mercoledì 30 novembre 2016

Un sereno weekend al calor bianco

di Renzo Balmelli

TENDENZE. Collocate entrambe il 4 dicembre, una giornata destinata per le bizzarrie del calendario a diventare una domenica al calor bianco, le prove elettorali che avranno come protagoniste Italia e Austria saranno l'ultimo, emblematico, atto politico di un anno che non è stato certo avaro di emozioni forti e contrastate. Dopo la Brexit, l'ascesa di Trump e l'insorgere prepotente di vecchi fantasmi, sia il ballottaggio presidenziale austriaco, su cui aleggia lo spettro dell'estrema destra, sia il referendum di Renzi, quasi un anticipo di elezioni politiche, si configurano come eventi combattuti con toni sempre più accesi. Negli equilibri del potere gli scenari che un esito o l'altro apriranno saranno diversi a seconda del Paese, ma anche indicativi su un piano più generale per capire come si muoveranno le lancette della storia nel Vecchio Continente su cui soffiano venti burrascosi. La drammatizzazione dello scontro fa si che il verdetto delle urne concorra a tenere tutta l'UE col fiato sospeso. 

 

COMMIATO. Per ovvia ragion di stato, Obama prima di lasciare non poteva che esortare gli alleati europei a mantenere stretti legami di collaborazione con gli USA. Ma dal tono accorato si intuiva che il suo animo non era del tutto tranquillo nel passare le consegne a colui che fin dal primo giorno si sta muovendo come un elefante in un negozio di porcellane. Tranne qualche "trumpiano" lesto a salire sul carro del vincitore, nelle principali cancellerie europee regna un clima di inquietudine sulle prossime mosse di un Presidente dal quale è facile aspettarsi di tutto e il contrario di tutto così come gli garba, e che si circonda di collaboratori addirittura inneggiati dal Ku Klux Klan. No davvero, alla cena di commiato in Germania a piangere non era soltanto il cielo sopra Berlino.

 

WATER. Ah, gli scherzi del mercato globale. C'è un neo che offusca il trionfo elettorale dell'uomo dal ciuffetto color canarino. Non, come si potrebbe pensare, il fatto ininfluente, ma fastidioso per il suo ego sconfinato di avere avuto meno voti popolari della Clinton. No, ciò che lo irrita è la battaglia per fare togliere il suo nome da un marchio di gabinetti super accessoriati molto popolari in Cina e molto venduti all'estero. Marchio che nella traduzione significa appunto Trump. Avere come sfondo quel popò di "water" seppur dotato di raffinatissimi marchingegni idraulici, non è proprio lo scranno più indicato per costruire il nuovo ordine mondiale da lui vagheggiato. Quell' immagine va tolta di mezzo per non essere bersaglio dalla satira. Ma è sorto un inghippo: i cinesi non cedono e fanno – è il caso di dirlo – orecchio da mercante

 

TACCHI. In taluni frangenti la politica è anche una questione di stile come ha ben evidenziato il confronto tra l'eleganza discreta di Obama e le tenute sgargianti indossate da Trump in sintonia col personaggio. Anche tra Angela Merkel, candidata per un quarto mandato, e Marine Le Pen, che aspira all'Eliseo, si preannuncia una battaglia non solo sulle idee, distanti anni luce, ma anche sul modo di presentarsi in pubblico. La sfida che manda in estasi gli studiosi del costume sarà tra le infinite sfumature degli immancabili tailleur coi quali la Cancelliera ha modellato la sua fama di brava "Mutti" della patria e la bellicosa leader del Fronte Nazionale che ha invece optato per un look più spigliato, rinunciando ai pantaloni e presentandosi in gonna e tacchi a spillo. Insomma a volte anche l'abito fa il monaco, o la monaca!

 

REBUS. Senza un candidato comune, la sinistra francese rischia di presentarsi alle presidenziali dell'anno prossimo in ordine sparso e non certo attrezzata per tenere testa al centro destra che allo scopo non ha esitato a sacrificare il sempre meno amato Sarkozy. Nei ranghi della gauche comincia a serpeggiare il timore di non arrivare al secondo turno e quindi di dover scegliere il male minore come fece con Chirac per sbarrare il passo a Le Pen padre. Questa volta l'avversario comune è ancora una Le Pen, la figlia Marine, che ha lanciato la sua sfida sicura di farcela. Nello scompiglio dei partiti che precede il voto di maggio, appuntamento clou del 2017 assieme alle elezioni tedesche, la corsa all'Eliseo è ormai sempre più un rebus dall'esito quanto mai incerto, ma con un punto fermo: la sinistra deve ricompattarsi e superare le vecchie divisioni nella consapevolezza che in politica il male minore alla lunga può rivelarsi il peggiore. 

 

PUTIN. Quando militava nei piani alti del KGB, che non era proprio una leggiadra confraternita di francescani, Putin non godeva certo di grandi simpatie nel mondo occidentale. Nella terminologia di Reagan apparteneva " all'impero del male". Come abbia fatto l'attuale Presidente russo a diventare l'idolo di una parte consistente della destra europea è uno di quei misteri che non aiuta a capire l'esatta natura di questo fenomeno. Ma che però andrebbe analizzato attentamente. Le durissime reazioni dei suoi sostenitori alla risoluzione UE che accusa il Cremlino di sfidare i valori democratici e dividere l'Europa è d' altronde sintomatica. L'alzata di scudi, non priva di giudizi irriverenti nei confronti dell'euro parlamento, mostra un mutato e per certi versi acritico atteggiamento di alcuni settori dell'opinione pubblica che ora vede la Russia come l'approdo della terra promessa dopo averla considerata per anni una sterminata prigione a cielo aperto. Un cambio di passo radicale in cui non mancano i motivi di riflessione.

 

CORAGGIO. Al tema, delicato e controverso, celebrati autori hanno dedicato memorabili capolavori. Fra questi il grande Bergman con " Il settimo sigillo". Nel caso della ragazza inglese condannata dal cancro che ha scelto di farsi ibernare per rivendicare il suo diritto alla vita in un futuro senza tempo, non avrebbe comunque senso lambiccarsi in congetture filosofiche. D'altronde chi siamo noi per giudicare. Molto più semplicemente, con quel suo gesto che tanto ha fatto discutere, la giovane ha voluto portare via con sé un brandello di speranza, sorretta dall'ingenua convinzione di avere ancora in serbo un'ultima mossa, la mossa che non esiste, per dare scacco matto al mistero insondabile della morte. Aggrappandosi così, prima di chiudere gli occhi, all'illusione di risvegliarsi guarita in un mondo inesplorato. Nel suo cammino oltre i bastioni dell'ignoto, salutiamola con una carezza, perché, come canta Fabrizio de André, per morire a quell'età, ci vuole tanto, tanto coraggio.

martedì 22 novembre 2016

Nello sgomento dell'ora, occorre reagire

di Renzo Balmelli 

DISSENSO. "Ha da passà 'a nuttata" è la celebre frase con la quale Eduardo De Filippo in Napoli milionaria affrontava le avversità dell'esistenza e della commedia umana. Adesso, sul palcoscenico americano un milionario che non va tanto per il sottile ci è finito per davvero e per gli eredi della grande stagione illuminista del Common sense, il senso comune della democrazia anti autoritaria teorizzata da Tom Paine, la notte rischia di essere molto lunga. Un cielo carico di oscuri nuvoloni incombe sui valori condivisi della cultura liberale e progressista che hanno forgiato la moderna società dei lumi. Nello sgomento dell'ora seguito all'elezione di Trump sarebbe però un errore cedere alla rassegnazione. Occorre reagire e mobilitare le coscienze al fine di indagare sulle ragioni della sconfitta e porvi rimedio in tempi brevi. Un diffuso malessere si è impadronito dell'America e i tanti giovani che esprimono il loro dissenso ne sono una testimonianza eloquente.

FALCHI. A vedere come sgomitano per un posto al sole, devono avere una fame feroce di rivincita i repubblicani dell'ala meno moderata. Con metodi che fanno assomigliare la transizione a un gigantesco “spoil system” teso a riportare nelle stanze del potere i falchi nascosti negli armadi, il presidente eletto non fa mistero delle sue intenzioni. I toni concilianti non traggano in inganno. Ciò che si va consumando è l'ansia di revanscismo non limitato solo agli Stati Uniti nei confronti del “negretto" che nella distorta visuale del Tea Party ha avuto l'impudenza di “usurpare” la supremazia bianca. Evocare quale pilastro del programma la deportazione di milioni di clandestini e il muro col Messico trasuda linguaggi tristemente noti da noi da quasi un secolo con un altro nome. Il buon senso consiglia prudenza nei giudizi, ma il pessimismo della ragione suggerisce di prepararsi al peggio.

PATRIMONIO. Con lo stile e la leadership morale di due mandati mai lambiti nemmeno dall'ombra di un pettegolezzo, Obama nell'ultima sua missione si sta prodigando per depotenziare l'effetto Trump sull'Europa. Nel solco della buona educazione diplomatica non prenderà iniziative che potrebbero turbare il pacifico avvicendamento alla Casa Bianca. Ma chi gli succede mostra di muoversi sulla scacchiera internazionale come il liquidatore di Pulp Fiction, la qual cosa non è fatta certo per rasserenare gli alleati del Vecchio Continente. Con la svolta delle presidenziali, sugli Stati Uniti è calata una cortina di tristezza resa ancor più pesante dalla euforia della destra populista ed euroscettica convinta che con il presidente eletto si aprirà una stagione di travolgenti successi. E il guaio è che potrebbe accadere davvero se andasse in porto il radicale, estremo cambio di passo in grado di decretare la fine di un'epoca e archiviare un patrimonio prima culturale che politico.

A MOSCA. A MOSCA! Chissà se Matteo (non Renzi, l'altro) conosce l'invocazione che Cechov fa dire alle Tre Sorelle, ansiose di sfuggire dalla mediocrità della provincia. Sta di fatto che al leader leghista la capitale russa è sembrata l'ideale palcoscenico sia per promuove il NO al referendum, sia per dare corpo alle sue ambizioni. Sotto le mura del Cremlino, non più spauracchio della destra, Salvini ha provato a muovere i suoi primi passi da candidato premier, tra il visibilio dei suoi devoti sostenitori. Che poi la foto con Putin, grande amico dell'amico americano, sia vecchia di un anno è un dettaglio trascurabile per chi cerca un posto nella storia. L'importante è essere visti da chi deve vedere. Certo è che il voto del 4 dicembre ne ha risvegliati di appetiti!

NODI. Quando si evoca l'ipotesi di mobilitare l'esercito per riportare l'ordine in città, tra l'altro quasi sempre con scarsi risultati, il più delle volte significa che qualcosa di importante non ha funzionato nella pubblica amministrazione. Se poi l'opzione riguarda Milano, un tempo capitale morale finita non sempre in buone mani, la politica tende a dividersi poiché il problema legato alla sicurezza dei cittadini minacciati dalla criminalità e dalle bande armate che si fanno la guerra per il controllo del territorio vale a fare luce su alcuni nodi critici. E che uno di questi nodi sia l'integrazione fallita in quella camaleontica, sfuggente corte dei miracoli che è diventata via Padova, con le sue gerarchie, lo spaccio e la prostituzione, evidenzia quanto sia difficile mettere a frutto progetti di inclusione sociale che pure esistono e altrove hanno dato risultati positivi.

IDEALI. Se Bob Dylan ha avuto il Nobel per la letteratura, Leonard Cohen, scomparso all'età di 82 anni, lo avrebbe a sua volta meritato per l'importanza storica della sua produzione ispirata da un lato dal pessimismo politico-culturale e dall'altro da un forte senso della giustizia. Il poeta che volle essere cantautore e divenne il poeta della musica se n'è andato alla vigilia delle elezioni americane e non ha fatto in tempo a conoscerne l'esito che sicuramente avrebbe disapprovato. Non solo in campo musicale, Cohen ha saputo suggerire orizzonti ed emozioni personali sorrette dalla sensibilità e dalla comprensione verso chi per sfortuna o altro si è trovato in ambasce. La sua vena autoironica è stata un modello per l'indipendenza creativa di molti artisti che per loro stessa ammissione si sono a lui liberamente ispirati. Nel sostegno agli oppressi e contro la guerra è stato l'alfiere instancabile degli ideali che oggi non di rado danno l'impressione di vacillare.

martedì 8 novembre 2016

Dopo ciò che… andava fatto prima

di Renzo Balmelli 

 

PRIMA E DOPO. Quante parole al vento da parte della politica, stremata dalla battaglia costituzionale, mentre la terra trema e l'Italia vive nell'incubo di disastri ambientali non solo imputabili agli elementi scatenati. La tragedia sismica che sta provocando un esodo biblico di sfollati ha messo in evidenza una catena mostruosa di inadempienze e di miliardi buttati al vento che chiama in causa le pesanti responsabilità della classe dirigente. Se tra le tante cose venute a galla tutte assieme, persino un cavalcavia talmente marcio che crolla come fosse un castello di sabbia, non ci sono attenuanti. Siamo di fronte alle conseguenze di un sistema parassitario e di mal governo che per ragioni inconfessabili non ha saputo o voluto ascoltare gli avvertimenti e ora prova a correre ai ripari per fare dopo ciò che andava fatto prima.

 

RISPETTO. In questa fase piuttosto avara di proposte per la storia delle idee, il dibattito politico si sta spesso incartando su polemiche sterili e rivalità personali. Senza avere quale scopo principale l'interesse per il Paese. Di sicuro non ha certo pensato al terremoto che ha sconvolto il Centro della Penisola l'esponente del M5S dettosi convinto che se il Senato, inteso come edificio, ha assorbito senza danni le scosse giunte fino a Roma, saprà reggere anche alla riforma. Una tale mancanza di rispetto verso chi ha perso tutto è semplicemente inconcepibile, ma è anche un sintomo di quanto sia avvelenato il clima nell'imminenza del referendum che ormai si è caricato di significati estranei alla posta in palio per diventare una prova generale delle elezioni.

 

AVVENIRE? Fondato settant'anni fa sulle ceneri del fascismo e sulle rovine della guerra voluta dal Duce, il Movimento sociale italiano fa i conti con il proprio destino attraverso una mostra di volantini, manifesti e altri polverosi cimeli da poco inaugurata nella capitale. E' la prima volta che le icone missine vengono esibite in pubblico nel tentativo di ricostituire una comunità ormai dilaniata dalle divisioni e che un tempo aveva potuto contare su oltre 2 milioni di elettori, 56 seggi alla Camera e 26 al Senato. Finiti dalla parte sbagliata della storia, nostalgici erano i fondatori del MSI nel 1946, determinati a rivalutare il Ventennio, e tali sono rimasti al punto da titolare la mostra "Nostalgia dell'avvenire" che evidenzia in modo fin troppo palese quali sono le loro mai sopite motivazioni. Ma quale avvenire?

 

HIDALGO. Famoso per certe sue battute al vetriolo, Andreotti disse una volta che gli spagnoli erano come gli italiani ai quali mancava però l'italica finezza. Forse il leader democristiano voleva alludere alla tortuosità di certi percorsi politici in cui la nazione iberica si è trovata invischiata senza trovare il bandolo della matassa fino al "sacrificio" dello Psoe che turandosi il naso ha spianto la strada al suo storico avversario. A pagare dazio in questa dolorosa operazione che consente alla destra di governare senza merito è stato più di altri Pedro Sanchez, giovane promessa del socialismo madrileno, che si è fatto da parte per non tradire i suoi ideali e meritandosi - come poteva essere diversamente - la fama di novello don Chisciotte. Un bel gesto da eroico hidalgo in un partito tormentato e per ora senza grandi prospettive.

 

INCUBO. Si diceva che soltanto eventi fuori dal comune avrebbero potuto cambiare le sorti delle presidenziali americane che davano ormai quasi per scontata la vittoria di Hillary Clinton. Ad agitare invece fino all'ultimo le acque già torbide di una corsa alla Casa Bianca che ha conosciuto punte di asprezza di una violenza inusitata ha provveduto la stangata dell'FBI che ha riaperto le indagini sulle famose mail private dell'ex segretaria di stato. Quali considerazioni abbiano motivato l'operato dell'attuale capo dell'ufficio federale, tra l'altro nominato da Obama, resta un mistero tutto da sondare tanto più che a pochi giorni dalle elezioni non sono prevedibili massicci spostamenti di voti. Al netto di fantomatiche tesi complottiste, resta l'incubo di un successo di Trump che sta già mandando in fibrillazione i mercati azionari.

 

VENTO. Quanto discutere e polemizzare per il Nobel della letteratura attribuito a Bob Dylan. Anche il menestrello ha fatto la sua parte prima di rompere il silenzio e comunicare che accettava il premio. Il fatto di avere evitato qualsiasi commento gli stava addirittura alienando le simpatie di non pochi ammiratori, tanto da definire il suo modo di fare "arrogante". Ma il genio non è acqua e il cantore di "Blowin in the wind" ha capito che certi vezzi di artista potevano nuocere alla sua fama. Dylan fedele però al suo carattere introverso ancora non ha garantito se andrà a Stoccolma per ritirare l'onorificenza che conferisce dignità poetica e letteraria a quei versi memorabili che chiedono " quante volte le palle di cannone dovranno volare prima di abolirle per sempre. La riposta – ammonisce l'autore – vola via nel vento!

 

giovedì 3 novembre 2016

Il pericolo corre sulla rete

di Renzo Balmelli 

FRAGILITÀ. Il pericolo corre sulla rete. Avvalendosi delle multiformi possibilità di internet fruibili senza ostacoli, il terrorismo di matrice fondamentalista e quello informatico viaggiano spesso lungo lo stesso binario, dando vita a un fenomeno globale in costante crescita e sviluppo. Entrambi sono complementari l'un l'altro, legati da insidiose forme di complicità e uniti dalla capacità di agire nell'ombra, in modo subdolo. All'occorrenza sanno colpire a tradimento come ha dimostrato in maniera eloquente il recente cyber-attacco ai sistemi di mezzo mondo. A volte insomma le storie della fantascienza si avverano evidenziando inquietanti similitudini e sottolineando in pari tempo, nonostante i forti controlli, una certa quale fragilità degli sbarramenti difensivi per prevenire sabotaggi devastanti, considerati come veri e propri atti di guerra.

SEGNALE. Mano a mano che si avvicina la data fatidica dell'8 novembre calano vistosamente le possibilità che a Trump riesca il colpaccio tanto temuto da chi mantiene la testa sulle spalle e all'opposto tanto agognato da chi aspira a fare tabula rasa nel senso comune di questa espressione. La prudenza consiglia tuttavia di non dare nulla per scontato e di aspettare lo spoglio dell'ultima scheda prima di fare i conti. Secondo l'acuta riflessione di un blogger che riassume le preoccupazioni di tanta gente, sia in Europa che negli Stati Uniti siamo in una fase pericolosa in cui il peggio affascina più del meglio. Col rischio, qualora dovesse prevalere il peggio, di accorgersene quando è troppo tardi. Ecco perché dall'America che pure sta mutando pelle nel contesto di un nuovo ordine internazionale è lecito attendersi un segnale incoraggiante per non rivivere il passato.

VIATICO. Dalla Spagna all'Italia passando dalla Francia si ha la sgradevole impressione di trovarsi al cospetto di una sinistra in stato confusionale, spaccata al suo interno e indecisa a tutto. Mal si comprende infatti l'atteggiamento dello PSOE che a Madrid non trova nulla di meglio da proporre che spianare la strada al governo conservatore senza essere riuscito a elaborare un serio progetto alternativo. A Parigi non parliamone: la "gauche" naviga a vista e Hollande è sempre più un Presidente a mezzo servizio. In Italia più che a un referendum costituzionale, che dovrebbe essere la vera posta in palio, pare di assistere a una marcia di avvicinamento alle elezioni anticipate che coglie il Pd non solo in ordine sparso, ma nel totale disordine. In ogni caso il pasticcio in casa socialista non è un buon viatico per l'Europa assediata dalla destra nazionalista.

RIGURGITI. Con un contributo dell'ex direttore Ezio Mauro, il quotidiano la Repubblica dedica un corposo articolo al saggio di Pierre André Taguieff, filosofo e storico delle idee francese, sull'antisemitismo di ieri e di oggi ed i brutali rigurgiti di una infamia che ha prodotto ferite mai cicatrizzate. L'indagine su questa tragedia frutto della bestiale ottusità burocratica dei peggiori regimi che mai abbiano insanguinato il secolo scorso, si colloca anche in parallelo con l'incresciosa mozione antiebraica dell'Unesco che ha lasciato sconcertati chi considerava l'organizzazione dell'ONU il luogo deputato a promuovere la pace mondiale attraverso l'arte, la scienza e la cultura. In quest'ottica il saggio di Taguieff si legge anche come la condanna delle pratiche che prescrivono le liste degli stranieri e propongono il desolante, disumano calvario dei profughi di Calais.

"ITALI". Immaginiamoci la gioia di Dante e Manzoni nello scoprire che dopo l'inglese, lo spagnolo e il cinese, l'italiano è la quarta lingua più studiata sul pianeta alla faccia di chi vorrebbe relegarla tra le anticaglie. Qualche titolo di merito in questo campo può vantarlo anche L'Avvenire dei Lavoratori che da quasi 120 anni si impegna “per tenere vivo l'uso della nostra lingua presso la comunità italiana nel mondo” e presso chi abbia voglia di impararla. Tra i cultori dell'idioma che ha tenuto a battesimo il Rinascimento non figura però l'ex sindaco di Londra. Boris Johnson volendo essere spiritoso ha abbozzato un maldestro tentativo di risposta in merito al futuro degli italiani nel Regno Unito dopo la Brexit assicurando che tutti gli "itali" sono benvenuti. Tra l'ilarità generale, il Telegraph ha commentato l'intervento del Lord Major ora promosso ministro degli esteri con il titolo “Magnifico” che la dice lunga.