di Renzo Balmelli
VALORI. Arriva sempre un giorno in cui la democrazia presenta il conto. Dalla Brexit a Trump qualcosa di simile sta già accadendo in quella parte del pianeta chiamato occidente che sembra avere smarrito la retta via. Chi vi governa è immerso nei guai fino al collo e non sa come uscirne. Sotto la minaccia implacabile del terrorismo, inchieste sulle trame oscure del potere, palazzi che bruciano come fuscelli, la società civile si scopre smarrita, indifesa di fronte a leadership incapaci di dare risposte rassicuranti. Nella selva delle contraddizioni, sta crescendo una nuova élite senza scrupoli che si muove tra le pieghe di una svolta insidiosa in grado di disgregare i valori di riferimento del nostro vivere comune. Siamo al cospetto di una sfida epocale che non si affronta attraverso la miope visione degli slogan di facile suggestione di cui avvalgono i novelli costruttori di muri. No, davvero non si può, perché quando la fattura verrà consegnata sarà bella salata.
NEMICO. Al di la della classica contrapposizione tra destra e sinistra, al giorno d'oggi la vera dicotomia è tra apertura e chiusura. In quest'ordine di idee le discussioni più accese ruotano attorno al concetto di populismo, mantra dei nostri tempi usato a volte anche a sproposito. Nel fuoco del dibattito sulle possibili definizioni, spesso a fare la differenza è l'atteggiamento verso il nuovo, il diverso, che spaventa ed è visto come un nemico. Per restare all'attualità, l'indegna gazzarra di stampo leghista che ha profanato l'austera aula del Senato a proposito dello ius soli, cioè dell'apertura, ne è una dimostrazione eloquente. E non si tratta di un fatto isolato. Benché la pronosticata marcia trionfale dell'estremismo populista non si sia avverata, la battuta d'arresto non giustifica il cessato allarme: la quiete dopo la tempesta potrebbe essere ingannevole.
PASSATO. Non è una cosa semplice né indolore il superamento del passato liberticida. A tale proposito in Germania la "Vergangenheitsbewaeltigung", concetto usato per descrivere la riflessione critica sul periodo nazista, anche a distanza di anni continua a fornire spunti inediti su un tema sempre imbarazzante. È il caso delle, recenti rivelazioni sull'operato di Albert Speer, il cinico e spregiudicato architetto di Hitler che fin quando era in vita ha saputo celare le sue enormi responsabilità nei crimini del regime con biografie a lui favorevoli e accettate. Le ricerche hanno però portato alla luce un cumulo di menzogne su tutte le falsificazioni della storia di cui Speer e gli altri complici dell'universo nazista si sono macchiati senza mostrare ne vergogna ne pentimento, fingendo di non sapere quanto stesse avvenendo negli infernali laboratori dell'Olocausto. Ora giustizia è fatta.
RISORSE. Passano i mesi, gli anni addirittura, ma il tragico scenario in cui si consuma l'esodo biblico e forzato dei profughi è rimasto immutato nel tempo. Semmai, per quanto possa sembrare impossibile di fronte agli episodi di inaudita sofferenza cui sono sottoposte le vittime della follia umana, il fenomeno si è fatto ancor più crudele. Respingimenti, filo spinato, traversate spesso letali e l'odioso sfruttamento ad opera di bande criminali formano la cornice della più grave tragedia umanitaria del secolo. In fuga da conflitti, violenze, persecuzioni i migranti sono anche esposti a frequenti manifestazioni di fastidio se non di aperta intolleranza che concorrono ad aggravare la loro situazione. La Giornata mondiale del rifugiato contribuisce a dissipare paure e ideologie distorte ed a gettare un ponte verso coloro che hanno avuto la disavventura di nascere nel cono d'ombra del benessere. Non si potrebbe fare torto più grande ai profughi che esporli all'assuefazione senza cogliere le risorse offerte dall'incontro personale con loro e che contribuiscono a farne un fattore di crescita per tutti noi.
EN MARCHE. Ora che la marcia della Repubblica può iniziare con tutti i crismi esecutivi e legislativi, la Francia che l'ha voluta e votata si augura che non sia così lunga e difficile come quella che nel nome evoca lontane reminiscenze cinesi. All' occhio critico dell'osservatore non sfuggono tuttavia le asperità che il titolare di quella monarchia repubblicana che è sempre stato l'Eliseo dovrà affrontare presto e bene. In effetti se il successo di Macron è incontestabile, resta comunque la consapevolezza che il verdetto delle urne è stato tra i meno partecipati del post-gollismo. Leggere quel' enorme tasso di astensione per individuarne le ragioni sarà tra i primi non facili compiti del nuovo Presidente. Con una tale eredità sulle spalle, gli toccherà recuperare la fiducia dei tanti che sono rimasti a casa e che pur non gettandosi nella braccia dell'estrema destra, come avevano fatto in precedenza con un moto di stizza, manifestano tuttavia il loro malcontento , se non addirittura la più totale indifferenza verso la politica, buttando la scheda nel cestino. Chi come Macron arriva giovane al potere ha il tempo di illudere, ma anche di deludere se i risultati tarderanno ad arrivare e le promesse faticheranno a mettersi in marcia e concretizzarsi secondo le attese.