mercoledì 17 dicembre 2014

La Terra di mezzo tra il diavolo e l'acqua santa

di Renzo Balmelli 

 

MALAFFARE. Per i cittadini onesti è motivo di grande sofferenza la banalità del male attorno al quale fa perno la fetida palude capitolina. Con la loro "Terra di mezzo", sottratta indebitamente al mondo fantastico di Tolkien, corruttori e corrotti si sono dotati di un paravento mitologico, tipico della cultura di estrema destra, per coprire il malaffare elevato a sistema. E' bastato però che il coperchio saltasse perché tutti, con un pretesto o l'altro, cercassero disperatamente di smarcarsi dal verminaio. Magari ci riusciranno anche, ma nessuno potrà mai proclamarsi innocente agli occhi del Paese. Colpevole del disastro morale non è soltanto chi gestiva la cupola, ma anche chi non ha voluto vedere e ha lasciato fare crogiolandosi nell'ambiguo torpore della morbosa convivenza tra il diavolo e l'acqua santa.

 

BEFFA. Sono trascorsi venticinque anni dal cataclisma di Mani Pulite, ma come in un ripetitivo gioco dell'oca si torna sempre alla casella di partenza. Fiumi, di soldi e di tangenti, rubati ai contribuenti e finiti all'estero certificano con quanta criminale disinvoltura sia stato legittimato il ricorso all'illecito come occasione per facili guadagni. Alla politica si offre adesso l'opportunità di riscattarsi con una cura dolorosa che porti a una salutare pulizia delle sue maleodoranti stalle di Augia. Ma sulla reale volontà di redenzione si nutrono molti dubbi. Passata la buriana romana, così pensa la gente, la notizia finirà in fondo alla pagina, cosicché agli italiani toccherà sopportare oltre al danno, anche la beffa dei tanti Catone d'accatto che dopo averne combinate di tutti i colori ora si atteggiano a farisaici fustigatori dei costumi

 

CRISI. E' un attacco in piena regola alle istituzioni e alla democrazia, un attacco di stampo neo fascista, quello che emerge dal pantano di Roma con la sua forza devastante e la sua capacità di scalfire e manipolare le coscienze. Nel suo lucido rapporto il Censis descrive un'Italia in preda a una profonda crisi sistemica, incerta e chiusa in se stessa. La disoccupazione alimenta la rabbia e il rancore, le famiglie scontano l'incertezza sul futuro e i giovani, tra i più colpiti e umiliati, costituiscono un capitale umano non utilizzato che non sa trasformarsi in sana energia lavorativa e che cerca uno sbocco esistenziale infoltendo le fila dell'emigrazione, in continuo aumento. Nella "Terra di mezzo" ove nulla si ottiene senza oliare il meccanismo con le varie mazzette, c'è un Paese che s'interroga e non riesce a reagire.

 

IPOCRISIA. In una cornice di contenuta mondanità e un Fidelio di lotta e forte impatto scenico, la prima della stagione scaligera priva di inutili orpelli ha saputo cogliere molto bene l'aria del tempo e la gravità della situazione. Con quei quadri che rimandavano al Quarto Stato di Pellizza da Volpedo si è capito che la serata alla Scala, dove si va per vedere e farsi vedere, non sarebbe stata all'insegna degli inchini e dei baciamano. Qualcuno, forse pensando che l'opera sia solo un parterre riservato ai grandi nomi, si è scandalizzato per le proteste dei lavoratori, definendole pericolose per l'immagine del Paese. Quanta ipocrisia. Nell'epoca della facile dimenticanza forse sarebbe bene ricordare che ancora non sono stati riparati i danni ingenti inferti a questa povera Italia nei giorni infausti del bunga bunga.

 

ECATOMBE. Raccontano le cronache che i poliziotti americani hanno il grilletto piuttosto facile con i neri disarmati. E' una evidente conseguenza del razzismo ancora così profondamente radicato nel tessuto sociale. La discriminazione è un brutto soggetto presente in qualsiasi momento della storia con la furia della prevaricazione omicida. Accadde anche 150 anni fa con il massacro degli indiani delle tribù Arapaho e Cheyenne. L'ordine era di ammazzarli tutti. Quattro giorni di celebrazioni in Colorado hanno riportato alla memoria una vicenda terribile di cui molti sono venuti a conoscenza grazie a Fabrizio De André che con i suoi versi struggenti (da ascoltare e meditare) rievoca l'immagine dei bambini inermi, sterminati senza pietà: "ora dormono sul fondo del Sand Creek", il fiume teatro dell'ecatombe. La lotta contro l'odio xenofobo viene da lontano e ancora non se ne intravvede la fine.

 

CINISMO. Con i conflitti in Libia, Ucraina, Siria, Iraq e nel Corno d'Africa, l'Europa è la meta agognata dai migranti per sfuggire alle prevaricazioni e alla tortura. Spesso però l'esodo finisce in tragedia. Una tragedia di dimensioni bibliche che ha trasformato il Mediterraneo, il mare nostrum culla di cultura e civiltà, nella via più pericolosa del mondo. Sono agghiaccianti le cifre fornite dall'UNHCR, l'agenzia dell'ONU per i rifugiati, dalle quali risulta che nel 2014 quasi 3500 profughi hanno perso la vita durante la traversata. E' un tristissimo primato, reso ancora più drammatico dai dati che arrivano dalle altre rotte di navigazione clandestine sparse ai quattro angoli del mondo e che costituiscono la componente essenziale di una terribile vicenda umana segnata dal dolore, dalle privazioni e dal cinismo di chi ne porta la responsabilità. Nel clima pre-natalizio un motivo in più di riflessione da mettere sotto l'albero.

 

martedì 9 dicembre 2014

Tribuni senza vergogna

 di Renzo Balmelli 

 

RADICI. All'ottava chiamata alle urne in poco meno di mezzo secolo per votare sugli stranieri, tema che di questi tempi infiamma il dibattito un po' ovunque, l'effetto saturazione si è fatto sentire tra l'elettorato della Confederazione elvetica. Nelle urne è così naufragata miseramente e come meritava la dissennata iniziativa "Ecopop" che per limitare in modo drastico la libera circolazione delle persone e delle idee, mirava soltanto a veicolare astruse tesi neo maltusiane sotto il manto dell'ecologia. Per quanto chiaro sia il messaggio, esso non smussa tuttavia la gravità del problema. Ai quattro angoli dell'Europa il seme del razzismo e della xenofobia ha sviluppato radici profonde e continuerà a dare frutti malati fino a quando la gramigna dell'intolleranza troverà tribuni pronti a servirsene senza vergogna per i loro inconfessabili interessi.

 

RUBLI. Se c'è uno scenario in cui il vecchio detto "pecunia non olet" è stato messo in pratica con la massima disinvoltura, questi è il congresso del Front National francese a Lione. Senza mostrare nessun imbarazzo Marine Le Pen, la dama bionda dell'ultra destra transalpina, in estasi davanti a Matteo Salvini, ha intascato l'assegno milionario portato in dote dal messo di Putin e che servirà a finanziare la corsa del partito all'Eliseo. Nota bene: assegno in rubli, non in euro, per dimostrare, da che parte tira il vento. Per questo strano matrimonio si è parlato di "fasciocomunismo", una indigesta macedonia dall'ideologia confusa e nebbiosa, dietro la quale spuntano modi autoritari e sbrigativi e l'avversione per la democrazia parlamentare. Come dicono gli inglesi per la loro sovrana, God save Europe!

 

COMBINAZIONE. Diversamente dalla tenere parole di " Come pioveva", canzoncina di moda anni fa, Sarkozy e Berlusconi non si sono mai amati. Ma per "fatal combinazion" i due, che a distanza si detestano cordialmente, hanno finito con l'incontrarsi e assieme a riparare se non in un "porton", sul carro che nei loro auspici dovrebbe riportarli a rivivere i fasti di un tempo. Entrambi, pur avendo avuto sul finire del loro mandati incontri molto ravvicinati con la giustizia, puntano in alto: Sarkozy alla presidenza, l'ex Cav a qualcosa di ancora indefinito, ma che ha tutto il sapore di una rivincita tanto da fare campagna infischiandosi della sentenza che ne limita il raggio d'azione. Se questa è la ventata di novità nel panorama politico dei due Paesi, i populisti di ogni risma vi troveranno la strada spianata senza faticare.

 

TACERE. Ha strane idee Matteo, non quello che sta a Palazzo Chigi, ma l'altro, colui che spera di arrivarci alla prima occasione. A sentire l'astro nascente della Lega, da quando la sinistra è maggioranza, l'Italia è diventata il paradiso dei delinquenti. Mal gliene incolse. Quasi in concomitanza con la sua infelice affermazione, la vasta retata anti-mafia effettuata a Roma, retata che ha portato a decine di arresti e a un centinaio di indagati, ha svelato un'altra verità e fatto risalire in superficie l'esistenza di un sistema criminale da brivido orchestrato da una cupola nera comandata da estremisti di destra. Un intreccio perverso di delitti e truffe che ha inquinato i gangli della società. Dalla serie: un bel tacer non fu mai detto, a questo punto non resta altro da fare che dedicare a Matteo, aspirante premier, questo bel frutto della saggezza popolare.

 

MALEFATTE. Riapre ferite mai veramente cicatrizzate del tutto, il film in due puntate su Giorgio Ambrosoli , l'avvocato assassinato sotto casa da un sicario di Michele Sindona, trasmesso in prima serata dalla RAI e seguito da milioni di telespettatori. Già il sottotitolo avverte che si tratta di una storia vera, come in effetti fu, che per i suoi drammatici risvolti calamitò su Roma l'attenzione del mondo intero. Dalla famigerata P2 alla morte di Roberto Calvi sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, dall'ascesa di Sindona, propiziata da compiacenti complicità in alto loco, al suo crollo devastante, dagli intrallazzi di Palazzo alle minacce eversive, l'Italia conobbe una concatenazione quasi ininterrotta di tragici eventi che la spinsero pericolosamente sull'orlo del baratro. Giorgio Ambrosoli, morto ammazzato trentacinque anni fa, viene ricordato come un uomo che ha dato la vita per il suo Paese indagando sulle malefatte dei poteri occulti. Col suo solito cinismo Giulio Andreotti disse che se l'era cercata, mostrando fin a qual punto la situazione era degradata sia sul piano politico, sia su quello morale. I fatti venuti alla luce in questi giorni nella capitale rivelano che i criminali sono sempre al loro posto, oggi come ieri.