità è cosi’ preziosa da essere protetta da una barriera di bugie”. Ma bugie nient’affatto innocenti nel sultanato di Arcore.

CORAGGIO -Se il caso di Maria Luisa Busi, la giornalista ribelle che ha sbattuto la porta del TgUno per non piegarsi agli ordini di scuderia, sbarca in Francia con un’intera pagina su Libération, il danno d’immagine non è di poco conto. Con questa destra al potere, che già si è illustrata per le gaffe di Bondi al festival di Cannes, si finisce col consegnare al mondo il ritratto di un governo in cui prevalgono disagio e insofferenza nei confronti della critica. Dell’ammiraglia RAI, ormai controllata dalla maggioranza, si dice che prima parlava a tutti gli italiani, mentre ora l’informazione sta diventando parziale e partigiana. Per fortuna c’è il rovescio della medaglia. Con Draquila della Guzzanti un filo rosso si dipana a documentare la verità nella cornice di diffuso conformismo che ammorba l’aria italiana di oggi, irrespirabile. Basta soltanto un po’ di coraggio.

REGNO - Vuoi vedere che  nel cuore della Lega covano nostalgici propositi monarchici. Disertando platealmente le cerimonie  del 2 giugno tutti gli uomini del Senatur in fondo hanno mostrato di non nutrire grandi sentimenti per la Repubblica che gli italiani preferirono ai Savoia nello storico referendum. Ma l'avversione non è tanto  per Roma ladrona o il meridione che i leghisti cancellerebbero comunque dalle carte geografiche. No, la ragione potrebbe essere un'altra, audace e inconfessabile. Sotto, sotto ,  snobbando il palco presidenziale, i lumbard dichiarano  il loro desiderio di tagliare i ponti col Paese. E allora, anziché il federalismo, perché non immaginare un bel regno della Padania. Dopotutto nomen est omen: il sovrano in pectore già esiste, si chiama Umberto, un nome che sembra segnato dal destino.