lunedì 30 giugno 2008

BENEDETTO SILVIO

di Renzo Balmelli

IMPRONTE - Il ministro dell’interno Maroni propone di prendere le impronte digitali dei bambini rom, anche quelli nel passeggino. La schedatura dei biberon darà un fondamentale impulso al programma per la sicurezza. Ma già che ci siamo il ministro potrebbe completare l'opera allargando il campo d'azione del provvedimento. Visti certi guai mai risolti con la giustizia, le impronte si potrebbero prelevare anche a chi ogni giorno, col pretesto di governare, una la fa e cento ne pensa per il proprio interesse.

PANAMA E FEDE - Nello scenario di Porto Rotondo, tra adoranti signore imbellettate e ingioiellate, il presidente del consiglio ha cavato dal cilindro i trucchi di cui si avvale quando sente l’urgenza di tornare sotto i riflettori. Il suo repertorio è ampio e spazia con la massima disinvoltura dalla religione ai copricapo estivi. Presenziando a una celebrazione liturgica il Cavaliere, da inguaribile gigione senza scrupoli, per fare parlare di se, non ci ha pensato due volte a scherzar coi santi, interferendo pesantemente nelle prerogative del Vaticano sulle comunione ai divorziati.

La sceneggiata ha turbato molti cattolici per i quali il depositario delle regole della Chiesa è ancora il Papa, non il presidente del Consiglio. Pero’, vai a saperlo! Intanto, archiviata la bandana, il premier ha ostentato un panama d’autore, chiccosissimo... Per parafrasare Pascal, il culto della personalità conosce mode che le gente ammodo non conosce!

PATACCHE - Nemmeno Toto’ , che nella finzione cinematografica era un maestro dell’imbroglio, sarebbe riuscito a piazzare le patacche che Tremonti e il Cavaliere cercano di gabellare ai citttadini come pozioni magiche per guarire i mali dell’Italia. Nei rispettivi ruoli ( uno nei panni di un inverosimile Robin Hood, l’altro nelle vesti dello sceriffo di Nottingham) entrambi si muovono sul teatrino della politica con l’abilità di attori consumati, ma in una pièce dall’esito ampiamente prevedibile. A leggere i titoloni del Pdl si direbbe che mai prima d'ora si era vista una legge sulla giustizia così perfetta ed una politica economica così adatta a soddisfare i bisogni, i desideri, le speranze d'un paese. E’ vero il contrario. La Robin Tax è una bufala che alimenta illusioni destinate a franare come molte altre promesse roboanti di questo governo. Per le famiglie la manovra prevede solo provvedimenti assistenziali: la carità di Stato.

Ci sono solo demagogia e un pizzico di beneficienza. Quanto al nodo della giustizia - scrive Famiglia Cristiana che non è certo un settimanale di sinsitra - “il Cavaliere ha un'ossessione: i magistrati e una passione: gli avvocati”. L’intero pacchetto sulla sicurezza, discutibile per vari aspetti, è avvelenato dalla iniqua norma salva-premier che brucia il capitale di fiducia degli italiani. Ne è una dimostrazione eloquente lo spudorato attacco frontale ai giudici, equiparati dal premier a “metastasi della democrazia” . E' stato un affronto di inaudita gravità che getta un’ombra infamante su un’ intera categoria di leali servitori dello stato con l'unico intento di sviare l'attenzione dai processi che attendono il capo del governo.

La gente non ha gradito e subito vi è stato un calo di fiducia nei confronti della maggioranza. Il premier non sa ancora se la flessione nei consensi preannunci la fine della luna di miele con l’opinione pubblica, ma il fatto che sia tornato a giurare sui figli per protestare la sua innocenza mostra con quanta ostinazione egli è deciso a fare dello scontro con i magistrati il punto nevralgico del suo mandato. Ora gli elettori vogliono capire da Berlusconi perché una vecchia emergenza politica è tornata prepotentemente in agenda. Nell’attesa gli hanno recapitato un avviso.

SUPREMAZIA - Con la polemica tra Roma e Madrid per il primato nell’euroclassifica dei virtuosi, era inevitabile che l’incontro tra Spagna e Italia si caricasse di significati extra sportivi degni di un romanzo di fantapolitica. Nel cercare ad ogni costo di stabilire con pizza e paella improbabili graduatorie dei valori mediterranei, è stato pero’ perso di vista l’unico parametro utile al confronto. Ed è questo: la Spagna ha il socialismo di Zapatero, moderno e progressista. L’Italia deve invece vedersela con la destra reazionaria di Berlusconi. In quest’ottica dobbiamo riconoscere che la supremazia iberica è indiscutibile.

venerdì 20 giugno 2008

All'apice del potere

All'apice del potere, la destra si muove sulla scena politica con la grazia di un elefante in un negozio di porcellane, certa dell’impunità e convinta di avere l’Italia ai suoi piedi. Noi siamo invece persuasi che si tratta di un grosso errore.

di Renzo Balmelli

FASCISMO?

Tremonti avverte che siamo di fronte a fenomeni drammatici di tipo fascista. L'artefice dell’economia "creativa" (mai capito cosa sia) coglie nel segno, ma lui ovviamente intende un’altra cosa, non certo il governo di cui è ministro.

Eppure in tema di giustizia 'fai da te”, le porcate della maggioranza per 'salvare ' il premier dai processi in cui è imputato offendono il comune senso del pudore. Sono un intollerabile affronto alla dignità dei cittadini onesti.

Insomma, se agli europei di calcio l’Italia s’è desta, in politica purtroppo 's’è destra”. E il risultato è da squalifica immediata. Dopo gli editti bulgari siamo passati direttamente alle elezioni bulgare. Talmente esagerate, come in Sicilia, da sembrare inverosimili.

Certo, in giro non si vede l'orbace , non ancora, e nessuna "ora suonata dal destino" minaccia di battere nuovamente "sui colli fatali di Roma". Ma la realtà non mente: la svolta illiberale a autoritaria è sotto gli occhi di tutti. Il Cavaliere deve ancora liquidare un paio di problemini piuttosto seri con la giustizia e non bada per il sottile.

La vera natura del berlusconismo riesplode piu’ forte di prima, pronta a calpestare lo stato di diritto, a limitare la libertà di stampa, a reclutare giornalisti, alleati e amici laudatori, a fermare le indagini della magistratura, a deformare le norme della civile convivenza nel solo ed unico intento di proteggere gli interessi personali.

Non sarà fascismo, ma nell’aria aleggia il sospetto di un fenomeno inquietante, che nel paese dilaga, senza incontrare troppe resistenze.

L'Italia, scrive Ezio Mauro, vive un’altra grave umiliazione, 'con le leggi ad personam che ritornano e il governo del paese ridotto a scudo privato del premier. Speriamo che l’indignazione valga a rintuzzare le prove di regime.

DIALOGO ADDIO

A Berlusconi non basta vincere le elezioni, anzi stravincerle. Per il suo godimento gli serve qualcosa di illegittimo, che trasformi il suo operato in puro strumento di potere. Con colpevole ritardo se n'è accorto anche Veltroni, il quale ha finalmente capito di avere stretto la mano non a un galantuomo bensi’ a un player della

politica, a un avventuriero dell’informazione manipolata che sa come destreggiarsi con le carte truccate.
Ne deriva un sentimento che Giorgio Agamben definisce di 'rassicurante frustrazione”, ovvero l’impulso a consegnarsi alla quieta e rassegnata accettazione delle narcosi elettorale con cui la destra ha assopito l’intero paese. Non c’è dubbio, annota di rimando Eugenio Scalfari, che la passività dell’opinione pubblica e la sonnolenta fragilità dell’opposizione favoriscono il disincanto anziché risvegliare lo spirito di ribellione contro un tale andazzo.

Le misure del governo sulle intercettazioni e quelle ancora peggiori sulla militarizzazione della pubblica sicurezza sono provvedimenti da brivido, ed evocano oscuri scenari.

Come venirne fuori? A questo punto il Pd , se davvero intende contrastare con efficacia l’ultimo "tiro birbone" del Cavaliere, non puo’ che abbandonare il feticcio del dialogo (tanto più che "la tela si è spezzata", come ammette lo stesso Veltroni) e tornare a fare opposizione vera.

Questo è il momento per avviare una seria riflessione sulla stagione politica apertasi lo scorso aprile. Senza sconti ne strizzatine d'occhio. Il discorso sulle riforme sarà senz’altro utile, ma soltanto in condizioni normali, non quando come adesso si intravvedono i prodromi di una svolta oscurantista che si fa strada in tutti i settori sensibili della vita democratica.

Agli elettori occorre offrire argomenti convincenti che abbiano quale punto d’arrivo la ricostruzione di una sinistra forte, coraggiosa, combattiva e di nuovo coesa. Nell’attuale congiuntura la maggioranza si fa un baffo del riformismo. Il suo scopo è un altro.

All’apice del potere, la destra si muove sulla scena politica con la grazia di un elefante in un negozio di porcellane, certa dell’impunità e convinta di avere l’Italia ai suoi piedi. Noi siamo invece persuasi che si tratta di un grosso errore.


mercoledì 11 giugno 2008

Beata ipocrisia !

di Renzo Balmelli

GOSSIP.
Volutamente ignaro della realtà che lo circonda, Berlusconi è arciconvinto di essere uno statista di prima grandezza per il quale sarebbe già pronto (cosi’ pensa lui) un posto d’onore nella galleria dei personaggi storici non solo italiani, ma a livello mondiale. Per non turbare i suoi sogni è quindi assai poco probabile che i suoi collaboratori gli mostrino l’edizione di “Gala”, un settimanale tedesco che si occupa unicamente di gossip, in cui il Cavaliere viene raffigurato come un galletto dalle piume colorate, sempre pronto a sbirciare le sottane. Della sua attività politica i lettori della rivista non sapranno mai nulla, ammesso e non concesso che via sia qualcosa di interessante da sapere. In compenso avranno abbondanti informazioni sullo stato d’animo della moglie, Veronica Lario, che non ha assolutamente gradito l’eccessiva attenzione che il marito riserva all’affascinante Mara Carfagna. Lungi da noi l’idea di fare del moralismo a buon mercato, per carità! Non si puo’ tuttavia fare a meno di notare una netta discrepanza tra gli ostentati atteggiamenti dongiovanneschi del premier e il comunicato ufficiale della sua udienza in Vaticano in cui si sottolinea “la sacralità della famiglia”. Beata ipocrisia!

DINO RISI.
I suoi orizzonti non si fermavano alla politica, eppure il suo cinema era intriso di "politica" con quel gusto amaro dell’ironia che portava a riflettere su molte questioni, sui temi centrali dell’individuo. Senza toni ideologici o melodrammatici, Dini Risi, scomparso all’età di 91 anni, ha dipinto i disagi dell’Italia osservati pero’ con una formula grata sia ai critici che al pubblico grazie alla capacità di coniugare divertimento e affresco sociale. Maestro della commedia all’italiana attento al costume, ma senza sentimentalismi, il regista è stato una sorta di Billy Wilder made in Italy, prima applaudito e ora rimpianto in tutto il mondo. Con lui infatti se n’é andato non soltanto l’autore di film indimenticabili quali "Il Sorpasso", "I Mostri" e "Profumo di donna", ma anche il testimone di un’altra Italia di cui si sono perse le tracce, ma non il ricordo. Struggente ricordo. L’Italia - e vi par poco - dei Monicelli, Nanni Loy, Ettore Scola e Luigi Comencini. L’Italia dei suoi volti più celebri: Gassman, Tognazzi, Manfredi e Sordi. Una carrellata di autori e attori eccezionali, al centro di svariati e mai riusciti tentativi di imitazione. Se quell’Italia fosse migliore o peggiore dell' attuale, è un giudizio di cui si incaricheranno gli storici. Certamente era un’Italia diversa: un'Italia se non altro ancora al riparo dalle “berlusconate” che affliggono il Paese al giorno d’oggi.

lunedì 9 giugno 2008

Ma che FAO !?

Molte speranze si appuntavano sul vertice della FAO, ma le cronache registrano l’ennesimo fallimento
di Renzo Balmelli

CARESTIA
Uffa, che barba. Non se ne può più di questi poveri che hanno la pretesa di mangiare. Se non hanno pane, che prendano le brioches... Scherziamo ovviamente. Ma la nostra è ironia amara, amarissima, dettata dallo sconforto per la sorte di milioni e milioni di diseredati su cui pesa la minaccia della carestia. Molte speranze si appuntavano sul vertice della FAO, ma le cronache registrano l’ennesimo fallimento, l’ulteriore, inutile tentativo di ovviare con un balletto diplomatico alle drammatiche conseguenze di una tragedia umanitaria dalle dimensioni planetarie. Un’altra, tremenda delusione. Non è stata la prima, non sarà l’ultima. Dieci anni fa, quando la FAO varò il suo famoso programma per debellare la miseria, le vittime della fame nel mondo erano 12 milioni all’anno. Ora i morti sono saliti a 65 milioni. Nel medesimo lasso di tempo l’ingordigia e la prevaricazione dei ricchi ha raggiunto indescrivibili vertici di nequizia che ripugnano alle coscienze. Il controllo delle ricchezze mondiali è in mano al dieci per cento di privilegiati senza scrupoli e fino a quando non si rimuoverà questa che é la vera pietra dello scandalo, non ci sarà via di scampo per chi non riesce ad avere nemmeno un patata al giorno per nutrirsi.

SALTO CARPIATO
La legge contro i clandestini piaceva tanto alla Lega. Tosta, cattiva, punitiva. Ma era invisa alla comunità internazionale e al Vaticano che vi hanno ravvisato i germi di possibili derive xenofobe. Di fronte alla massiccia alzata di scudi, il premier non poteva rischiare una figuraccia mondiale e men che meno la sconfessione della Chiesa. Prima del famigerato ddl sugli immigrati, il Papa aveva lodato e benedetto "il nuovo corso berlusconiano" con una plateale manifestazione di sostegno che sapeva di ingerenza lontano un miglio. Dopo un abbraccio tanto caloroso non si potevano certo ignorare le sue parole.

Detto, fatto, il Cavaliere si è prodotto in un ginnico salto carpiato all’indietro con doppio avvitamento per derubricare il previsto reato di clandestinità, da lui stesso sottoscritto, alla più mite aggravante in caso di arresto. Le espressioni sul volto del ministro degli interni Roberto Maroni, ospite di Ballarò, erano tutte un programma. Vi si leggevano stizza, rabbia, delusione e quant’altro per un comportamento che apre la prima, vistosa falla nella coesione, a nostro modo di vedere più presunta che vera, del nuovo governo. Ma se Parigi val bene una messa, Roma val bene i mugugni dei lumbard.

AMICI, NEMICI
Chissà se negli Stati Uniti esiste un adagio simile al nostro “dagli amici mi guardi Iddio che ai nemici ci penso io”. Comunque sia, d’ora in poi il partito democratico non potrà più permettersi di mostrare la litigiosità esibita durante l’estenuante braccio di ferro tra Barak Obama e Hillary Clinton. A furia di tirarsi a fregare l’un l’altro, i due candidati, fortemente influenzati dalle ambizioni personali, hanno finito col portare acqua al mulino dei repubblicani ai quali sorride l’insperata prospettiva di lottare ad armi pari per la conquista della Casa Bianca. Il senatore dell’Illinois resta comunque il favorito dei pronostici e si trova a un passo dal realizzare il sogno che potrebbe portare il primo afroamericano della storia a varcare la soglia della stanza ovale, l’ufficio più formidabile del mondo. Con la nomination in tasca, Obama ha le carte in regola per riuscire nell’impresa a patto di poter contare sul sostegno incondizionato del suo partito, consapevole che l’avversario da battere non è la signora Clinton, bensì la destra conservatrice di John MaCain. Nel dubbio rivolgersi a Veltroni.