lunedì 24 novembre 2014

Doppia morale

In Europa ci sono sacerdoti dell'ortodossia finanziaria che predicano l’austerità ai poveri mentre praticano l’aiuto fiscale ai ricchi…

 

di Renzo Balmelli 

 

 

ORTODOSSIA. Secondo la definizione corrente l'etica permette di distinguere i comportamenti buoni, giusti e leciti da quelli ritenuti ingiusti, sconvenienti o cattivi. Tale modello ideale più di una volta però nella pratica quotidiana differisce in maniera vistosa dall'enunciato filosofico. Se n'è avuta la dimostrazione nella polemica che ha investito il Lussemburgo e certe operazioni bancarie di difficile interpretazione e molto criticate. A questo punto per i sacerdoti dell'ortodossia finanziaria, refrattari a qualsiasi osservazione contraria ai loro interessi, l'etica diventa una trascurabile opinione, niente più di una moda ideologica, dettata dal conformismo culturale, che non ha nessuna ragione di esistere se osa mettere in dubbio la liceità, per nulla dimostrata, di certe azioni.

 

SANZIONI. Sarà anche vero, come si legge nelle cronache del tempo, che la guerra fredda è finita con la caduta del Muro di Berlino. Eppure, a giudicare da quanto si è visto al vertice di Brisbane, sorge il sospetto che sotto le ceneri continuino a covare mai sopite tentazioni imperialiste. Principale indiziato è Putin che dopo i misfatti ucraini non ha fatto nulla per guadagnarsi le simpatie del G20. Tuttavia, al di la delle inquietanti mire neo-zariste del Cremlino, prevale la fastidiosa sensazione che dietro il risveglio dell'orso russo si stia delineando una trama più complicata, cucita col filo delle sanzioni, secondo una vecchia logica che quando è stata applicata non ha mai portato bene.

 

BIZZE. Non occorreva la sfera di cristallo per capire che il patto del Nazareno era come la nota pubblicità di una marca di caffè: più lo mandi giù e più la destra si tira su. A darne prova tangibile sono i recenti sondaggi che vedono Renzi, il governo e il Pd in sensibile calo di consensi. Potrebbe essere una flessione fisiologica, ma intanto sull'altro fronte recuperano Lega e Forza Italia, mentre Berlusconi non smette di fissare il Quirinale. Con l'Italia che frana è paradossale che siano le bizze di un pensionato della politica e dei tribunali a condizionare l'agenda. Altre priorità dovrebbero avere invece i patti della sinistra, ammesso che alla guida del Paese ci sia ancora una sinistra!

 

DERIVE. Magari potrà piacere al Front National francese, ma l'iniziativa svizzera di legge popolare “Ecopop”, un nome che è tutto un programma e su cui si vota a fine mese, dev'essere ben indigesta se persino i populisti elvetici dell'UDC, che di solito con certi temi ci vanno a nozze, hanno deciso di distanziarsene. In confronto pare che quella anti-stranieri di febbraio fosse all'acqua di rose rispetto a un testo, fumoso, pasticciato e xenofobo, che ricorda certe teorie sul controllo demografico e lo spazio vitale in auge in tempi bui a nord del Reno e che portarono l'Europa alla rovina. Sebbene i brutti ricordi siano lontani e non più rispondenti alla realtà, il mondo politico elvetico non nasconde la propria preoccupazione di fronte alla sorte che potrebbe essere riservata a un progetto siffatto, sorretto dalla paura dei flussi migratori.

 

INTOLLERANZA. Nemmeno il Nobel per la pace attribuito a Malala Yousafzai è riuscito, nonostante la sua forza, a perforare il muro di arcigna ostilità che l'estremismo islamico ha costruito attorno alla studentessa e scrittrice pakistana. Per chi controlla intere regioni e migliaia di scuole del Pakistan, la travolgente ascesa di Malala come simbolo della lotta per il diritto all'istruzione femminile resta un motivo di rabbia e sordi rancori. A dispetto del grave attentato di cui è stata vittima, la giovane va avanti imperterrita sulla sua strada sfidando la prima grande rivolta organizzata contro di lei. La battaglia tuttavia è improba in una nazione che fatica ad avere la meglio sull'intolleranza.

 

lunedì 17 novembre 2014

Alzi la mano chi non si è mai lamentato del fisco

 di Renzo Balmelli 

 

REGOLE. Fra un paio di settimane gli svizzeri potranno fare sentire la loro voce su questo argomento molto sentito dalla gente esprimendosi in merito all'iniziativa che preconizza una maggiore imparzialità tributaria. Si vota sulla proposta di abolire i cospicui vantaggi fiscali accordati agli stranieri milionari al fine di creare un sistema più equo. Lo scontro è con la destra economica che invece considera i Paperoni d'importazione insostituibili galline dalle uova d'oro. Vista l'importanza della posta in palio, comune ad altri Paesi alle prese con problemi analoghi, non stupisce che durante la campagna sia stato scomodato persino Robin Hood. Nella Sherwood in salsa elvetica ovviamente non ci saranno imboscate. Più pacificamente si tratterà di conferire una nuova dimensione etica a un settore, quello della concorrenza fiscale internazionale, non esente da plateali ingiustizie.

 

GAMBERO. Con l'attenzione rivolta a Berlino, l'Europa si interroga sulle ragioni del disagio che la attanaglia a venticinque anni dalla caduta del Muro. Ci si chiede a cosa attribuire la crisi del valori su cui si fonda la ritrovata unità di un continente che ha saputo tornare libero, ma ora sembra distratto da una improvvisa debolezza. L'impressione più diffusa è che altre barriere , frutto di ideologie perverse che si pensavano sgominate, stiano spuntando dalle macerie del passato per scardinare le maggiori conquiste comunitarie. In primis il populismo intriso nel vetriolo della xenofobia che nega la libera circolazione delle idee e delle persone. Se poi mettiamo in conto la sorprendente aggressività post-sovietica di Mosca, ecco che la tela di fondo si fa ancora più torbida. Alla fine della Guerra fredda si disse che la Storia aveva imparato a correre, ma nessuno immaginava che potesse essere la corsa del gambero

 

PATRIE. Se Londra tirò un sospiro di sollievo per il mancato divorzio dalla Scozia, Madrid non dorme certo sonni tranquilli dopo il referendum sull'indipendenza della Catalogna che è stato tutto fuorché simbolico. Al contrario, da Barcellona, capitale cosmopolita, in prima linea nella ripresa economica della Spagna , e quindi di primaria importanza per il Paese, è arrivato un segnale che deve far pensare, tanto più che fermenti analoghi covano sotto altri cieli in controtendenza rispetto alla richiesta di una sempre maggiore integrazione di questa Europa in cerca d'autore. L'autodeterminazione dei popoli è un diritto, ma se la questione catalana dovesse inasprirsi inevitabilmente diventerà un serio problema non della sola Spagna ma dell'intera UE che da un lato è impegnata nel rispetto delle differenze e la molteplicità delle cultura, ma dall'altro non può tornare a dividersi in tante, suscettibili "piccole patrie", un tempo parecchio litigiose nella difesa delle loro prerogative.

 

PROVOCAZIONE. Premesso che la violenza è sempre deprecabile, se uno va in piazza con i lepenisti e a ogni apparizione, con qualsiasi pretesto, anche il più futile, lancia secchiate di livore contro zingari e immigrati per finire sui giornali, non può pretendere di essere accolto a braccia aperte quasi fosse un indefesso paladino della civile convivenza tra le diverse etnie. Quanto accaduto a Matteo Salvini al campo rom di Bologna è disdicevole e danneggia più gli autori dell'attacco che la vittima. Il leader leghista dovrebbe sapere tuttavia che chi di ingiuria ferisce, di ingiuria perisce soprattutto se è andato a cercarsela con l'aria spavalda che sa tanto di provocazione.

 

DIGNITÀ. Volgare, osceno, vergognoso. Nella storia del giornalismo italiano vi sono episodi frutto di un dettato informativo miserabile che nulla hanno a che vedere con la deontologia professionale. Servizi che sguazzano nei retroscena del peggior gossip senza nessun rispetto per i lettori. L'ultima vittima di questa tendenza di cui sembra di non arrivare mai a toccare il fondo, è il ministro Marianna Madia, intenta a mangiare un cono gelato. Ma il titolo delle foto pubblicate dal settimanale è chiaramente allusivo e volutamente sessista. Non meno grave, poi, è il fatto che la destra, trattandosi di una rivista diretta da un amico personale dell'ex premier, per sviare l'attenzione dal pesante rigurgito maschilista, abbia cercato di buttarla in politica, quando invece l'unica cosa onesta da fare era di riparare all'offesa fatta alla dignità delle donne. No davvero, una brutta pagina.

 

PATRIMONIO. Azzoppato, ma non al tappeto, Obama prova a rispondere da statista alla batosta elettorale. Depone a suo favore il fatto che l'America è tornata a essere il motore dell'economia mondiale nonché la determinazione a riprendere l'iniziativa diplomatica a tutto campo, come testimonia la missione in Asia, formicolante crocevia teatro del difficile dialogo tra i potenti. Ma sarà dura. La brutalità dei suoi rivali è stata in pratica una dichiarazione di guerra al patrimonio di ideali che il Presidente ha portato in dote nell'intento di fare degli Stati Uniti, come in parte gli è riuscito, un altro Paese più giusto, più solidale e veramente liberal. La frattura però non sarà semplice da sanare, e nei prossimi due anni vedremo quale bilancio verrà riservato al mandato di Obama. Le sue idee avevano una robusta costituzione morale e di esse si potrebbe dire, parafrasando il grande Edoardo quando parlava delle sue commedie, che dopotutto ciò che è veramente importante, a dispetto dei rovesci, è che " siano nate vive".

 

RAPINE. Oltre a svariate scelleratezze, i nazisti si mostrarono altrettanto zelanti nel saccheggiare i musei per appagare le folli manie di grandezza del Führer. Quel bottino, al centro di violente polemiche, sta diventando un problema scottante per il Kunstmuseum di Berna in seguito al lascito del collezionista tedesco Hildebrand Gurlitt. Le tele che compongono l'eredità, oltre 1400. formavano "il tesoro di Hitler" , una raccolta con opere di Matisse, Chagall, Picasso e molte altre dal valore immenso , sottratte con metodi brutali ai legittimi proprietari. Qualsiasi direttore sarebbe lusingato dalla prospettiva di fare del suo museo uno dei più ricchi al mondo di arte contemporanea. Ma accettare il frutto delle rapine di una banda di truci aguzzini solleva una questione in cui gli aspetti morali sovrastano i meriti artistici. Sarà interessante vedere come se ne verrà a capo.

 

lunedì 3 novembre 2014

Uno scenario non nuovo

 Sotto il paravento del Nazareno non si va molto lontano

 

di Renzo Balmelli 

 

EDITTO. Che la politica sia l'arte del possibile e a volte anche di peggio, lo diceva già Bismarck. Vi sono tuttavia limiti psicologici oltre che fisiologici che non andrebbero superati. Pensare di governare solo con la tecnica dell'esclusione alla lunga non paga, ma lascia un cumulo di macerie. Calato il sipario sulla Leopolda, occorre ricostituire il consenso con le parti sociali e non inasprire il conflitto fino a renderlo incandescente. Di editti dall'acre retrogusto bulgaro ne è bastato uno, ed era uno di troppo. Sotto il paravento del Nazareno non si va molto lontano, tanto più che nell'aria volteggiano avventate promesse, impalpabili come bolle di sapone. Uno scenario non nuovo.

 

AVVENIRE. Divide et impera. A detta di molti osservatori sembra questo il principio al quale si attiene il Presidente del Consiglio, rivelando – annota Gerardo Morina sul Corriere del Ticino, "una spiccata tendenza al cannibalismo politico". Se fosse davvero così – e alcuni indizi tenderebbero ad avvalorare tale ipotesi – la sinistra non può certo restare a guardare. Ne va della sua storia, del suo patrimonio politico e culturale. Nessuno insomma vorrebbe leggere un annuncio siffatto in cui si rende noto che la premiata ditta “Sinistra Italiana” cessa la propria attività in seguito a “rottamazione”. Dopotutto il Sol dell'Avvenire non è ancora tramontato.

 

CULTURA. Ciò che non si può ottenere con la forza delle armi potrebbe riuscire con la forza delle idee. Se l'Isis si avvale dei social media per arruolare volontari e pianificare attentati in ogni angolo del mondo, il modo più efficace per contrastarla validamente è di replicare con la diffusione a tappeto della cultura. Ma come? Lo spiega "Sette", l'inserto del Corriere della Sera. Per combattere la barbarie dei califfi ci vuole il pensiero di Spinoza che già quattro secoli fa auspicava la nascita di repubbliche tolleranti e liberali, oggi riportate d'attualità dai massacri compiuti nel nome di un Dio. Sul filosofo olandese i pareri divergono, ma certo non sul fatto che fosse una mente lucida ed evoluta.

 

VIOLENZA. Sincera era la convinzione che l'Iran stesse poco alla volta distanziandosi dagli eccessi radicali di Ahmadinejad. Ma le speranze sono andate presto deluse. L'impiccagione della giovane Reyhaneh Jabbaris, processata per l'uccisione dell''uomo che la stava violentando senza che nessuno cercasse di capirne le ragioni, ha avuto l'effetto di una doccia gelata sul tentativo riformista, apparso ancora molto lontano dalle aspettative. Anziché una prova di misericordia, la sentenza si è rivelata un macabro rituale per zittire il dissenso, indifferente al fatto che la giovane sia stata violentata due volte: da un uomo prima, da un sistema ingiusto poi.

 

RISCATTO. Dalle urne di Brasile e Ucraina è uscita l'immagine di due Paesi che non hanno rinunciato a sperare: il primo con la rielezione di Dilma Rousseff alla quale il nord povero affida le speranze di riscatto; il secondo con un voto che guarda ora a occidente e non in direzione del Cremlino. Ma il messaggio più significativo, considerata la pressione fondamentalista, arriva dalla Tunisia grazie al successo del partito laico e la contemporanea disfatta degli islamisti radicali. Finita più o meno male quasi ovunque, la primavera araba torna a sbocciare nella nazione magrebina sovrapponendosi, in chiave democratica, all'intolleranza e al fanatismo.

 

APOLOGIA. In Italia non è la prima volta che la destra tenta di sdoganare il ventennio, spesso proponendo una lettura del tutto arbitraria della storia nel tentativo di cancellare gli orrori del passato. In questo filone si colloca la messa celebrata nella capitale in ricordo del Duce a poca distanza dal terrazzo di Piazza Venezia dal quale si affacciava Mussolini. Sia il luogo, sia la data, il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma che segnò l'avvento del potere fascista, mostrano che la scelta non è stata casuale, ma è al limite dell'apologia. L'intento è di accreditare l'immagine di Benito grande statista e brava persona dimenticando alcuni errori: la guerra e le leggi razziali. Errori che tutti possono commettere, sostengono i nostalgici. Difatti, l'altro si chiamava Adolfo.