martedì 28 aprile 2015

Io dico “Basta!” - Anche se non serve a nulla

di Renzo Balmelli 

 

SCIACALLI. Ormai le parole non contano più, quelle della politica men che meno, per descrivere lo sdegno, il dolore, il raccapriccio che si provano nell'assistere con un senso di impotenza all'odissea dei disperati che sta trasformando il Mediterraneo, culla della civiltà, in una biblica Arlington disseminata di croci senza nome. Con un moto che sale dal più profondo del cuore viene solo da dire "Basta!", anche se non servirà a nulla. Basta agli scafisti criminali, basta ai mercanti di morte, basta alla tratta degli esseri umani, basta all'indecorosa inefficienza di chi osserva, tollera , si rimpalla le responsabilità , finge di indignarsi e poi passa al prossimo tema in agenda. E basta agli sciacalli della destra xenofoba che mentre si raccolgono i cadaveri speculano in diretta per mietere miseri consensi.

 

ECATOMBE. Meglio di qualsiasi altro, Molière, che di malati se ne intendeva, saprebbe bene come fustigare l'improvviso, frenetico balletto diplomatico al capezzale del dolente, infinito corteo dei profughi ormai in fin di vita e forse già condannati se l'occidente tarderà ancora a varare soluzioni concrete dopo anni di inerzia. Senza misure mirate che pongano fine alla guerra in Siria, alla disgregazione della Libia, alla violenza in Iraq, alla tragedia sub-sahariana, i vertici non fermeranno l'ecatombe. Tanto più che il dramma dei profughi, il dramma del nostro tempo, pur avendo il suo epicentro nel Mediterraneo, è il principale problema dell'occidente, dall'UE agli Stati Uniti. Una catastrofe umanitaria annunciata che coinvolgerà, secondo l'ONU, 300 milioni di potenziali migranti solo quest'anno.

 

J'ACCUSE. Si spacca il capello in quattro per determinare se è corretto parlare di genocidio a proposito del reato internazionale di cui sono vittima uomini, donne e bambini provenienti dall'Africa e finiti in fondo al mare. L'identico quesito è sorto dopo l'esplicito intervento del Papa in merito ala sorte toccata al popolo armeno e che ha mandato su tutte le furie il governo turco. In relazione alla geografia dell'orrore, che toccò il suo apice con l'olocausto della popolazione ebraica nella Germania nazista, è stato più volte citato il "j'accuse" di Bertolt Brecht secondo cui "quando i crimini vengono come pioggia, nessuno più grida: basta". A volte solo una tragedia come quella al largo delle coste libiche riesce per qualche giorno a spezzare l'assuefazione, prima di ricadere nella complice indifferenza.

 

FALSITÀ. "Il 25 aprile sarà per me una giornata di lutto! W il Duce!" scrive in un blog un anonimo estensore nel commentare la bella cerimonia a Montecitorio, con i partigiani che intonavano "Bella ciao" assieme a Laura Boldrini. E' una frase tra le tante, troppe, nell'orgia di "nickname", infarciti di odio e livore, usati per infangare il settantesimo della Liberazione, una delle pagine più nobili nella storia d'Italia e del suo riscatto dall'infamia fascista. Oltre alla volgarità, ciò che lascia perplessi è la diffusa falsità di chi si nasconde dietro le ideologie bacate del ventennio e ancora non ha fatto i conti con la storia. Eppure sono costoro a essere dalla parte del torto, mentre ad avere ragione sono coloro che hanno messo in gioco la loro vita per rendere libero il Paese.

 

CAOS. Ambasciatore d'Italia a Mosca quando ancora c'era l'Unione Sovietica, storico, editorialista e autore di saggi certo non convenzionali, Sergio Romano non smette di sorprendere. La sua ultima fatica in uscita da Longanesi dal titolo "In lode della guerra fredda. Una controstoria", rischiara da un'ottica che a parere dell'autore "può provocare fastidio" l'altro lato, quello meno indagato, della fine della competizione ideologica tra est e ovest. Franco Venturini nella recensione sul Corriere della Sera osserva che "il libro esprime preoccupazione per l'instabilità che caratterizza le attuali relazioni internazionali", mentre la tesi di Sergio Romano tende a sostenere che la contrapposizione bipolare garantiva l'ordine mondiale. Una tesi che nel caos attuale è destinata a fare discutere.

 

lunedì 20 aprile 2015

Ecco che rulla uno strano tamburo

di Renzo Balmelli

COLPA. Fu uno shock tremendo dal quale la Germania, e non solo, fece fatica a riaversi quando Günter Grass, scomparso a 87 anni, rivelò la sua giovanile, ma non di meno entusiasta adesione al nazismo. Lo scrittore, coscienza critica post bellica che sferzò i suoi connazionali esortandoli a sostenere il peso della propria storia, si portava dentro una colpa che come ebbe a dire gli rose l'anima per tutto il dopoguerra. Quella drammatica confessione fece tanta impressione quanto " Il tamburo di latta" il capolavoro che colloca il premio Nobel tedesco tra i protagonisti della letteratura facendone emergere il genio, ma anche le contraddizioni e il carattere a tratti spigoloso. Col suo tamburello suonato in modo ossessivo, Oscar Mathzerat, il bambino che si rifiuta di crescere in segno d protesta verso un'ideologia bacata, riassume su di se i dolori e le ambiguità di un tremendo passato che non smette di lacerare le coscienze e sul quale Günter Grass, svelando il suo terribile segreto, ha gettato uno sguardo senza invocare alibi. E da qui deriva la sua fama.

ELENCO. Sebbene sia soltanto il primo capitolo di una ancor lunga marcia diplomatica, l'incontro tra il Presidente USA e Raul Castro ha in se le premesse per aprire una nuova pagina di storia. Dietro quella stretta di mano c'è, infatti, da ambo le parti la precisa volontà di promuovere la svolta tra due Paesi troppo vicini per continuare a guardarsi in cagnesco. Ora però arriva la parte più difficile: fare in modo che il dialogo, scongelato dopo mezzo secolo durante il quale più di una volta si è temuto il peggio, non resti un mero elenco di opportunità mai concretizzate, Che è poi quanto vorrebbero i repubblicani mossi da una ostilità quasi patologica nei confronti " dell'intruso di colore alla Casa Bianca" e perciò pronti a usare l'artiglieria pesante pur di rovinargli la festa.

PALADINA. Con la candidatura da tempo annunciata di Hillary Clinton, in casa democratica il dado è tratto. E ben difficilmente ,salvo sorprese, non si vede chi nel suo partito possa ostacolarla nel tentativo di diventare la prima donna, nonché la prima nonna Presidente degli Stati Uniti. La scelta di presentarsi con questa doppia e rassicurante identità, senza apparire la ex di nessuno, ne la first lady di cotanto marito, ne la ex sfidante perdente di Obama alle primarie, le offre evidenti vantaggi, ma la espone anche a qualche pericolo, non ultimo l'illusione di avere già vinto. Per fare centro e tenere a bada i rivali dovrà convincere gli elettori, soprattutto del ceto medio, che nell'eventuale sfida con un terzo Bush la vera paladina degli americani, tutti gli americani, sarà lei.

SOTTO VOCE. Non si conoscono i gusti musicali di Salvini, ma dopo certe esternazioni è lecito supporre che non straveda per " Prendi questa mano, Zingara" che fu il cavallo di battaglia di Iva Zanicchi, guarda caso anche lei protagonista, come Matteo, di una tribolata relazione politica con Berlusconi. Il quale Matteo, minacciando di radere al suolo i campi rom, non fa mistero del destino che intendere riservare ai nomadi. Il leader della Lega di porgere la mano nemmeno ci pensa. Gli interessa solo fare crescere l'indice di ascolto con slogan di facile suggestione. Nella ridda di volgarità ciò che maggiormente inquieta e sprona a riflettere è il fatto che il linguaggio rozzo e brutale non soltanto fa crescere gli indici, ma anche la platea di chi plaude e assente sotto voce.

TRUCCO. Se non fosse una faccenda terribilmente e tristemente seria, ci sarebbe da ridere di gusto nell'assistere alla "guerra dei Roses " in salsa francese entro le mura di casa Le Pen. In verità nella sfuriata tra il padre Jean Marie, convinto che la Shoah sia stata un dettaglio dello storia, e la figlia Marine, che con poco successo prova a rifarsi il trucco, non c'è nulla che ricordi le divertenti pochade ottocentesche. Nello squallido psicodramma, le posizioni antisemite e negazioniste formano un impasto indigesto che a dispetto di ogni tentativo dell'ultima ora per guadagnare rispettabilità non cambia l'orizzonte ideologico del Fronte Nazionale. Caso mai, dietro le quinte del parricidio politico pare di assistere alla farsa crudele dell'asino che da del cornuto al bue.

VIGNETTE. Chi si scandalizza per il linguaggio spregiudicato dei fumetti moderni, probabilmente quando era ragazzo non ha mai letto un albo del vecchio e caro Topolino. Lo facesse ora, sarebbe difficile non rimanere sorpresi da certe espressioni colorite, per non dire apertamente sessiste e razziste, che anni fa accompagnavano le avventure del famoso eroe senza macchia e senza paura. Su Facebook, grazie all'intraprendenza di ricercatori e utenti, si possono trovare frasi e battute che non lasciano dubbi sul carattere di talune vignette, molto esplicite nei contenuti. Rivista oggi, questa galleria di "facezie" è un viaggio istruttivo alla scoperta di un modo di esprimersi che riflette il clima di un'epoca neppure tanto lontana e forse mai del tutto tramontata.

VERGOGNA. Fare di ogni erba un fascio, mescolando i problemi del Paese con un gesto dettato dalla pazzia, è il modo più spregevole di argomentare sul dramma che è stato all'origine della strage nel Palazzo di Giustizia di Milano. Nella capitale lombarda si sperava non accadesse, e invece il coro orchestrato dalla destra di stampo populista, la destra che usa gli insulti al posto delle idee, non ha potuto evitare, di fronte a questa tragedia, di buttare la croce addosso al governo e le istituzioni. Ma poiché ancora non bastava, nel tritacarne della demagogia è finita anche la solita, stucchevole campagna contro il buonismo, gli immigrati, i centri sociali e tutto quanto serve per raccattare miseri consensi a buon mercato. La reazione è stata di sconcerto per l'ennesima, vergognosa deriva.

martedì 7 aprile 2015

Un uomo solo ai comandi

di Renzo Balmelli 

 

OPZIONE. Freud, che non era uno sprovveduto, sosteneva che non sapremo mai cosa passa realmente nella mente di una persona. Mentre nelle Alpi francesi i soccorritori portavano a valle i gialli sacchi di plastica con i miseri frammenti di 150 vite spezzate da un feroce destino, noi a tutto pensavamo, all'ipotesi del guasto tecnico, al terrorismo, fuorché a quell'opzione che ci obbligava a inoltrarci nel cielo buio di Andreas Lubitz, ad avanzare a tentoni nei meandri insondabili di una psiche devastata, ma paradossalmente lucida nell'attuare i suoi insani propositi. Ciò che resta di quel suicidio-omicidio, di quel terribile olocausto degli innocenti, è il senso d'impotenza che sgretola le nostre certezze. E' l'incubo di quel volo della morte con un uomo solo ai comandi, solo con la sua raggelante follia, barricato nel cockpit con la maledetta porta sbarrata dietro la quale egli mai avrebbe dovuto esserci se solo fosse stato fermato in tempo.

 

METAFORE. "Adesso anche la Germania presuntuosa ha il suo Schettinen". Scritto proprio così, magari credendo di essere spiritosi. Pare impossibile che qualcuno, davanti al dramma, possa immaginare simili, oscene metafore e addirittura rincari la dose sostenendo, senza vergogna, "che come il pilota che si è schiantato sulle Alpi, Matteo Renzi sta schiantando l'Italia". Invece è successo. Una firmata dal direttore di un' importante testata di destra, l'altra da un comico prestato alla politica. E fra tanto squallore c'è pure chi li difende. Si rimane esterrefatti nel misurare di che pasta è fatta l'immensa, irresponsabile disinvoltura di chi non indietreggia davanti a nulla per vellicare i sentimenti più riposti e si spinge fino al punto di trasformare la tragedia in uno spettacolo che scende sempre più in basso, oltrepassa la soglia del cinismo e tocca il fondo che più fondo non si può. Per dirla con Hannah Arendt, anche in queste assurde "trovate" si configura la banalità del male.

 

SCONFITTA. Dopo le elezioni amministrative svoltesi in Francia, sorge il problema di come declinare la controprestazione della sinistra, cercando di capire se si tratta di un passaggio a vuoto fisiologico o di un presagio foriero di future débacles. Qualunque sia l'analisi della sconfitta, essa dovrà fornire risposte immediate se Hollande vorrà conservare la speranza di restare all'Eliseo proponendosi come l'arbitro rassicurante nelle zuffe tra il centro-destra, sempre più destra e sempre meno centro, di Sarkozy e gli estremisti della Le Pen, rimasti a secco di mandati, ma non fermi al palo. Alle presidenziali mancano ancora due anni, un lasso di tempo che dovrebbe consentire alla cultura della " gauche" di recuperare il consenso sui temi scottanti che vanno dalla sicurezza all'identità nazionale e segnalano in modo netto il cambio di sensibilità e il mutamento del quadro politico nella Nazione, patria dei lumi.

 

GRAMIGNA. A dispetto degli insegnamenti della storia, anche nel terzo millennio non si finisce mai di fare i conti col revisionismo di stampo fascista. Rispetto a quello mussoliniano o al nazismo di Hitler, cambiano le sigle, ma non il rifermento alle ideologie che il secolo scorso sono state all'origine di lutti e sofferenze indicibili. Grazie a varie recensioni è stato portato a conoscenza del pubblico il volume "Altri duci. I fascismi europei tra le due guerre" di Marco Fraquelli, Mursia Editore, dal quale risulta quanto fosse vasta la proliferazione in Europa dei cosiddetti movimenti minori, ma tutti incarnazione della matrice originale, esaltata e violenta. L'autore ne ha recensiti una trentina in tutte le nazioni del continente. Ai giorni nostri, quanto la gramigna sia ancora in grado di attecchire lo si evince dalla deriva dell'estrema destra che un po' ovunque continua a fare proseliti.

 

RITARDO. Con il conto alla rovescia arrivato al rush finale, al Padiglione Italia dell'EXPO di Milano i conti non tornano. Mentre tutti gli altri sono ormai a tetto , proprio nello spazio della nazione organizzatrice dell'Esposizione universale il ritardo accumulato è tale da fare temere il peggio. A meno di un miracolo, merce piuttosto rara di questi tempi, forte è il timore che il Padiglione non sia pronto per il giorno dell'inaugurazione. Il danno d'immagine, da imputare alla corruzione, agli appalti manipolati, alle lotte di potere interne e ai contrasti tra i partiti, sarebbe enorme e per somma sventura potrebbe passare alla storia quale prova dell'italica incapacità di rispettare gli impegni. Per salvare l'onore qui ci vuole davvero l'intervento divino, che comunque, scrive il Corriere della Sera, "non abbiamo meritato". Confidiamo nello stellone.

 

POLEMICHE. Sugli oriundi in maglia azzurra, che spesso hanno salvato il risultato come è accaduto col recente pareggio in Bulgaria, sono stati scritti interi capitoli d storia calcistica. Qualcosa più o meno simile, ma in senso opposto, sta accadendo in Svizzera dove il pomo della discordia è costituito non tanto dai figli dei connazionali espatriati, bensì dai giocatori di origine straniera, naturalizzati e con tanto di passaporto rossocrociato, che non essendo svizzeri doc non sarebbero in sintonia col comune sentire dei tifosi. Tuttavia sull'autenticità della campagna a sfondo patriottico i pareri sono divisi già per il fatto stesso che colui che l'ha innescata è sì un difensore elvetico, però da varie stagioni in forza alla Juventus di Torino e che si è fatto un nome in Italia. Ma il mondo del calcio è bello proprio per questo, perché è volubile anche con le sue iperboliche polemiche di lana caprina.

 

mercoledì 1 aprile 2015

Andalusia, o cara

di Renzo Balmelli 

 

RETORICA. Poteva essere incoraggiante la notizia che in Francia l'estrema destra non è riuscita a sfondare nella misura prevista dai sondaggi. Poteva, ma così non è stato, perché Sarkozy, che sogna l'Eliseo perso con gli scandali, ha dato l'impressione di frenare la marea nera usando tuttavia le sue stesse armi. La qualcosa equivale a sdoganare lo schieramento della Le Pen e la sua rozza retorica xenofoba e anti europea. Per uscire dalla crisi, nell'attuale congiuntura e il voto di protesta in crescita, serve un progetto alternativo in grado di contrastare le paure, un progetto che solo la Gauche è in grado di offrire se tornerà a essere in buona salute. Magari con una iniezione di fiducia sul modello dell'Andalusia dove si è rinfrancata la consapevolezza che il socialismo è un'idea che non muore.

 

PROTERVIA. A furia di considerarla una battuta al limite del ridicolo, ha trovato scarsa eco la minaccia evocata da Putin quando ha rivelato di essere pronto a utilizzare le armi nucleari in Crimea. La faccenda pareva incredibile, mentre invece, sotto, sotto, una affermazione tanto grave, seppure rimasta nel cassetto, evidenziava con quanta disinvoltura il leader del Cremlino lasciava libero sfogo alla protervia dell'uomo forte dotato di " attributi" e in grado di esercitare una forte attrazione soprattutto in vasti segmenti dell'elettorato di destra. Ignorare cosa significhi utilizzare gli ordigni nucleari o anche soltanto evocarne l'ipotesi è un tema sul quale non è permesso scherzare. A meno di non essere un novello Dottor Stranamore nella vaneggiante, ma non troppo, parodia di Stanley Kubrick.

 

CINA. Chissà che cosa ci troverebbe da dire Marco Polo a proposito della Cina sempre più vicina. Attraverso una chiave di lettura raffazzonata dei corsi e ricorsi storici, la Pirelli in salsa cinese che tanto sta facendo discutere, potrebbe essere reinterpretata come Il Milione alla rovescia, nel solco dell'opera composta più di settecento anni fa dall'ambasciatore della Repubblica di Venezia nel paese cui diede il nome di "Catai". Ai suoi tempi lo scrittore e mercante italiano non conosceva ancora la globalizzazione, di cui fu a sua insaputa un precursore, mentre oggi i registi cinesi della campagna acquisti del Made in Italy, prosecutori con altri mezzi della lunga marcia di Mao, si muovono con la massima disinvoltura in tutti i campi al punto da far nascere una domanda: quanta Italia è già cinese?

 

DESTINO. Se è vero che quello che in America chiamano il giornalismo "gonzo", ovvero un particolare stile di scrittura che in nome del "castigat ridendo mores" non la manda a dire a nessuno, bisogna riconoscere che la trasmissione di RAI3 "Gazebo" coglie perfettamente nel segno. Grazie al suo sguardo ironico, il programma racconta le vicende della politica italiana senza fare sconti e con un corredo iconografico che non lascia spazio alle speculazioni. L'altra sera è andato in onda un servizio sulle Vele di Scampia, uno scempio architettonico diventato tristemente famoso come l'emblema di uno dei quartieri più degradati e problematici di Napoli., che ha tolto il fiato. Oggi ancora questo paradiso della droga sembra incapace di sfuggire al proprio destino indegno di un Paese civile.

 

IPOTESI. Mentre non si è ancora spenta l'eco dolorosa per la strage di Tunisi, si viene a sapere che è stata smantellata una cellula di estremisti islamici operanti tra l'Italia e i Balcani. Aveva il compito di reclutare e formare guerriglieri per il Califfato. Se per somma sventura si configurasse l'ipotesi del terrorismo nella sciagura aerea della Germanwings, ipotesi finora smentita, ci troveremmo di fronte  a uno scenario ancor più inquietante nell'escalation del fondamentalismo sanguinario. Da un altro punto di vista, fonti autorevoli come il settimanale "Economist" asseriscono invece che il l'Isis sta subendo le prime grandi sconfitte: dopo i raid aerei sui pozzi controllati dal gruppo sono calati gli introiti generati dalla vendita illegale di   petrolio  e sono esplose le faide interne, sempre meno controllabili. Ma ciò non significa che l'offensiva terrorista sparirà in tempi brevi. Perciò la guardia resta alta e in questo senso va intesa la presenza contemporanea di tre capi di governo (Hollande, Merkel e Rajoy) sul luogo delle tragedia. Il loro è stato un gesto fortemente simbolico che oltre a essere una manifestazione di solidarietà e di cordoglio, va inteso come  l'eloquente risposta dell'Europa unita alla strategia della paura e l'espressione della ferma volontà di non cedere ai ricatti.