venerdì 30 ottobre 2009

Garanzia


Diceva Maurice Barrès che "il senso dell’ironia è
una grande garanzia di libertä”. Meno male che c’è.

di Renzo Balmelli 

IRONIA - “Silvio è un grande. Oltre alle leggi, le nevicate ad personam”. Bravi i blogger che con due colpi di mouse, battendo sul tempo le redazioni, hanno sventato il bluff di Berlusconi su una presunta bufera che avrebbe ritardato la sua partenza da San Pietroburgo. Come in un vaudeville, l’ultima stranezza del premier, per niente ansioso di rientrare Roma dove lo attendevano brutte gatte da pelare, è finita sepolta sotto un mare di risate online. Diceva Maurice Barrès che "il senso dell’ironia è una grande garanzia di libertä”. Meno male che c’è.

ACRONIMO - Non è soltanto quella che è stata ribattezzata la guerra dell’acronimo a gelare la maggioranza. Dietro l'imposta regionale sulle attività produttive ( l'acronimo IRAP appunto), ultimo oggetto del contendere tra Berlusconi e Tremonti, in realtà ribolle una sorda lotta di potere in previsione di eventuali cambi al vertice. Tra i due galli del PdL stavolta il dissenso è cosa seria in quanto ruota attorno alla carica di vicepremier, da affidare al ministro dell’economia sponsorizzato dalla Lega , e che in sostanza suona come un commissariamento del Cavaliere. Forse la dirigenza “padana” comincia a dubitare delle capacità di Silvio di riprendere saldamente il timone della litigiosa compagnia al cui interno ormai non è piu' possibile camuffare i dissapori, gli elementi di crisi tra i suoi componenti, e il consistente raffreddamento dei consensi. Bossi, che nella coalizione tiene il pallino in mano, ha posto l’altolà a qualsiasi tentativo di ridimensionare il ruolo di Tremonti e anzi rialza la posta, forte dei voti che puo' portare in dote . Il precipitoso vertice di Arcore ha evitato la rottura, ma non ha fugato i dubbi sull'affidabilità del governo , per taluni un monocolore leghista, in cui il premier chiacchiera e il Senatur comanda.

RICAMBIO - La politica dei veleni sta raggiungendo livelli intollerabili di barbarie. Ormai nel clima “ weimariano” della Seconda Repubblica, il giuoco al massacro è lanciato alla grande Se lo scandalo Mastella apre nel centrodestra una grande questione morale, poco dopo arriva il caso Marrazzo a mandare in tilt il Pd nel giorno delle primarie. Strane coincidenze , che avrebbero insospettito Agatha Christie. A Roma non si governa piu’, si vive di soli gossip, l’unico tema che all’estero tiene nel mirino il Bel Paese. Bisogna costruire un’alternativa e la degradante fiducia nell’esecutivo, calata di dieci punti dall’inizio dell’anno, dimostra che un’altra Italia è possibile.

RITORSIONI - Roma e Berna sono ai ferri corti per lo scudo fiscale di Tremonti (l'ambasciatore italiano a Berna Giuseppe Deodato sarà convocato dalle autorità svizzere che hanno così reagito alle perquisizioni condotte in Italia da agenti della Guardia di Finanza e dell'Agenzia delle Entrate in 76 filiali di istituti finanziari svizzeri., ndr). Ma dietro i toni risentiti, non si capisce con esattezza cosa concretamente si chieda. Nella concitazione andrà a finire che gli evasori milionari se la rideranno sotto i baffi, incuranti delle leggi . Il mondo è pieno di forzieri compiacenti e di società di comodo per eludere le norme. Chi invece come i frontalieri non ha trovato rifugio nei paradisi fiscali e le tasse le paga sull’unghia, potrebbe diventare paradossalmente il bersaglio di ritorsioni e angherie di cui non ha colpa alcuna. Con i soldi al posto del cuore tutto puo’ accadere.

TEMPOREGGIATORE - Nell’ Afghanistan, i margini concessi alla Casa Bianca per ridefinire la sua strategia sono sempre piu’ stretti. Il ballottaggio del 7 novembre accorda ancora una tregua al presidente , ma in pari tempo lo priva di un interlocutore affidabile dopo i brogli elettorali che hanno minato il prestigio di Karzai. Obama come Quinto Fabio il Temporeggiatore “ ( rubiamo la definizione a Paolo Valentino del Corsera) spera ancora di vincere al tavolo della diplomazia per non impantanarsi nelle paludi di un minaccioso Vientam afgano. Nel frangente puo’ tornargli utile la massima di Talleyrand, il quale ammoniva che “la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla ai generali”. E la pace pure.

TRAVERSATA - Con la formazione del nuovo governo tedesco di centrodestra si è chiuso il cerchio. Dopo le controprestazioni in Italia, Francia e Gran Bretagna, anche la SPD, gloriosa culla della sinistra europea, si trova ad affrontare una crisi da cui non si sa come e quando ce la farà a uscire. Il partito ha davanti a se una sorta di traversata del deserto, senza che si riesca a immaginare dove questa traversata potrà portare. Nella memoria collettiva rimane la potente icona di Willy Brandt che si inginocchia nel ghetto di Varsavia. Un simbolo da cui attingere la forza morale oltre che politica per ripensare la sinistra andando dove porta il cuore e non inseguendo la mera ripartizione delle poltrone in coalizioni di corto respiro che l'elettore non gradisce.      

venerdì 23 ottobre 2009

La sindrome di Sofia e i calzini turchesi 

Ordunque, sembra proprio che la sindrome di Sofia non si decida ad abbandonare il Cavaliere, regalandoci cosi’ altre pagine non certo memorabili della storia contemporanea.

di Renzo Balmelli 

SINDROME. Sarà una coincidenza, sarà il clima, sarà quel che sarà, ma l’aria della Bulgaria non fa bene alle esternazioni del premier. Ricordate: prima l’editto , poi le minacce ai giornali , adesso l’ennesima picconata alla democrazia usata in questa circostanza per fare leva sulla giustizia e il boicotto della RAI, i temi che per lui sono diventati una vera ossessione. Ma se sgombriamo il campo dalla retorica, che cosa resta del roboante Barnum berlusconiano? Che vantaggi darà al paese? Nessuno, se non l’assurda , velleitaria pretesa di autoproclamarsi “ buono e giusto”, neanche fosse uno zar, un piccolo padre che veglia sollecito sui sudditi adoranti. A stupire pero’ non sono tanto le derive verso forme di consenso cieco e unanime di tipo bulgaro appunto, quanto la facilità con la quale esse vengono veicolate, digerite e metabolizzate da una maggioranza che nessun eccesso riesce a scuotere dalla propria cecità. Eppure la strumentalizzazione era ed è palese. La riforma della giustizia, contrabbandata come “ rivoluzione liberale”, è con ogni evidenza un’anomalia che ha fatto dell’Italia anche il paese con il piu’ ampio movimento che si batte per la libertà di stampa, all’infuori dell’ex Unione sovietica. Ma fino a quando, come nei contratti, non si leggeranno le parole in piccolo a piè di pagina, fino a quando passeranno inosservate le cose non dette, le lacune , le omissioni piu' gravi che alterano il senso del messaggio, parecchie sono le probabilità di cadere nell'imbroglio. Invece - ecco la manipolazione - nelle parole in libertà pronunciate in una delle capitali piu’ antiche d’Europa e rilanciate da decine di microfoni è insito un esplicito avvertimento alla nazione che dovrebbe fare riflettere e mobilitare gli spiriti liberi: vi voglio tutti in riga! Per il Cavaliere, che non si rassegna alla sconfitta del Lodo Alfano e cerca un altro scudo dietro cui ripararsi, è il momento di spingere sull'acceleratore del suo chiodo fisso: cambiare la Carta a ogni costo, anche a colpi di maggioranza, in modo da farla collimare sempre con i suoi interessi. Dal “ghe pensi mi”, che ormai è diventato il suo motto preferito, trapela una visione distorta della democrazia che preannuncia tempi difficili, se non addirittura molto tristi. Con buona pace di tutti coloro che in patria e all’estero debbono subire quotidianamente battute e battutacce sull’Italia e il governo.

SCHERZO? - SI, MA. Doveva essere una burla, ma viste le reazioni non ne siamo piu’ tanto sicuri. Dunque le cose sono andate cosi’: per una scommessa con gli amici un signore attivo nel campo dei media ha lanciato su internet una petizione a favore di “ Silvio santo subito”. Voleva verificare quanti avrebbero abboccato. La motivazione, inventata di sana pianta, era una vera chicca: dentro c'erano tutte le fisime del binomio Lega/PdL, l’anticomunismo, il pericolo rosso , la minaccia islamica , i magistrati stalinisti, l’omofobia e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. “Silvio - si leggeva nel testo - è stato il nostro salvatore e merita piu’ di chiunque altro italiano negli ultimi secoli di storia una beatificazione ufficiale da parte della nostra Santa Madre Chiesa”. Senonché cio’ che aveva il sapore di uno scherzo in stile goliardico è andato oltre ogni immaginazione. Prima che l’inghippo venisse svelato, nel giro di poche ore all’iniziativa avevano aderito in 30 mila pronti a mettere mano al portafoglio per promuovere la causa. Tra i sottoscrittori c’erano avvocati, professionisti, semplici cittadini, tutti animati dall’identico zelo, dall’identico fervore. E molti altri erano in lista d’attesa. Tutto finto, dunque? Mica tanto, visto il successo dell’operazione “Silvio santo subito”. Quando si parla di quest’uomo non c’è limite alla credulità, che a volte sconfina nell’idolatria e nel culto della personalità. Alla resa dei conti la provocazione ha dunque finito con l’offrire uno spaccato dell’antropologia elettorale di un certo segmento del paese che ha lasciato di stucco gli internauti buontemponi. D’altronde prima c’era già stato un comitato pronto a organizzarsi per candidare il Cavaliere al Nobel della pace. C’è da immaginare che fra costoro nessuno abbia avvertito il senso del ridicolo, vista la difficoltà di volere pensare per proprio conto e non condizionati dal sultanato di Arcore , come capita invece con l’attuale destra italiana.

CALZINI. - Un tempo, stuoli di ragazzini si divertivano alle avventure di “Pippi calzelunge”, simpatica “ maschiaccia” dalla fantasia spumeggiante. Adesso dall’Europa all’Australia un'altro paio di calzini, i calzini turchesi del giudice Raimondo Misiano messi alla berlina da Canale 5, l'ammiraglia dell'impero televisivo del Cavaliere, sono assurti a notorietà internazionale. Ma c'è ben poco da divertirsi. Purtroppo, dalla serie " facciamoci del male", qui non c'entra la fantasia, ma soltanto il pessimo gusto, e quelle calze colorate , la calze piu' famose del mondo in questo momento, non sono certo il prodotto che contribuirà a rilanciare le sorti del "made in Italy". Era ovvio, quindi, che le testate straniere ci dessero dentro di gusto. Giornali e televisioni straniere riportano in bella evidenza il "bizzarro" e "assurdo" attacco della televisione di Silvio Berlusconi al magistrato che ha avuto l’ardire di firmare il Lodo Mondadori. La “vendetta dei calzini turchesi” indossati dal giudice mentre veniva ripreso a sua insaputa ha stimolato i titolisti ed è valsa al premier il poco ambito primato di essere nuovamente su tutte le prime pagine non certo per i suoi meriti politici. Tutti si chiedono che cosa vi sia di riprovevole in un magistrato che non faceva nulla di strano o insolito, limitandosi a “ passeggiare, fumare, aspettare il suo turno dal barbiere”. Piu’ volte negli ultimi mesi prestigiose testate giornalistiche internazionali hanno puntato il dito sul Bel Paese con pezzi particolarmente severi nei confronti della sua leadership politica. Articoli- come si evince da uno studio di recente pubblicazione- “ incentrati sulle "complicate" relazioni tra potere, informazione e giustizia (ma anche sul nesso tra gossip e politica), che spesso descrivono un quadro al limite dei parametri democratici”. E probabile - diciamolo per carità di patria - che qua e la facciano capolino alcune esagerazioni, alcuni pregiudizi anti-italiani vecchi come il cucco. Ma se il governo di un grande paese, un governo che pretende di essere rispettato, è ridotto a sotterfugi tanti meschini per mettere in cattiva luce un magistrato, è difficile - come invece sostiene la maggioranza - evocare la tesi delle letture “ complottiste” ordite dalle opposizioni che remano contro gli interessi nazionali e condizionano le redazioni internazionali. Da dove sia partita l'offensiva contro Raimondo Misiano , offensiva che si inquadra nella vasta campagna di demolizione della giustizia orchestrata dal Giornale e da Libero, è sotto gli occhi di tutti. Sulla strategia dei calzini e chi ne sta a monte non vi sono equivoci possibili. Tanto piu’ che persino il conduttore della trasmissione si è scusato con il giudice, ammettendo che il servizio non appartiene certo alla categoria dei capolavori. Insomma, se alla figura del “papi” si sovrappone quella del novello “Pippi calze turchesi” le brutte figure diventano inevitabili.       

lunedì 12 ottobre 2009

Il Cavaliere dimezzato 

di Renzo Balmelli 

DANNI COLLATERALI. Come in guerra, le conseguenze nefaste del Lodo Alfano, giustamente bocciato e respinto al mittente, arriveranno a ondate successive e si faranno sentire con effetti imprevedibili per un periodo destinato a protrarsi nel tempo. In gergo militare si chiamano “danni collaterali”, e a farne le spese sarà in primis l’immagine dell’Italia, già compromessa dalle intemperanze del premier. Ormai Berlusconi è un’anatra zoppa, un Cavaliere dimezzato, roso dal senso di impotenza che lo tormenta. E’ uno stato d’animo che a lungo andare potrebbe rivelarsi insidioso per il paese e la democrazia. In piu’ il premier avverte il peso crescente dei commenti negativi che arrivano dall’estero per la sua inveterata inclinazione a ridicolizzare la giustizia. Un pessimo esempio dato ai cittadini che rispettano la legge.

Non c'è quindi da stupirsi se dalla Lapponia alle isole Tonga, la sua permanenza a Palazzo Chigi risulti incomprensibile a chi non è addentro alle segrete cose della politica italiana. Anziché affrontare serenamente il verdetto, Berlusconi ha dato prova di una preoccupante fragilità istituzionale, oltre che emotiva, che non è certo di buon auspicio per rasserenare il clima. Sono lodevoli, certo, lodevoli, serie e responsabili le esortazioni a mantenere la calma venute dall’opposizione che invita a rispettare il verdetto delle urne. Ma la legittimazione elettorale di cui si fregia il signore di Arcore non puo’ essere il lasciapassare usato a piacimento per oltraggiare il Capo dello Stato e insultare pubblicamente Rosy Bindi e con lei tutte le donne. C’è una sorta di disperazione nell’ira del premier che si è visto sbriciolare il salvacondotto costruito su misura per la sua persona. Tutto è possibile in questo quadro, soprattutto il peggio, con un leader che non intende rinunciare alla pretesa di “primus super pares” per grazia divina. Adesso solo gli italiani potranno togliergli la fiducia. Sarà questa la vera sentenza.

FININVEST. Nel parterre della maggioranza si considera che la sinistra sia incapace di sconfiggere Berlusconi in campo aperto, in una normale, democratica, competizione elettorale. Di solito pero’ il livello della contesa é definito, oltre che dagli argomenti, anche dalla qualità dei competitori. A questo punto gli esponenti del PdL dovrebbero spiegare agli italiani quanto di democratico e normale vi sia nel comportamento del premier che usa il mandato ricevuto dagli elettori per accrescere e proteggere i propri affari. Quanto di democratico e normale vi sia nel colossale conflitto di interessi a cui il capo dell'esecutivo non ha rinunciato, tanto da scendere in campo personalmente per difendere Fininvest e il patrimonio di famiglia a causa del Lodo Mondadori. Quanto di democratico e normale vi sia tra i ranghi della maggioranza e delle sue testate d'assalto nell’apostrofare di anti-italiani, parassiti, intellettuali di merda, disfattisti coloro che non si piegano al diktat del pensiero unico. Quanto di democratico e normale vi sia nel Cavaliere prigioniero del suo populistico delirio di onnipotenza , nel leader concentrato unicamente su se stesso, sordo alle ragioni della politica, e ormai incapace di esprimere un solo atto di governo degno di questo nome. In quindici anni di potere nessun gesto, nessun picchetto d’onore, nessun compiacente salotto televisivo è riuscito a trasformare Berlusconi in uno statista. E si vede.

NOBEL. Che il Nobel per la pace dato a Obama sia una spina nel fianco degli ambienti conservatori si evince dall'ironia pesante che infiora i commenti provenienti da destra, a cominciare dal Wall Street Journal, orfano inconsolabile di Bush e della sua politica. In effetti per il neopresidente si tratta di un successo clamoroso che si inquadra in una scelta altrettanto clamorosa: mai un premio di tale prestigio era stato assegnato a chi ha appena iniziato il suo lavoro. Che ora gli avversari del primo afro-americano entrato alla Casa Bianca siano fuori dai gangheri non stupisce. Il livore dei circoli reazionari non è altro che l'ennesima dimostrazione di quanto essi siano fuori dalla storia, lontani dalla gente e da chi soffre. Ed è pure la riprova di quanto sia improbo, a dispetto delle crisi che stanno mettendo l'umanità a mal partito, affermare la supremazia dei grandi ideali rispetto al gretto materialismo della Realpolitik. Certo, Obama miracoli non ne puo' fare. Solo il Cavalier Silvio si crede l'unto del Signore. Altrettanto onestamente occorre ammettere pero' che ai buoni propositi di cui si fa instancabile alfiere non corrisponde ancora una mole analoga di risultati concreti da mettere in cascina. Eppure, checché se ne dica, il mondo ha urgente bisogno di pace, di serenità e di un futuro sgombro dal ricatto nucleare. Ma soprattutto ha bisogno di speranze. Percio', se oltre alla sorpresa si vuole cercare una chiave di lettura del riconoscimento, è da questa premessa che occorre muovere al fine di dare un senso compiuto al gesto decisamente controcorrente del comitato norvegese . Ai giurati di Oslo non è sfuggito il segno indelebile lasciato da Obama nelle vicende mondiali di questi primi dieci mesi del suo mandato, e da qui è maturata la loro decisione di realizzare un'apertura di credito eccezionale per colui che porta un messaggio culturale oltre che politico genuinamente innovativo. In quest'ottica, la scelta caduta sul leader democratico si colloca nel solco della grande lezione kennedyana che rivolto' come un guanto le polverose stanze del potere washingtoniano. "Gli uomini passano, le idee restano" diceva il giovane liberal bostoniano a cui fu rubata la vita e divenne poi un punto di riferimento insostituibile per le generazioni a seguire. Già, le idee. Perché a queste fa riferimento la motivazione quando sottolinea "gli sforzi straordinari per rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli" che la nuova amministrazione americana ha posto al centro delle sue aspirazioni piu' nobili. Giustissima motivazione, ma da intendere come un voto di incoraggiamento, un premio alle buone intenzioni, piu' che un voto di profitto. E cio' spiega il "wow" quasi fanciullesco espresso a caldo dalla Casa Bianca che esprime meraviglia per il gesto inaspettato, ma anche la consapevolezza di non potere tradire le attese dell'umanità. Ne ha ben donde chi se ne deve fare carico. I dossier sono complessi, le questioni aperte tantissime. L'Afghanistan, l'Iraq, le provocazioni iraniane, il Medio Oriente, il disarmo, l'economia malata ed i problemi interni, a cominciare dalla riforma sanitaria, formano una ragnatela non semplice da dipanare. Senza il giusto approccio e con avversari determinati a mettere i bastoni fra le ruote al presidente, il Nobel potrebbe trasformarsi in
un regalo avvelenato. Per far si che cio' non avvenga bisogna por mano senza esitazione al raggiungimento dei maggiori obiettivi. La posta in palio, posta che non piace per nulla ai mercanti di morte, è un nuovo ordine mondiale fondato sul dialogo e una maggiore equità. Con un taglio netto rispetto al passato repubblicano, Obama si è presentato ai suoi simili come colui che vede la guerra come ultima possibilità e non come una scelta ideologica a priori. Alla diplomazia delle cannoniere contrappone la sua politica della mano tesa , ormai parte integrante del new-deal che la destra osteggia, ma che il mondo attende con trepidazione. Non sempre la capacità persuasiva, il carisma oggi un po' claudicante e la storia personale del presidente sono bastate finora a convincere avversari, nemici, fanatici , a piu' ragionevoli consigli. Occorre fare di piu'. Obama è d'altronde il primo a sapere che ora le pressioni su di lui aumenteranno e che l'ingresso nella galleria dei laureati di Oslo comporta una chiamata all'azione di fronte alle sfide del ventunesimo secolo alla quale è vietato sottrarsi. Il tempo dirà se le promesse diverranno realtà oppure se il premio sia stato prematuro. Di una cosa pero' possiamo essere assolutamente certi: per la pace "non è mai troppo presto".  

martedì 6 ottobre 2009

LA VERSIONE DI SILVIO

Se un giorno qualcuno si accingesse a scrivere la storia italiana della prima  decade del duemila, sulle sue spalle peserebbe un compito immane. Come minimo, infatti, l'autore dovrebbe mandare in tipografia due volumi...

di Renzo Balmelli 

Se un giorno qualcuno si accingesse a scrivere la storia italiana della prima decade del duemila, sulle sue spalle peserebbe un compito immane. Come minimo, infatti, l'autore dovrebbe mandare in tipografia due volumi senza nessun punto di convergenza l’uno con l’altro.

    Il primo, quello serio, diciamo, descriverebbe l’Italia vera, con i suoi problemi, le sue ansie, le sue speranze, le sue indubbie realizzazioni, le sue affermate punte di eccellenza. L'Italia della gente che non ha quale modello i Casanova da strapazzo.

    Nell’altro libro, piu’ farfallone, il lettore del futuro scoprirebbe invece la versione di Silvio, altrettanto stralunata di quella di Barney, ma meno divertente dell’eroe di Mordechai Richler.

    Poi bisognerebbe pero’ aggiungere, per fare capire alle future generazioni come stavano le cose, che a dispetto del teatrino della politica, ad avere il sopravvento nel paese fu appunto per un periodo lungo, troppo lungo, la rappresentazione dell’Italia di plastica o di cartapesta, che dir si voglia, su cui la destra seppe costruire le sue fortune.

    Il paradosso è che le future generazioni, a patto di non avere perso per strada la capacità di ragionare con la propria testa, a un certo punto dovranno chiedersi, confrontando le due relazioni, come mai la versione di Silvio riusci’ a imbandire la tavola del potere senza incontrare grosse resistenze, pur essendo priva di qualsiasi consistenza.

    Per la verità - e adesso torniamo ai giorni nostri - l’esercizio andrebbe fatto seduta stante, partendo dalla scarsa considerazione di cui gode Berlusconi quando si muove fuori dalle mura domestiche.

    Lo si è visto durante il passaggio dal mondo del G8 a quello del G20 che oltre a ridurre il peso dell’Europa ha portato anche a un ridimensionamento del ruolo dell’Italia che già fatica a tenere il passo con le maggiori potenze industriali. Per stornare l’attenzione dal bilancio piuttosto magro raccolto all’ONU e al summit di Pittsburgh il Cavaliere ha provato a buttarla sul ridere. Ma la battuta già scadente sull’abbronzatura di Obama ripetuta nei confronti della moglie non ha fatto che aumentare il disagio delle cancellerie che ormai faticano a nascondere l’imbarazzo al cospetto di un atteggiamento che appare sempre piu’ incomprensibile.

    L’uomo pero’ non si da per vinto e torna alla sua ossessiva battaglia con l'informazione per imporre la museruola alle testate sgradite. L’obiettivo è di far chiudere le "gazzette della sinistra" e i pochi programmi televisivi che danno ancora voce a mezzo Paese. Al sultano di
Arcore non piace recitare il ruolo di comprimario e così, per iniziativa del ministro Scajola, pretende contro la legge di stabilire direttamente i palinsesti della tv pubblica. Con una maggioranza che, dalle colonne dei due giornali più diffusi e obbedienti al premier, Il Giornale e Libero, lancia senza pudore e senza nessun senso civico una campagna per boicottare gli abbonamenti Rai. Iniziativa indecente, oltre che gravida di insidie.

    Se per disavventura viale Mazzini rimanesse senza mezzi per produrre programmi, sarebbe la fine del servizio pubblico e l’inizio di un ricattatorio regime mediatico a senso unico. La vera posta in palio di questa sfida, unica in Europa, è dunque la sopravvivenza nell’Italia berlusconiana di un’informazione critica e di opposizione. Ovvero l’esistenza di una democrazia.

    "Se qualcuno o addirittura la maggioranza - ha scritto Repubblica - pensa ancora che tutto questo sia normale, allora significa che la democrazia in Italia non ha un gran futuro. Il presente è già inquietante".

    Saltano le garanzie del pluralismo, mentre sui giornalisti che fanno il loro dovere piovono dai banchi della destra accuse infamanti: "spazzatura", "vergogna", "porcherie".

    Ma da chi arrivano queste accuse? Guarda caso da chi ha lottizzato spazi enormi nel campo della comunicazione, dal cinema all'editoria, dai settimanali alle riviste specializzate nel gossip di cui ora si lamenta.

    Ai futuri lettori dei due ipotetici volumi di cui abbiamo parlato all’inizio andrebbe percio' ricordato che Berlusconi, mentre spadroneggiava nel paese, oltre che capo del governo era pure il padrone delle tv private e che il conflitto di interessi di cui si è sempre fatto un baffo, gli conferiva la facoltà di imporre qualcosa ancora peggio di una censura. Non abbiamo la sfera di cristallo, e mentre scriviamo queste note non siamo in grado di predire come sarà l’avvenire del Bel Paese in cui la rappresentazione del potere assomiglia ogni giorno di piu’ a una squallida telenovela carica di lustrini. Il disegno è chiaro: la destra punta all’egemonia e se passano questi sistemi diventa difficile immaginare che cosa ci sarà scritto nei prossimi libri di storia.    

giovedì 1 ottobre 2009

Un governo disossato e bizzarro 

di Renzo Balmelli 

ISTERIA - L'urlo "pace, pace subito" che ha squarciato il silenzio dei funerali è stato un messaggio dal significato inequivocabile: a dispetto della retorica ufficiale, la gente fatica a trovare, oltre il dolore, un motivo di consolazione per la tragica fine dei parà in Afghanistan. Con tutto il rispetto per i caduti, si avverte un clima di crescente sfiducia sull'esito di un'operazione che genericamente fa riferimento alla democrazia da consolidare, ma che fin qui ha prodotto risultati assai modesti. Se poi il modello da esportare è quello proposto dalle escandescenze di Renato Brunetta, gela il sangue nelle vene al pensiero delle vite spezzate a Kabul. In fondo pero' dobbiamo essere grati al ministro che con la sua sceneggiata se non altro ha smascherato la faccia nascosta della maggioranza. Da un vaneggiamento all'altro, dalla virulenta offensiva contro l'informazione all'intimidazione degli avversari, la destra ormai non lascia nulla di intentato per tenere a galla una barca che fa acqua da tutte le parti. Di valori a questo punto non mette conto di parlare. L'avere convalidato senza battere ciglio gli spropositi sul "complotto delle elite" e la "sinistra che dovrebbe andare a morire ammazzata" è semplicemente un altro indizio del brutto clima di isteria in cui versa la squadra di Arcore. Da questo punto di vista, gli ex di qualcosa (socialisti, comunisti, democristiani) confluiti nel PdL rappresentano il prototipo fazioso del berlusconiano perfetto che per il suo idolo farebbe qualunque cosa, attribuendo ogni problema alla malvagità del nemico. Tuttavia risulta sempre piu' difficile tenere a bada la verità con gli slogan di facile suggestione. Da Palazzo Chigi escono solo progetti col fiato corto al servizio di interessi privati e avulsi da qualsiasi forma di etica sociale. Intanto la disoccupazione raggiunge tassi vertiginosi, i peggiori degli ultimi quindici anni. Nonostante la sua forza elettorale , il Cavaliere appare sempre piu' inadeguato ad affrontare la realtà, a meno di confinarsi nella mera esibizione autocelebrativa delle cerimonie e dei salotti immortalati dalla diretta tv. Ormai il ruolo del premier si cristallizza in una triste rappresentazione di potere senza rispetto, di ricchezza senza status, di popolarità senza prestigio. E il futuro ha il volto imbronciato. Col passare del tempo aumenta l'inquietudine che il paese rimanga ancora a lungo affidato alle bizzarrie di un governo disossato e sempre meno affidabile, in patria e all'estero.

NIRVANA - Sostiene Obama che gli USA sono stanchi della guerra. Se è per questo l'umanità intera aspetta con ansia la svolta che davvero riesca a "cambiare il mondo".   Ma, paradosso dei paradossi, mentre la Casa Bianca silura lo scudo anti-missili, liberandosi cosi' dell'ultima, inutile e ingombrante eredità di Bush, il mercato delle armi, a dispetto della crisi, non viene neppure sfiorato dalla recessione. E soprattutto nei paesi dal reddito inferiore alla media si investono cifre da capogiro non tanto nello sviluppo, bensi' nello shopping al mega-store dell'industria bellica. All'obsoleta diplomazia delle cannoniere, il presidente americano prova a contrapporre il suo modello di leadership, che si vuole fondata in primo luogo sulla forza della persuasione e sul dialogo multilaterale. Che fatica, pero'! Il progetto resta affascinante, ma la destra non perde una sola occasione per mettere il bastone fra le ruote alla politica della mano tesa. Troppi sono ancora gli interessi in giuoco, interessi inconfessabili, per riuscire a travolgere in un colpo solo gli ostacoli ed i focolai di tensione che ancora si frappongono alla visione di un mondo libero dal ricatto degli ordigni di distruzione, siano essi nucleari o convenzionali. Comunque sia, la ricerca di obiettivi comuni per affrontare minacce comuni deve continuare, anche se nessuno ha mai creduto che sarebbe stato semplice. In cosi' poco tempo è ridicolo pensare che il Nirvana sia già a portata di mano - ha detto l'ambasciatrice all'ONU Susan Rice in uno scatto di sincerità. Ma data la posta in palio, Obama e i suoi collaboratori, e con loro tutti gli amanti della pace, pensano che l'impresa valga lo sforzo.

PREVARICAZIONE - Riparte il campionato e all'inizio della stagione , proprio come la piaga delle cavallette, tornano pure i cori razzisti. Uno spettacolo osceno che denigra la passione per il calcio. A questo punto bisognerebbe capire perché ci sia ancora chi va allo stadio per insultare i giocatori di colore. Senza fare sociologia a buon mercato, la riposta è quasi ovvia: l'aggressione ai campioni che un premier di nostra conoscenza definirebbe piu' " abbronzati" di lui, è il simbolo di un degrado culturale che attanaglia l'Italia da quando nella maggioranza alcuni liquidano la questione della xenofobia con un'alzata di spalle. All'opposto le crescenti forme di intolleranza non sono un fenomeno passeggero, bensi' l'espressione di un preoccupante vuoto di idee; un vuoto pneumatico in cui la prevaricazione dell'uomo sull'uomo trova nel tifo violento oppure nello sconcio delle ronde il piu' fertile dei terreni di coltura. Sul tema del razzismo c'è stato un significativo affondo di Obama: "È importante sottolineare che ero nero prima di essere eletto". Purtroppo è poco probabile che i facinorosi ed i loro cattivi maestri raccolgano la lezione della storia.