giovedì 29 gennaio 2009

Binari e deragliamenti

Dal lusso inconcludente del Wef di Davos alle nostalgie di Salò, dai vescovi revisionisti alle furbizie della Cechia... la settimana si è conclusa non senza segnali confusi, ma possiamo rallegrarci per Obama, che ha riportato gli Stati Uniti sui binari dello stato di dritto.

di Renzo Balmelli
CRISI - Con l’economia in discesa libera, non si puo’ fare a meno di avvertire un senso di naturale disagio nei confronti del WEF, il "forum economico mondiale" di Davos che neppure quest’anno rinuncia ad autocelebrarsi tra caviale e champagne. Quando la gente tira la cinghia, ostentare il lusso diventa uno spettacolo volgare. Il compito di spezzare il circolo vizioso della crisi spetterebbe logicamente e storicamente alla sinistra, che pero’ in questa fase non sembra avere gli argomenti per opporre una strategia vincente ai riti inconcludenti del capitalismo. L’impressione è che dopo l’amara sconfitta rimediata in Assia, l’ultima di una lunga serie che ne ha fiaccato la capacità di mobilitazione, la sinistra europea versi in una gran confusione progettuale e non sappia come uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata. E’ un gran peccato, perché mai come ora si avverte l’urgenza di inaugurare una nuova stagione della solidarietà.

RILUTTANZA - C’è una nutrita frangia di destra, non solo estrema, che potrà pure cambiare mille abiti, ma ancora non è riuscita ad affrancarsi dalla vena nostalgica. Nei suoi ranghi sopravvivono relitti di un’epoca nefasta e rigurgiti di un passato che non passa. Sopravvivono anche sentimenti di scarsa condivisione per fatti e personaggi straordinari come Angelo Boldrini, figura mitica della lotta partigiana. Di lui si commemora il primo anniversario della scomparsa. Ancora forte, in questa destra annidata nei gangli dello stato, è la riluttanza a riconoscere nell’antifascismo uno dei valori costituenti della Repubblica. Cosi' come vi perdura pervicacemente, a dispetto della storia, la tentazione di equiparare la Resistenza a Salò. Che è come mettere sullo stesso piano la libertà e la tirannide o la vittima e il carnefice.

IMBARAZZO - In materia di fede è preminente il principio del massimo rispetto. L’orientamento religioso e il Dio in cui credere sono il risultato di una scelta personalissima che si salda con la propria coscienza. Ma se fra i seguaci di Lefèvre, cui è stata revocata in questi giorni la scomunica, figura anche un negazionista dichiarato, il problema diventa politico.

La decisione di riportare all’ovile il presule britannico Richard Williamson che contesta l’esistenza delle camere a gas e dell’Olocausto non è parsa tra le piu’ felici di Benedetto XVI. Il Vaticano respinge le critiche, definite pretestuose. Nondimeno resta l’imbarazzo per l’ ingombrante presenza di un prelato revisionista che solleva perplessità soprattutto da parte del mondo ebraico, ma anche all’interno della cattolicità.

ASTUZIA - E’ un rompicapo l'operato di Vaclav Klaus che porta la Cechia sotto l'ombrello protettivo dell'Europa, diviene presidente di turno della comunità, e infine si dichiara scettico, francamente scettico, sull’istituzione che è chiamato a guidare. La dicotomia non potrebbe essere piu’ stridente nel momento in cui l’unità di dottrina appare invece indispensabile per pilotare l’Unione nelle procellose acque della crisi. Lo statista di Praga è stato paragonato al soldato Svejk, nota figura della tradizione letteraria ceca, che si finge sempliciotto ma poi si rivela capace di astuzie incredibili. Per ora Klaus , a dire il vero, è riuscito soltanto nell' astuzia di ringalluzzire le opinioni pubbliche euroscettiche, con grande disdoro dei paesi fondatori. Ma cos'altro terrà in serbo nei prossimi sei mesi? That is the question! L ’UE nella sua storia ne ha viste ben altre e ne è uscita indenne . Ora dovrà farcela di nuovo a trovare le risorse per limare le asperità della controversa presidenza e trasformarla all'opposto in uno stimolo per promuovere e fortificare democraticamente le ragioni dell’integrazione.

STATO DI DIRITTO - La lotta al terrorismo non scompare dall’agenda di Obama. Ma l’approccio al problema d’ora in poi si farà nel rispetto della legge e delle convenzioni di Ginevra. Con la chiusura di Guantanamo, teatro dell'orrore e di frequenti violazioni dei diritti umani, il neo presidente intende cosi’ dimostrare che ideali e sicurezza non saranno piu’ inconciliabili. “L’America - ha detto in una intervista al Corriere della Sera il senatore svizzero Dick Marty, sempre attento a monitorare lo stato di salute della democrazia - torna a essere uno Stato di diritto”. E cio’ concorre a risvegliare la coscienza democratica, gravemente compromessa dalla relativizzazione dei valori eletta a sistema nell’era Bush. Ma non è tutto. In coincidenza col dramma mediorientale , l’intervento sanatorio di Obama assume pure il significato di un pressante invito a ripensare la logica della guerra e della repressione per imporre le proprie ragioni. Morire a Gaza sotto i bombardamenti indiscriminati e nelle condizioni disumane che abbiamo visto non è una vittoria per nessuno, ma soltanto una sconfitta per la civiltà e una prevaricazione che alimenta irrimediabilmente la spinta al terrorismo.

mercoledì 21 gennaio 2009

Grandi e piccoli cortocircuiti della ragione

di Renzo Balmelli
FOLLIE - Cento milioni di euro per un giocatore di pallone. E’ la somma che il Manchester City è disposto a pagare per avere l’attaccante del Milan, Kakà. Follie da nababbi che irridono la sorte dei poveri cristi. Da “metafora della vita” il calcio diventa metafora della vergogna.

SHOAH - Bestia infame l’antisemitismo che si insinua subdolamente , col suo carico di orrori, nella polemica sulla guerra in Medio Oriente. Dalla destra reazionaria arrivano slogan aberranti e controproducenti, come quello sentito in Olanda: “ Viva Hamas, ebrei in camera a gas”. Nel contesto attuale la politica di Israele non è esente da critiche, si puo' diresenza timore, ma nel cortocircuito della ragione non va dimenticata mai la Shoah, il male assoluto, il buco nero nella coscienza dell’Occidente. Contestare il Giorno della memoria è una scelta sciagurata che getta fango sulle vittime dell’Olocausto.

FINESTRA DI SPERANZE - A pochi giorni dall’insediamento, nel pieno della stagione celebrativa per la sua elezione, tutti sperano che con Obama nulla sia piu’ come prima. E si capisce. Otto anni di Bush sarebbero troppi per chiunque. Gli USA sognano ora una svolta di stampo kennedyano che riscatti il paese dalla crisi morale e lo aiuti a recuperare il prestigio andato perso nello scannatoio guerrafondaio. La sfida non è comunque vinta in partenza in una società sempre piu’ complessa e dove ogni problema è una priorità spesso drammatica. L’obbiettivo verso cui tendere è un mondo migliore, con piu’ uguaglianza, giustizia e libertà. La gente è convinta che Obama sia la persona adatta a costruire un modello laico di “governance” mondiale capace di rompere con i vecchi schemi. Si tratterà di gestire con sagacia le trasformazioni e le novità che riguardano le aspirazioni di milioni di individui, proponendo una visione piu’ solidale e piu’ umana della politica. Altrimenti l’ordine internazionale andrà in pezzi, provocando un disastro irrecuperabile. Henry Kissinger, che non è tenero con i democratici, nel commento sulla Stampa, pensa che l’impresa non sia fuori portata. A suo parere sarà già un grande successo se gli Stati Uniti ed i loro partner potenziali, spesso vincolati ai processi politici interni, coglieranno un’opportunità unica di trasformare un momento di crisi in una finestra di speranza per tutta l’umanità. La storia, che ormai ha imparato a correre, darà presto i suoi primi responsi.

ELEMOSINA - A dispetto degli ottimisti del bicchiere mezzo pieno, la crisi fa sul serio e morde nella carne viva dei piu’ sfavoriti. Anni di follie, di sperperi, di operazioni avventate, di manager farfalloni stanno mettendo a dura prova anche le nazioni meglio attrezzate per fronteggiare l’emergenza. E non di rado la via d’uscita dall’emergenza è la fuga nella depressione, se non addirittura nell’elemosina . Sul versante opposto suonano come una presa per i fondelli le promesse di facili guadagni che mai andranno nella direzioni cara a Robin Hood. I poveri - diceva Brecht - vogliono la giustizia, i ricchi preferiscono l’ingiustizia. Se queste sono le premesse, il 2009 rischia di essere addirittura peggiore di quanto pronosticano gli esperti.

ANTOLOGIA DEI VINTI - Bocca di rosa era esecrata dai body guard del falso moralismo. Fu cosi’ che Fabrizio De André, di cui si ricorda il decennale della morte, fini’ nel tritacarne degli indagati, spiato e schedato per il suo vitale e provocatorio anticonformismo. Sul suo conto i pedanteschi revisori delle pseudo virtu’ costruirono un castello di menzogne e di sospetti senza avere uno straccio di prove. Che spreco di materia grigia! Nell’intera opera dedl cantautore genovese, refrettario alle verità ufficiali, cio’ che davvero contava non è mai stata la politica in doppiopetto, bensi’ la vicenda umana degli “ antieroi” smarriti nel labirinto della quotidianità. Non lo capirono i malevoli investigatori , professionalmente inadeguati, disponibili a dare corpo ai fantasmi dei loro superiori in un pauroso deficit di cultura democratica. Per fortuna, la miopia degli ottusi censori non impedi’ a Marinella e tante altre ballate di entrare a pieno titolo nel patrimonio musicale italiano.

mercoledì 14 gennaio 2009

Rischi, timori e speranze nell'anno che inizia

di Renzo Balmelli
GRUMI IRRISOLTI. Medio Oriente: come prima, peggio di prima. Sono ricordi sbiaditi dal tempo i Nobel che premiarono i negoziatori piu’ coraggiosi. Suona vuoto il desiderio laico di un’esistenza piu’ dignitosa per tutti, entro frontiere sicure. Impotenti gli sforzi della diplomazia.

La fiammata di violenza che ora scuote i Territori è anch’essa figlia dei grumi di odio sedimentati in uno scenario atavicamente immutabile, brodo di coltura per il terrorismo, la latenza antisemita, l’Intifada, la disperazione.

A fronteggiarsi due diritti: quello di un popolo che combatte per la sua sopravvivenza dopo essere scampato alla maledizione dell’Olocausto, e quello dei Palestinesi ad avere il loro Stato, affrancato dalla disumana realtà di Gaza.

In questa reminiscenza di guerra fredda, asservita a interessi globali e sorda al richiamo del dialogo, la logica perversa delle armi pone ostacoli insormontabili ad altre iniziative men che provvisorie. La speranza di una pace duratura si spegne tra le sofferenze della popolazione civile.

VIATICO. Sta per iniziare l’era Obama e la destra guerrafondaia affila le armi per rendere la vita difficile al nuovo inquilino della Casa Bianca. Ormai è sotto gli occhi di tutti che i militari e l’Intelligence, in procinto di perdere il controllo della Sala Ovale dove con Bush spadroneggiavano, proprio non amano l’indirizzo programmatico del presidente eletto.

Le sue scelte, dall’intenzione di chiudere Guantanamo, alla nomina di una candidato esterno, l’italo-americano Leo Panetta, alla testa della CIA, rappresentano un segnale inequivocabile di discontinuità.

Lo scopo: recuperare la credibilità ed il prestigio morale di istituzioni che otto anni di regno repubblicano hanno pesantemente intaccato. Il salto di qualità è reso ancora piu’ esplicito dalla determinazione con la quale Obama si accinge ad affrontare i nodi della crisi economica, deciso a sfidare il mostro della disoccupazione.

Comunque, non sarà impresa facile tenere a bada i reazionari di ogni risma, gelosi custodi dei loro privilegi di casta. Le premesse tuttavia ci sono. Con tre conflitti drammaticamente aperti - Iraq, Afghanistan, Medio Oriente - la consapevolezza di avere un presidente che per cultura e formazione non considera la guerra come l’inevitabile prosecuzione della diplomazia con altri mezzi è già di per se un viatico promettente.

MINA VAGANTE. A trent'anni dalla rivoluzione khomeinista - era il 16 gennaio 1979 - la politica nuclear-militare del regime iraniano è una mina vagante per la tranquillità dell’intero pianeta. Eppure, al suo insorgere, la rivolta degli ayatollah contro l’impero declinante e corrotto delle Scià venne accolta con benevolenza nelle cerchie riformiste. Con grande disappunto dell’Occidente le cose andarono invece diversamente e l’ascesa al potere della nuova classe dirigente divenne di fatto - come ricorda Bernardo Valli su Repubblica - la prima rivoluzione “a ritroso” negli annali della storia. La prima a infrangere l'idea, la certezza quasi dogmatica, che una rivoluzione equivalga a un'accelerazione dei tempi, a una spinta in avanti.

Dopo tre decenni la "Bastiglia alla rovescia" di Teheran resta un grave fattore di instabilità che, oltre a riproporre l'intollerabile ricatto dell'insidia atomica, concorre a rendere incandescente la situazione mediorientale. Incandescente e piu’ che mai imprevedibile. Per uscire dalle secche il tandem Hillary-Obama proverà a fare cio’ che Bush non ha fatto: creare una coalizione che contenga le mire iraniane senza tuttavia ricorrere all’uso della forza.

Un’ampliamento del conflitto avrebbe conseguenze devastanti per i precari equilibri di tutta la regione. Gli Stati Uniti avranno pero' bisogno di ampi sostegni, specie nel mondo arabo, per riuscire in un’impresa che nei palazzi di Ahminejad pare chiusa dall’intransigenza fondamentalista.