mercoledì 27 agosto 2008

FORZA E MORALE

di Renzo Balmelli

BANCAROTTA SONNAMBULA
Il governo non la conta giusta. A Napoli Berlusconi ha fatto incetta di voti con i rifiuti, ma nel contempo si guarda bene dal levare i veli su realtà analoghe riscontrate in altre regioni del paese. "L’immmagine di Silvio Berlusconi con la scopa è demagogica. Ma non basta nascondere lo sporco sotto il tappeto per avere la casa pulita" – ha commentato il cantautore di origine irpina Vinicio Capossela. Forse il Cavaliere non ne parla volentieri perché il degrado riguarda centri importanti guidati da schieramenti vicini alla maggioranza e quindi poco spendibili dalla propaganda per raccogliere consensi. Le cronache si sono occupate in questi giorni del caso di Catania, da otto anni in mano alla destra. La nona città d’Italia, invasa dai rifiuti e gravata da debiti che sfiorano il miliardo di euro, è sull’orlo di una bancarotta che rischia di metterla in ginocchio. Nella patria di Bellini, la giunta è una “Sonnambula” che vaga nelle nebbie della sua inettitudine e non sa come fermare la deriva.

COMUNISTA !?
Sarà una grande famiglia, come sostiene il Cavaliere, ma la destra che ha preso casa a Palazzo Chigi è pure una coalizione litigiosa, poco coesa e per giunta esposta di questi tempi a svariati fuochi incrociati. Da un giorno all’altro la maggioranza, che ha sempre avuto un rapporto strumentale con la Chiesa (e viceversa), si è trovata a dovere fare i conti con Famiglia Cristiana, una testata battagliera che non le manda a dire a nessuno, e quindi neanche al premier e alla sua squadra. Un editoriale mai cosi esplicito, che ha messo in guardia sul rischio di “una rinascita del fascismo sotto altre forme”, ha ovviamente lasciato il segno provocando un diluvio di polemiche e reazioni indignate sulla "democrazia debole" dell'era berlusconiana. A rincarare la dose ci si è messo pure il Papa, solitamente cosi’ paterno e benevolo con quel caro figliolo di Silvio. La sua filippica sul razzismo è arrivata come una frecciata al cuore del governo e del ministro Maroni: né la sicurezza né le manifestazioni legate spesso a problemi sociali ed economici, ha ammonito Ratzinger, possono mai giustificare il disprezzo o la discriminazione xenofoba. L’offensiva che pero' ha sollevato il maggior putiferio è giunta dal fronte padano-meneghino di Bossi, animale politico furbo e imprevedibile che sa sempre quando annusare il vento. L’intervento del Senatur sull’ICI, un pretesto bell’e buono, ha avuto l’effetto di smascherare la linea economica ondivaga dell’esecutivo che mostra ormai di avere i nervi a fior di pelle. La dichiarazione di Bossi infatti va ben oltre la reintroduzione della tassa comunale sugli immobili, per altro già accantonata, e non rimarrà isolata quando verrà il momento di consolidare la sua alleanza con Tremonti. Il ministro delle finanze, diventato un leader potente (anche se troppo saccente a detta degli alleati), non vorrà fungere passivamente da spettatore quando inizieranno le grandi manovre per la successione del premier di cui già si intravvedono in filigrana i primi, concitati segnali. La corsa per la pole position ormai è lanciata. Maurizio Gasparri, che non delira d'amore né per la Lega né per Tremonti, ha provato a buttarla in ridere ribatezzando l’ICI “Imposta Comunista sugli Immobili”. Imposta Comunista? Francamente la battuta è troppo stracca per dissimulare le baruffe che serpeggiano nella compagine berlusconiana.

FORZA E MORALE
Il conflitto caucasico ha posto l’umanità di fronte ai nuovi confini dell’etica e della convivenza nel terzo millennio, un’epoca segnata dalla confusione e contraddistinta dalla necessità di governare le sfide globali con le risorse dello spirito e non con vecchie categorie che tenevano banco durante la guerra fredda. Purtroppo non funziona. Dal duemila a oggi, da questo ventunesimo secolo che doveva alimentare speranze straordinarie è emerso come unico insegnamento tratto dalla storia il fatto che l'uomo dalla storia non impara nulla. E' come se il tempo si fosse fermato. Gli scontri nella Georgia e in Ossezia svelano impietosamente il lato oscuro del potere, la sua inaudita capacità di sfidare la ragione per contrabbandare i peggiori soprusi al servizio di interessi inconfessabili. Oggi come ieri, ogni invasione, russa o americana, è un atto di prepotenza che calpesta le convenzioni internazionali, ma che gli strateghi chiusi nelle stanze dei bottoni, trincerandosi dietro fumose terminologie, chiamano “misure aggiuntive di sicurezza”. Lo spartito caucasico, come in precedenza quello iracheno, è pieno di note stridule, stonate. Nello scenario che si dipana sotto i nostri occhi, il comportamento di Putin, Giano bifronte e senza scrupoli impegnato a restituire l’orgoglio perduto ai suoi connazionali, porta con se elementi di tensione e prepotenza che non concorrono certo a rasserenare il clima. E non vanno tanto meglio, anzi vanno malissimo, i pericolosissimi missili piazzati in Polonia a ridosso del territorio russo per "il bene" americano e per regalare uno scampolo di dubbia "gloria" a Bush, un presidente che piu' screditato di così non si può. No, nessuno puo’ proclamarsi innocente in questa guerra che nella peggiore delle ipotesi poterebbe infiammare l’intero pianeta. Percio', se la diplomazia balbetta e i militari sono inclini a fare un uso esagerato delle armi, forse questa è davvero l'ora indicata per recuperare un'idea piu' sana, l’idea che il diritto e la morale possano sostituire la forza, anziché legittimarla. Il mondo civile ha il dovere di provarci, di non lasciare nulla di intentato per realizzare questo disegno controcorrente, proprio mentre decine di giovani partiti in missione per portare la pace sui fronti piu' caldi tornano a casa in una bara. Machiavelli sosteneva che i profeti disarmati sono sempre votati alla rovina, ma con tutto il rispetto per l'autore del Principe non c'è obbligo alcuno di prenderlo alla lettera.

lunedì 18 agosto 2008

Le relazioni pericolose

di Renzo Balmelli

VILE IMBROGLIO - Fosse servita una conferma, è arrivata dall'Ossezia. I conflitti regionali che si manifestano nelle nuove condizioni della competizione internazionale, non sono mai una faccenda locale. Quando esplodono come è accaduto nella regione caucasica, snodo cruciale di formidabili appetiti geopolitici oltre che energetici, rischiano di incendiare il mondo intero. E quand'anche fosse vero che dalle nostre parti, complice la scarsa conoscenza dei luoghi, non si è capito molto di quanto è successo in Georgia, l'impressione frammentaria che se ne ricava è comunque quella di un vile imbroglio consumato alle spalle della popolazione civile in nome di interessi inconfessabili. In questo senso, l’immagine del padre che stringe al petto il figlio morente nel lugubre scenario di una città ridotta in macerie ne è d'altronde la dimostrazione dolorosamente emblematica. Nel vedere e rivedere sui teleschermi quella dolente testimonianza della sofferenza umana, è tornata alla memoria con la violenza di un pugno allo stomaco la frase di Kennedy il quale ammoniva che se l'umanità non porrà fine alla guerra, sarà la guerra a porre fine all'umanità. Mai profezia fu tanto azzeccata. Difatti il rischio che stiamo correndo è proprio questo: di vanificare a causa delle intemperanze belliche gli sforzi finalizzati a produrre stabilità ed a governare le contraddizioni globali del terzo millennio. La pessimistica considerazione vale anche per questa ennesima crisi che, malgrado il cerotto diplomatico di Sarkozy, rischia di trascinarsi all'infinito per la presenza di molteplici fattori di instabilità latente che la rendono ingestibile. Tra le pieghe del conflitto, tutt'altro che chiuso, si intravvede infatti l'altra partita che si sta giocando senza esclusione di colpi nelle stanze dei bottoni, al di fuori del contesto periferico. E' la partita ancor piu’ insidiosa per le sorti del pianeta che segna il riacutizzarsi delle mai sopite rivalità tra gli Stati Uniti, forti della loro supremazia unilaterale, e la Russia che mira a recuperare in fretta il ruolo di superpotenza perso con la caduta dell’Unione Sovietica. Lo scenario è semplicemente da brivido. Con Putin e il suo neo-imperialismo di stampo zarista da una parte e l'Occidente che dall'altra ha nell'armadio lo scheletro ancora fresco dell'Iraq, il braccio di ferro tra est e ovest, nella peggiore delle ipotesi, minaccia di far tornare sugli altari la “balance of power”, il famigerato equilibrio del terrore dei tempi andati. In quest'ottica il cinismo delle teste calde che barano al tavolo della pace lascia sgomenti.

Picture (Metafile)
MARCIAPIEDI - Al giro di boa dei primi cento giorni, il Cavaliere si liscia le penne. A dargli retta, si direbbe che dal suo ritorno al potere cada la manna dal cielo. Ma, oltre lo stretto orizzonte della propaganda, la realtà non è esattamente quella riflessa dallo specchio deformante della “dolce vita” berlusconiana. In Italia la forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre piu’, mentre il governo svia l'attenzione con iniziative discutibili come il "presidente spazzino", il gioco dei soldatini nelle città e lo zelo dei sindaci-sceriffo.

Picture (Metafile)
E però in questo "paese da marciapiedi" - cosi' in uno dei durissimi fondi di Famiglia Cristiana che hanno profondamente irritato il Vaticano - cresce il numero di chi per mangiare ha come unica risorsa quella di rovistare nei cassonetti: al di fuori di quanto si trova nella spazzatura non dispongono di altre opportunità per vivere. Se questo è l’uso che Palazzo Chigi fa della sua maggioranza “bulgara”, se la manovra finanziaria produce disparità indegne di un paese del G8, forse nello sconfinato autocompiacimento del premier una nota stonata c’è. O no?

Picture (Metafile)
IL ROSSO E IL NERO - Il goffo tentativo censorio di Sandro Bondi allo scopo di bloccare la diffusione del film sulle Br “Il sol dell’avvenire” al festival di Locarno, ha avuto se non altro il merito, di sicuro non cercato dal ministro, di levare i veli su uno dei periodi piu’ bui della democrazia italiana. Già Andreotti sostenne ai tempi del neorealismo che i panni sporchi andavano lavati in casa. Ma non poté impedire a quei capolavori di conquistare il mondo. Anche Bondi ha avuto torto. La ricerca del regista Gianfranco Pannone, primo esempio italiano di un filone documentaristico che in altri paesi è radicato da gran tempo, lungi dal vellicare intenti apologetici, ha disegnato con grande rigore formale la scarsa complessità e la mediocrità culturale dei terroristi. Nelle loro testimonianze non c’è rivisitazione critica né pietà. Malauguratamente, nella propaganda della maggioranza, la memoria condivisa sul recente passato ha senso unicamente se si fonda su una egemonia culturale nuova di zecca, naturalmente di destra, che porta a sottacere le responsabilità dell'altro terrorismo, non meno feroce, quello "nero" di stampo neo-fascista. Evidentemente, in un momento epocale di crisi c'è chi pensa a rileggere la storia a modo suo, in chiave ottusamente ideologica, per farne uno snodo decisivo sul quale esercitare maggiormente i tentativi di revisionismo. C’è solo da sperare che lo zelo un po’ bigotto di Bondi non scoraggi altre iniziative volte a riportare in superficie la riflessione sui mali oscuri dell’Italia.