lunedì 1 dicembre 2008

Beato il paese che non ha bisogno di reality

di Renzo Balmelli
L’ISOLA. L'ex parlamentare Prc Vladimir Luxuria nella sua odissea esistenziale di transgender ha avuto l’ingrato previlegio di sperimentare sulla sua pelle l’ironia pruriginosa dei falsi moralisti. Per dire: basti pensare che la forzista Elisabetta Gardini ingaggio’ nei suoi confronti una battaglia alla Camera per negarle l’accesso al bagno delle signore. Ma la povera Luxuria, fresca "reginetta" dell’Isola dei famosi, forse per troppa leggerezza o magari per un eccesso di civetteria, si è trovata di nuovo nell’occhio del ciclone. Come se non ci fosse altro a cui pensare, in tempi difficili come questi e con il governo che l’Italia si ritrova, il suo successo al reality, di per se un fatto di una ovvietà sconcertante, è diventato nientemeno che un caso politico che ha diviso gli schieramenti tra guelfi e ghibellini . Un pandemonio, neanche fosse in giuoco il futuro della nazione. Di che restare allibiti. A maggior ragione quando si consideri - strano, ma vero - che ad aprire le stravaganti e inutili danze trash è stata la sinistra radicale, per sua natura lontana da certe mode, ma che questa volta, per ragioni imperscrutabili, ha puntato sull'appeal elettorale di una performance da video che Liberazione, con la massima disinvoltura, ha addirittura paragonato al trionfo di Obama. La mossa non sembra delle piu' felici. Tra pettegolezzi, litigi e malumori trasversali, l'idea peregrina di cavalcare il conformismo nazional-popolare tipico dell’era berlusconiana, senza badare troppo per il sottile, anziché promuovere il rilancio cui giustamente tende Rifondazione , potrebbe perfino avere l'efffetto di un boomerang. Insomma, parlare, come è stato fatto, di "una vittoria che rende un grande servigio a chi pensa che libertà e civiltà siano valori imprescindibili per cambiare l’Italia", appare francamente esagerato nel contesto di una trasmissione che tutt’al piu’ verrà ricordata per la desolante pochezza dei suoi contenuti. Rivendicazioni e appelli alla tolleranza sessuale e contro la discriminazione, da sottoscrivere a piene mani, in quel contenitore privo di qualsiasi credibilità si sbriciolano . Il programma, già inguardabile in tempi normali, in questa circostanza si è trasformato in effetti in un calderone mediatico dentro cui è finito di tutto, fino al verdetto inappellabile di Pier Ferdinando Casini: " la vittoria di Luxuria certifica la morte della sinistra comunista". Ohibo! Che macedonia. Qui si fa un po’ troppa confusione tra cronaca e storia. Comunque sia, la domanda di fondo pero’ resta. Occore capire come mai l'intellighenzia comunista si sia avventurata lungo un filone insidioso che non le appartiene ne per cultura ne per tradizione, e che per di piu' , Luxuria a parte, è risultato strategicamente indigesto e inopportuno anche a molti simpatizzanti . Il caso sconfina nel mistero. Probabilmente la politica ( chiediamo venia a Pascal per l’incauta citazione) conosce ragioni che la ragione non conosce. Ma non è cosi’ che si recupera il terreno perduto. " Beato il paese - ha scritto Maria Laura Rodotà a proposito dei diritti delle minoranze - che non ha bisogno di reality per discutere di queste cose". Davvero non è saggio imitare la destra che ha poche idee, ma confuse, e che in queste cose ci sguazza.

OTTIMISMO? Per contrastare l’effetto corrosivo della crisi, il premier giuoca la carta dell’ottimismo e invita i media a seguirlo su questa strada al fine di rianimare i consumi. Ottimismo? Ordunque, a Torino uno studente muore sotto le macerie di una scuola fatiscente. A Rimini quattro balordi di " buona famiglia", cachmirino griffato e jeans d’autore, ingannano la noia dando fuoco a un barbone. I ceti meno abbienti se non sono alla canna del gas, poco ci manca. La carta sociale, anzi, la " social card" che fa molto piu’ chic, senza altri correttivi potrebbe avere il sapore di una beffa. A Milano, con un accanimento inspiegabile, la maggioranza di centrodestra nega l’Ambrogino d’oro postumo a Enzo Biagi che non fu mai tenero con il Cavaliere. Chiudiamo il cerchio. Durante un comizio a Pescara Silvio Berlusconi , nonostante la precedente figuraccia planetaria, torna sull'"abbronzatura" del presidente eletto degli Stati Uniti: "Volevo fargli un complimento. Vorremmo tutti essere abbronzati come Naomi Campbell e Obama". Ottimismo? Ma va là!

CESARISMO. C’è maretta nella maggioranza dopo dopo l’allarme del presidente della Camera sui rischi di " cesarismo" nella fusione della destra. Di solito Gianfranco Fini nei suoi interventi è sempre cauto, sa praticare con una certa disinvoltura la tecnica del british understatement. Il suo è un modo di parlare a nuora affinché suocera intenda. Questa volta tuttavia non è stato difficile individuare la suocera. L’allusione a Berlusconi è parsa evidente anche se poi i suoi alleati, preoccupati dalle possibile conseguenze, hanno cercato di limare, arrotondare, sfumare, contestualizzare il significato di un intervento che invece potrebbe addirittura essere interpretato come un gesto di insofferenza . Lo Zingarelli ci ricorda che il cesarismo "è una dittatura politica personale legittimata da un plebiscito e garantita dall’esercito". Il Cavaliere con la forza derivante dal suo partito, il ruolo di primo ministro, la maggioranza cospicua, padrone di televisioni, potrebbe essere un Cesare moderno che agli altri lascia soltanto le briciole. D’altronde basta ricordarsi del famoso "veni, vidi, vici" per commentare la denuncia di Fini che a quanto pare ha colto nel segno.