mercoledì 26 maggio 2010

Scarsa lungimiranza

CANNONI - E’ una prova di scarsa lungimiranza la pretesa di vedere pacificato l’Afghanistan affidando l’immane compito alle operazioni militari. Già esiste una pregiudiziale negativa verso gli eserciti stranieri, raramente ben accetti. Se poi, nonostante il cospicuo aumento di mezzi e contingenti , i risultati nella lotta al terrorismo scarseggiano, è comprensibile che si diffonda la rassegnazione. Non è quindi mancare di rispetto ai due militi italiani caduti a Herat ed a coloro che in questa tragica sorte li hanno preceduti, chiedersi se questi sacrifici servono ancora a qualcosa. Mentre lo scacchiere internazionale continua a proporre tragedie, porsi qualche interrogativo di natura morale sulla necessità di rivedere le regole d’ingaggio è legittimo se non altro per non allungare la scia dei morti. Di quanti eroi, oggi onorati , domani dimenticati, ci sarà ancora bisogno per maturare la consapevolezza che la democrazia non si esporta sulla bocca dei cannoni.

CAMICIE - Non v’è traccia della sorridente grazia orientale nella Thailandia che lontana dai cataloghi per turisti mostra il volto feroce della repressione. Dietro la scala cromatica delle camicie che determinano le idee politiche ( rosse quelle proletarie, gialle per le élite) si delinea una sorda lotta per la supremazia carica di incognite. E’ uno scontro senza quartiere nel quale , a difesa dei privilegi delle cricche locali, si fronteggiano populismo, oligarchi, militari, monarchia, ma dal quale è assente la vita parlamentare. Ed è appunto l’incertezza della democrazia di fronte ai poteri forti che alimenta i timori degli osservatori. Priva di un passato coloniale e quindi per lungo tempo baricentro neutrale del sudest asiatico, la Thailandia sta adesso vivendo una prova piu’ devastante delle sue crisi ricorrenti. Non è quindi da sottovalutare il rischio di ricadute negative sugli equilibri dell' intera regione e in particolare sui paesi vicini che reduci da conflitti terribili sono ora intenzionati a concludere il loro cammino verso realtà normali e riconciliate.

MANIPOLAZIONI - Lascia sconcertati il rigurgito revisionista sul passato che non passa. Il giudice Garzon non potrà indagare sui crimini del franchismo, il che è tutto dire, mentre in Italia capita di leggere la tesi secondo cui la Repubblica di Salo’ fu una “ necessità storica” in contrapposizione alla “ viltà della Resistenza” che combatteva per valori non democratici. A metà degli anni settanta del secolo scorso la lunga agonia del generale Franco divenne la metafora dell’agonia di una dittatura spietata. Un baratro di violenze verso il quale ancora oggi la Spagna non ha fatto del tutto i conti. Ovunque dove il fascismo è passato, restano, immutate nel tempo , le tracce indelebili di profonde sofferenze che non ammettono ambigui patti dell’oblio. L’ essenza stessa della democrazia è vincolata al diritto imprescrittibile della memoria per continuare a distinguere tra vittime e carnefici. Stare dalla parte del regime franchista, macchiatosi di crimini contro l’umanità, non fu come schierarsi con la Repubblica. E nemmeno oggi a distanza di anni sono tollerabili indigeste manipolazioni della storia che mirano a snaturare la verità.

COCCODRILLO - Tempo fa a Berlusconi era scappato detto che in Italia c’è troppa libertà di stampa. Forse non fu un lapsus. Premesso che della suddetta libertà non ce n’è mai abbastanza , adesso è fonte di diffusa preoccupazione il previsto arrivo della nuova legge sulle intercettazioni che fissa paletti pericolosi per il diritto all’informazione. In difesa del provvedimento Pdl e Lega giurano che servirà a tutelare la privacy dei cittadini . Peccato pero’ che nel testo ci sia scritto altro. Col ddl Alfano (sempre lui) in effetti si da via libera a inaccettabili stangate sui media, assolutamente incompatibili con i valori democratici. Palese è infatti il tentativo di confezionare, col sigillo della censura preventiva, uno scudo protettivo su misura per i potenti che si devono sottoporre al giudizio dell’opinione pubblica. Insomma siamo alle solite. Dopo i famigerati bandi di stampo bulgaro, la maggioranza insiste nell'insano proponimento di mettere il bavaglio al panorama giornalistico italiano, già in subbuglio per altri episodi poco chiari. Fa molto discutere a questo proposito la posizione del TG1, sotto tiro per i servizi che cancellano l’opposizione. Inoltre , in un clima di roventi polemiche, alla RAI sembra condannata a scomparire Annozero, la trasmissione di Santoro che Palazzo Chigi vede come il fumo negli occhi. Crea dibattito oltre lo squallore di quiz e reality e quindi da fastidio. In cantiere già vi sarebbe un format piu’ gradito al capo , senza contraddittorio e affidato a conduttori di provata “fede”. E' ovvio che da tutto questo improvviso fermento non sono estranee le attuali difficoltà del premier. Chiuso nell’angolo dallo scandalo Scajola, dalle ondate d’urto del malaffare e dalle paure del caso Bertolaso che fa traballare parecchie poltrone del suo governo, Berlusconi prova a liberarsi dalla stretta dettando le regole ad personam per l'occupazione del consenso mediatico su cui ha costruito la sua carriera politica. Gli è di grande aiuto la compiacenza dei suoi uomini piazzati nei posti chiave del mercato. Accade cosi’ che nei telegiornali “amici” la batosta elettorale rimediata in Alto Adige e il sensibile calo nei sondaggi abbiano avuto meno risalto della caccia a un fantomatico coccodrillo in un lago del Casertano. Quando le cose si mettono male c’è sempre un mostro di Loch Ness con cui sviare l’attenzione. Ma a volte non basta. Cio' che la destra non aveva previsto è la ferma alzata di scudi del mondo dell'informazione che chiama il paese a mobilitarsi contro le limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca ; limitazioni che di fatto equivalgono a mettere sotto tutela i cittadini. Per l'ok definitivo al provvedimento la partita quindi non è ancora chiusa.

SCANDALO - E’ velenosa come il fiore di cui porta il nome, la lista di Anemone che sta facendo correre rivoli di sudore gelato nei ranghi della maggioranza. Nel libro mastro delle ristrutturazioni mai effettuate, ci sono quattrocento nomi, tutti di personaggi eccellenti, politici, funzionari dello stato, quanto basta per mandare a casa il governo. Un giro di malaffare di proporzioni colossali. L’elenco di Diego Anemone, l’imprenditore considerato figura centrale della cricca degli appalti, è una mina vagante carica di minacce. Tra regali, appartamenti sotto banco, contratti pilotati, grandi opere manipolate, prestazioni sessuali e quant’altro, ci sono tutti gli elementi per una nuova, sconvolgente Tangentopoli . Ma conoscendo l'abilità di chi controlla la rete degli intrallazzi, non ci sarebbe da meravigliarsi se grazie alla protezione delle leggi ad personam tutto finisse in una bolla di sapone a spese della collettività. Con l’ennesimo scandalo, viene infatti a cadere, sacrificata sull’altare della corruzione, l’ultima possibilità di fare le riforme entro la fine della legislatura. Sarebbero stati tre anni ideali, tre anni liberi da scadenze elettorali, dunque propizi per cambiare registro. Ma a questo punto, nel caos generale, non se ne farà nulla. Nel tentativo di salvarsi la pelle e non finire sotto inchiesta, nessuno penserà piu’ alle riforme. E’ strano assai, la destra ha un potere enorme suffragato dalle elezioni, eppure ne fa un’uso deprecabile, sciagurato, nel solo intento di assecondare i propri interessi. Ha ragione Bersani: bisogna andare a ondo delle indagini senza ammiccamenti, altrimenti il malcostume continuerà a dilagare.    

venerdì 14 maggio 2010

Nemmeno un penny

di Renzo Balmelli 

SCOMPIGLIO - Che sia una alleanza rattoppata si capisce dal fatto che nel Regno Unito, dove si scommette su tutto, nessuno pare disposto a puntare nemmeno un penny sulla coalizione liberal-conservatrice . La riluttanza dei giocatori è un segnale di sfiducia in un matrimonio combinato alla bell’e meglio, un matrimonio senza amore tra due partiti che si sono sempre guardati in cagnesco, e per il quale i bookmaker pronosticano un rapido divorzio. Un'altro indizio che piacerebbe ad Agatha Christie è lo sfoggio di ironia "very british", sottile e feroce in pari tempo, col quale i giornali hanno accolto quella che è ormai diventata la strana coppia Cameron-Clegg. D'altronde neanche la storia è dalla loro parte. Nel paese del bipolarismo le rarissime coalizioni varate in situazioni di emergenza ogni volta hanno avuto scarsa fortuna. Secondo tradizione, al 10 di Dowing Street uno esce e l’altro entra con la massima naturalezza, convinto che cambiare aria nelle stanze del potere sia salutare per tutti. Non cosi’ questa volta in cui a predominare è lo scompiglio provocato nella società dal voto senza maggioranza del 6 maggio.

ORFANI - Non è soltanto la tragedia greca a minare l’Europa. E’ la fiducia in generale verso le istituzioni comunitarie che sta venendo meno. A prevalere è l’euroscetticismo di cui si è avuta una dimostrazione eloquente alle elezioni nel Nord-Reno-Vestfalia, disastrose per la maggioranza di centro-destra. Nel Land piu’ prestigioso, la Merkel ha toccato con mano cio’ che pensano molti tedeschi, orfani inconsolabili del marco. Tuttavia, a meno di un cataclisma di proporzioni bibliche, è ovvio che indietro non si torna giustappunto per evitare di ricadere negli orrori del passato. Ma una cosa pero' è certa: sono numerose le risposte mancanti che i governi dell’UE dovranno affrettarsi ad elaborare per recuperare alla svelta l’entusiasmo e l’etica dei padri fondatori, pemesse indispensabili per contenere le spinte centrifughe dellle derive reazionarie di stampo leghista.

CUCU’ - Stando all’enfasi di Palazzo Chigi, sembra che l’UE sia salva solo grazie a Berlusconi, eroe tardo garibaldino di due mondi: il suo di un mondo, da autoproclamato re della ritrovata unità comunitaria, e quello delle altre , insignificanti comparse sulla scacchiera europea. Nella storia c’è pero’ un risvolto intrigante degno di una pochade. Sulla misteriosa telefonata notturna alla Merkel, quella che avrebbe evitato il naufragio dei negoziati, pare che i soliti maligni, istigati dalle immancabili “ toghe rosse”, abbiano costruito una versione priva dell'apoteosi. Il tutto sarebbe il frutto di un equivoco all’italiana. Si mormora che il Presidente abbia inteso “Ecco Fini”, anziché Ecofin. Fini? Anche qui? “Dai Angela spicciati che devo tornare a Roma”. E la povera Bundeskanzlerin ormai esausta si sarebbe arresa : era pronta a tutto, ma non alla prospettiva di un altro cucu’. Se non è vera, è ben trovata.

LIBERTA’ - Fa grande torto al paese, il comportamento di Bondi che boicotta il festival di Cannes a causa di “ Draquila”, il film di Sabina Guzzanti girato tra le macerie dell’Aquila fuori dalla retorica ufficiale. Fa torto perchè l’Italia vera, migliore, l'Italia che non rinnega i suoi artisti, è un’altra cosa, avulsa dall'assurda irritazione del ministro che ha tuonato contro il documento accusandolo di leso patriottismo. Bondi pero' non è il solo responsabile della squallida sceneggiata censoria. La crociata d'altri tempi ha avuto il sostegno incondizionato dell'intero Pdl che si è attestato su una linea difensiva ambigua e cortigiana, fatta apposta per alimentare i sospetti su come la destra intende la libertà di espressione. E c 'è poco da stare allegri. I critici ricordano che anche Vittorio Mussolini, secondogenito del Duce, ebbe parole di sdegno per Ossessione di Luchino Visconti , un capolavoro osannato nel mondo intero. Strane coincidenze! Arrivati a questo punto è inutile stupirsi se sulla Croisette si spiega come “ la democrazia italiana sia stata assoggettata”. Già, ma assoggettata da chi?

lunedì 10 maggio 2010

HUNG !

di Renzo Balmelli
STALLO - Alla letteratura inglese , da Frankenstein in poi, ma anche nei capolavori di Dickens, non ha mai fatto difetto l’eccentrica inclinazione all’humor nero. Non è quindi per caso che si ricorre alla definizione di hung parliament -letteralmente "Parlamento appeso" o "impiccato" - per configurare una situazione di stallo come quella che si prospetta in Gran Bretagna dopo le elezioni del 6 maggio. Come molti presagivano, dalle urne non è uscita infatti una netta maggioranza in grado di mettere il futuro governo al riparo dalle sorprese. In effetti se è vero che secondo pronostico i laburisti di George Brown, traditi dalle ricette neoliberiste, hanno perso un sacco di consensi, d’altro canto è altrettanto evidente che i conservatori di David Cameron pur avendo totalizzato piu’seggi degli altri non sono riusciti a realizzare l’allungo decisivo per “ regnare” da soli e indisturbati. Hanno vinto senza convincere che è quasi una mezza sconfitta. Alla fine, inoltre, è stato deludente anche il risultato dell'astro nascente, il liberaldemocratico Nick Clegg, l'osannato alfiere della terza via, che vede in parte ridimensionate le sue ambizioni di essere l’ago assoluto della bilancia. A Londra lo scenario del Parlamento impiccato che minaccia di paralizzare i Comuni è possibilità rara, visto che dal 1945 a oggi si è materializzata una volta sola, nel 1974 con Edward Heath , il leader dei tory che incapace di sbrogliare la matassa preferi’ dedicarsi all’attività a lui piu’ congeniale di direttore d’orchestra. Rara, appunto, ma non per questo meno carica di insidie. Nemmeno adesso difatti sarà uno spartito facile quello che si troverà davanti il futuro inqulino del numero 10 di Downing Street , chiamato a destreggiarsi , senza averne i numeri e con la crisi greca che spaventa la City, nel mezzo di una svolta che segna in pratica la fine del classico bipolarismo presente nella storia britannica. Fatta salva l'ipotesi della coalizione, che pero' non piace a nessuno, dopo tredici anni di laburismo sulle rive del Tamigi riappare dunque lo spettro dell'ingovernabilità che sicuramente non era quanto auspicavano gli elettori decisi a voltare pagina, ma indecisi, come si è visto , su chi affidare a piene mani e occhi chiusi le speranze di cambiamento.

ABISSO - Pesano come un macigno i morti di Atene che listano a lutto lo sciopero generale indetto contro le misure di austerità e contro il saccheggio dei diritti e dei redditi dei lavoratori. La Grecia è sull'orlo dell'abisso e sll’origine della gravissima crisi c’è un concentrato dei peggiori vizi del capitalismo: la gestione irresponsabile delle risorse, l’evasione, i conti in nero, i bilanci truccati, l’onnivora avidità degli speculatori. Ma una cosa è manifestare, un’altra cosa è uccidere. Se lasciata in mano a criminali schegge impazzite, l’onda della protesta è purtroppo in pessima compagnia. A questo punto si impone un passo indietro, una pausa di riflessione per pacificare gli animi, tanto piu’ che la diffusione del contagio ad altri paesi è un’ipotesi tutt’altro che inverosimile. Con conseguenze che si possono facilmente immaginare. Nel marasma che imprigiona la patria di Aristotele è in ballo e in gioco il futuro dell’intera Europa e della moneta unica, non soltanto la salvezza della Grecia. Non è ammissibile pero’, mentre i salari dei manager schizzano ad altezze vertiginose, che siano i piu’ deboli, i piu’ esposti alle oscillazioni congiunturali, a scontare gli errori degli altri. Qualche volta ci si dimentica che la classe operaia esiste. Sono parole di Giorgio Napolitano, mai tanto profetiche.

TRAGEDIA - L’uccello marino con le piume incollate da una patina oleosa che muore nel Golfo del Messico conferma una volta ancora l’incoscienza di avere legato al petrolio la crescita dell’economia , trascurando lo sviluppo di energie alternative meno dannose. Mentre il dramma della marea nera comincia a svelare tutta la sua pericolosità,soltanto adesso, con colpevole ritardo, si cominciano a intuire i rischi insiti nello sfruttamento sfrenato e irragionevole delle tecniche di estrazione. Basta un falla , basta un banale errore umano per mettere a repentaglio l’esistenza di colonie di anatre, fenicotteri, pellicani , di un raro patrimonio ittico e di un delicato ecosistema nella zona che per il groviglio di canali viene chiamata la Venezia della Louisiana . L’area è ricca di flora e fauna ora a rischio per gli effetti del greggio che negli acquitrini e nelle paludi è difficile da ripulire. Ci vorranno mesi per misurare l’entità dei danni che la compagnia petrolifera BP , all’origine del letale inquinamento, intende rifondere fino all’ultimo centesimo. Ma nessun risarcimento miliardario potrà rendere giustizia alla natura violentata e devastata dall’uomo.

ETICA - A sentire i suoi è stato un grande ministro. Sarà. Ma di Scajola si ricordano il clamoroso " rompicoglione" indirizzato a Biagi e il chiacchieratissimo attico con vista sul Colosseo,l'ultimo faux-pas che gli è risultato fatale. Tanto che non l'ha difeso nessuno, nemmeno la zelante stampa di famiglia lesta a scavargli la fossa. In un' Italia dove non si dimette nessuno, Claudio Scajola tutt'al piu' è pronto per entrare nel Guinness dei primati. Ci ha provato due volte e per due volte sono state subito accettate. Come titoli di merito in una coalizione rotta a tutte le astuzie del mestiere e riccca di scheletri nell'armadio non sono il massimo. Resta da capire perchè mai un politico-salamandra come lui, democristiano e berlusconiano della prima ora, abbia avuto un comportamento tanto imprudente. L'unica spiegazione plausibile - scrive Massimo Franco sul Corriere - sarebbe quella di un senso di impunità tale da fargli dimenticare qualsiasi cautela. Colmo dei colmi, l'ex ministro sarebbe la prima vittima delle leggi ad personam di cui la maggioranza si è dotata per fare lo sgambetto alla giustizia.In quest’ottica la sua uscita di scena è lo specchio di un governo in stallo a fronte di problemi crescenti e un’impasse conclamata. In effetti non è una buona notizia per la democrazia sapere che un ministro della Repubblica è finito nell’inchiesta sugli scandali che intristiscono la legislatura. E’ quindi tempo e ora di guardare la realtà in faccia: si chiama etica della responsabilità ed è l’essenza della ragione politica. CULTURA - A meno che non sia di suo gradimento, ovvero benedetta dal vertice, è scarsa la considerazione che la destra nutre verso la cultura. Pensare con la propria testa è un gesto che in questi ambienti rischia di essere giudicato sovversivo anche quando si mette in scena un testo operistico. Non sia mai che dal loggione della Scala, poco lombardo-centrica agli occhi della Lega, si levino verdiani inni risorgimentali. Nel mondo della lirica , il decreto che riforma il settore è stato percio’ vissuto come un intervento punitivo, come una mannaia che incide nella carne viva della creatività artistica. E’ una legge che andava evitata, anziché alimentare contrasti e sospetti che finiranno col nuocere all’immagine della musica italiana nel mondo. Purtroppo questo è l’esito scontato se il ministro cui è affidata la totale responsabilità del centocinquantesimo ,si, proprio lui, Bondi, mostra di capire le tesi di chi mette in discussione l’Unità d’Italia e ne rinnega il contributo fondamentale dato alla cultura.