venerdì 11 dicembre 2009

Il paziente si salverà, a patto che. . .

Molti pensavano fosse una scena folkloristica, invece da Copenaghen sale un grido di allarme. Cio’ che conta davvero per dare un senso al vertice è imprimere una svolta decisiva alle strategie per la riduzione delle emissioni inquinanti.   

di Renzo Balmelli 

CLIMA. Molti pensavano fosse una scena folkloristica, invece era un grido di allarme. Anche oltre i cinquemila , sulle cime che il governo del Nepal ha scelto come sede estomporanea per una inedita forma di protesta, l’aria è sempre piu’ inquinata. Ora gli occhi del mondo sono puntati sulla capitale danese per capire e giudicare se dalla Conferenza dell’ONU sul clima uscirà qualcosa di buono, concreto e duraturo per salvare la Terra dal surriscaldamento climatico. Ma la distanza che ancora separa l’intreccio non sempre virtuoso delle economie dagli obbiettivi piu’ coraggiosi e innovativi stempera le speranze della vigilia. Cio’ che conta davvero per dare un senso al vertice di Copenaghen è imprimere una svolta decisiva alle strategie in cantiere per la riduzione drastica delle micidiali emissioni inquinanti che stanno soffocando il mondo di Co2. Per rendere l’idea degli enormi pericoli che incombono sull’umanità, nel loro appello comune i maggiori quotidiani del mondo hanno rappresentato il nostro pianeta in attesa del pronto soccorso. Il paziente si salverà, solo grazie a un’intesa globale , condivisa e di immediata attuazione sui gas serra, con tutto quello che comporta. Ma è qui che casca l’asino. Ormai lo sanno anche i paracarri. Sul piatto vi sono miliardi e miliardi di dollari che fanno gola non solo per nobili motivi.

PARADOSSI. Per chi crede che nonostante tutto sia sempre meglio mettere un fiore sulla bocca del fucile piuttosto che un colpo in canna, non mancano i motivi di rammarico. Succede cosi’ che nel frastuono del referendum sui minareti sia passata quasi inosservata la non meno grave vendita di armi all’estero che la Svizzera ha approvato senza battere ciglio. Con quei congegni, autorizzati in nome del “ pecunia non olet,” verranno uccise delle persone innocenti. E’ il paradosso del paese piu’ pacifico al mondo, che in nome dei propri interessi pare avere dimenticato di essere la culla della Croce Rossa. Pero' non è solo . Anche Obama, colomba elettorale per antonomasia e Nobel per la pace, sembra soffrire il suo primo vuoto di memoria. Fino a ieri paladino della “ exit strategy” dall’Afghanistan per non rivivere l’incubo dell’era Bush, ora non vede altra via d’uscita alla crisi all’infuori dell’opzione militare; opzione cui affidarsi fino a quando sarà necessario per "finire il lavoro". Parafrasando Bismarck, pare di assistere alla prosecuzione della diplomazia con altri mezzi. Il presidente assicura che il Paese non sarà vittima della sindrome del Vietnam, della guerra che si perde a Washington, nei palazzi della politica, ancora prima di essere combattuta sul campo. Ipotesi azzardata , che in passato è stata spesso smentita. Altri ragazzi potrebbero morire o tornare mutilati , senza avere stroncato il terrorismo di marca talebana. Questa “ora è la guerra di Obama”, come titola lo Stars and Stripes, il giornale delle forze armate degli Stati Uniti. La guerra di Obama? Che paradosso! I sogni svaniscono, in una notte in cui la luna si è oscurata.

MAFIA. Con le deposizioni dei pentiti bisogna andarci piano e chiedere verifiche prima di prenderle per buone. La posizione espressa da Luciano Violante raccoglie il consenso di Giancarlo Caselli, Procuratore capo di Torino. Il successore di Falcone e Borsellino, che è stato in prima linea nella lotta alla mafia e vive tuttora sotto scorta, aggiunge pero’ una postilla significativa. Non è normale che le rivelazioni siano credibili se riguardano Toto’ Riina e diventino carta straccia quando parlano di personaggi eccellenti. In questa interpretazione c’è una sorta di garantismo selettivo che da solo non basta a dare una risposta rassicurante al Paese , da giorni sotto choc, incredulo e bisognoso di sapere dopo gli interrogativi sollevati dal caso Spatuzza. Certo, piu’ latitanti finiscono in galera, piu’ si incrina il muro dell’omertà . Ma la cupola , quella vera, quella che prova a infliltrarsi nei gangli del potere, è un’altra cosa, inafferrabile e senza volto. Per estirparla servono serie riforme . Il fenomeno, come suggerisce Caselli, si batte con l’antimafia sociale e del diritto , l’unica in grado di arare il terreno su cui promuovere la cultura della legalità.

P.S.- Ubi maior minor cessat.
Su Ciampi e Napolitano, accolgo col massimo rispetto le osservazioni del senatore Besostri ( v. ADL del 2.12.09), che a proposito dei due inquilini del Quirinale mi attribuisce un giudizio di merito che pero’ non mi pare di avere pronunciato. Non ho mai pensato “ che il primo fosse un intransigente e il secondo un accomodante” con Berlusconi. Constato soltanto che il premier, infischiandosene della sobrietà, inisiste a governare con le leggi ad personam, i lodo- scudo ed i presunti " legittimi impedimenti" che lo pongono al riparo dai processi. In quest’ottica vagamente surreale, lascia stupefatti che sia Fini , seppur per svariati motivi , a fare la faccia feroce nei confronti del Cavaliere. E’ il vistoso controsenso su cui il Pd dovrebbe riflettere anzichè presentarsi in ordine sparso al NO B DAY, che come scrivono i suoi denigratori magari non ha cambiato la storia, ma se non altro nella sua fresca spontaneità ha proposto un altro volto dell’Italia; un volto diverso, migliore.     

domenica 6 dicembre 2009

Minareti e natale

di Renzo Balmelli 
MINARETI. Quando il referendum si trasforma in uno strumento assai pericoloso nelle mani dei demagoghi, quasi sempre succede l'irreparabile. Quando non bastano gli appelli contro l'intolleranza e l'idiosincrasia nei confronti della dignità umana per frenare gli istinti meno nobili, la civile convivenza si carica di minacce. Questo succede. Succede che la Svizzera, dopo il drammatico voto contro i minareti, si risvegli da un incubo e si ritrovi confrontata ad una seria situazione di conflitto che mette in agitazione l'intera comunità internazionale. Per molti versi l'iniziativa recupera l'eredità infamante di Schwarzenbach, l'editore zurighese che odiava i meridionali, e cio' la rende ancor piu' infida. Al di la dell'oggetto del contendere, il responso delle urne rimette in discussione anni di sforzi per affermare il primato dei diritti dell'uomo su qualsiasi forma di prevaricazione. L'Europa adesso teme il contagio del verdetto elettorale che potrebbe estendersi a chiazza d'olio e assumere sempre piu' i tratti del conflitto sui valori declinati in chiave religiosa o etnica. Che il rischio esista si evince d'altronde dalla sconsiderata esultanza della Lega. Il plauso forsennato di Calderoli e Castelli, usciti allo scoperto con un linguaggio da " lumbard " alla prima crociata ( campanili si, minareti no, subito il referendum e la croce nella bandiera italiana ) non è certo di buon auspicio. Negli settanta, per sventare i rigurgiti fascistoidi degli estremisti, scesero in campo intellettuali del calibro di Max Frisch ( Cercavamo braccia, sono arrivati uomini) e politici di vaglia come Ezio Canonica, anima del sindacato, del socialismo e del Cooperativo. Oggi, mancando la passione che invoglia a buttare il cuore nel fuoco della battaglia, le destra xenofoba, forte del sostegno che le arriva dalle forze piu' becere attive nel continente, esulta e promette nuove " guerre sante" di retroguardia. La brutale schematizzazione della sua ricetta populista ha ripreso a spadroneggiare ed a contaminare le coscienze che non sanno o non vogliono piu' distinguere il grano dal moglio. Il ribollire di ignobili pulsioni punta a un solo, indiscriminato e perverso obbiettivo: colpire il capro espiatorio . Oggi sono i mussulmani, un tempo furono gli ebrei. Molti preferirono voltare la faccia dall'altra parte. Quel "si" ingiustificato, , emotivo e irrazionale, quel "si" che appaga i nemici dell'Illuminismo, deve fare riflettere anche quanti ritengono che l'esortazione al dialogo e al pluralismo basti a fronteggiare le derive xenofobe. Dopotutto si è visto quanto sia pagante rimestare nel calderone dei risentimenti: da un lato la diffidenza verso l'Islam, nero, velato e minaccioso come l'immagine dei manifesti, dall'altro la crescente ostilità nei confronti del mondo che cambia e non risprmia il baluardo elvetico del segreto bancario.L 'UDC di Blocher ha saputo intercettare e cavalcare con molta scaltrezza la paura e la reazione di rabbia e orgoglio che rischia di nuocere gravemente alla reputazione di paese aperto e tollerante di cui gode la Confederazione elvetica. Per frenare l'insana tendenza , che come si paventa potrebbe infettare altre nazioni, occorrono invece pragmatiche politiche pubbliche capaci di produrre insieme coesione, sicurezza e libertà. Sotto questo profilo la Svizzera è chiamata ora a fornire una risposta rassicurante, all'altezza della sua fama. Serve molta pazienza e un intenso lavorio diplomatico per recuperare l' immagine di Elvezia agli occhi del mondo e per ricucire lo strappo che sconvolge le regole dell'ordinamento sociale. Un problema che con ogni probabilità non sarà facile risolvere.
NATALE. Si consuma tra vischiose vessazioni contro gli immigrati, l'operazione " White Christmas", feroce prova di intolleranza che oscura " l'astro del ciel". Anche il ministro Maroni ha inteso esternare il suo compiacimento ai leghisti di Coccaglio, comune del Bresciano, per il loro modo "originale" di interpretare il rito dell'Avvento in nome "della fratellanza tra gli uomini". Fortuna vuole che il corpo sano dell'Italia, ossia la stragrande maggioranza, non sia disposto a condividere le vergognose iniziative a sfondo xenofobo. Sulle ronde, altro motivo di scandalo, la maggioranza incassa una cocente smentita. Le richieste si contano sulle dita di una mano, in evidente controtendenza rispetto all'emergenza delinquenziale che qualcuno si compiace di diffondere. Da parte sua il governo tace e trova meno disdicevole inviare il premier a elogiare il bielorusso Lukaschenko che l'occidente considera " l'ultimo dittatore d'Europa".
EDITTO. Giorni fa, quando la ZDF, la seconda emittente pubblica tedesca, è finita nel mirino del potere politico, in Germania chissà perché hanno pensato a Berlusconi. E Roland Koch, il presidente democristiano dell'Assia che non gradisce i giornalisti scomodi, è stato ribattezzato "Silvio Koch". E' la classica storia della destra che cerca di influenzare le scelte editoriali della tv pubblica e fa fuori chi non si allinea. La vittima dell'editto bulgaro alla tedesca é Nikolaus Brender, direttore del Telegiornale, che appartiene, guarda caso, all'area socialdemocratica. L'Enzo Biagi germanico si è fatto un nome per la sua indiscussa professionalità e la tenacia con cui ha difeso l'autonomia della testata da qualsiasi ingerenza ad opera degli emuli renani del Cavaliere. Nell'ottica italiana il paragone fa male in quanto serviva proprio questa vicenda per fare luce sulla pessima fama di cui gode l'uomo che risiede a Palazzo Chigi.
TRITACARNE. Comunisti, magistrati, la sinistra, Repubblica, L'Avvenire, Ballaro', Santoro, Rai3, Fazio, la Dandini, i sindacati, i liberal, il Parlamento, i finiani, il Quirinale, la borghesia , l'ex moglie , alcuni settori della Chiesa , i " coglioni" che non la pensano come lui e pure noi dell'AdL. Sono un bel gruppo i "nemici" che Berlusconi si inventa ogni giorno per eludere le domande piu' insidiose. Ma siccome l'elenco non gli sembrava lungo abbastanza, ha pensato di aggiungere anche coloro che scrivono libri e sceneggiati sulla mafia. Bontà sua, se gli capitassero a tiro giura che vorrebbe strozzarli. Ma che carino. A scatenare l'ira funesta del premier, che vive ormai tra le carte giudiziarie, sono state alcune insinuazioni su un avviso di garanzia in arrivo dalla Sicilia. Pero' piu' che dai nemici, Silvio farebbe bene a guardarsi dagli amici. Sono stati infatti i quotidiani di famiglia o imparentati a divulgare per primi le indigeste rivelazioni, non si è capito bene con quale criptico intento. Il capo del governo è comunque in buona compagnia. Anche Alessandra Mussolini è finita nel tritacarne della "stampa alleata" per un video hard di cui non esiste prova alcuna. Eppure la nipotina del Duce dovrebbe saperlo meglio degli altri e fare tesoro della lezione di nonno Benito: datemi una citazione e vi distruggo un uomo. O una donna!