giovedì 23 febbraio 2012

A Berlino è caduto un angelo

di Renzo Balmelli 

SCHELETRI. "E' caduto un angelo" - ha detto un ispirato giornalista tedesco nel commentare lo scandalo che ha travolto il presidente Christian Wulff. Il richiamo al film di Wenders " Il cielo sopra Berlino" con i due angeli che si interrogano sul passato, presente e futuro del paese coglie nel segno. Nell'immaginario collettivo, il capo dello stato era lo specchio della Germania giovane, pulita; la Germania che dava lezione di morale a tutti, invitata tutti a fare i compiti a casa e a tenere i conti in ordine. La Germania che non poteva sopportare l'onta della crisi istituzionale. Ora sotto gli occhi dell'Europa le tocca alzare i veli sui propri scheletri nell'armadio e per molti cittadini è stato un trauma. A vent' anni da Mani pulite e dalle tante corrosive inchieste sui difetti degli altri, non è facile accettare l'idea che a nessuna latitudine la politica è immune da certi vizi.

ZELO. Da Moody's non devono tenere in gran conto i santi e nemmeno gli amorosi palpiti se hanno scelto il giorno di San Valentino per tagliare il rating dell'Italia e di seguito lanciare un'offensiva a tutto campo contro banche e assicurazioni europee che non ha risparmiato neppure le nazioni più virtuose. Di sicuro l'agenzia avrà le sue buone ragioni, ma tanto zelo appare un filino sospetto nel momento in cui la crisi morde ferocemente la carne viva dei paesi dell'eurozona e in pari tempo fa soffrire anche l'economia americana. Che ci sia nell'incrocio delle coincidenze un sottile, interessato gioco delle parti, un larvato tentativo di dirottare l'attenzione dai propri ai guai altrui? A pensare male si fa peccato, è vero, ma spesso ci si azzecca.

INCOGNITA. Se non ci fosse l'inquietante presenza dell'estrema destra ad ammorbare il clima politico, con ogni verosimiglianza le imminenti elezioni presidenziali francesi sarebbero senza storia. Nonostante il forsennato rush finale, condito di promesse ancora più mirabolanti di quelle mai mantenute nel suo primo mandato, Sarkozy non dovrebbe farcela a recuperare i dieci punti di distacco da Francois Hollande. A meno che il candidato socialista non ricada nelle sue solite contraddizioni e si faccia male da solo. Ma a rompere le uova nel paniere c'è appunto l'incognita del Fronte Nazionale ora affidato a Marine Le Pen, persino peggiore del padre nello sfornare slogan impronunciabili, che controlla il 15% dei voti, se non di più, e farà quindi pagare a caro prezzo il suo sostegno. Senza Marine, si dice, Eliseo precluso per Sarko. Sarebbe però il classico regalo avvelenato che come la mela della fiaba uccide chi la morde.

SOLLIEVO. Ne santo subito, ne eroe e nemmeno taumaturgo. Di maghi ne é bastato uno e il cilindro era vuoto. Mario Monti è semplicemente un signore per bene che si si trova a sostituire chi fece un uso tanto dissennato del suo mandato da mandare il paese in rovina. I commenti favorevoli che il premier raccoglie in patria e all'estero non sono di circostanza, ma esprimono il sollievo per il ritorno alla normalità dopo gli eccessi dell'infausta era berlusconiana. Nonostante gli auspici e le poche voci fuori dal coro, forse la sobrietà da sola non basterà per fare accettare una drastica cura economica e fiscale che sottintende un salto di mentalità. Ma passo dopo passo, Monti avrà avuto il grande merito di essere riuscito in novanta giorni a riscattare l'immagine dell'Italia sulla scena internazionale. E dite se vi par poco.

CANZONETTE. Se una sera di fine febbraio un viaggiatore ignaro si fosse sintonizzato sulla RAI all'ora di San Remo sarebbe rimasto senza parole, ammutolito dall'imbarazzo. Se lo spettacolo proposto era davvero la misura dello stato di salute della nazione, avrebbero mille ragioni sia Grasso che Galli della Loggia: c'è di che preoccuparsi seriamente. L'Italia, per fortuna, è un'altra cosa, e se all'Ariston si è assistito a un baraccone pseudo-sociologico affidato a predicatori e comici stanchi, serve poco gridare allo scandalo. Ormai è un pezzo che il festival non è più per alcuni giorni il rilassante riflesso del costume nazional-popolare da prendere così alla buona, senza pretese e con le sue piccole trasgressioni. Il vero scandalo, semmai, è stata la pochezza della materia prima, cioè delle canzoni sui cui dovrebbe reggersi lo spettacolo. In passato saranno state solo canzonette, d'accordo, ma il giorno dopo tutti le fischiettavano, ed era questo che faceva lo charme del festival. Ora non più.

giovedì 16 febbraio 2012

Qualcuno ancora più a destra di loro

REDIVIVO. Nella caccia ai voti dell'America profonda, puritana e bigotta, Mitt Romney e Newt Gingrich erano sicuri di avere in tasca la vittoria. All'improvviso, invece, frastornati come pugili suonati, scoprono di avere un rivale formidabile, qualcuno ancora più a destra di loro. E scoppia la bagarre tra i parrucconi del partito. Con la sua tripletta in Missouri, Minnesota e Colorado il redivivo Rick Santorum ha di colpo rimescolato - chiediamo venia per la battuta fin troppo scontata - il Santa Sanctorum di una partita elettorale repubblicana che sembrava già decisa. Di lontane origini italiane, l'ultra conservatore Santorum è uno che la Winchester, dal nome della cittadina in cui è nato, la userebbe come nel Far West per chiudere la bocca a tutti coloro che non rientrano nella sua concezione manichea della società. I democratici sorridono: viste le premesse, al momento di spostare il dibattito nel campo dell'etica Obama non poteva sperare in un assist migliore.

 

INCUBO. Se un famoso autore russo sceglie il "nom de plume" di Boris B. Akunin, non occorre un grande sfoggio di fantasia per capire a chi vanno le sue simpatie. Certo non a Putin, l'unico statista che con il collega cinese si è schierato accanto ad Assad, il carnefice della Siria. Il noto giallista, che di vero nome fa Gregori Chartiswill, è invece dalla parte della gente che paventa la fine delle libertà. Accolta come un trauma da frange sempre più vaste della popolazione, la temuta rielezione di Putin per altri 12 anni è difatti considerata la prosecuzione con altri mezzi del peggior sistema sovietico. Un incubo per la democrazia. Come l'altro Bakunin, anche lo scrittore confida nel risveglio di una "sana anarchia" che sfoci in una valanga di "njet" contro i progetti egemoni dei nuovi padri padroni di Mosca. L'auspicio è di fare rivivere lo spirito delle perestroika.

 

RAPPRESAGLIA. Caspita, che tempismo. La destra spagnola, tornata al potere da pochi mesi, in questo breve lasso di tempo ha messo segno una clamorosa rappresaglia: zittire per sempre Balthasar Garzon, il nemico numero uno, il giudice scomodo e dai metodi non sempre ortodossi, famoso in tutto il mondo per le sue battaglie in favore dei diritti umani che hanno portato all'arresto di Pinochet. Al confronto il Cavaliere fa la figura del dilettante. Il Partito Popolare, ora al governo, non gradiva che si frugasse nei suoi affari riposti ed ha ottenuto ciò che voleva con una strategia politico-giudiziaria dai contorni inquietanti. Il bando dalle attività per 11 anni, bando che stronca la carriera di Garzon ha il sapore amaro di una punizione estrema contro il magistrato che non si fermava davanti a nulla , a volte sbagliando la misura, per alzare i veli sulle nostalgie franchiste dell'aristocrazia "nera".

 

RIFORMA. Come dopo i fasti esagerati di Versailles, anche il tramonto del sultanato di Arcore, universalmente noto per per gli " eleganti intrattenimenti" offerti dall'ospite, ha lasciato nel paese un cumulo di macerie che rende difficile il ritorno alla normalità. Più per rispetto del mandato che per convinzione, Pd e Pdl hanno avviato le prove di dialogo sulla legge elettorale che da tempo immemore attende di essere aggiornata. Ma si tratta di capire se davvero stiano prendendo coscienza dell'esigenza di un cambiamento netto, oppure se agli elettori sta per essere propinato il solito , sterile gioco delle parti. Per ora prevale l'impressione che la svolta, se un giorno si farà, prenderà una direzione meglio definita soltanto in primavera, dopo il turno delle elezioni amministrative, quando - così si spera - le scorie del berlusconismo non dovrebbero più intralciare le riforme.

 

BATTUTA. Nel gelo di Roma si consuma il declino del Cavaliere, ormai sovrastato dalla figura di Monti che incassa la stima incondizionata dell'Europa e di Obama. Da vecchio combattente rotto a tutte le astuzie, l'ex premier però non s arrende e prova a fermare la storia con un'intervista al mensile della destra americana ATLANTIC che dovrebbe rivalutarlo agli occhi del mondo. Determinato ad apparire come il più grande statista avuto dall'Italia e non il regista di madornali fallimenti, come al solito non riesce a frenarsi, eccede e ne infila una dopo l'altra fino a toccare il punto più basso della sua parabola con la triste battuta sugli omosessuali. Eccola: "L'unica cosa di cui non sono mai stato accusato? Di essere gay. Non ho nulla contro gli omosessuali, sia chiaro. Anzi, il contrario: più omosessuali ci sono in giro, minore è la competizione". Come volevasi dimostrare.

 

TOPLESS. A volte basta un seno nudo, innocente quanto quello di una Madonna rinascimentale, per terrorizzare il potere precostituito. Nata a Kiev quattro anni fa, la bellezza politicizzata, trasformata in rivoluzione femminile in topless, in poco tempo è diventata un fenomeno non solo mediatico, ma una vera mobilitazione dal basso che ormai fa proseliti un po' ovunque. E' una nuova forma di protesta che mette il dito nella piaga della cultura paternalista, del maschilismo, del turismo sessuale, e si dichiara contro le dittature e in difesa degli emarginati. Al di la dei giudizi, inevitabilmente controversi (furbette o militanti vere?) non sorprende che il movimento irriti i dirigenti ottusamente convinti, come il primo Andreotti, che i panni sporchi si debbano lavare in casa.

 
ODIO. Chi pensava che fosse morto assieme al suo autore, dovrà ricredersi. Il " Mein Kampf" non cessa di esercitare il suo morboso potere di attrazione. Nonostante il trascorrere del tempo, il libro che gronda sangue e follia da ogni pagina non smette di essere un bestseller internazionale, sebbene la sua vendita sia illegale in numerosi paesi. Si potrebbe capire tanto interesse se il delirante breviario dell'odio scritto da Hitler, per quanto ripugnante, si leggesse, come si dovrebbe, da un punto di vista storico. Purtroppo non è così. C'è invece un'altra spiegazione, molto più allarmante . L'orrore editoriale del baffuto Adolfo trova un terreno fertile non fra gli studiosi, bensì tra tutti coloro che intossicati dalle ideologie antisemite e anti occidentali lo esaltano come un "testo sacro". Proprio come fecero i seguaci del nazismo. Ch sia la vendetta postuma del Führer?

martedì 7 febbraio 2012

Il passato che si ostina a non passare

di Renzo Balmelli  

 

DISAGIO. Come sono angoscianti gli sgarbi tra Italia e Germania sul passato che si ostina a non passare, sulle ferite mai rimarginate di quel lugubre ventennio che "tanti lutti addusse" all'umanità dolente e incolpevole. Che tristezza lascia nell'animo lo scambio di battute al vetriolo tra lo Spiegel , ben poco all'altezza della sua fama nello snocciolare i soliti, triti e ritriti cliché sull'Italia dopo la tragedia della Costa-Concordia, e la replica vergognosa del Giornale che in una lettera ai tedeschi ha scritto: "A noi Schettino, a voi Auschwitz". Cose da brivido che oltre a sollevare giustificate ondate di indignazione lasciano trapelare l'esistenza di un disagio molto più grave e tenace di quanto possa essere un normale contenzioso irrisolto tra Roma e Berlino. Qui c'è un grumo strisciante di sospetti, vecchi rancori e diffidenza reciproca che la storia ancora non è riuscita a sciogliere malgrado i sorrisi, le strette di mano, la comune vocazione europea e il fascino rosso-antico della "Toskanarepublik".

 

INGIUSTIZIA. Ci sarà pure un giudice a Berlino, diceva il mugnaio di Potsdam che nel settecento per ottenere giustizia spostava le montagne fino ad arrivare a Federico il Grande. Ma se non ci fosse all'Aia? E' una domanda legittima che si è posta in seguito allo sconcertante verdetto della Corte internazionale. In buona sostanza i togati dell'Aia, dando ragione alla Germania e torto all'Italia sulla questione degli indennizzi ai superstiti della barbarie teutonica in tempo di guerra, hanno ormai precluso la possibilità di inchieste e procedimenti penali sul doloroso tema della sorte dei criminali nazisti ancora in vita e liberi. La sentenza è un serio rovescio per la giustizia e la memoria dell'orrore , delle atrocità e i massacri del Terzo Reich contro la popolazione civile italiana. Tra paragrafi, articoli e sofismi legali non v'è niente di cui andare fieri nella sentenza che di fatto accorda l'immunità agli ultimi, zelanti esecutori della follia hitleriana. In questa vicenda poco edificante , dalla quale tutti escono moralmente sconfitti, è andato perso il senso del rispetto per le vittime innocenti dei più efferati crimini commessi contro l'umanità in nome di una ideologia bacata.

 

IMITAZIONE. Evoca lontani, quanto improbabili sentori rivoluzionari il " governo di salute pubblica" col quale si tende a indicare la compagine di Mario Monti. Niente paura: all'orizzonte non c'è nessun 17 germinale alla romana. Compito del nuovo esecutivo, mentre i partiti sono impegnati a ridisegnare posizioni e strategie, è il riscatto del Paese dalla crisi economico-finanziaria e il recupero del prestigio perduto. Qualcuno ha avuto l'impressione che i nuovi dirigenti, molto british e poco ciarlieri, non conoscano la società italiana. E' un'impressione diffusa, ma non dimostrata nei fatti, che forse nasce dal confronto con le vocianti sceneggiate del partito del predellino, ormai imploso. I sondaggi sono tremendamente negativi per l'ex maggioranza e Berlusconi lo sa bene. Un giorno si, l'altro pure, sembra sicuro di essere richiamato per mettere le cose a posto. Ma la sua baldanza ormai è una pallida imitazione di Napoleone tra l'isola d'Elba e Sant 'Elena.

 
POVERI. Nella sua corsa per un secondo mandato alla Casa Bianca, Obama non potrebbe avere migliori alleati dei suoi avversari repubblicani. Da più parti prevale infatti il convincimento che il partito dell'elefante, ormai troppo condizionato dalle astruse teorie del Tea Party, stia servendo la vittoria ai democratici su un piatto d'argento. In politica non si può mai dire, ma la prospettiva di un Obama-bis non può che far tirare un sospiro di sollievo a coloro che paventano una svolta reazionaria alla guida degli Stati Uniti. Finora i candidati repubblicani più che per le loro doti di futuri statisti si sono illustrati per la feroce litigiosità che a ogni primaria vede fronteggiarsi per la "nomination" il favorito Mitt Romney e il suo irriducibile rivale Newt Gingrich. Entrambi fanno a gara a chi è più conservatore, più patriottico, del tutto incuranti delle gaffes che si accumulano sulla loro scrivania e ne intaccano la credibilità. La collezione si è arricchita dell'infelice battuta di Romney sui poveri (non sono preoccupato, le mie priorità vanno al ceto medio) che rischia di trasformarsi in un vero e proprio boomerang quando gli americani che ora sono in difficoltà saranno chiamati a designare il loro presidente.

mercoledì 1 febbraio 2012

Begli esercizi di Concordia

Era destino che il naufragio del Concordia suggerisse infinite metafore sullo stato dell'economia. Ma intanto chi dovrebbe pagare di più si eclissa, scompare, evade.

 

di Renzo Balmelli  

 

SPOLIAZIONE. Era destino che il naufragio del Concordia suggerisse infinite metafore sullo stato dell'economia. Ma il ricorso alle citazioni testimonia l'impotenza di risolvere in tempi brevi la crisi che smangia energie e risorse. Persino al forum mondiale di Davos si è sentito parlare di una rotta incerta, di una bussola impazzita, di un capitano incapace di reagire. Un bell'esercizio lessicale, non c'è di che, destinato però a lasciare le cose come stanno. Chi dovrebbe pagare di più si eclissa, scompare, evade. La disuguaglianza è entrata di prepotenza nell'agenda politica, la solidarietà è sparita, mentre sull'altro fronte la finanza avida e spietata continua nella sua opera di spoliazione delle ricchezze che sono patrimonio di tutti.

 

LOBBY. Chi soffia sul fuoco della protesta? Di sicuro non gli schieramenti che pur senza lesinare le critiche sostengono lealmente, al di la delle ipocrisie degli ex, l'improbo compito del governo. Con i suoi non pochi e non piccoli difetti, ma anche con tanta, esemplare tenacia, l'esecutivo si sforza di tenere salda e diritta la barra della nave-Italia. Se però bastano pochi autocarri per mandare in tilt il sistema, bisogna riflettere sul perché e interrogarsi sul ruolo delle lobby e dei gruppi di interesse che con metodi omertosi remano contro la società animati da un preciso intento : fare in modo che il processo di cambiamento, ormai maturo, non si metta mai in moto. Attraverso le contese interne si finisce col creare un clima negativo che potrebbe compromettere irrimediabilmente il cambio di percezione in patria e all'estero.

 

SFIDUCIA. Dall'ultimo rapporto Eurispes emerge il quadro di un'Italia sfiduciata e stremata dalla crisi. Si salva, ma per il rotto della cuffia , la nuova compagine guidata da Mario Monti che ora ha un aspetto presentabile e il il merito non secondario di avere fatto recuperare in poco tempo "autorevolezza e credibilità al paese". Però non basta. Con ogni probabilità per via dell'indigesta manovra il giudizio dei cittadini nei confronti delle istituzioni è particolarmente severo. L'impressione è di vivere in una "democrazia bloccata", in cui tutti si aspettano il peggio e nessuno ha più fiducia in niente. Per il salto di qualità serve un progetto solido capace di restituire all'Italia il futuro che merita. Ma per arrivarci serve una strategia equa e ampiamente partecipata.

 

DEVASTAZIONI. Così parlò l'Umberto: Silvio è una mezza cartuccia. Che fossero fratelli-coltelli si sapeva. Ora che non sono più a Palazzo Chigi a combinare disastri, vedendo come litigano vengono i sudori freddi al pensiero che per tanti anni l'Italia è stata nelle loro mani. Le conseguenze sono d'altronde sotto gli occhi di tutti. Ciò che più impressiona è l'assenza di un qualsiasi barlume di ragion critica, l'incapacità di ammettere, con un minimo di civile umiltà, quanto siano stati rovinosi gli squarci aperti dai vari scandali nel tessuto nazionale. In quest'ottica è un vero paradosso la presunzione del Cavaliere che aspetta di essere richiamato e medita la riedizione del predellino-bis come se la fase del disonore fosse finita . Invece no. Su quello squallido scenario il sipario non calerà mai del tutto e a ricordarlo restano le devastazioni che l'infausta era berlusconiana ha causato nella cultura politica del paese.

 

ESTREMISMO. Guai a chi tocca l'Ungheria. La destra si è data un gran da fare nel rintuzzare le perplessità dell'Unione europea su quanto sta accadendo in una delle sue Nazioni dove a essere in default , prima ancora della moneta, sembrano la democrazia e i diritti costituzionali. Il tutto condito da spruzzate neppure tanto sfumate di simboli e riti di un passato che non passa. Senza contare che la natura del nuovo governo legato alle recenti fortune dei movimenti di estrema destra appare inquietante, intriso di cultura illiberale, intollerante. A Budapest il premier esibisce in guisa di patente il suo passato di anticomunista. Ma come sottolinea Pierluigi Battista c'è l'anticomunismo liberale e quello autoritario. Che sarebbe, quest'ultimo, come sostituire l'orrore con un altro orrore.

 
DEGRADO. Nel giorno della memoria, a 67 anni dalla liberazione di Auschwitz a opera delle truppe sovietiche, non è ancora tempo di abbassare la guardia. A volte ridicolo, altre camuffato sotto le mentite spoglie del doppiopetto, altre ancora presente nelle istituzioni, il nazifascismo è sempre dietro l'angolo con i suoi nauseanti rigurgiti di antisemitismo, negazionismo, intolleranza e violenza. I manifesti che raffigurano gli immigrati come schifosi ratti famelici sono il segno di un degrado da stroncare sul nascere per non perdere di vista i valori di pace, civiltà, rispetto dei diritti umani e delle minoranze sui quali l'Europa ha trovato la sua unità. La Shoah è stato il male assoluto e ricordarlo senza mai deflettere è il migliore antidoto per evitare nuove forme di discriminazione, di razzismo e di odio religioso. Occorre impedire che i muri siano infettati dai proclami di chi fa leva sugli slogan i più ignobili.