lunedì 30 aprile 2018

Vittorio Taviani: “Perché il fascismo tenta di tornare”

di Renzo Balmelli  
 
RINTOCCHI. La storia in sé non è né buona né cattiva. L'uso che se ne fa invece sì. Con i suoi rintocchi di morte, quanto accade ogni giorno in Siria sotto i nostri occhi conduce inesorabilmente alla conclusione che l'uomo non ha imparato la lezione. Tra missili, che nonostante l'ondivaga vulgata trumpiana non sono né belli né intelligenti, e l'incubo degli attacchi chimici negati dal regime e dai suoi scaltri, cinici alleati, questo disgraziato paese, culla di una civiltà millenaria, è diventato il banco di prova delle peggiori infamie contro l'umanità. Macerie su macerie, lapidi su lapidi si accumulano senza che un solo gesto sia venuto a promuovere il bene della popolazione martoriata. Qui non soltanto si violano le norme che regolano la moralità individuale e collettiva, ma si compiono distruzioni e massacri che sollevano inquietanti interrogativi sulla salute mentale di chi ne porta la responsabilità e tiene il mondo sotto scacco. Quando verrà scritta l'ultima pagina di questa storia tristissima e frequentata da pessimi allievi a ricordarla resterà soltanto il racconto di infinite, assurde sofferenze. 
 
IMPUNITÀ. Sovrastate dal rombo incessante della nervosissima corsa agli incarichi, nell'ombra si perpetuano, ormai con quotidiana frequenza, le rozze esplosioni di razzismo e di antisemitismo. La casa dell'ex ministro Cécile Kyenge imbrattata di escrementi, l'uso blasfemo dell'immagine di Anna Frank e l'incisione nazista a Montecitorio sono gli ultimi episodi un fenomeno a questo punto non più ascrivibile soltanto ai soliti balordi. Gesti del genere, carichi di disprezzo verso i valori dell'integrazione, si inseriscono ormai in un'ampia, deliberata campagna di odio e intolleranza alimentata dall'impunità sui social media e forse, in una certa qual misura, anche dall''avanzata di forze che non di rado hanno assunto posizioni chiaramente razziste e xenofobe. La tendenza a compiere atti tanto vili non è un fenomeno isolato o soltanto italiano ma è presente in tutta Europa in misura crescente. Essa va perciò circoscritta con la massima fermezza poiché solo in questo modo si eviterà di precipitare nell'abisso morale di chi si ispira alle peggiori ideologie ereditate dal passato. 
 
OPINIONE. Che la Lega di Salvini veda Palazzo Chigi come un agognato miraggio, ormai l'hanno capito anche i neonati. Meno si capisce invece la presunzione di volere imporre la propria tabella di marcia ad ogni costo pur mancando i numeri sul piano nazionale, e fosse pure con l'aiutino della destra. Alla conta finale dei voti c'è difatti un dettaglio post elettorale tutt'altro che trascurabile che fa del Carroccio, nonostante l'innegabile messe di consensi, soltanto la terza forza in campo. Una mezza vittoria, insomma, che non basta per tagliare il traguardo in solitaria. In classifica lo schieramento leghista viene dopo il Pd, che certo ha preso una scoppola di quelle che lasciano il segno, ma che per quanto deprecato dagli avversari a rigor di percentuali rimane il secondo schieramento quantunque abbia scelto l'esilio volontario in quel suo strano Aventino di cui un giorno o l'altro dovrà rendere conto al Paese ai suoi disorientati elettori. Ma in politica si sa i margini di manovra sono elastici e capita spesso che la matematica sia soltanto un'opinione. 
 
PREZZO. Daniel Defoe viene frequentemente indicato come il padre del romanzo moderno, ma egli non è il solo nel mondo anglosassone ad avere contribuito in modo decisivo a dare un nuovo, fondamentale indirizzo all'arte del narrare unendo la grazia dello scrivere al rigore del reportage. Se Defoe, con Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders, può essere considerato un precursore della scuola freudiana, l'americano Januarius MacGahan, di cui si parla in varie recensioni grazie all'iniziativa editoriale di Laterza, spianò a sua volta la strada in pieno ottocento al moderno giornalismo d'inchiesta con pezzi da manuale che la casa editrice ha raccolto nel volume "Tredici giornalisti quasi perfetti". Inviato sui vari fronti MacGohan scosse il mondo e risvegliò le coscienze intorpidite rivelando crimini e misfatti sui campi di battaglia fin lì censurati. Le sue corrispondenze fecero tremare i governi dell'epoca e seppero toccare il cuore dei lettori come mai era accaduto prima che venissero portati alla luce gli effetti sconvolgenti del genocidio tra la povera gente che paga sempre, oggi come ieri, il prezzo più alto della follia guerrafondaia.
 
ILLUSIONI. Sarebbe riduttivo racchiudere i film di Milos Forman soltanto ai suoi celebri "Amadeus" e " Qualcuno volò sul nido del cuculo" senza inquadrare l'opera del regista, scomparso a 86 anni, nell'iniziale contesto della "Nova Vilna", la nouvelle vague di Praga che segnò una svolta nella cinematografia mondiale mentre la capitale cecoslovacca viveva la sua esaltante quanto breve primavera stroncata dall'invasione sovietica. Con "Gli amori di una bionda", primo lungometraggio di Forman e con "Treni strettamente sorvegliati" tratto dall'omonimo romanzo di Rabal che tenne a battesimo l'esordio di Jiri Menzel, andare al cinema in quell'epoca densa di eventi memorabili e di pellicole di straordinaria, polemica e dissacratoria vitalità era una gioia impagabile. Gli echi di quella ribellione culturale all'ottuso potere dei burocrati avrebbero contagiato migliaia di giovani che si davano appuntamento nei mitici Caffè lungo le rive della Moldava inseguendo il sogno di una società libera dalle costrizioni prima che il Cremlino scrivesse nel sangue la parola "FINE". La fine delle illusioni.
 
MAESTRO. Ironia del destino, la scomparsa di Vittorio Taviani a ventiquattro ore da quella di Forman, lascia orfana la settima arte di due eccelsi registi la cui traiettoria artistica ha segnato quella che molti critici concordano nell'indicare come l'epoca d'oro del cinema d'autore. Altri confronti sarebbero tuttavia azzardati nell'incrocio temporale di due percorsi che hanno si qualche punto in comune nell'impegno civile, ma che divergono sostanzialmente nella forma e nella ricerca. Il campo di attività ha visto il maggiore dei due fratelli toscani seguire una strada di totale coerenza nel raccontare la realtà, la storia e le contraddizioni dell'Italia, ma non solo, attraverso sequenze di ampio respiro culturale ed europeo. Cosa che invece era andata via via scemando durante l'esilio americano dell'autore di origine ceca sottoposto alla dura legge del mercato e del botteghino. Vittorio Taviani verrà ricordato come un grande Maestro capace di girare straordinari capolavori in cui i grandi eventi locali e universali si intrecciano con la vita di ogni giorno andando al cuore della gente e conquistando i favori del pubblico. Pellicole pluripremiate come "Padre Padrone" oppure lo stupendo "La notte di San Lorenzo" con la sua inimitabile cifra stilistica affrontano con coinvolgente, drammatica ed emozionante partecipazione ideale il tema della Resistenza che nell'ultimo film " Una questione privata", ritratto di Beppe Fenoglio del 2017, segna la chiusura di un cerchio, come l'avevano definita Vittorio e Paolo Taviani, "perché il fascismo torna o tenta di tornare".



L’ex Cav e l’Ircocervo


 di Renzo Balmelli 
 
IRCOCERVO. Al di là del suo teatrale e imbarazzante stile di governo, a Berlusconi va se non altro riconosciuto il merito, da vero affarista, di sapere inquadrare le situazioni con definizioni di sicuro effetto. Per il dopo 4 marzo e la confusione in cui versa la politica, l'ex Cav è andato a rovistare nella mitologia scoprendo calzanti analogie con l'ircocervo, bizzarra creatura per metà cervo e per metà caprone, usato come metafora di cose impossibili o irrealizzabili. Come appunto conciliare le posizioni di coloro che si contendono Palazzo Chigi tra insulti, dispetti e indecorose messe in scena da avanspettacolo. Deprimente davvero! Eppure, vista la difficoltà di sciogliere i nodi e di dare al Paese un esecutivo all'altezza delle aspettative, per evitare il peggio basterebbe usare un po' di buon senso. Basterebbe lasciare lavorare in pace il silente e discreto Gentiloni che pur nei limiti del suo mandato prova a tenere salda la barra per risparmiare all'Italia la stessa fine della nave di Schettino. E dite se è poco.
 
DERIVA. Resistere. Resistere. Resistere. Nell'ottica della schiacciante vittoria dell'ungherese Orban che spaventa l'Europa, la vera posta in palio, a prescindere dalle laboriose consultazioni del Quirinale, consiste nel sapersi fermare prima del precipizio. Recuperare il valore e il significato dell'accorato appello di Francesco Saverio Borrelli è la chiave di volta per frenare la deriva verso i lidi poco accoglienti di Visegrad, magari avendo in sottofondo pure la marcia di Radetzky. Però non quella allegra del concerto di Capodanno, bensì la versione meno giocosa che traspare dalla tessitura del grande romanzo di Jospeh Roth in cui a prevalere sono con il loro carico di calamità i tragici conflitti etnici, i nazionalismi, il populismo, il razzismo, l'antisemitismo e il sovranismo, ossia i mali peggiori di questa e di altre epoche non molto lontane. Se tali tendenze, tra l'altro non estranee all'aspro linguaggio di una certa destra italiana, finissero col prevalere, a quel punto resistere come lungo una ideale linea del Piave diverrebbe un imperativo morale imprescindibile. 
 
ILLUSIONI. Si dice che la storia non si ripete. Sarà vero, ma forse più per una questione di forma che non di sostanza. Non sono quindi da sottovalutare le inquietudini di coloro che paventano il timore del ritorno e paragonano la situazione odierna a quella del 1922, quando le istituzioni democratiche erano drammaticamente fragili. Sorprendenti a tale proposito sono le risultanze di una inchiesta svolta di recente tra i giovanissimi e che presenta similitudini col passato davvero sconsolanti. Siamo in presenza di adolescenti che disarmati di fronte allo scontento interpretano il fascismo, spesso in modo inconsapevole, come una bella moda capace di creare uno stile di vita "specchio della politica di domani". Fu così anche la prima volta. E fu una sciagura nazionale. Merce avariata e ideologie bacate che un secolo dopo e con le stesse modalità i cattivi maestri di oggi rivendono attraverso l'uso spregiudicato dei social ai ragazzi che cercano una via per orientarsi in un confuso presente. E che ancora ignorano quanto dolorosa possa essere la fine brutale delle illusioni. 
 
LESSICO. Chiede Corrado Augias nella stimolante rubrica che tiene abitualmente su Repubblica "se la sinistra è morta o è solo svenuta". Verrebbe voglia di rispondere parafrasando un celebre aforisma di Woody Allen: ahinoi va tutto di traverso, persino al buon Dio, e anche la sinistra non sta molto bene. Certo, a vederla defunta sono in tanti ad augurarselo. Specialmente agli ultimi piani di quei palazzi in cui si concentra l'enorme potere dell'alta finanza e che giudica una scocciatura scendere di sotto per verificare come va il mondo delle persone normali al di fuori delle stanze ovattate. Per evitare funerali prematuri, comunque non serve a nulla continuare a litigare. Meglio sarebbe – osserva Augias – ripensare il lessico che può aiutare a portare idee nuove nella crisi di identità e di consenso. Anni fa su questo fronte si batteva un certo Ivo Livi, un italiano di Francia e uomo di sinistra, famoso in tutto il mondo come Yves Montand, convinto che anche quando le cose sembrano senza speranza, malgrado tutto bisogna essere decisi e cambiarle. Per conquistare cuori e menti. 
 
DIRITTI. Ci si scandalizza a giusta ragione per la bufera che investe Facebook e la violazione della sfera privata mediante l'uso manipolatorio di milioni di dati. Ma si dimentica che tali abusi, destinati nella maggior parte dei casi ad assecondare le voglie dei più forti per fini elettorali, non sono una prerogativa di questi tempi. Basti pensare allo strazio che ne fecero i nazisti per giustificare l'Olocausto pur non disponendo dei mezzi di oggi. Si può dunque affermare che sbagliato non è lo strumento in sé quanto l'uso perfido e odioso che se ne fa. Ne sa qualcosa Laura Boldrini, una persona per bene, presa di mira da una velenosa campagna carica di insulti irripetibili attraverso la proliferazione dei blog. Ora si attendono le iniziative dei garanti della privacy per tutelare gli utenti da pericolose incursioni nelle loro convinzioni, nelle loro abitudini e nei loro stile di vita. In una parola i loro diritti di liberi cittadini.  Un passo importante in questa direzione è dato dalla capacità di non farsi abbindolare dai cattivi profeti che le studiano tutte per vellicare gli istinti più riposti di chi non conosce altro che il livore.