martedì 21 dicembre 2010

Lui crede di avere vinto

di Renzo Balmelli 

STRAZIO - E’ curioso notare come nel linguaggio della destra, dopo l’ennesimo psicodramma, sia tornato a fare capolino lo stile ruvido dei tempi andati. Nell’euforia del presunto trionfo si parla di vincitori e bastonati secondo la metafora del randello in auge quando lo Stivale aveva perso la ragione. A guardare invece la dura realtà, con il paese in preda a gravi turbolenze sociali, da non confondere con la violenta, deprecabile bolgia romana, l’unica a essere bastonata è la popolazione che si prepara a vivere un interminabile periodo di incertezza. La legislatura si avvia verso una lunga agonia e se il buon governo era uno slogan vuoto di significato quando il Pdl aveva percentuali bulgare , figuriamoci adesso che è ridotto al lumicino. Ma quel margine precario di tre voti, appeso a mille promesse mai mantenute, al Cavaliere va bene cosi’ perché gli basta per comandare e consumare l’ennesima beffa ai danni dei cittadini. Che strazio!

TOTO’ - Nel sultanato di Arcore il suk dei voti ha riportato alla ribalta il voltagabbana, triste e spregevole figura di opportunista pronto a cambiare partito, opinione o idea a seconda della convenienza. Il fenomeno ha destato vasta impressione, tanto che il celebre film con Totò “Gli onorevoli” è balzato in testa ai video più cliccati del momento. Se fino a ieri era famoso per la scena in cui il comico napoletano urlava 'Vota Antonio', dopo la farsa del voto di fiducia la scena più vista è quella in cui si spiega come funziona il meccanismo: 'In parlamento tre voti possono essere determinanti per salvare un governo'. Frase profetica a cui si aggiunge: 'Io dò tre voti a te e tu dai tre appalti a me'. Il filmato è del 1963 ma sembra girato oggi. E non è finita visto come imperversa il valzer delle giubbe.

PARTITA - Nella capitale è iniziato il secondo tempo della crisi in uno scenario che fa tremare i polsi. A meno di ricorrere ai saldi di fine stagione, accaparrandosi i nuovi arrivi che vengon via per poco, i numeri al massimo consentono al Cavaliere di galleggiare. Non ci saranno le riforme che già non c'erano e i trenta giorni che Berlusconi si è dato per dimostrare di sapere governare al di la dei lodi e degli interessi personali sono una perdita di tempo, un giro di carte truccate. Troppo tardi, ormai. Secondo la maggioranza la politica puo’ aspettare, il paese pure, ma non è cosi' che funziona. In campo ci sono altre forze vive legittimate a chiedere il cambiamento. Ora tocca davvero all'opposizione guidare il riscatto morale e civile puntando su cio' che unisce oltre gli steccati. Piu’ che un auspicio sembra pero' una missione impossibile. Ma è la sola strada percorribile per reagire , costruire un’alternativa solida e combattere liberamente la battaglia decisiva al fine di riconsegnare all’Italia le speranze perdute. Insomma, il Cavaliere crede di avere vinto, ma la partita vera è appena cominciata.    

lunedì 13 dicembre 2010

Chi si assomiglia si piglia


di Renzo Balmelli 

NOBEL - Figura anche la Russia nel novero dei paesi che hanno deciso di boicottare la cerimonia per il Nobel al dissidente cinese Liu Xiaobo. Ma non la Russia di Breznev, Andropov e altre cariatidi del Cremlino, bensi’ quella pseudo-democratica di Putin, dell’amico Putin , che il premier italiano - udite, udite - giudica meritevole di una “cattedra di liberalismo”. Se il regime sovietico considerava il dissenso come un crimine, non tanto diverso è il neo-zarismo degli attuali dirigenti che tra la libertà di espressione e l’oppressione scelgono la seconda. Nel ripensare alle sgangherate smancerie tra Vladimir e Silvio ogni volta che si incontrano, torna in mente un vecchio adagio, quello che dice che: “Chi si assomiglia si piglia”. Alla faccia del liberalismo!


CONFUSIONE - Ha un comune denominatore lo spirito con il quale la destra si accinge ad affontare gli ultimi giorni di vita del governo: la confusione. E’ confuso il premier, ma non è una novità, è confusa la maggioranza, è confuso il Terzo Polo, in bilico fra crisi, crisi pilotata, voto di sfiducia e la sciagurata ipotesi di un Berlusconi bis in 72 ore. C’è chi prevede nel passaggio in Parlamento una drammatica ordalia sulla quale svettano , quali ultimi atti del processo di decomposizione del berlusconismo, due episodi uno piu’ squallido dell’altro: il caudillesco tentativo di mercanteggiare i voti e l’irridente “ me ne frego” rivolto al Capo dello Stato da Denis Verdini, pluri-inquisito plenipotenziario di Arcore. A questo siamo arrivati; alla peggior deriva costituzionale di una farsa in cui la ragion politica per salvare poltrone, previlegi e interessi privati prevale sempre e comunque sulla ragion di stato.


FARFALLA - Se il conteggio alla rovescia non è del tutto sfasato, al governo mancherebbe un voto per avere la fiducia alla Camera. Ma i numeri, per quanto importanti, contano si e no. Quand’anche si invertissero i pronostici, qualunque cosa accada in Aula, che Berlusconi ottenga o non ottenga la benedizione dei deputati, sarà comunque in grossissimi guai. E il Paese con lui. Quello del Cavaliere sarebbe infatti un esecutivo azzoppato, sempre in bilico e pronto a cadere al primo battito d’ala della famosa farfalla. Cio’ avrebbe ripercussioni pesantissime sul ruolo internazionale dell’Italia al prossimo Consiglio europeo in cui si tenterà di arginare il contagio dell’eurocrisi. Al premier si chiede quindi un atto di responsabilità: si faccia da parte, un gesto che pero’ richiede risorse di saggezza e di coraggio che non ha mai avute.


INCUBI - Questa di Berlusconi non se la sono bevuta neppure gli operatori di Wikileaks. Che Fini e Casini si accingano a stringere “ patti scellerati” con la sinistra ,anzi, che siano loro stessi quinte colonne della sinistra , è parso uno sproposito anche a chi fruga con la massima disinvoltura nella spazzatura del gossip politico. Ormai i sonni del Cavaliere , chiuso nel suo bunker in attesa del 14 dicembre, sono popolati da incubi e strane visioni. Convinto che nessuno sia alla sua altezza non esita a dichiarare, neanche l’Italia fosse un suo feudo privato, che passerà il testimone a un delfino di sua scelta quando avrà terminato il programma. Terminato il programma? Ma se non l’ha nemmemo cominciato!


EURO - Germania fai la brava. In mezzo alla piu’ drammatica crisi dell’euro, Berlino riscopre il vezzo di ergersi a maestrina del continente. Nella classifica dei ministri delle finanze preparata dal “ Financial Times” , il primo posto al tedesco Wolfgang Schäuble ha ispirato ad Angela Merkel un forte e tassativo richiamo al rigore e all’ubbidienza per correggere le storture del sistema. Ma ubbidienza come? In altre parole: non è piu’ la Germania che deve dimostrarsi europea, ma l’UE che deve diventare piu’ tedesca e prussiana. Una prospettiva che risveglia echi lontani. Siamo agli antipodi della scuola renana e cio’ spiega in parte lo scontro che si sta profilando tra la Bundesrepublik e tutti gli altri paesi europei per superare una situazione difficilissima che di tutto ha bisogno, in questo momento, fuorché di spinte egemoni.


PREGIUDIZI - Al tribuno svizzero Blocher non piacerà, ma tra la sua UDC che demonizza in blocco gli stranieri a suon di referendum e la Lega che boicotta la maratona di Sant’Antonio poiché vi partecipano troppi extracomunitari, vi sono- si fa per dire - notevoli affinità elettive. Entrambi fanno leva sui sentimenti piu’ riposti, sul malcostume ideologico, sulle paure irrazionali per incrementare il bottino dei consensi a buon mercato. Certo, il problema è serio. Con la loro adesione i cittadini esprimono timori che le forze democratiche hanno il dovere di affrontare. Concretamente. Ma la via scelta dai populisti elvetici e “ lumbard” è del tutto sbagliata, per non dire perniciosa, in quanto offre faclli scorciatoie che di fatto , usando metodi scriteriati, non propongono soluzioni , ma alimentano soltanto la cultura del sospetto e dei peggiori pregiudizi.


TAGLI - Era di mezza tacca sopra lo zero la valutazione dell’ultimo cinepanettone, un intruglio inguardabile condito di volgarità e battute peggiori di quelle di cui è ghiotto il premier. Eppure saranno queste produzioni indegne di chiamarsi cinema che sbancheranno i botteghini a scapito di altre pellicole di buona levatura che pero’ non rientrano nel filone nazional-popolare caro a chi governa. Cio’ rende ancor piu’ doloroso il vuoto lasciato da Mario Monicelli, maestro spietato e insuperabile della commedia da poco scomparso, e di tanti registi che dal neorealismo in poi hanno fatto grande la cinematografia italiana. Ai giorni nostri tocca al maestro Daniel Barenboin alla prima scaligera pronunciare un vibrante appello contro i tagli alla cultura che mortificano la creatività e umiliano la culla delle arti e delle lettere. Strano a dirsi in una serata particolare nel parterre milanese è stata notata l’assenza di Sandro Bondi che forse avrà avuto altro da fare come spesso gli capita da quando è ministro della cultura.     

martedì 7 dicembre 2010

I bravi premier stanno in ufficio a governare


di Renzo Balmelli 

MIGRANTI - A sentire il Cavaliere i bravi studenti sono a casa a studiare. Il signore di Arcore dimentica pero’ che gli italiani continuano a emigrare: un milione in fuga negli ultimi quattro anni. E che tra questi vi sono numerosi ricercatori accolti a braccia aperte dai maggiori atenei mondiali. La ricerca - osservano gli analisti del fenomeno - non è solo uno dei motori dello sviluppo , ma anche un grande investimento per frenare l’esodo dei cervelli. Sotto questo punto di vista la riforma Gelmini fortemente constestata e rinviata non migliora assolutamente nulla. Quindi, piuttosto che puntare il dito contro i giovani, sarebbe meglio correre ai ripari. Anche i bravi premier, infatti, anziché tenere inutili sermoncini, dovrebbero essere in ufficio a smaltire dossier sulle ragioni che spingono milioni di italiani a vivere e lavorare all’estero.

SEGRETI - Ancora non è chiaro dove porterà il ciclone informativo di Wikileaks e in che misura la violazione della riservatezza potrà compromettere i rapporti fra le nazioni. Ma forse non ci sarebbe da meravigliarsi se, quando la tempesta si sarà placata, realizzeremo che la vera sorpresa è l’assenza di sorprese. Che i segreti erano segreti di Pulcinella. Che in Italia, tanto per dirne una, non è stata certo l’arma letale di Assange a svelare la vera natura di Berlusconi vanitoso, inaffidabile, inefficace e piu’ attento alle proprie fortune private che alla cosa pubblica. Si sapeva. Alla stessa stregua non meraviglia che nelle cancellerie fioriscano giudizi al vetriolo sui "migliori amici" nel solco di un vezzo che affonda la sue radici nella notte dei tempi. Forse converrà aggiornare le citazioni. D’ora in poi diremo che è la Rete e non la guerra la prosecuzione della diplomazia con altri mezzi.

COMPLOTTO - Né sabato né domenica né lunedi. Mai. Come nella tradizione cara a De Filippo le scadenze indicate dal premier per ripulire le strade di Napoli sono solo apparenza, fuochi d’artificio. Brillano un istante, poi torna il buio. Per giustificarsi il Cavaliere ha messo le mani avanti togliendo dal cilindro l’ennesimo trucco: nientemeno che la teoria del complotto su scala mondiale ai danni dell’Italia. Rifiuti, Pompei, Finmeccanica, Aquila, Ruby, escort e quant’altro non esistono, sono da ricondurre a un unico disegno “ordito dai soliti comunisti imbeccati dai giornali ostili”. Una congiura in piena regola volta a mettere in cattiva luce il Paese. E’ paranoia. Un esecutivo che solleva un problema del genere dimostra di essere un governo pericoloso.

PAUSA - Non che a Montecitorio si facessero gli straordinari. Sono ormai otto mesi che la Camera è di fatto immobilizzata dalle faide del Pdl e dall’ignavia di Palazzo Chigi. Ma sapere che l’aula è chiusa fino al dibattito sulla fiducia e che mezzo Parlamento è fuori servizio fa una certa impressione.Tanto piu’ che da parte della maggioranza non c’era nessuna ragione valida per adottare un simile provvedimento, se non risparmiare all’esecutivo l’onta di andare sotto a ogni votazione. E’ una pausa forzata e scandalosa che nel clima di cupio dissolvi in cui si consuma l’atto finale del berlusconismo suggerisce inquietanti atmosfere post-Weimar, atmosfere cariche di incognite. Chi sfiducia chi? E di di chi ci si puo’ fidare? E’ un labirintico gioco di parole e di rimandi il prologo al 14 dicembre, quando il Parlamento deciderà di staccare o meno la spina al governo. L'incertezza rimane, e tutto questo rende molto più complicata qualunque riflessione sul "dopo”.   

giovedì 2 dicembre 2010

Il treno e il macchinista

E’ ora di cambiare treno e macchinista.

di Renzo Balmelli 

FALLIMENTO - Rompe con i tetri rituali della destra in ambasce, l’immagine di Bersani, sigaro in bocca, che scala la facoltà di architettura per solidarietà con gli studenti in rivolta. E’ il controcanto divertente e scanzonato dell’Italia che non crede piu’ alle false promesse miracolistiche del premier , ormai ridotto a barattare voti per non fare le valige. Vedendosi sfuggire l’erba sotto i piedi, che fa il “caro leader” : sfoga le sue frustrazioni contro il povero Floris, colpevole di fare bene il suo lavoro. Urlare e tacciare i giornalisti di mistificatori è una tattica perdente da finale di partita, un misero surrogato del malgoverno che si è consumato tra leggi ad personam e sfilate di escort . Malgoverno che oggi si cristallizza lungo due direttrici: nella drammatica testimonianza degli alunni che a Napoli fanno lo slalom tra i topi per andare a scuola e la protesta dilagante negli atenei contro la confusa riforma universitaria della Gelmini. “Alfabeto e munnezza” sono diventati il simbolo su scala mondiale del fallimento di una politica disastrosa che piu’ si protrae piu’ lascia nella società civile l’ inquietante sensazione di muoversi verso una deriva inarrestabile. E’ ora di cambiare treno e macchinista.

SCHERZI - Fa una certa impressione - scrive Claudio Magris - pensare ai teatri chiusi in tutto il paese. Quanto ha ragione. Nelle sale, piccole e grandi, il sipario è calato per protestare contro i tagli decretati dai ministri della maggioranza, convinti che la cultura non è commestibile . Lo sconcerto è profondo, tanto piu’ che a restare sempre aperto sull’altro fronte c’è solo il tabarin della politica cui tutti, costernati, siamo costretti a partecipare. E che spettacolo! Pare una riedizione sgangherata di Ninì Tirabusciò, la prima “vajassa”, la lite-commedia in dialetto tra la Carfagna e la Mussolini che di sicuro avrà dato brividi di piacere ai consumatori di gossip, ma certo non è stata di nessuna utilità per migliorare la qualità del dibattito. Che dire poi del bacio della nipote del Duce a Cosentino, plurindagato per camorra: un altro contributo all’osceno quotidiano mentre Hayez e Klimt, autori di baci sublimi, si rivoltano nella tomba. Le signore forse credevano fosse politica, senza capire, poveracce, di essere finite su “Scherzi a parte”. Ma con questa destra nemmeno la crisi riesce a essere una cosa seria.

RECORD - Alla terza puntata, quando si prevedeva un calo fisiologico, “Vieni via con me” su Rai3 non solo ha sfondato il record degli ascolti, ma si è confermata un vettore ideale per dare voce all’Italia che il piu’ delle volte non ne ha, eppure è reale. L’Italia esausta della tv spazzatura, del Grande Fratello, dell’informazione “minzoliniana”, delle furfanterie mediatiche messe in onda per sviare l’attenzione dai veri problemi. E’ il successo degli autori e in pari tempo la rivincita del servizio pubblico che ritrova la sua vocazione al pluralismo e la capacità di confezionare buona televisione senza cedere alle mode consumistiche di facile e acritica fruizione. ”Vado via” - dice Saviano, “perché l’Italia ha perso una città: l’Aquila”. “Resto” - replica Fazio – “fino al giorno in cui potro’ fare una passeggiata nel centro storico dell’Aquila”. Una performance di una semplicità straordinaria, che va diritta al cuore e premia il programma in cui si riconosce un paese determinato a non cedere e deciso a fare valere il suo buon diritto di ottenere risposte a domande mai esaudite.

VENTI DI GUERRA - Vecchio armamentario purtroppo mai fuori corso del conflitto ideologico tra est e ovest, l’incandescente armistizio tra le due Coree ci riporta a sessant’anni fa, quando il mondo fu a un pelo dalla guerra atomica. Il permanere al nord di un sistema liberticida imbevuto di rigidi criteri stalinisti nonché alcune forse non indispensabili repliche muscolari sul fronte occidentale, segnalano che la minaccia di deflagrazioni rovinose seppure non incombente è sempre viva. Sullo scacchiere asiatico i recenti venti di guerra lungo il 38esimo parallelo sono la spia di un complesso e perverso gioco strategico-diplomatico che complica maledettamente gli sforzi tesi a ricalibrare i precari equilibri della regione. Fondamentale per spegnere i focolai di tensione sarà il ruolo della Cina, ormai terza o seconda potenza mondiale, che col suo tacito avallo alle mire aggressive di Pyongyang assicura la successione dinastica del regime, ma confina i nordcoreani in uno spettrale scenario orwelliano.

EUROPEI - Non è il de profundis dell’euro. Non ancora. Ma le turbolenze che paralizzano la ripresa risvegliano mai sopite velleità nazionaliste . Complice la crisi di Irlanda, Grecia e Portogallo, la moneta unica tartassata e indebolita da politiche poco virtuose e da speculazioni colossali ha ormai un febbrone da cavallo che contagia borse e mercati. Da questo punto di vista, per spiegare il clima di sfiducia che serpeggia nell’UE è sintomatico il fatto che le previsioni piu’ cupe sul futuro dell’euro arrivino dalla Germania, ossia il paese che ne ha tratto i maggiori benefici, ma che ancora alleva in seno il mito del marco quale simbolo del miracolo economico (il Wirtschaftswunder degli anni Cinquanta e Sessanta) e della stabilita’. Riportare indietro le lancette della storia non è pensabile, ma ormai appare sempre piu’ evidente che per non disfare l’Europa bisognerà cominciare a pensare seriamente a fare gli europei.