lunedì 23 dicembre 2013

Ma l'odissea non si ferma

di Renzo Balmelli

ODISSEA. Non è soltanto di oggi la vergogna di Lampedusa che di colpo, come un soffio gelido, spegne le candeline sull'albero. Basta un rapido giro negli archivi per rammentare che lo scandalo degli immigrati disinfestati e trattati come nei lager nazisti è il tragico epilogo di una situazione sfuggita a ogni controllo e che nel corso degli anni è andata via via degenerando fino a raggiungere il grado di abiezione mostrato dall'agghiacciante video del TG2. Ora si moltiplicano le manifestazioni di sdegno e di condanna ma chi ha buona memoria sa quante inchieste sulle disumane condizioni di accoglienza fecero scalpore in passato con denunce articolate e documentate. Invano. Forte è dunque il sospetto che anche questa volta, passata l'ondata di indignazione, i buoni propositi si perdano nelle pastoie burocratiche e nello sterile rimpallo delle responsabilità. Da tempo si invoca l'avvio di una ricognizione del dolore tramite una carta per Lampedusa che garantisca il pieno rispetto della dignità umana per migliaia di donne e uomini che vedono calpestati i loro diritti senza nessun ritegno. Ma l'odissea non si ferma, al punto da condannare centinaia di disgraziati a morire in fondo al mare per inseguire il flebile miraggio di una esistenza migliore. E nessuno può chiamarsi fuori, perché questo dramma interpella le coscienze di tutti noi.

FORMULE. Le larghe intese non sono un'invenzione tedesca. Se oggi Angela Merkel è in grado di presiedere il suo terzo governo, buona parte del merito va all'Italia che del centro-sinistra è stata la culla negli anni in cui la "grosse Koalition" era ancora di là da venire. Ma c'è di meglio. Di accordi a tutto campo già se ne parlava durante il regno di Sardegna, a conferma del fatto che il Bel Paese in quanto a formule innovative è sempre stato un fecondo laboratorio d'idee. Non di rado lasciate però al loro destino. Difatti, diversamente da quanto accade in Germania, dove si premia la concretezza, a Roma anche le iniziative col marchio del made in Italy apprezzate all'estero finiscono spesso con l'essere vanificate dai bizantinismi di corridoio.

LIBRI. E' difficile dire quanto durerà il governo che prova ad aggiustare i mali dell'infausto ventennio targato S.B. Di solito quando un esecutivo cerca di spezzare il paradosso delle connivenze, procacciatrici di poltrone sicure, ha vita piuttosto breve. Alla compagine di Letta bisogna augurare di resistere a lungo non fosse altro che per la spinta a leggere buoni libri e quindi a valorizzare la cultura. Oggi più che mai si avverte il bisogno di quelle cose che non portano profitto, ma che cambiano l'esistenza. Chi legge – diceva Valentino Bompiani – vive due volte. Dopo anni di grossolana decadenza e di reality fasulli al servizio di una ideologia altrettanto fasulla, l'incentivo fiscale alla lettura è una bella notizia che fa ben sperare.

FORCONI. Quando riecheggiano sguaiati appelli alla marcia su Roma vengono i brividi. Che nella protesta , non priva di buone ragioni, possano annidarsi - scrive Mani Ovadia - fascisti e imbecilli che lanciano accuse sinistre ai banchieri in quanto ebrei, è da furfanti. I decaduti che cavalcano il movimento ad usum delphini non sono animati dalle buone intenzioni che sarebbero utili per intercettare il malessere, ma seguono soltanto l'irrefrenabile passione per le rivalse postume. Le scosse sociali chiedono invece risposte serie e non rozzi speculatori che soffiano sul fuoco evocando lo spettro di golpe immaginari. Perdere il controllo sarebbe pericoloso, perché , anche se di plastica, sempre forconi sono.

SCONFORTO. Nel suo comprensibile sfogo, il Presidente Napolitano dice che in giro c'è troppa disperazione. Fa eco alle sue considerazioni l'identikit fornito da Repubblica di un Paese stanco e che non crede più a quanto si racconta nei TG e nei talk-show. Un nostro assiduo lettore, il giornalista Peter Lorenzi, vi aggiunge del suo, sostenendo che è solo "perditempo, per non dire nausea" ascoltare i politici e anche certi giornalisti che fanno salotto. Bisognerà quindi vedere se in futuro i lampi di gioventù che a partire dal Pd mostrano una generazione decisa a cambiare passo riusciranno ad avere la meglio sul clima depresso di fine anno. Clima che all'interno di una crisi sempre più profonda diventa l'emblema dello sconforto.

LACUNE. Non tutti i quiz vengono per nuocere. Capita di rado, ma a volte succede di fare scoperte istruttive nelle titubanti risposte dei concorrenti che aprono squarci vistosi sulla scarsa conoscenza non dell'evo antico, ma di eventi a noi vicinissimi e ampiamente documentati. Sintonizzati su Raiuno, molti spettatori saranno rimasti sconcertati dalla difficoltà mostrata dai partecipanti al gioco nel collocare l'epoca in cui Hitler era il terrore dell'Europa. Nessuno ha saputo indicarla tranne che per esclusione, quando era rimasta una sola data disponibile. Sembra quasi impossibile che si possa ignorare il recente passato in modo tanto vistoso, al punto da chiedersi se con tali lacune persone mediamente istruite sappiano in che mondo viviamo.

SFERZATA. Slogan anarchico di fine Ottocento, tornato popolare negli anni della contestazione, il detto " una risata vi seppellirà" non ha perso la sua efficacia. D'altro canto è noto sin dai tempi di Molière che si piange col cuore e si ride col cervello. Ma va bene anche il contrario. Di fronte alle smanie del Cavaliere che vagheggia improbabili rivoluzioni come al solito solo per i suoi comodi, una buona battuta è una sferzata che ne accentua il ridicolo. Berlusconi – racconta Ezio Greggio a Striscia la notizia su Canale 5 – "vuole prendere la Bastiglia, ma si confonde, deve prendere la pastiglia". A Milano per una chicca così c'è un modo di dire eloquente: "Ciapa su e porta a cà", prendi e porta a casa.

GARA. Autore tra i più rappresentativi del ventesimo secolo e campione degli aforismi, Fernando Pessoa sosteneva che il poeta per sua natura è un fingitore. Sarebbe interessante sapere cosa penserebbe lo scrittore portoghese degli scienziati cinesi che hanno attinto a piene mani alla tradizione e alla poesia per tenere a battesimo lo sbarco sulla luna di una sonda con le insegne del Celeste Impero. Anche loro fingitori? Una dea, Chang-e, e un coniglio di giada figureranno d'ora in poi accanto a nomi più convenzionali tipo Atlas o Cosmos nella corsa al nostro satellite. Una gara che effettivamente di poetico ha poco, ma che attesta il gigantesco balzo tecnologico di Pechino per fare valere le proprie ragioni nello spazio , tornato a ingolosire le grandi potenze.

 

giovedì 12 dicembre 2013

Una fiducia non scontata

di Renzo Balmelli

FIDUCIA. E' prematuro dire se il cambio della guardia alla testa del Pd sia il presagio di un periodo di bonaccia nella convulsa politica italiana. Bisogna augurarselo, ma di sicuro la reazione non mollerà la presa tanto facilmente pur di tenere il Paese sotto scacco. Comunque sia, intanto il governo incassa la fiducia delle Camere; un gesto che non era scontato, soprattutto al Senato, dopo la vociante sarabanda messa in scena da Forza Italia e dai pentastellati. E quindi ancor più significativo, se si considera l'ampiezza della posta in palio. Ora non resta che mettersi all'opera per non sprecare altro tempo prezioso. Il voto del Parlamento non è una cambiale in bianco, questo no, ma un segnale molto importante che oltre a confermare il sostegno all'Esecutivo lascia sperare nella possibilità di una navigazione meno turbolenta in vista delle riforme. Che è poi quanto ha bisogno l'Italia in questo periodo segnato dalla crisi, dalla rassegnazione e dalle sventurate contorsioni di chi cavalca il movimentismo non certo animato da nobili intenti .In politica il passato pesa, specie dopo un ventennio traumatico, ma se persino Obama e Raul Castro si stringono la mano in mondovisione è immaginabile che anche a Roma si possa pianificare il futuro con maggiore serenità e in un clima meno esasperato.

DIGNITÀ. Ogni successione importante contempla la speranza di un cambiamento. Nel Pd, erede di una tradizione culturale votata al primato delle idee, sono maturate dopo un lungo travaglio le condizioni per uno storico mutamento che non può in nessun modo venire disatteso. In quest'ottica Matteo Renzi si accinge ora ad affrontare la prova del fuoco. Senza indugi il nuovo segretario dovrà dimostrare non soltanto a parole, di cui non è certo sprovvisto, ma anche nei fatti, di essere l'uomo giusto al posto giusto, all'altezza del trionfale mandato ricevuto alle primarie. Da qui non si scappa: l'incentivo rappresentato dal maggior partito italiano è l'unica alternativa in grado di arrestare la marea montante di una destra sempre più demagogica. D'altronde dovrebbe essere chiaro a tutti che l'obiettivo primario di una sfida epocale in cui per vincere non basta rottamare, consiste proprio in questo: consiste nella capacità di ricostituire il tessuto morale per portare la nazione fuori dall'infausto inverno di Arcore. Richiesti all'uopo sono, in ugual misura, grandi visioni e progettualità concrete nella piena consapevolezza che "sinistra" significa in primo luogo dignità.

"NEGRI". Gli hanno tributato onori planetari, ma il più importante sarà di non lasciare che gli ideali di giustizia e libertà – per i quali Mandela si è battuto fino a quando le forze lo hanno sorretto – finiscano in uno scatolone chiuso nel mausoleo della storia. Per misurare l'ampiezza dello straordinario cammino compiuto da colui che verrà ricordato come l'ultimo mito del Novecento, bisogna immaginare cos'era l' orrenda realtà dell' apartheid, quando i neri del Sud Africa erano considerati dai coloni bianchi poco più che oggetti di cui disporre a piacimento, e non persone. Per porre fine allo scempio, colui che spezzò le catene della prevaricazione dell'uomo sull'uomo, ha trascorso un terzo della sua vita in carcere, convinto che il mondo non avesse un solo colore. C'è riuscito, ma ora, come detto, è la sua eredità che andrà amministrata e perpetuata con saggezza per far sì che la gramigna del segregazionismo, mai del tutto estirpata, non torni ad attecchire e a infestare i comportamenti verso coloro che sono ridiventati i "negri" agli occhi degli incalliti oppressori sparsi ai quattro angoli della terra.

SGOMENTO. Nei rigurgiti del razzismo che intossicano l'Europa, non c'è più rispetto nemmeno per Anna Frank, la ragazzina ebrea trucidata dai nazisti. L'ennesimo episodio antisemita arriva dal cuore di Roma e ruota attorno al tifo esasperato tra opposte fazioni in cui l'immagine della giovane è stata oltraggiata in modo abominevole. Si rimane sgomenti di fronte a un episodio tanto aberrante; un'escrescenza nauseabonda che è la spia di una sottocultura frutto dell'ignoranza e degli esempi forniti dai cattivi maestri. A tal punto da perdere di vista il rispetto verso il passato. Che poi, su questo fronte, agiscano forze che campano sugli istinti riposti e le ideologie bacate per raccattare voti, non fa che accrescere lo sconcerto in chi paventa derive ancor più minacciose.

GOGNA. Avrà tanti difetti, ma l'Italia non è di sicuro un Paese autoritario. Tuttavia pare non sia tramontato il vizietto della gogna mediatica e delle liste di proscrizione per i giornalisti sgraditi al "regime" di cui si ebbe una prima, eloquente dimostrazione col famigerato editto bulgaro di Silvio B. Ora sembra che anche i grillini vogliano mettere il bavaglio alla libertà di criticare e quindi alla libertà di stampa. Si va così costituendo una sconclusionata alleanza che ha quale collante il populismo e che si sviluppa lungo due direttrici, l'una non meno perniciosa dell'altra: da un lato gli attacchi sconsiderati al Colle, dall'altro il piacere maligno di soffiare sul fuoco per portare il Paese allo sfascio. Dove vogliano arrivare con un programma tanto velleitario e confuso è una incognita non esente da pericoli: ma qualsiasi cosa sia non sembra portare a buon fine. Forse a chi si ostina a farla fuori dal vaso sfugge il fatto che nel giornalismo è un obbligo morale diffidare del potere, specie se ha queste fattezze.

MOBILITAZIONE. Mai come adesso è parso necessario mobilitarsi per salvare l'Europa dal nazionalismo che di giorno in giorno si sta facendo sempre più forte, incendiario e ostile, col rischio di portarla alla rovina. Sullo sfondo dei moti che dall'Ucraina all'ira dei "forconi" testimoniano l'esistenza di un profondo disagio, la tendenza a esasperare le difficoltà – che pur ci sono e sono tante – rispetto ai progetti comunitari, può magari far vincere una singola battaglia elettorale, ma alla fine – chiosa Enrico Letta – costruire solo macerie. Parole sante, poiché fu proprio sulle macerie che nacque l'Europa unita, determinata a bandire la guerra dal suo orizzonte. Sessant'anni di pace sono li a dimostrare che l'impresa è possibile, non soltanto per farne una terra di opportunità economiche, ma anche di giustizia e libertà.

VITALITÀ. Metti sullo stesso palcoscenico l'intoccabile Traviata e una regia molto poco tradizionale, e lo spettacolo nello spettacolo, tra applausi interminabili e manifestazioni di dissenso, è assicurato. Si sa che ogni prima alla Scala crea rari momenti di totale concordia. La contestazione è però anche un segno di vitalità. Mostra infatti l'altra Italia, la migliore, quella non contaminata dal bunga-bunga, quella che lo stesso giorno ha trionfato grazie a Paolo Sorrentino, regista, e Paolo Servillo protagonista, all'Oscar europeo del cinema con " La grande bellezza". Mentre si faceva buona cultura, da destra si levavano le solite berlusconate di fine impero. Come volevasi dimostrare, la decadenza non è di un uomo solo, ma del sistema da lui creato e di chi l'ha tenuto in piedi.

 

giovedì 5 dicembre 2013

Un’invocazione con molta interpunzione

di Renzo Balmelli

OSSESSIONE. Basta!!!!!!! Scritta così, con una sequela infinita di punti esclamativi, è l'invocazione più usata dai lettori per biasimare l'ossessiva rincorsa a Berlusconi come fosse un divo e non un politico decaduto in virtù di una sentenza che non è uno scherzo. Ovunque cada lo sguardo, i titoli si ripetono come tanti cloni. Berlusconi con la Pascale, Berlusconi con Dudù, Berlusconi sgrida Barbara, Berlusconi ad Arcore, Berlusconi a Palazzo Grazioli, Berlusconi in elicottero, Berlusconi a Milanello. Sì, davvero basta!! Non se ne può più. Per poi concludere con la domanda dalle cento pistole: ora che farà Berlusconi? Che volete che faccia. Niente, come ha sempre fatto, tranne curare i suoi interessi personali. Ma per quanto ovvia la risposta sia, stranamente però non figura da nessuna parte per un semplice motivo: la "deberlusconizzazione" del Paese è appena iniziata e non terminerà tanto presto.

VENTENNIO. Dopo la decadenza l'avventura politica di Silvio B. cambia, ma non finisce qui. Purtroppo. Chiuso un ventennio, c'è il rischio che se ne apra un altro ancor più turbolento e facinoroso. I sondaggi, ammesso e non concesso che siano veri, sembrano svelare una realtà difficilissima da rimuovere dal tessuto nazionale. Come un virus, il berlusconismo è dentro gli italiani. O perlomeno una parte di essi. E' il cosiddetto "mal du siècle" di cui parla Barbara Spinelli, ancora molto radicato in chi non ha altra ambizione se non di essere come il Cav. Tutt'altro che morta, l'eredità politica e culturale del ventennio - " è un'abitudine mentale, un credo epidemico" che non cesserà di intossicare il Paese senza uno spietato esame di coscienza. Impossibile? Una utopia? Forse no. Forse quel grande, stimolante laboratorio che è l'Italia può ancora sorprenderci.

VISIONI. Al Pd si offre la straordinaria possibilità di guidare la riscossa civile, economica e morale dell'Italia, Basta fare le scelte giuste. Non è la prima volta che ciò accade nella storia della sinistra e non è la prima volta, ahinoi, che l'obbiettivo viene mancato per le lotte intestine, come sta appunto avvenendo adesso in vista delle primarie. Ma quali scelte? Ai cittadini nauseati dell'insulso teatrino delle poltrone occorre offrire una vera alternativa. Un deciso salto di qualità rispetto alla tetraggine un po' wagneriana della decadenza dell'ex premier, consumata nella noia dei soliti slogan davanti a quattro gatti . Occorre un forte segnale di discontinuità, alla larga dalle larghe intese prima maniera. Il Pd torni insomma ad essere orgoglioso dei suoi valori e portatore di quelle visioni su come dovrà essere il Paese nei prossimi anni: visioni che sono la chiave di volta per una buona politica, al passo coi tempi.

ALLEANZA. Anche declinato nella lingua di Goethe, il matrimonio delle larghe intese tra SPD e CDU/CSU non è, come si suol dire, un viaggetto di tutto riposo. A dispetto della concretezza tedesca, avulsa dai bizantinismi all'italiana, la strada verso la grande coalizione resta in salita e al momento non offre ancora garanzie di riuscita, ancorché sia considerata su entrambi i fronti un'alleanza quasi indispensabile. Uscito dalle elezioni senza una maggioranza assoluta, lo schieramento della Merkel non è in grado di fare da solo. In casa socialdemocratica la scelta appare in un certo qual senso obbligata, ma la base, chiamata a decidere con un referendum dall'esito affatto scontato, rumoreggia nel timore di perdere consensi. La posta in gioco è dunque molto alta. A detta degli esperti si tratta di far nascere il nuovo governo o di ucciderlo prima ancora che venga alla luce.

EUROVOTO. Nelle trattative in corso a Berlino uno dei passaggi cruciali è rappresentato dalle opzioni in vista delle prossime elezioni europee, in programma a fine maggio. All'appuntamento mancano ancora sei mesi, ma le dinamiche comunitarie occupano ormai uno spazio fisso in tutti i paesi,, tanto da poter dire che la campagna elettorale batte ormai il pieno. In questo contesto, la maggiore preoccupazione è data delle ideologie subdole che si insinuano nei gangli vitali della società sull'onda di quella che si potrebbe chiamare l'internazionale del populismo: un'alleanza paradossale che mira a fare saltare il banco dell'integrazione e dentro la quale si muovono gli aspetti più inquietanti dell'euroscetticismo, dall'ostilità verso la libera circolazione alla paura degli altri, dai proclami nostalgici, alle tendenze xenofobe. Tutte incognite che verosimilmente non avranno la meglio, ma che rischiano di pesare sull'esito del voto fornendo alle formazioni nazional-populiste altro foraggio per le loro perniciose ideologie.

STRAGE. Vivere e morire in una fabbrica, come schiavi dell'era moderna. Siamo nel 2013, in un secolo di tecnologia avanzata, eppure può succedere che sette operai vadano incontro a una fine orribile, arsi vivi nell'incendio del capannone in cui lavoravano e vegetavano in condizioni di drammatico e criminale sottosviluppo. Erano cinesi, sfruttati all'inverosimile, capitati chissà come a Prato, fiorente cittadina toscana, tra i distretti tessili più grandi d'Italia. Quasi ogni giorno le cronache raccontano di situazioni di disagio al limite della sopravvivenza. In un paese civile è intollerabile che cose del genere possano proseguire senza regole, sullo sfondo spietato di una immensa, disumana illegalità. Dire adesso che era una tragedia annunciata e restare a guardare senza porre fine all'ignobile sfruttamento, sarebbe come uccidere una seconda volta quei poveri esseri umani alla deriva e privi di difese.