DOLORE. Solleva quesiti morali a non finire l'azione degli alleati contro Gheddafi che comunque passerà alla storia come un esempio di caos organizzativo, diplomatico e militare. Riproponendo la domanda, fatta ai tempi dell'Iraq, molti si chiedono a chi verrebbe in mente di intervenire in Libia se Tripoli producesse rape anziché petrolio. Questione legittima. Nel sottile confine tra conflitti giusti o ingiusti, ogni guerra è comunque una sconfitta. Una sconfitta della ragione che mostra il suo fallimento come già è stato nel Golfo e in Afghanistan. Nel mondo arabo, scosso dai tumulti, è in corso un profondo, lancinante e contrastato processo riformatore che pero' non si risolve con un razzo sparato nella notte. Diceva Pessoa che il poeta finge a tal punto da fingere sia dolore il dolore che davvero sente. Quanto a bugie il potere politico ha motivazioni non meno carenti.
VALZER. Dev'essere un bel fardello il famoso baciamano al rais, se Berlusconi ha disertato l'Aula per il dibattito sulla Libia. A onor del vero va detto pero' che il premier non è il solo leader occidentale a trovarsi in imbarazzo. Nel gattopardesco valzer dei voltafaccia sono tanti i governi che hanno cambiato strategia, passando dagli omaggi al padrone di Tripoli all'attacco contro il regime. Gheddafi è un despota senza scrupoli, ma a tenerlo in piedi sono stati anche tutti coloro che accorrevano alla sua corte per ungersi di gas e greggio considerandolo un vero capo di stato e non un dittatore sanguinario. La democrazia non si esporta sulla canna del fucile, ma ora qualcuno spera che un attacco "chirurgico" liberi il campo della storia da una presenza tanto ingombrante.
REALPOLITIK. Due emergenze, una sola ricetta: weg! Via dalla Libia, e via anche dal nucleare. Prima è, meglio è. Determinata a non scottarsi le dita, la Germania ha scelto di cantare fuori dal coro, lasciando di stucco sia gli alleati, sia la lobby del nucleare che non retrocede davanti a nulla per cloroformizzare l'opinione pubblica e depistare le preoccupazioni sui lacunosi sistemi di sicurezza. La posizione tedesca non puo' essere compresa del tutto, pero', senza dare uno sguardo al fitto calendario elettorale 2011 che finora non volge a favore della Merkel. Con la Libia e l'atomo che nella Repubblica federale non godono di grande popolarità, il governo di centro-destra non puo' rischiare di indebolirsi ulteriormente. Come procedere allora per restare a galla se non rispolverando a aggiornando l'intramontabile Realpolitik del vecchio Bismarck. Detto, fatto.
RETROPALCO. I trucchi del mestiere. Con un siparietto degno di Asterix e Obelix, la caput mundi del bunga-bunga e la presuntuosa Lutetia hanno battibeccato sulla Libia per una questione di supremazia. A Sarkozy serviva per ravvivare un mandato incolore, al Presidente del Consiglio per distogliere l'attenzione dai festini e per infilare nell'agenda decreti e nomine controverse. Nel retropalco, al riparo dagli sguardi dell'opinione pubblica e le perplessità del Quirinale, in un solo colpo e con la solita sfrontatezza il premier ha promosso all'agricoltura un ministro discutibile ed ha forzato la procedura per il processo breve , ennesimo affronto allo stato di diritto. In piu' la crisi libica gli offrirà adesso pretesti a iosa per il legittimo impedimento nel processo Ruby. In 17 anni di potere il Cavaliere di misure ad personam ne ha fatte approvare ben 38. È l'ultima conferma che in Italia, finché governa Berlusconi, la legge non sarà mai uguale per tutti.
ORO BLU'. Non solo i rais. Anche la scarsità di acqua uccide fors'anche piu' di una guerra. Nel mondo che boccheggia per la sete intere popolazioni sono prive del cosiddetto "oro blu'" con conseguenze fatali per tutti gli esseri viventi. Oltre un miliardo di persone non possono, infatti, contare su un accesso a una risorsa sicura, al riparo da contaminazioni. Ma non sono soltanto la distanza dalle fonti e i cambiamenti climatici che alterano la qualità e la disponibilità dell'approvvigionamento idrico. Malgrado gli appelli, l'acqua è al centro di sordide speculazioni e di scellerate privatizzazioni che rendono ancora piu' dura la vita degli abitanti meno fortunati del pianeta. La giornata mondiale dell'acqua aiuta a riflettere su un dramma che non può andare avanti ancora a lungo senza danni permanenti per l'umanità.
LIRA. Mamma mia dammi cento lire che in America voglio andare. Ma fu solo dopo la riunificazione che si comincio' a pagare la traversata con la nuova valuta. Nel 1852, anno che segna l' inizio simbolico dell'emigrazione italiana nelle Americhe, i conti si facevano ancora con una infinità di sistemi : baiocco, svanzica, ducato , fiorino , francesconi e i famosi zecchini che Pinocchio sotterrò nel campo dei miracoli. Quello della moneta unica fu pero' un cammino faticoso, per certi versi non dissimile dalla lunga gestazione dell'euro. A quei tempi chi riusciva ad avere un po' di denaro , lo pretendeva metallico e sonante: la banconota - ricorda il Verga - veniva considerata addirittura ripugnante. Ciononostante la lira rappresento' il il simbolo più popolare dell'unità nazionale ; ruolo evocato senza nostalgia, ma con attenzione storica, alla mostra-racconto promossa dalla Banca d'Italia. |
mercoledì 30 marzo 2011
Quesiti morali a non finire
mercoledì 23 marzo 2011
Esagerazioni mediatiche
di Renzo Balmelli
ASPIRAZIONI - Buon compleanno Italia. Buon compleanno giovane, grande nazione forse ancora incompiuta, unita e disunita, ricca di contrasti, terra di politicanti senza scrupoli, laboratorio d’arte e poesia , scrigno di preziose emozioni che abbiamo rivissuto nella superba essenzialità del Nabucco commemorativo. E ‘ vero, a 150 anni dall’unificazione l’Italia resta un paese su molti aspetti diviso e non facile da capire, ma anche forte di una potenzialità creativa che non è di tutti. Un paese che tante ne ha passate, dalla lezione magistrale dei moti mazziniani capaci di affascinare l’Europa intera, al lugubre spettacolo del fascismo, dal luminoso riscatto della Resistenza alla rozza banalizzazione del bunga-bunga. Storia di ieri e di oggi. La causa italiana fu il motore di una eccezionale mobilitazione morale e intellettuale che vide frotte di ardimentosi volontari affluire da ogni parte per realizzare le piu’ nobili aspirazioni dell’uomo. Ora nella magia del teatro il pensiero va, corre sulle ali dorate di un incessante percorso di crescita culturale piu’ tenace di qualsiasi arroganza del potere in carica. Perchè questa è l’unicità dell’Italia che il mondo le invidia, l’incredibile capacità di reinventare il Risorgimento.
ODISSEA - Lo si dice da sempre e l’infinita tragedia giapponese lo ribadisce: nulla scava nelle nostre paure piu’ del momento in cui la realtà soppianta la finzione del reality e rende paurosamente riconoscibile cio’ che sembrava non dovesse accadere mai. Torna in mente La Strada, il capolavoro di McCarthy, glaciale racconto di un incubo post-apocalittico che ai nostri occhi si materializza nello sgomento suscitato dalle immagini del triplice inferno rovesciatosi sul Giappone: il terremoto, lo tsunami, la nube radioattiva. Scene di devastazione vere, non un copione da blockbuster. All’improvviso le domande che hanno assillato migliaia di studiosi, le domande sul dopo appaiono svuotate e inutili perché il dopo è già qui, nell’odissea del Sol levante. Qui, nella metafora eterna dell’esistenza in cui ogni giorno la vita e la morte si guardano in faccia e si sfidano.
RISCHIO - A sentire i baroni dell’atomo non esistono problemi. Il bombardamento di raggi alfa, beta e gamma che minaccia e compromette per sempre la nostra salute a loro dire è un’esagerazione mediatica. Di fronte a tanta sicumera, sarà compito della politica porre i paletti di protezione nella consapevolezza di quanto possa essere sottile la linea di demarcazione tra la normalità e l’annientamento. Se qualcosa si puo’ imparare dalla sventura di Fukushima è l’urgenza di affrontare il problema del pericolo nucleare senza lo scudo dell' omertà. E’ una scelta improcrastinabile nel momento in cui si frantuma la fiducia e cresce l’angoscia nei confronti della tecnologia a torto ritenuta sicura.
SIPARIETTO - Per la puntata d’esordio dell’atteso Qui Radio Londra su RAI1 Giuliano Ferrara anziché di toghe ha parlato di atomo. Una mossa abilissima. In pieno scontro tra governo e magistratura, l’Elefantino, rotto a tutte le astuzie del mestiere, ha scelto di cavalcare un tema d’attualità che suscita emozioni. E cosi’ ha tolto le castagne dal fuoco al governo che sul nucleare ha optato per lo slogan “ indietro non si torna”. Sulle centrali il mondo riflette, Palazzo Chigi no. E’ stato pero’ solo un siparietto “pour épater les bourgeois” in attesa di ricadere nella spavalda tradizione ferrarriana che è poi lo scopo per il quale è stato creato questo spazio privilegiato e senza contraddittorio nell’ora di maggiore ascolto: fare del servizio pubblico un megafono ad personam per Silvio B.
CAUTELA - Mancava il classico minuto a mezzanotte quando la comunità internazionale, rotti gli indugi, ha deciso di correre in aiuto ai coraggiosi insorti di Bengasi e Misurata, ormai allo stremo. Con la risoluzione ONU che impone la no fly zone alla Libia (in pratica la chiusura e l'isolamento dei cieli per bloccare i rifornimenti di armi e soldi, nonché il reclutamento di mercenari), per il regime di Gheddafi è forse arrivata l’ora della resa dei conti. Ma sarà un finale di partita turbolento in cui le mosse andranno studiate con la massima cautela per non tornare al terrorismo e all’estremismo violento del rais, di sicuro inviperito e pronto a ricorrere a misure estreme contro la sua gente. Ormai il potere pare gli stia scivolando tra le dita come la sabbia del deserto e nessuno accorda il minimo credito alla sua proposta di tregua, alla sospensione delle ostilità che l'opposizione e le Nazioni Uniti sono inclini a considerare come un bluff dettato dalla disperazione. A rendere ancor piu' preoccupante il quadro generale sono poi le vistose contestazioni che attraversano il mondo arabo affamato di libertà, giustizia e democrazia. Nella incerta evoluzione del conflitto, che rischia di infiammare tutto il Mediterraneo, molto dipenderà ora da come si muoveranno l’Occidente e gli Stati Uniti per garantire l’incolumità dei civili, senza ricorrere all’occupazione militare che già ha provocato disastri immensi su altre scacchiere. Il sangue del popolo libico non è a poco prezzo, a noi costa caro versarlo” - ha detto il portavoce delle forze insurrezionali. Si faccia in modo che non valga meno di un barile di petrolio.
PROVOCAZIONE - Lasciateli in balia delle onde, per loro non c’è spazio nell’UE. Mentre si susseguono le tragedie in mare, Marine Le Pen e Mario Borghezio, tristemente noti per il loro furore razzista, hanno inscenato a Lampedusa una inqualificabile visita-provocazione. Nella giornata della xenofobia, l’intento dell’ignobile sceneggiata era di alzare un muro per precludere ai clandestini del Nord Africa qualsiasi via di scampo sul nostro continente. C’è solo da sperare che l’irruzione fracassona in una realtà segnata dal dolore sia valsa ad aprire gli occhi a chi pensa che la barca è piena: è difatti evidente a quale deriva si andrebbe incontro se a vincere fossero le bacate ideologie dell’estremismo di destra.
GUASCONE - Ogni giorno Berlusconi fa a gara col suo ego sfrenato per vedere chi le spara piu’ grosse: se il premier o il sultano. Mentre ostenta la (non) riforma della giustizia come un trofeo di caccia - trofeo che pero’ nell’anno dell’unità accentua le divisioni - il nostro si qualifica coraggioso, temerario ed eroico per essere riuscito a non lasciare il paese in mano ai togati “comunisti”. Ohibò! Voleva anche proclamarsi santo, ma con Ruby e altri scheletri poco cattolici nell’armadio (o nel lettone), ha optato per definizioni meno iconoclaste. Tipo: sono matto. Se lo dice lui. Per giustificare il famoso baciamano a Gheddafi ha spiegato di avere un carattere guascone, matto appunto, che lo porta a comportamenti fuori dalla norma. Ecco i sinonimi di "guascone" direttamente dal dizionario: "gradasso, fanfarone, spaccone, bullo, millantatore".
martedì 15 marzo 2011
VULNERABILITÀ
di Renzo Balmelli
TRAGEDIA IMMANE - Non è soltanto un’invenzione letteraria, per altro abbondantemente citata, l’immagine della mite farfalla che di colpo si trasforma in una creatura crudele e col suo battito d’ali scatena l’inferno dall’altra parte del pianeta. Nel Giappone ferito a morte dal terremoto e dallo sconvolgente tsunami, il mostro venuto dal mare, il dugongo di Jules Verne, ha travolto migliaia di vittime, campi, case, strade, aeroporti, palazzi, in un caos babelico da fine del mondo. Ma per di piu’ ha inferto un durissimo colpo all’umana certrezza di riuscire ad avere la meglio sulla natura scatenata grazie alle tecnologie piu’ avanzate. Come in un film di fantascienza sulle conseguenze del day-after, la famosa torre di Tokio, un'altra torre al pari di quelle gemelle o della Torre Eiffel, simbolo del business e del dinamismo creativo, si è piegata sotto la spinta sovrumana degli elementi scatenati e ora è l’emblema triste del progresso sconfitto da forze misteriose che fin dall’antichità l’uomo ha temuto e combattutto, senza mai riuscire tuttavia a imbrigliarle e domarle. Sullo sfondo del dramma che incendia il mondo arabo, il disastro giapponese non fa che accentuare le preoccupazioni delle grandi potenze, apparse inermi e indifese di fronte all’impossibilità di impedire la tragedia. Ad amplificare lo shock della calamità che ha messo in ginocchio il Giappone concorre poi l’emergenza atomica, il terrore di fughe radioattive e di un’altra, terribile Cernobyl, una prospettiva angosciante che risveglia incubi mai cancellati in un paese che ha conosciuto il primo e doppio olocausto nucleare della storia. Il mondo intero in queste ore assiste sgomento al dramma dell’impero del Sol levante, una nazione che “ si piega, ma non si spezza” e che purtuttavia si è rivelata fragile al cospetto di una tragedia immane che è il segno di una vulnerabilità non solo nipponica, ma globale: un vulnus che si manifesta in uno scenario di crisi politica ed economica dal quale non sembra esservi via d’uscita.
FIGLIA D'ARTE - Già nove anni fa la Francia conobbe l’onta dell’estremismo di destra che costrinse socialisti e Chirac a un matrimonio contro natura per precludere l’Eliseo a Jean Marie Le Pen. Quasi due lustri dopo lo spettro di un nuovo 2002 aleggia sulla patria dei lumi da quando i sondaggi hanno rivelato che Marine Le Pen, lanciata con successo sulle orme di cotanto genitore, sta riscuotendo ancora piu’ consensi del padre. Se si votasse oggi per le presidenziali dell’anno prossimo la signora sarebbe quasi certa di sgominare gli avversari. Nicolas Sarkozy, penalizzato dal suo vuoto movimentismo, non avrebbe nessuna probabilità di imporsi. E neanche l’attuale candidata socialista Aubry, vittima della litigiosità che permea la gauche con effetti micidiali, riuscirebbe a fare meglio. Ancora c’è tempo prima di dire che “les jeux sont faits”, ma l’avanzata del partito xenofobo e ultranazionalista, ormai in grande spolvero con una figlia d’arte tanto agguerrita, fa davvero paura.
COMPRIMARIO - Zavorrato da troppi scheletri nell’armadio, l’Occidente finora non ha fatto che balbettare al cospetto della tragedia libica. Senza una linea unitaria e condivisa, nell’intrico di una crisi dai risvolti inconfessabili si paventano scenari simili se non peggiori di quelli afghano e irakeno. In tale ottica ci si aspettava dall’Italia, una delle principali potenze del Mediterraneo, una risposta europea coraggiosa e creativa agli sconvolgimenti del mondo arabo. Invece niente: sfibrato dalla produzione di scudi per il capo, il governo ha mostrato i suoi limiti e l’intrinseca inadeguatezza della sua politica estera anche in una regione dove , per evidenti considerazioni geo-politiche , Roma avrebbe un ruolo d’avanguardia da svolgere e non di anonimo comprimario , come invece s’è ridotta a interpretare. Ancora una volta, la compagine berlusconiana annebbiata dai festini non si è mostrata all’altezza della situazione.
CALCIONE - Su Bilanz, prestigiosa rivista economico-finanziaria della Confederazione elvetica, fa bella mostra di sé (si fa per dire) una caricatura del premier in tenuta discinta che viene cacciato dall’Italia, raffigurata come uno stivale ben appuntito, con un calcione nel fondo schiena. Un rigore che suona come un auspicio. La vignetta è in stridente contrasto con quanti in televisione, ministri, sottosegretari e portaborse vari, tessono le lodi del premier con toni messianici, mai sfiorati nemmeno dalla piu’ piccola ombra di dubbio. Nella corale esaltazione il Cavaliere viene indicato come il piu’ grande statista italiano a livello mondiale. Purtroppo il rovescio della medaglia mostra uno scenario ben diverso che riempie di tristezza chi vede l’immagine della madre patria deformata da atteggiamenti tanto scomposti.
INGIUSTIZIA - Ormai in procinto di essere sostituito, Bondi si accinge a lasciare la guida del ministero dopo avere incassato l'ennesimo schiaffo alla cultura della sua fallimentare gestione. Se c’era da tagliare, congelare e bloccare fondi , il primo dicastero a finire sotto la mannaia di Tremonti, indicato tra i principali responsabili della catastrofe che ha investito il mondo dell’arte e dello spettacolo, era proprio il suo che d'altronde nessuno nella maggioranza ha mai veramente preso sul serio. Ma dire che Bondi di par suo sia stato di una passività sconcertante di fronte al disinteresse del governo per un settore di eccellenza e di grandi tradizioni, è quasi un’ovvietà. Anzichè ribellarsi, fino a quando era di una certa utilità il ministro ha retto lo strascico a Silvio con patetico zelo. Ora gli tocca imparare che la gratitudine invecchia presto quando non serve piu' . E’ un po' il destino dei convertiti, sorte che invece non conoscerà Angelino Alfano, il solerte guardasigilli entrato nelle grazie del sultano come astuto imbonitore di una riforma della giustizia che sarebbe piu' corretto chiamare riforma dell'ingiustizia, tanto sono sconcertanti i suoi reali obiettivi. Troppo palese, addirittura plateale, è infatti l'intento di varare un disegno punitivo contro la magistratura che Berlusconi, entusiasta per la svolta epocale, rimuginava da quasi vent’anni. Epocale? Al massimo una foglia di fico sulle leggi ad personam!
mercoledì 9 marzo 2011
Nemmeno i bookmaker di Londra
di Renzo Balmelli
DEPISTAGGIO – Nemmeno i bookmaker di Londra avrebbero accettato un quarto di sterlina sulla presenza in aula di Berlusconi. E non hanno torto a giudicare dall’offensiva a tutto campo del premier e dei suoi legulei per non rispondere alla giustizia. Ogni giorno il suo nemico. Invece di governare, da Palazzo Chigi si alza un polverone per confondere le idee. Gli attacchi concentrici a Napolitano, alla scuola pubblica, alle adozioni, nonché la sceneggiata del federalismo municipale e la polemica sulle attribuzioni mirano esclusivamente a usare la Camera come scudo per evitare il processo del 6 aprile sul caso Ruby. Un depistaggio in piena regola.
DRAMMA – Sono i peggiori che si potessero immaginare gli scenari che si vanno delineando nel nord Africa. A Tripoli l’uomo al quale Silvio B. baciava le mani sta mostrando il lato oscuro della ferocia. Ma ormai che si puo’ dire di un leader che ammazza il suo popolo. Il suo delirio di onnipotenza pone un serio dilemma all’Occidente che oltre al dramma libico, dramma umanitario prima ancora che politico , deve fare i conti con il preoccupante e bellicoso vuoto di potere creatosi in Egitto e Tunisia. Resta da sperare che il via vai di navi da guerra abbia soltanto un effetto dissuasivo e non preluda alla ripresa della diplomazia delle cannoniere in una regione dove basta un battito d’ala di farfalla per scatenare il terremoto.
TRAPPOLA – Basta! Basta con i funerali di stato, con le bare avvolte nel tricolore. Basta morire per Kabul. Basta con il cordoglio di prammatica che tranne per i familiari nel giro di poche ore sarà dimenticato, sommerso dai guai grossi del governo. L’Afghanistan è una trappola che non mostra gli sperati segni di miglioramento. Sui campi di battaglia non nasce la pace e ormai il solo obbiettivo riguarda la possibilità di non perdere la guerra dopo avere rinunciato a vincerla. Per un strategia tanto ambigua, trentasette morti, ultimo il tenente Ranzani, sono un tributo troppo alto che nessuna ragione giustifica.
COGNIZIONE – Viene da chiedersi se la maggioranza, per dirla con Gadda, abbia la cognizione del dolore che sta infliggendo all’Italia. Nel groviglio di comportamenti assurdi, chissà se qualcuno dello staff presidenziale, un po’ meno ottenebrato, si sta rendendo conto del tormentone sui festini di Arcore che occupa le cronache internazionali ed è causa di diffuso imbarazzo al Quirinale, preoccupato che a proposito del Bel Paese non si parli d’altro. Pare poco probabile, tanto piu’ che spavaldo come mai dal 7 marzo il premier affiderà a una rubrica su Raiuno il compito di guidare l’offensiva contro i “moralisti del bunga-bunga”. Un’altra stretta berlusconiana sull’ammiraglia del servizio pubblico volta ad accreditare una versione aggiornata del pensiero unico.
STILE – Conta piu’ di mille pagine il dizionario delle citazioni e delle frasi celebri, accessibile a tutti. Si fosse limitato a queste Karl Theodor zu Guttenberg, l’ex ministro della difesa tedesco colto con le mani nel sacco per avere copiato la propria tesi di dottorato, forse sarebbe ancora al suo posto. Ma il plagio è una questione di stile, anzi di mancanza di stile, e un suo celebre connazionale, lo scrittore Heinrich Böll ( pag. 938 del citato dizionario) osserva che nell’esercizio anche del piu’ umile dei mestieri, lo stile è un fatto decisivo. Proviamo a immaginare cosa sarebbe successo in Italia dove si spacciano le minorenni per nipotine di Mubarak. Non c’è niente da immaginare, purtroppo. E’ successo, e nessuno si è dimesso. Altra citazione, di Buffon: lo stile è l’uomo. Appunto.
giovedì 3 marzo 2011
Titolo - Sottotitolo
SPIGOLATURE
di Renzo Balmelli
INCOGNITE - E’ già successo e continua ad accadere. Uno alla volta, la nemesi che non fa sconti se li porta via, i tiranni sanguinari che nell’ultimo rantolo di fronte al baratro si abbandonano alle carneficine e alle peggiori ignominie contro il loro popolo. Gheddafi prima di sprofondare sbraita, massacra, bombarda la sua gente in un miscuglio di terrore e di propositi farneticanti per la sua sconfinata vanità ferita. Ma gli eventi che hanno incoraggiato la rivolta in Tunisia, in Egitto, in Bahrein, nello Yemen e persino nell'impenetrabile Arabia Saudita segnano la fine ineluttabile di un’era in cui sono saltati tutti i vecchi schemi fondati sul non rispetto dei diritti umani. Non sappiamo pero' dove porterà l’insurrezione, se verso una nuova identità affrancata dalle catene oppure a un domani carico di incognite. Il tramonto di una dittatura non sempre annuncia l’alba della democrazia.
AMIBIGUITA’ - Pare la Pompei dimenticata da Bondi la caduta dei regimi arabi. Ogni giorno se ne stacca un pezzo e solo ora l’Occidente sembra misurare la gravità della situazione dopo anni di ambiguità, di colpevoli silenzi, di pacchiani ammiccamenti. Quanto hanno nicchiato le Cancellerie e come sono ancora vivide le immagini dei politici italiani, ma non solo loro, in fila nella tenda beduina a invocare San Petrolio. Nella forzata coesistenza di interessi e valori inconciliabili, Washington, grazie all’istinto di Barack Obama, è riuscita a emergere dalla parte giusta della crisi, ma non senza ambiguità e calcoli strategici. Alla fine alla Casa Bianca ha prevalso l'ipotesi che la “Rivoluzione dei gelsomini” puo' essere il preludio di una nuova cultura politica da sostenere con decisione. Se dovessero prevalere la violenza e la restaurazione, molto seria sarebbe in questa parte del mondo la minaccia di in una grande guerra dagli esiti catastrofici.
PIETA’ - Anni fa fece scalpore un film della BBC sul calvario delle popolazioni africane in fuga dalla repressione e dalla fame. I profughi, raggiunte le coste europee, venivano falciati dalle raffiche di mitraglia prima di sbarcare. Negli scenari che si vanno delineando dopo i rivolgimenti nel nord Africa non è esagerato pensare che la realtà possa superare la fantasia. Ormai i popoli repressi non li ferma piu' nessuno, nemmeno il muro dell’intolleranza e le barriere di cemento di cui vagheggia la destra xenofoba. Per non aggiungere tragedia a tragedia, adesso tocca all’Europa elaborare una strategia umanitaria affinché la deriva populista in cui la pietà s’è persa non abbia il sopravvento sulla solidarietà.
ORGOGLIO - E’ un dato inoppugnabile di cui si è avuta conferma alle elezioni di Amburgo stravinte dai socialdemocratici : la sinistra è il buon samaritano a cui ci si rivolge con fiducia per porre rimedio ai guasti delle coalizioni borghesi di stampo neo-capitalista. E se in Germania alla vigilia di un super-anno elettorale la SPD ritrova il suo bastione e il suo orgoglio , non si vede perché la stessa cosa non debba accadere anche in Italia in alternativa allo spettacolo allucinante offerto da Berlusconi&Co. Fare sondaggi adesso è un azzardo, ma da giorni circolano tabelle e dati dai quali si evince che il sorpasso non sarebbe una chimera se l’opposizione, accantonati i dissapori interni, riuscisse finalmente a elaborare la piattaforma per una federazione democratica capace di raccogliere ampi consensi anche tra coloro che hanno votato il Cavaliere e ora ne sono disgustati . Se ha funzionato lo “Yes, we can”, o lo “Ja, wir können es”, non c’è ragione perché non funzioni anche in italiano.
HAREM - Sconcerta l’atteggiamento della destra sia maschile che femminile verso la stragrande maggioranza delle italiane alle quali ripugna il modello di relazione tra uomo e donna ostentato dal premier. I suoi editorialisti di punta ironizzano sull’harem a pagamento dell’Ol(r)gettina, danno del bigotto a chi pensa che le minorenni debbano andare a scuola anziché ai festini, rovesciano valanghe di sarcasmo su Rosy Bindi, avversaria intransigente del sultano: è la “vergine del Pd”, l’avanguardia di una lugubre quaresima dei sensi, l’alfiere del giustizialismo giacobino. Peggio fanno gli intellettuali grandi-firme noleggiati da Arcore: scrivono che le donne “sono sedute sulla loro fortuna” e che questo è un caposaldo del pensiero liberale. Da brivido. Dopo il fascismo cosi’ in basso non era finito mai nessuno.
FASCINO - Grazie all’intraprendenza di Silvio B. un nuovo prodotto si è aggiunto al made in Italy: il bunga-bunga da esportazione. Ad aprire le danze , è proprio il caso di dirlo, sarà la chiacchieratissima Ruby invitata da un matador locale al ballo dell’opera di Vienna. L’ex capitale dell’Impero è sconcertata. Nell’Ottocento per piegare la resistenza dei milanesi il feldmaresciallo Radetzky che oltre alle marce amava le maniere forti proibi’ loro di fumare il sigaro. Sarà interessante vedere cosa escogiteranno ora le dame dell’high society viennese, scandalizzate dall’affronto. Ma nello scambio tra wienerschnitzel ed escort del sultano, è assai probabile che il fascino del proibito finisca col prevalere sul bon ton.
Destini terremotati
SPIGOLATURE
di Renzo Balmelli
DESTINI - Biblica la furia del terremoto, bibliche le piaghe che affliggono Haiti a un anno dal sisma. Corruzione, epidemie, la precarietà del futuro formano la tela di fondo dell’isola caraibica un tempo capace di spezzare da sola le catene del colonialismo e ora prostrata dalle calamità e dalla colpevole incuria di chi l’ha sfruttata fino al midollo. Al mondo gli haitiani chiedono di non essere lasciati soli per non cadere nel destino comune ai terremotati: l’oblio mediatico. E’ successo anche all’Aquila, trasformata fin quando è tornato comodo nel teatrino propagandistico della maggioranza. Una delle tante pagine ingloriose di questo scalcinato governo.
CONTAGIO - Ecco un altro sodale di Berlusconi che sotto la tenda guardata a vista da vistose amazzoni non dorme sonni tranquilli. Il vento della protesta che soffia da settimane nell’area mediterranea potrebbe contagiare anche la Libia di Gheddafi. Da Bengasi e Tripoli il paese soffoca nella stretta del regime e presto malumori e insofferenze, soprattutto tra gli studenti, potrebbero esplodere nelle manifestazioni di piazza. Attraverso i social network anche in Libia, come già in Egitto e Tunisia, si preparano le “giornate della collera” contro le quali la dittatura del colonnello sta già predisponendo un imponente e minaccioso apparato repressivo.
L'ALTRO LATO DELLA MEDAGLIA - Anni fa se in Svizzera si verificava un fatto di cronaca nera, i cronisti dell’epoca si stupivano che cose simili potessero accadere “anche nel nostro pacifico paese”. L’iconografia di Heidiland tra monti, valli in fiore e mucche al pascolo era salva. In questi giorni il mito ha subito pesanti incrinature. La vicenda delle gemelline scomparse col padre suicida, il caso del signore fuggito in Italia con i due figli, la mattanza in un paesino per i quattro soldi dell’eredità, hanno mostrato il rovescio della medaglia.
ORRORE - A volte si registrano situazioni in cui non basta l’intero vocabolario per esprimere lo sdegno, diciamo l’orrore che sale dal profondo del cuore. Si resta sconvolti in tutte le fibre a leggere i nazistoidi commenti sull’orribile fine di quattro bimbi rom periti nel rogo alla periferia di Roma. “Morti poco importanti” - cosi’ li hanno definiti alcuni brutti ceffi della destra. “Persino ai cagnolini si puo’ insegnare di non fare pipi’ sui muri. Ai nomadi no.” Ma poco importa da che parte stiano. A sentirli vituperare e ingiuriare un’etnia e le sue vittime innocenti viene da chiedersi, come farebbe Primo Levi, se questi siano uomini. No, decisamente no!
VELO - Erano diventate un mistero buffo le assidue frequentazioni del premier a Sofia. A spiegarle non bastavano gli editti editti bulgari. Nella stravaganza del bunga-bunga adesso si è alzato un velo: si trattava di viaggi del faraone e dei suoi cortigiani con il conforto”
spirituale” delle escort. E costui , al colmo della spudoratezza, dopo il rinvio a giudizio non solo osa parlare di “ schifo eversivo” da parte di chi lo critica, ma minaccia nientemeno di fare causa allo Stato. Il mondo alla rovescia. Cosi’ il Cavaliere vuole sfuggire ai fatti e alle sue responsabilità. Meglio sarebbe se cominciasse a fare causa a se stesso.
DIGNITA’ - E’ tempo di mobilitazione per il decoro della Repubblica ridicolizzata dai festini di Arcore e dalla balla colossale della falsa nipotina di Mubarak. Si risveglia la cifra intellettuale dell’azionismo di stampo torinese in cui si rispecchia l’Italia migliore, seria e composta. Si muovono le donne che il giorno 13 gennaio scenderanno in campo per difendersi dalla svalutazione del pensiero e della volontà femminile oltraggiata dal machismo del sultano. Quando la cultura si avvicina alla politica e la arricchisce è il segnale della fine per un regime popolato di fantasmi che ora avrà un motivo in piu’ da aggiungere alle proprie ossessioni.