mercoledì 17 dicembre 2014

La Terra di mezzo tra il diavolo e l'acqua santa

di Renzo Balmelli 

 

MALAFFARE. Per i cittadini onesti è motivo di grande sofferenza la banalità del male attorno al quale fa perno la fetida palude capitolina. Con la loro "Terra di mezzo", sottratta indebitamente al mondo fantastico di Tolkien, corruttori e corrotti si sono dotati di un paravento mitologico, tipico della cultura di estrema destra, per coprire il malaffare elevato a sistema. E' bastato però che il coperchio saltasse perché tutti, con un pretesto o l'altro, cercassero disperatamente di smarcarsi dal verminaio. Magari ci riusciranno anche, ma nessuno potrà mai proclamarsi innocente agli occhi del Paese. Colpevole del disastro morale non è soltanto chi gestiva la cupola, ma anche chi non ha voluto vedere e ha lasciato fare crogiolandosi nell'ambiguo torpore della morbosa convivenza tra il diavolo e l'acqua santa.

 

BEFFA. Sono trascorsi venticinque anni dal cataclisma di Mani Pulite, ma come in un ripetitivo gioco dell'oca si torna sempre alla casella di partenza. Fiumi, di soldi e di tangenti, rubati ai contribuenti e finiti all'estero certificano con quanta criminale disinvoltura sia stato legittimato il ricorso all'illecito come occasione per facili guadagni. Alla politica si offre adesso l'opportunità di riscattarsi con una cura dolorosa che porti a una salutare pulizia delle sue maleodoranti stalle di Augia. Ma sulla reale volontà di redenzione si nutrono molti dubbi. Passata la buriana romana, così pensa la gente, la notizia finirà in fondo alla pagina, cosicché agli italiani toccherà sopportare oltre al danno, anche la beffa dei tanti Catone d'accatto che dopo averne combinate di tutti i colori ora si atteggiano a farisaici fustigatori dei costumi

 

CRISI. E' un attacco in piena regola alle istituzioni e alla democrazia, un attacco di stampo neo fascista, quello che emerge dal pantano di Roma con la sua forza devastante e la sua capacità di scalfire e manipolare le coscienze. Nel suo lucido rapporto il Censis descrive un'Italia in preda a una profonda crisi sistemica, incerta e chiusa in se stessa. La disoccupazione alimenta la rabbia e il rancore, le famiglie scontano l'incertezza sul futuro e i giovani, tra i più colpiti e umiliati, costituiscono un capitale umano non utilizzato che non sa trasformarsi in sana energia lavorativa e che cerca uno sbocco esistenziale infoltendo le fila dell'emigrazione, in continuo aumento. Nella "Terra di mezzo" ove nulla si ottiene senza oliare il meccanismo con le varie mazzette, c'è un Paese che s'interroga e non riesce a reagire.

 

IPOCRISIA. In una cornice di contenuta mondanità e un Fidelio di lotta e forte impatto scenico, la prima della stagione scaligera priva di inutili orpelli ha saputo cogliere molto bene l'aria del tempo e la gravità della situazione. Con quei quadri che rimandavano al Quarto Stato di Pellizza da Volpedo si è capito che la serata alla Scala, dove si va per vedere e farsi vedere, non sarebbe stata all'insegna degli inchini e dei baciamano. Qualcuno, forse pensando che l'opera sia solo un parterre riservato ai grandi nomi, si è scandalizzato per le proteste dei lavoratori, definendole pericolose per l'immagine del Paese. Quanta ipocrisia. Nell'epoca della facile dimenticanza forse sarebbe bene ricordare che ancora non sono stati riparati i danni ingenti inferti a questa povera Italia nei giorni infausti del bunga bunga.

 

ECATOMBE. Raccontano le cronache che i poliziotti americani hanno il grilletto piuttosto facile con i neri disarmati. E' una evidente conseguenza del razzismo ancora così profondamente radicato nel tessuto sociale. La discriminazione è un brutto soggetto presente in qualsiasi momento della storia con la furia della prevaricazione omicida. Accadde anche 150 anni fa con il massacro degli indiani delle tribù Arapaho e Cheyenne. L'ordine era di ammazzarli tutti. Quattro giorni di celebrazioni in Colorado hanno riportato alla memoria una vicenda terribile di cui molti sono venuti a conoscenza grazie a Fabrizio De André che con i suoi versi struggenti (da ascoltare e meditare) rievoca l'immagine dei bambini inermi, sterminati senza pietà: "ora dormono sul fondo del Sand Creek", il fiume teatro dell'ecatombe. La lotta contro l'odio xenofobo viene da lontano e ancora non se ne intravvede la fine.

 

CINISMO. Con i conflitti in Libia, Ucraina, Siria, Iraq e nel Corno d'Africa, l'Europa è la meta agognata dai migranti per sfuggire alle prevaricazioni e alla tortura. Spesso però l'esodo finisce in tragedia. Una tragedia di dimensioni bibliche che ha trasformato il Mediterraneo, il mare nostrum culla di cultura e civiltà, nella via più pericolosa del mondo. Sono agghiaccianti le cifre fornite dall'UNHCR, l'agenzia dell'ONU per i rifugiati, dalle quali risulta che nel 2014 quasi 3500 profughi hanno perso la vita durante la traversata. E' un tristissimo primato, reso ancora più drammatico dai dati che arrivano dalle altre rotte di navigazione clandestine sparse ai quattro angoli del mondo e che costituiscono la componente essenziale di una terribile vicenda umana segnata dal dolore, dalle privazioni e dal cinismo di chi ne porta la responsabilità. Nel clima pre-natalizio un motivo in più di riflessione da mettere sotto l'albero.

 

martedì 9 dicembre 2014

Tribuni senza vergogna

 di Renzo Balmelli 

 

RADICI. All'ottava chiamata alle urne in poco meno di mezzo secolo per votare sugli stranieri, tema che di questi tempi infiamma il dibattito un po' ovunque, l'effetto saturazione si è fatto sentire tra l'elettorato della Confederazione elvetica. Nelle urne è così naufragata miseramente e come meritava la dissennata iniziativa "Ecopop" che per limitare in modo drastico la libera circolazione delle persone e delle idee, mirava soltanto a veicolare astruse tesi neo maltusiane sotto il manto dell'ecologia. Per quanto chiaro sia il messaggio, esso non smussa tuttavia la gravità del problema. Ai quattro angoli dell'Europa il seme del razzismo e della xenofobia ha sviluppato radici profonde e continuerà a dare frutti malati fino a quando la gramigna dell'intolleranza troverà tribuni pronti a servirsene senza vergogna per i loro inconfessabili interessi.

 

RUBLI. Se c'è uno scenario in cui il vecchio detto "pecunia non olet" è stato messo in pratica con la massima disinvoltura, questi è il congresso del Front National francese a Lione. Senza mostrare nessun imbarazzo Marine Le Pen, la dama bionda dell'ultra destra transalpina, in estasi davanti a Matteo Salvini, ha intascato l'assegno milionario portato in dote dal messo di Putin e che servirà a finanziare la corsa del partito all'Eliseo. Nota bene: assegno in rubli, non in euro, per dimostrare, da che parte tira il vento. Per questo strano matrimonio si è parlato di "fasciocomunismo", una indigesta macedonia dall'ideologia confusa e nebbiosa, dietro la quale spuntano modi autoritari e sbrigativi e l'avversione per la democrazia parlamentare. Come dicono gli inglesi per la loro sovrana, God save Europe!

 

COMBINAZIONE. Diversamente dalla tenere parole di " Come pioveva", canzoncina di moda anni fa, Sarkozy e Berlusconi non si sono mai amati. Ma per "fatal combinazion" i due, che a distanza si detestano cordialmente, hanno finito con l'incontrarsi e assieme a riparare se non in un "porton", sul carro che nei loro auspici dovrebbe riportarli a rivivere i fasti di un tempo. Entrambi, pur avendo avuto sul finire del loro mandati incontri molto ravvicinati con la giustizia, puntano in alto: Sarkozy alla presidenza, l'ex Cav a qualcosa di ancora indefinito, ma che ha tutto il sapore di una rivincita tanto da fare campagna infischiandosi della sentenza che ne limita il raggio d'azione. Se questa è la ventata di novità nel panorama politico dei due Paesi, i populisti di ogni risma vi troveranno la strada spianata senza faticare.

 

TACERE. Ha strane idee Matteo, non quello che sta a Palazzo Chigi, ma l'altro, colui che spera di arrivarci alla prima occasione. A sentire l'astro nascente della Lega, da quando la sinistra è maggioranza, l'Italia è diventata il paradiso dei delinquenti. Mal gliene incolse. Quasi in concomitanza con la sua infelice affermazione, la vasta retata anti-mafia effettuata a Roma, retata che ha portato a decine di arresti e a un centinaio di indagati, ha svelato un'altra verità e fatto risalire in superficie l'esistenza di un sistema criminale da brivido orchestrato da una cupola nera comandata da estremisti di destra. Un intreccio perverso di delitti e truffe che ha inquinato i gangli della società. Dalla serie: un bel tacer non fu mai detto, a questo punto non resta altro da fare che dedicare a Matteo, aspirante premier, questo bel frutto della saggezza popolare.

 

MALEFATTE. Riapre ferite mai veramente cicatrizzate del tutto, il film in due puntate su Giorgio Ambrosoli , l'avvocato assassinato sotto casa da un sicario di Michele Sindona, trasmesso in prima serata dalla RAI e seguito da milioni di telespettatori. Già il sottotitolo avverte che si tratta di una storia vera, come in effetti fu, che per i suoi drammatici risvolti calamitò su Roma l'attenzione del mondo intero. Dalla famigerata P2 alla morte di Roberto Calvi sotto il ponte dei Frati Neri a Londra, dall'ascesa di Sindona, propiziata da compiacenti complicità in alto loco, al suo crollo devastante, dagli intrallazzi di Palazzo alle minacce eversive, l'Italia conobbe una concatenazione quasi ininterrotta di tragici eventi che la spinsero pericolosamente sull'orlo del baratro. Giorgio Ambrosoli, morto ammazzato trentacinque anni fa, viene ricordato come un uomo che ha dato la vita per il suo Paese indagando sulle malefatte dei poteri occulti. Col suo solito cinismo Giulio Andreotti disse che se l'era cercata, mostrando fin a qual punto la situazione era degradata sia sul piano politico, sia su quello morale. I fatti venuti alla luce in questi giorni nella capitale rivelano che i criminali sono sempre al loro posto, oggi come ieri.

 

lunedì 24 novembre 2014

Doppia morale

In Europa ci sono sacerdoti dell'ortodossia finanziaria che predicano l’austerità ai poveri mentre praticano l’aiuto fiscale ai ricchi…

 

di Renzo Balmelli 

 

 

ORTODOSSIA. Secondo la definizione corrente l'etica permette di distinguere i comportamenti buoni, giusti e leciti da quelli ritenuti ingiusti, sconvenienti o cattivi. Tale modello ideale più di una volta però nella pratica quotidiana differisce in maniera vistosa dall'enunciato filosofico. Se n'è avuta la dimostrazione nella polemica che ha investito il Lussemburgo e certe operazioni bancarie di difficile interpretazione e molto criticate. A questo punto per i sacerdoti dell'ortodossia finanziaria, refrattari a qualsiasi osservazione contraria ai loro interessi, l'etica diventa una trascurabile opinione, niente più di una moda ideologica, dettata dal conformismo culturale, che non ha nessuna ragione di esistere se osa mettere in dubbio la liceità, per nulla dimostrata, di certe azioni.

 

SANZIONI. Sarà anche vero, come si legge nelle cronache del tempo, che la guerra fredda è finita con la caduta del Muro di Berlino. Eppure, a giudicare da quanto si è visto al vertice di Brisbane, sorge il sospetto che sotto le ceneri continuino a covare mai sopite tentazioni imperialiste. Principale indiziato è Putin che dopo i misfatti ucraini non ha fatto nulla per guadagnarsi le simpatie del G20. Tuttavia, al di la delle inquietanti mire neo-zariste del Cremlino, prevale la fastidiosa sensazione che dietro il risveglio dell'orso russo si stia delineando una trama più complicata, cucita col filo delle sanzioni, secondo una vecchia logica che quando è stata applicata non ha mai portato bene.

 

BIZZE. Non occorreva la sfera di cristallo per capire che il patto del Nazareno era come la nota pubblicità di una marca di caffè: più lo mandi giù e più la destra si tira su. A darne prova tangibile sono i recenti sondaggi che vedono Renzi, il governo e il Pd in sensibile calo di consensi. Potrebbe essere una flessione fisiologica, ma intanto sull'altro fronte recuperano Lega e Forza Italia, mentre Berlusconi non smette di fissare il Quirinale. Con l'Italia che frana è paradossale che siano le bizze di un pensionato della politica e dei tribunali a condizionare l'agenda. Altre priorità dovrebbero avere invece i patti della sinistra, ammesso che alla guida del Paese ci sia ancora una sinistra!

 

DERIVE. Magari potrà piacere al Front National francese, ma l'iniziativa svizzera di legge popolare “Ecopop”, un nome che è tutto un programma e su cui si vota a fine mese, dev'essere ben indigesta se persino i populisti elvetici dell'UDC, che di solito con certi temi ci vanno a nozze, hanno deciso di distanziarsene. In confronto pare che quella anti-stranieri di febbraio fosse all'acqua di rose rispetto a un testo, fumoso, pasticciato e xenofobo, che ricorda certe teorie sul controllo demografico e lo spazio vitale in auge in tempi bui a nord del Reno e che portarono l'Europa alla rovina. Sebbene i brutti ricordi siano lontani e non più rispondenti alla realtà, il mondo politico elvetico non nasconde la propria preoccupazione di fronte alla sorte che potrebbe essere riservata a un progetto siffatto, sorretto dalla paura dei flussi migratori.

 

INTOLLERANZA. Nemmeno il Nobel per la pace attribuito a Malala Yousafzai è riuscito, nonostante la sua forza, a perforare il muro di arcigna ostilità che l'estremismo islamico ha costruito attorno alla studentessa e scrittrice pakistana. Per chi controlla intere regioni e migliaia di scuole del Pakistan, la travolgente ascesa di Malala come simbolo della lotta per il diritto all'istruzione femminile resta un motivo di rabbia e sordi rancori. A dispetto del grave attentato di cui è stata vittima, la giovane va avanti imperterrita sulla sua strada sfidando la prima grande rivolta organizzata contro di lei. La battaglia tuttavia è improba in una nazione che fatica ad avere la meglio sull'intolleranza.

 

lunedì 17 novembre 2014

Alzi la mano chi non si è mai lamentato del fisco

 di Renzo Balmelli 

 

REGOLE. Fra un paio di settimane gli svizzeri potranno fare sentire la loro voce su questo argomento molto sentito dalla gente esprimendosi in merito all'iniziativa che preconizza una maggiore imparzialità tributaria. Si vota sulla proposta di abolire i cospicui vantaggi fiscali accordati agli stranieri milionari al fine di creare un sistema più equo. Lo scontro è con la destra economica che invece considera i Paperoni d'importazione insostituibili galline dalle uova d'oro. Vista l'importanza della posta in palio, comune ad altri Paesi alle prese con problemi analoghi, non stupisce che durante la campagna sia stato scomodato persino Robin Hood. Nella Sherwood in salsa elvetica ovviamente non ci saranno imboscate. Più pacificamente si tratterà di conferire una nuova dimensione etica a un settore, quello della concorrenza fiscale internazionale, non esente da plateali ingiustizie.

 

GAMBERO. Con l'attenzione rivolta a Berlino, l'Europa si interroga sulle ragioni del disagio che la attanaglia a venticinque anni dalla caduta del Muro. Ci si chiede a cosa attribuire la crisi del valori su cui si fonda la ritrovata unità di un continente che ha saputo tornare libero, ma ora sembra distratto da una improvvisa debolezza. L'impressione più diffusa è che altre barriere , frutto di ideologie perverse che si pensavano sgominate, stiano spuntando dalle macerie del passato per scardinare le maggiori conquiste comunitarie. In primis il populismo intriso nel vetriolo della xenofobia che nega la libera circolazione delle idee e delle persone. Se poi mettiamo in conto la sorprendente aggressività post-sovietica di Mosca, ecco che la tela di fondo si fa ancora più torbida. Alla fine della Guerra fredda si disse che la Storia aveva imparato a correre, ma nessuno immaginava che potesse essere la corsa del gambero

 

PATRIE. Se Londra tirò un sospiro di sollievo per il mancato divorzio dalla Scozia, Madrid non dorme certo sonni tranquilli dopo il referendum sull'indipendenza della Catalogna che è stato tutto fuorché simbolico. Al contrario, da Barcellona, capitale cosmopolita, in prima linea nella ripresa economica della Spagna , e quindi di primaria importanza per il Paese, è arrivato un segnale che deve far pensare, tanto più che fermenti analoghi covano sotto altri cieli in controtendenza rispetto alla richiesta di una sempre maggiore integrazione di questa Europa in cerca d'autore. L'autodeterminazione dei popoli è un diritto, ma se la questione catalana dovesse inasprirsi inevitabilmente diventerà un serio problema non della sola Spagna ma dell'intera UE che da un lato è impegnata nel rispetto delle differenze e la molteplicità delle cultura, ma dall'altro non può tornare a dividersi in tante, suscettibili "piccole patrie", un tempo parecchio litigiose nella difesa delle loro prerogative.

 

PROVOCAZIONE. Premesso che la violenza è sempre deprecabile, se uno va in piazza con i lepenisti e a ogni apparizione, con qualsiasi pretesto, anche il più futile, lancia secchiate di livore contro zingari e immigrati per finire sui giornali, non può pretendere di essere accolto a braccia aperte quasi fosse un indefesso paladino della civile convivenza tra le diverse etnie. Quanto accaduto a Matteo Salvini al campo rom di Bologna è disdicevole e danneggia più gli autori dell'attacco che la vittima. Il leader leghista dovrebbe sapere tuttavia che chi di ingiuria ferisce, di ingiuria perisce soprattutto se è andato a cercarsela con l'aria spavalda che sa tanto di provocazione.

 

DIGNITÀ. Volgare, osceno, vergognoso. Nella storia del giornalismo italiano vi sono episodi frutto di un dettato informativo miserabile che nulla hanno a che vedere con la deontologia professionale. Servizi che sguazzano nei retroscena del peggior gossip senza nessun rispetto per i lettori. L'ultima vittima di questa tendenza di cui sembra di non arrivare mai a toccare il fondo, è il ministro Marianna Madia, intenta a mangiare un cono gelato. Ma il titolo delle foto pubblicate dal settimanale è chiaramente allusivo e volutamente sessista. Non meno grave, poi, è il fatto che la destra, trattandosi di una rivista diretta da un amico personale dell'ex premier, per sviare l'attenzione dal pesante rigurgito maschilista, abbia cercato di buttarla in politica, quando invece l'unica cosa onesta da fare era di riparare all'offesa fatta alla dignità delle donne. No davvero, una brutta pagina.

 

PATRIMONIO. Azzoppato, ma non al tappeto, Obama prova a rispondere da statista alla batosta elettorale. Depone a suo favore il fatto che l'America è tornata a essere il motore dell'economia mondiale nonché la determinazione a riprendere l'iniziativa diplomatica a tutto campo, come testimonia la missione in Asia, formicolante crocevia teatro del difficile dialogo tra i potenti. Ma sarà dura. La brutalità dei suoi rivali è stata in pratica una dichiarazione di guerra al patrimonio di ideali che il Presidente ha portato in dote nell'intento di fare degli Stati Uniti, come in parte gli è riuscito, un altro Paese più giusto, più solidale e veramente liberal. La frattura però non sarà semplice da sanare, e nei prossimi due anni vedremo quale bilancio verrà riservato al mandato di Obama. Le sue idee avevano una robusta costituzione morale e di esse si potrebbe dire, parafrasando il grande Edoardo quando parlava delle sue commedie, che dopotutto ciò che è veramente importante, a dispetto dei rovesci, è che " siano nate vive".

 

RAPINE. Oltre a svariate scelleratezze, i nazisti si mostrarono altrettanto zelanti nel saccheggiare i musei per appagare le folli manie di grandezza del Führer. Quel bottino, al centro di violente polemiche, sta diventando un problema scottante per il Kunstmuseum di Berna in seguito al lascito del collezionista tedesco Hildebrand Gurlitt. Le tele che compongono l'eredità, oltre 1400. formavano "il tesoro di Hitler" , una raccolta con opere di Matisse, Chagall, Picasso e molte altre dal valore immenso , sottratte con metodi brutali ai legittimi proprietari. Qualsiasi direttore sarebbe lusingato dalla prospettiva di fare del suo museo uno dei più ricchi al mondo di arte contemporanea. Ma accettare il frutto delle rapine di una banda di truci aguzzini solleva una questione in cui gli aspetti morali sovrastano i meriti artistici. Sarà interessante vedere come se ne verrà a capo.

 

lunedì 3 novembre 2014

Uno scenario non nuovo

 Sotto il paravento del Nazareno non si va molto lontano

 

di Renzo Balmelli 

 

EDITTO. Che la politica sia l'arte del possibile e a volte anche di peggio, lo diceva già Bismarck. Vi sono tuttavia limiti psicologici oltre che fisiologici che non andrebbero superati. Pensare di governare solo con la tecnica dell'esclusione alla lunga non paga, ma lascia un cumulo di macerie. Calato il sipario sulla Leopolda, occorre ricostituire il consenso con le parti sociali e non inasprire il conflitto fino a renderlo incandescente. Di editti dall'acre retrogusto bulgaro ne è bastato uno, ed era uno di troppo. Sotto il paravento del Nazareno non si va molto lontano, tanto più che nell'aria volteggiano avventate promesse, impalpabili come bolle di sapone. Uno scenario non nuovo.

 

AVVENIRE. Divide et impera. A detta di molti osservatori sembra questo il principio al quale si attiene il Presidente del Consiglio, rivelando – annota Gerardo Morina sul Corriere del Ticino, "una spiccata tendenza al cannibalismo politico". Se fosse davvero così – e alcuni indizi tenderebbero ad avvalorare tale ipotesi – la sinistra non può certo restare a guardare. Ne va della sua storia, del suo patrimonio politico e culturale. Nessuno insomma vorrebbe leggere un annuncio siffatto in cui si rende noto che la premiata ditta “Sinistra Italiana” cessa la propria attività in seguito a “rottamazione”. Dopotutto il Sol dell'Avvenire non è ancora tramontato.

 

CULTURA. Ciò che non si può ottenere con la forza delle armi potrebbe riuscire con la forza delle idee. Se l'Isis si avvale dei social media per arruolare volontari e pianificare attentati in ogni angolo del mondo, il modo più efficace per contrastarla validamente è di replicare con la diffusione a tappeto della cultura. Ma come? Lo spiega "Sette", l'inserto del Corriere della Sera. Per combattere la barbarie dei califfi ci vuole il pensiero di Spinoza che già quattro secoli fa auspicava la nascita di repubbliche tolleranti e liberali, oggi riportate d'attualità dai massacri compiuti nel nome di un Dio. Sul filosofo olandese i pareri divergono, ma certo non sul fatto che fosse una mente lucida ed evoluta.

 

VIOLENZA. Sincera era la convinzione che l'Iran stesse poco alla volta distanziandosi dagli eccessi radicali di Ahmadinejad. Ma le speranze sono andate presto deluse. L'impiccagione della giovane Reyhaneh Jabbaris, processata per l'uccisione dell''uomo che la stava violentando senza che nessuno cercasse di capirne le ragioni, ha avuto l'effetto di una doccia gelata sul tentativo riformista, apparso ancora molto lontano dalle aspettative. Anziché una prova di misericordia, la sentenza si è rivelata un macabro rituale per zittire il dissenso, indifferente al fatto che la giovane sia stata violentata due volte: da un uomo prima, da un sistema ingiusto poi.

 

RISCATTO. Dalle urne di Brasile e Ucraina è uscita l'immagine di due Paesi che non hanno rinunciato a sperare: il primo con la rielezione di Dilma Rousseff alla quale il nord povero affida le speranze di riscatto; il secondo con un voto che guarda ora a occidente e non in direzione del Cremlino. Ma il messaggio più significativo, considerata la pressione fondamentalista, arriva dalla Tunisia grazie al successo del partito laico e la contemporanea disfatta degli islamisti radicali. Finita più o meno male quasi ovunque, la primavera araba torna a sbocciare nella nazione magrebina sovrapponendosi, in chiave democratica, all'intolleranza e al fanatismo.

 

APOLOGIA. In Italia non è la prima volta che la destra tenta di sdoganare il ventennio, spesso proponendo una lettura del tutto arbitraria della storia nel tentativo di cancellare gli orrori del passato. In questo filone si colloca la messa celebrata nella capitale in ricordo del Duce a poca distanza dal terrazzo di Piazza Venezia dal quale si affacciava Mussolini. Sia il luogo, sia la data, il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma che segnò l'avvento del potere fascista, mostrano che la scelta non è stata casuale, ma è al limite dell'apologia. L'intento è di accreditare l'immagine di Benito grande statista e brava persona dimenticando alcuni errori: la guerra e le leggi razziali. Errori che tutti possono commettere, sostengono i nostalgici. Difatti, l'altro si chiamava Adolfo.

 

martedì 28 ottobre 2014

B - assolto dal giudici, ma non dalla storia.

Specchio di un sistema che all'ombra delle "serate eleganti" anziché governare la Nazione ha portato a una delle più gravi crisi morali del dopoguerra.

di Renzo Balmelli

TEOREMI. In qualsiasi altro paese sarebbe da tempo in pensione. L'Italia invece, per oscuri motivi, continua a girare attorno all'ex Cavaliere che non si fa certo pregare e si diverte a disseminare astrusi teoremi per ridare smalto a un impero politico e mediatico ormai declinante. Eppure ciò che resta della sua eredità è il quadro di diffuso squallore uscito dagli atti del processo Ruby, specchio di un sistema un po' gaglioffo che all'ombra delle "serate eleganti" anziché governare la Nazione ha portato a una delle più gravi crisi morali del dopoguerra. E chi ne ha la maggiore responsabilità sarà pure stato assolto dal giudici, ma certo non dalla storia.

MURI. Che la Lega e il Front National, passando dai nazionalismi più radicali, uniscano le loro forze per alzare muri xenofobi nel cuore dell'Europa è un triste spettacolo, ma non una sorpresa. Solo un serio programma nel campo della socialità e dell' accoglienza potrà validamente contrastare la malsana tendenza di fare voti sulla pelle degli esclusi del mondo. Ma se a farsi contagiare sono leader di ben altra levatura, come il premier conservatore Cameron che per non perdere consensi cavalca la piazza con slogan di basso conio, la minaccia si fa ancora più grave. La temibile internazionale degli euroscettici può farci sprofondare nella notte dei tempi.

SCIOPERI. Se la Germania starnuta, aumentano le probabilità che tutti prendano il raffreddore. Adesso sarebbe un gioco da ragazzi fare della facile ironia sulla maestrina d'Europa che ha vissuto giorni da incubo, senza treni e senza aerei. Come si usa dire a nord del Reno con la solita aria di sufficienza quando le cose non vanno per il verso giusto, la Repubblica federale pareva l'Italia. Invece c'è poco da ridere. Negli scioperi dei ferrovieri e della Lufthansa si intravvedono le avvisaglie di un malessere sociale che può dilagare, accrescere l'insofferenza della gente e rendere più oscuro il cielo sopra Berlino, la qualcosa, come l' esperienza insegna, non è mai un buon viatico.

PAURA. "Amore criminale" è un programma di Rai3 a cui è associata una Campagna di denuncia contro la violenza sulle donne. Da nord a sud e in ogni contesto sociale e culturale, finora sono state raccontate oltre duecento storie nel corso della trasmissione. Ma per quanto significativo, si tratta pur sempre di un numero esiguo rispetto ai 14 milioni di donne che in Italia, in base ai dati Istat, subiscono una qualche forma di abuso fisico, sessuale o psicologico , ma non trovano il coraggio di testimoniare la loro esperienza. Un fenomeno enorme, preoccupante, eppure poco denunciato dalle vittime, incatenate dalla paura che mortifica la loro volontà.

MITO. Da sempre le immagini hanno costituito un linguaggio efficace ed incisivo. Un vero maestro in questo campo è stato il famoso fotografo svizzero René Burri, scomparso in questi giorni a 81 anni. Nei ribollenti anni sessanta si deve anche un sua celebre intuizione se Che Guevara, ritratto mentre riflette con un sigaro alla bocca, divenne un mito che resiste tuttora all'usura del tempo. Oltre a questa opera, l'artista elvetico è stato uno dei più grandi fotografi della scuderia Magnum e il suo archivio di 30 mila scatti, donato al museo dell'Eliseo di Losanna, è la testimonianza di un'epoca nelle sue varie forme che ne rende più facile e duratura la comprensione.

 

Genova, gente tosta

Avevano quell'espressione un po' così descritta da Bruno Lauzi, i genovesi usciti dai caruggi e dalle case per spalare il fango dell'alluvione e del malgoverno.

di Renzo Balmelli

INADEMPIENZE. E' gente tosta da queste parti, stretta tra il mare scuro e la montagna; tosta e incredula per quello che è successo alla loro città, soprattutto se si guardano le cause. Sulla baia "figlia di luce e di foschia", per dirla con il cantautore, sembrava fosse arrivata la punizione, però non venuta dalla fatalità, ma dagli uomini. Mentre ora si stanziano milioni in tutta fretta per la ricostruzione, Genova paga il prezzo delle inadempienze e dei soldi spariti chissà dove, sepolti sotto le parole di circostanza della politica.

DELIRIO. Non c'è soltanto il passato che non passa. A rincarare la dose vi sono pure le persone che "hanno la testa più vuota che rasata", come le ha definite il sindaco di Roma Ignazio Marino stigmatizzando gli autori delle squallide celebrazioni a un anno dalla morte del boia nazista Erich Priebke. Oltre che nauseante, l'omaggio al responsabile dell'atroce massacro delle Fosse Ardeatine rivela che ancora oggi esiste un universo sommerso, intriso di ideologie bacate , in cui l'ex gerarca di Hitler viene visto al pari di un valoroso combattente dedito al dovere nazionale. Rendergli onore, dicono, " è una sconfitta della prevaricazione ebraica". Delirio puro, da brivido.

SLOGAN. Agli euroscettici piace molto il vecchio giochino di lanciare il sasso e nascondere la mano. Conquistano il primo seggio al Parlamento britannico, fanno leva sui sentimenti più riposti, ma quando si tratta di varare proposte serie sono fermi agli slogan di facile suggestione. Mal gliene incorse anche ai nazionalisti svizzeri che credevano di avere il paese in mano dopo avere portato alla vittoria l'iniziativa contro gli stranieri. Adesso si rendono conto che le ricadute di quel voto dal vago sapore xenofobo possono costare caro alle relazioni estere della Confederazione , sicché il loro leader, il tribuno dell'UDC Blocher, prova a cambiare le carte in tavola tra lo sconcerto dei suoi elettori.

BIONDE. L'unico fumo visibile in Vaticano è quello nero o bianco che a seconda del colore annuncia l'avvenuta elezione o meno del nuovo Papa. Così almeno si credeva, fino a quando le solite indiscrezioni dal sen fuggite hanno rivelato "urbi et orbi" che un altro fil di fumo aleggia nei palazzi della Curia romana: quello delle sigarette in dotazione ai cardinali, per un benefit di 500 pacchetti al mese. Mica bruscolini! Ma qualcuno ha mai visto un porporato fumare? Nessuno. Almeno in pubblico. Da qui la domanda maliziosa: cosa se ne fanno i Principi della Chiesa con le stecche di bionde? Le regalano, rispondono. Con l'avvertenza, si spera, che se fumare non è peccato, tanto bene alla salute non fa.

ANIMA. A Torino la classe operaia non va più in paradiso. Per la verità già da parecchio. Ma mai come questa volta, con il tramonto del Lingotto, la scomparsa del glorioso marchio FIAT e il trasferimento in sedi estranee alla cultura piemontese, la cesura è parsa così netta, irrevocabile e dolorosa. Per una volta non è ovvio dire che finisce un'epoca, quella segnata dalla mitica 500 che cambiò il volto dell'Italia, e quella di epiche battaglie sindacali per i diritti e la dignità dei lavoratori. La saga degli Agnelli, ferrei, ma non arroganti guardiani del capitalismo d'antan, lascia il posto a una nuova generazione globale alla quale manca però una componente essenziale: l'anima.

CARNEADE. Quando c'è di mezzo la letteratura ogni lettore ha i suoi Nobel ideali. C'è chi considera un affronto imperdonabile il mancato riconoscimento a Mario Luzi, oppure non cessa di deprecare l'indifferenza mostrata dall'Accademia svedese nei confronti di Philip Roth, il maggiore scrittore americano vivente. Ma liquidare con uno sbrigativo "Carneade, chi era costui", il premio attribuito al francese Patrick Modiano va oltre le idiosincrasie e richiede se non altro di approfondire la conoscenza di un autore, di lontane origini italiane, che viene accostato a Proust nella dolente ricerca del tempo perduto. Come quarto di nobiltà nel campo delle lettere non è proprio cosa da nulla.

BURRO. Chissà se prima di metterlo in commercio, qualcuno si è accorto del clamoroso infortunio linguistico occorso a una delle più grandi aziende elvetiche del ramo alimentare. A quanto pare no perché il prodotto di cui si parla, un burro speciale per arrostire, è arrivato sugli scaffali dei supermercati come se nulla fosse. Peccato che in due delle tre lingue ufficiali la descrizione sia grottesca. Se in tedesco la dicitura è corretta, ossia "Burro svizzero per arrosti", in francese e in italiano diventa "burro per arrostire svizzeri". Che gaffe! I consumatori l'hanno presa sul ridere, ma al “prosatore”, prima di finire in padella, non farebbe male un viaggetto a Firenze per sciacquare i panni in Arno.

 

giovedì 16 ottobre 2014

Genova, gente tosta

Avevano quell'espressione un po' così descritta da Bruno Lauzi, i genovesi usciti dai caruggi e dalle case per spalare il fango dell'alluvione e del malgoverno.

di Renzo Balmelli

INADEMPIENZE. E' gente tosta da queste parti, stretta tra il mare scuro e la montagna; tosta e incredula per quello che è successo alla loro città, soprattutto se si guardano le cause. Sulla baia "figlia di luce e di foschia", per dirla con il cantautore, sembrava fosse arrivata la punizione, però non venuta dalla fatalità, ma dagli uomini. Mentre ora si stanziano milioni in tutta fretta per la ricostruzione, Genova paga il prezzo delle inadempienze e dei soldi spariti chissà dove, sepolti sotto le parole di circostanza della politica.

DELIRIO. Non c'è soltanto il passato che non passa. A rincarare la dose vi sono pure le persone che "hanno la testa più vuota che rasata", come le ha definite il sindaco di Roma Ignazio Marino stigmatizzando gli autori delle squallide celebrazioni a un anno dalla morte del boia nazista Erich Priebke. Oltre che nauseante, l'omaggio al responsabile dell'atroce massacro delle Fosse Ardeatine rivela che ancora oggi esiste un universo sommerso, intriso di ideologie bacate , in cui l'ex gerarca di Hitler viene visto al pari di un valoroso combattente dedito al dovere nazionale. Rendergli onore, dicono, " è una sconfitta della prevaricazione ebraica". Delirio puro, da brivido.

SLOGAN. Agli euroscettici piace molto il vecchio giochino di lanciare il sasso e nascondere la mano. Conquistano il primo seggio al Parlamento britannico, fanno leva sui sentimenti più riposti, ma quando si tratta di varare proposte serie sono fermi agli slogan di facile suggestione. Mal gliene incorse anche ai nazionalisti svizzeri che credevano di avere il paese in mano dopo avere portato alla vittoria l'iniziativa contro gli stranieri. Adesso si rendono conto che le ricadute di quel voto dal vago sapore xenofobo possono costare caro alle relazioni estere della Confederazione , sicché il loro leader, il tribuno dell'UDC Blocher, prova a cambiare le carte in tavola tra lo sconcerto dei suoi elettori.

BIONDE. L'unico fumo visibile in Vaticano è quello nero o bianco che a seconda del colore annuncia l'avvenuta elezione o meno del nuovo Papa. Così almeno si credeva, fino a quando le solite indiscrezioni dal sen fuggite hanno rivelato "urbi et orbi" che un altro fil di fumo aleggia nei palazzi della Curia romana: quello delle sigarette in dotazione ai cardinali, per un benefit di 500 pacchetti al mese. Mica bruscolini! Ma qualcuno ha mai visto un porporato fumare? Nessuno. Almeno in pubblico. Da qui la domanda maliziosa: cosa se ne fanno i Principi della Chiesa con le stecche di bionde? Le regalano, rispondono. Con l'avvertenza, si spera, che se fumare non è peccato, tanto bene alla salute non fa.

ANIMA. A Torino la classe operaia non va più in paradiso. Per la verità già da parecchio. Ma mai come questa volta, con il tramonto del Lingotto, la scomparsa del glorioso marchio FIAT e il trasferimento in sedi estranee alla cultura piemontese, la cesura è parsa così netta, irrevocabile e dolorosa. Per una volta non è ovvio dire che finisce un'epoca, quella segnata dalla mitica 500 che cambiò il volto dell'Italia, e quella di epiche battaglie sindacali per i diritti e la dignità dei lavoratori. La saga degli Agnelli, ferrei, ma non arroganti guardiani del capitalismo d'antan, lascia il posto a una nuova generazione globale alla quale manca però una componente essenziale: l'anima.

CARNEADE. Quando c'è di mezzo la letteratura ogni lettore ha i suoi Nobel ideali. C'è chi considera un affronto imperdonabile il mancato riconoscimento a Mario Luzi, oppure non cessa di deprecare l'indifferenza mostrata dall'Accademia svedese nei confronti di Philip Roth, il maggiore scrittore americano vivente. Ma liquidare con uno sbrigativo "Carneade, chi era costui", il premio attribuito al francese Patrick Modiano va oltre le idiosincrasie e richiede se non altro di approfondire la conoscenza di un autore, di lontane origini italiane, che viene accostato a Proust nella dolente ricerca del tempo perduto. Come quarto di nobiltà nel campo delle lettere non è proprio cosa da nulla.

BURRO. Chissà se prima di metterlo in commercio, qualcuno si è accorto del clamoroso infortunio linguistico occorso a una delle più grandi aziende elvetiche del ramo alimentare. A quanto pare no perché il prodotto di cui si parla, un burro speciale per arrostire, è arrivato sugli scaffali dei supermercati come se nulla fosse. Peccato che in due delle tre lingue ufficiali la descrizione sia grottesca. Se in tedesco la dicitura è corretta, ossia "Burro svizzero per arrosti", in francese e in italiano diventa "burro per arrostire svizzeri". Che gaffe! I consumatori l'hanno presa sul ridere, ma al “prosatore”, prima di finire in padella, non farebbe male un viaggetto a Firenze per sciacquare i panni in Arno.

 

lunedì 13 ottobre 2014

Rigoristi vs Flessibilisti?

 
di Renzo Balmelli 
 
DIVERGENZE. Sembrano preludere alla fine dell'incantesimo tra Roma e Berlino, le forti divergenze sul piano economico emerse in questi giorni tra le due capitali, mentre in Italia la ripresa fatica a manifestarsi e la Germania mostra a sua volta qualche inciampo. Nel delinearsi di un ipotetico asse franco-italiano in alternativa alla presunta egemonia tedesca si intravvedono i segni premonitori di uno scontro tra le così dette tesi rigoriste germaniche e una linea di maggiore flessibilità che a nord del Reno chiamano immobilismo. Sono concetti antitetici e deleteri per l'UE, tenuta a remare nella stessa direzione, e che invece sono grasso che cola per gli euroscettici sempre in agguato.
 
MERCATO. Quando è a corto di mano d'opera la Germania fa shopping in Italia. Certo non sono più i tempi dei lunghi convogli carichi di emigranti con le valige di cartone, fiaschi di vino e panini alla mortadella. Ciò malgrado la Repubblica federale continua a guardare con interesse a quanto offre il mercato del lavoro italiano e promuove iniziative nel Meridione per reclutare personale. Poi lo forma, insegna la lingua e offre un periodo di prova di sei mesi. Insomma non più solo braccia, ma uomini. Forse anche in questo sta la differenza tra i due Paesi: nella disoccupazione che nella Penisola sfiora il 13% (contro il 4,9%) e nelle incognite di un domani ancora scarso di prospettive.
 
FUGA. Non solo sud. Anche il nord, che per definizione dovrebbe essere la locomotiva del Paese, contribuisce in misura ragguardevole a incrementare il nuovo flusso migratorio. Dati alla mano, è la Lombardia la regione dai cui parte il numero più cospicuo di emigranti diretti in Europa e nelle Americhe alla ricerca di lavoro e di opportunità che la madre patria non sa offrire. Tanti italiani se ne vanno coi loro titoli di studio non per libera scelta, ma per necessità, in attesa che sul problema del lavoro, al centro del vertice di Milano, si compiano davvero passi importanti. Ma al momento la fuga dei cervelli resta un fenomeno inquietante sul quale il governo deve intervenire con prontezza.
 
SDEGNO. Crisi o no, io questo lavoro non lo fò. Più o meno con queste parole e la voce vibrante di sdegno, un avvocato di Berna, disoccupato di lungo corso mantenuto dalla città, ha respinto il posto di spazzino che gli era stato proposto per non pesare sulle spalle dell'assistenza pubblica. In cambio pretendeva un impiego più consono alla sua formazione, finendo però col perdere il sussidio. Nella ricca Svizzera chi è disoccupato è guardato con sospetto, non di meno il caso ha aperto il dibattito sull'opportunità di accettare un impiego qualsiasi, considerato che determinate attività sembrano ormai riservate agli immigrati, deprecati ma indispensabili.
 
TORTURA. Se gli animali domestici avessero il dono della parola, quante ne racconterebbero ai loro Sigmund Freud sulle asfissianti e discutibili attenzioni cui vengono sottoposti dai loro proprietari. Per capire l'ampiezza del fenomeno che tende a trasformare cani e gatti in bellissime persone basti sapere che in Occidente si spendono miliardi e miliardi di dollari l'anno in cibi raffinati e accessori inutili per gli amici a quattro zampe. Più che amore è ormai una tortura che oltre a snaturare l'animale, rende ancor più crudele il confronto con le aree del sud del mondo in cui milioni di individui muoiono di fame e di sete o al massimo dispongono di un dollaro al giorno per sopravvivere.
 
BON TON. Con la sua ormai leggendaria collezione di "gaffes", Joe Biden, sfidando l'ironia di Washington, ha spiattellato un paio di verità scomode sull'Isis che attacca, uccide e decapita. Ciò che non si può dire in via ufficiale, il vicepresidente lo ha fatto trapelare con parole sue, lasciando intuire la frustrazione della Casa Bianca per la coalizione degli indecisi che in passato avrebbe avuto un comportamento troppo passivo nei confronti del califfato. Le reazioni inviperite non si sono fatte attendere, ma sebbene il vice di Obama non padroneggi la gelida Realpolitik di un Kissinger, quanto è sfuggito dalle maglie del bon ton diplomatico forse non è ne casuale ne sbagliato.
 
RIGORE. Pur desiderando soltanto il meglio per i suoi abitanti, non si può certo dire che l'Italia sia priva di problemi, anche molto grandi. In simili circostanze non si avvertiva assolutamente la necessità di cavalcare le mille polemiche del dopo Juventus-Roma per pavoneggiarsi in Parlamento con una interrogazione sul calcio che sfida il ridicolo per il palese il tentativo di mietere facili consensi. Anziché placare gli animi, già tesi per ragioni più serie di una partita, l'idea di portare il pallone in aula e' stato un cattivo servizio reso alla politica. Meglio sarebbe stato attenersi alla saggezza del compianto Boskov il quale affermava che "rigore è quando arbitro fischia". E tanto basta.

giovedì 2 ottobre 2014

Con i populisti che sbraitano, la solidarietà finisce in fondo a un cassetto.

Vite alla deriva

 

 

ABNEGAZIONE. Tranne le frasi di circostanza, l'UE guardava altrove mentre nel Mediterraneo si consumava la tragedia dei migranti, sottoposti a una costante e drammatica prova di sopravvivenza. In un anno ne sono annegati quasi tremila e solo l'Italia, mostrando il suo lato migliore, ha preso misure concrete per impedire che in mare muoiano altri esseri umani. Nel suo rapporto "Vite alla deriva". Amnesty International sottolinea lo spirito di abnegazione di chi opera nei centri di accoglienza italiani, ma esclude che Roma possa essere lasciata sola a gestire una tragedia di tale portata. Ma con i populisti che sbraitano, la solidarietà europea finisce in fondo a un cassetto.

 

ESEMPIO. Non poteva essere smentito dai negazionisti, poiché aveva visto con i propri occhi l'orrore infinito dei campi di concentramento nazisti. A 91 anni è morto a Roma Mario Limentani, uno degli ultimi sopravvissuti ai lager del Terzo Reich, spaventosa macchina di sterminio che ha marcato per sempre, con un'onta indelebile, chi l'ha ideata e chi ne è stato complice. Con lui scompare un testimone diretto della Shoah, una vittima della deportazione degli ebrei romani avvenuta con la collaborazione dei fascisti. Un  esempio e un monito per le nuove generazioni affinché la storia non si ripeta, proprio mentre assistiamo un po' ovunque a inquietanti rigurgiti nostalgici.

 

CORVI. Finora si sono trincerati dietro la comoda omertà della rete, coperti da sigle ed emoticon che comunque qualcosa lasciano trapelare della loro personalità. Sono i corvi dei social network che hanno fatto della xenofobia il loro credo e dell'antisemitismo la loro religione. Le loro fila si infittiscono di giorno in giorno e ora occorre capire se abbiamo a che fare con una internazionale dei balordi, che ringhiano ma solo a parole, o invece con gruppi strutturati, intenzionati a mettere in pratica il "sano ripulisti di zio Adolfo" che infarcisce i loro deliranti proclami. Coi tempi che corrono il rischio di un'ebola dei cattivi pensieri non è da prendere sottogamba.

 

SENATO. Ormai è una realtà consolidata pronta a scalare le istituzioni. A Parigi l'estrema destra francese ,consacrata primo partito dalle europee, si è vista  spalancare la porta del Senato e adesso si prepara a sfondare l'ultima che rimane: quella dell'Eliseo.  Più che politico, la Camera alta ha un grande valore simbolico, tanto da far compiere al Fronte Nazionale, grazie ai suoi due eletti, un passo decisivo verso il completo sdoganamento. Marie Le Pen già si muove da statista, mentre la sinistra, che al Senato  ha perso la maggioranza, raccoglie una nuova batosta. Le presidenziali del 2017 sono ancora lontane, non di meno per la gauche il campanello d'allarme è assordante.

 

ORDINE. Per i suoi detrattori repubblicani era un capo senza nerbo. Da quando Obama , come si conviene a un vero leader, ha  ripreso il controllo delle operazioni nel Medio oriente, i suoi avversari hanno fatto in fretta a cambiare casacca.  Per fortuna che Barack c'è,  e ci sarà per altri due anni, è ormai il leitmotiv ricorrente, quasi bastassero le incursioni aeree per estirpare la minaccia del califfato . Il presidente invece sa che per spegnere l'incendio occorre in primo luogo  rimuovere le macroscopiche ingiustizie che qui sono il brodo di coltura  del fanatismo. Ogni mossa quindi  non è tanto per la gloria, bensì per assicurare un ordine mondiale degno di questo nome.

 

CINEMA. Anche se a volte viene la tentazione, sarebbe irriverente, malgrado tutto, paragonare la politica  a un set del Far West. Qualche riferimento al cinema però c'è , grazie alla trovata mediatica di chiamare Trinità i protagonisti della scena romana : Renzi, Berlusconi, Grillo. Tuttavia , per restare in tema,  più che a Bud Spencer e Terence Hill, nell'ok corral di governo e opposizione, arroventato dal patto del Nazareno fonte di grosse frizioni, forse sarebbe più opportuno citare " Il buono, il brutto e il cattivo", nel quale ognuno può sbizzarrirsi ad attribuire i ruoli come nel capolavoro di Sergio Leone. Resta da individuare chi dei tre  sia il buono, il brutto e il cattivo.

 

CIARLE. Sembrano lontani, se non addirittura tramontati , i tempi in cui l'ex Cavaliere poteva permettersi di dettare la scaletta dei dibattiti televisivi, quasi fossero " cosa sua". Ci fu un periodo in cui i salotti buoni anche nel servizio pubblico erano come una terza camera di Forza Italia.  Oggi lo scenario è radicalmente mutato. In concomitanza con la crisi di certi attori politici, anche i talk show sono entrati a loro volta in crisi. Crisi di ascolti e di idee. Sulla ragione del crollo i massmediologi sono divisi, ma tutti sembrano concordare sul fatto che oltre alla formula, ormai invecchiata, sia venuta a noia la cosiddetta telecrazia  piena di ciarle,  di comparsate in video, ma vuota di contenuti.

 

lunedì 22 settembre 2014

Non è bello ciò che è bello…

STOLTEZZA. E' ripartita con grande clamore, pervasa da un forte sentimento di ostilità, la campagna della destra xenofoba contro l'UE. Un giorno, quando magari sarà troppo tardi, la stoltezza estremista degli euroscettici potrebbe presentarci il conto. E sarà molto salato. Perché il progetto europeo avrà pure parecchie imperfezioni e non poche lacune. Ma a ragion veduta è l'unico di cui disponiamo per progredire e metterci al riparo dalle devastazioni di una terza guerra mondiale che già si combatte a pezzi su più fronti e di cui si intravvedono i prodromi tra scene di orrore e prevaricazioni che tolgono il sonno e il respiro.

 

MODELLO. Come simbolo elettorale hanno l'elmo chiodato, che risveglia sgradevoli assonanze. Mentre la Svezia si riconcilia col vecchio amore socialdemocratico dopo due legislature conservatrici, dalle urne emerge un altro dato, invero poco rassicurante: il boom degli "Svedesi democratici", quelli appunto del copricapo da guerriero e dal nome che maschera l'accentuata vocazione xenofoba e anti euro del loro programma. Il guaio maggiore è che non sono soli a ispirarsi al modello costruito da Marine Le Pen. Anche nei Länder tedeschi dell'est l'onda nera cresce in modo impressionante. Ai veri democratici il compito di sventare il ritorno al passato che non passa.

 

TORPORE. Nel frastuono mediatico ci si abitua a tutto, prevalgono l'indifferenza, l'assuefazione, e forse non ci si rende conto di quanto sia profondo il baratro verso il quale stiamo correndo. A risvegliarci dal torpore hanno provveduto due grandi scrittori israeliani, David Grossman e Amos Oz con una secchiata d'acqua, gelata come la doccia che va tanto di moda. La loro è una riflessione ad ampio raggio che diventa universale quando mette in guardia dai movimenti pericolosi che "stanno sorgendo tutti insieme". Mentre dormivamo "i fascisti sono cresciuti tra noi". E' ora di svegliarsi prima che qualcuno uccida la civiltà.

 

PANZANA. In Italia stanno spaccando il capello in quattro per il saluto romano, che rimane un reato in quanto fonte probabile di rigurgiti antidemocratici, ma che a giudicare dalle reazioni di taluni ambienti animati da nostalgici propositi andrebbe invece riverito come il simbolo dell'impero da cui prende il nome. Con l'aria che tira, il fenomeno non è da sottovalutare, tanto più che alcune recenti iniziative editoriali di un certo successo mirano a demolire il " mito" della Resistenza e a spacciare per buona la panzana che tutti gli italiani fossero adoratori di Mussolini. Per dimostrare quanto l'affermazione sia falsa, basterebbe rileggere la storia gloriosa del Cooperativo e dell'ADL.

 

MILLE. I paradossi della politica italiana sono leggendari. L'ultimo è fresco di conio. Dopo quello delle europee, Matteo Renzi supera anche l'esame dei sondaggi. Tutto bene, dunque? Non proprio. Difatti convince il premier, non il suo governo, rimandato a ottobre. Secondo gli esperti il dato conferma che "l'opinione pubblica nei suoi giudizi non sempre procede per linee rette". Per rimettere le pedine al posto giusto il presidente del consiglio confida nel suo programma dei mille giorni, che non son pochi. Al Creatore – obietterebbe  quella simpatica linguaccia di Don Camillo – ne bastarono sette per fare il mondo. Ma questa, ci si creda o no, è un'altra storia.

 

PACE. Non l'avessero mai fatto. Ci si interroga per sapere cosa vi sia di strano se a Roma numerosi volti noti dello spettacolo e della cultura pensano che 14 miliardi di euro per i caccia militari F35 siano soldi buttati al vento. Nulla, proprio nulla. Per molto meno in Svizzera con un referendum è stato annullato l'accordo negoziato con la Svezia per la fornitura di aerei da combattimento. Ma la mobilitazione è andata di traverso a chi considera scrittori e artisti come pericolosi agitatori e nemici della patria. Eppure basterebbe poco, un piccolo sforzo, per capire che di questi tempi calamitosi: "Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che... Pace!"

   

lunedì 15 settembre 2014

Un’altra guerra? Non la vuole Obama, non la vuole l'America

di Renzo Balmelli 

 

MENTALITÀ. Nessuno sa dire come andrà a finire la sfida che gli jihadisti della peggior specie hanno deciso di lanciare al mondo intero per imporre la supremazia del Califfato. Qualunque sia l'esito di questa guerra non sarà comunque una vicenda a lieto fine. Sempre più gli osservatori si fanno, infatti, persuasi che per contrastare l'inquietante fenomeno la risposta sul terreno da sola non basterà e che qualsiasi iniziativa avrà scarse possibilità di riuscita senza un salto di mentalità, per ora ferma alla notte dei tempi. Sotto la pressione degli eventi sta cambiando anche il punto di vista della Casa Bianca che prova a ridare smalto alla politica estera di Washington con una strategia del contenimento che in qualche modo riesca a formulare una sintesi tra il dialogo e l'uso mirato della forza. Tuttavia senza mandare allo sbaraglio un solo soldato statunitense. Non lo vuole Obama, non lo vuole l'America. Sarà un impegno di lunga lena che consente di archiviare come necrologi prematuri molti pronostici della destra sul declino del presidente.

 

DISINVOLTURA. In Italia ha fatto la sua apparizione uno schieramento che finora era rimasto confinato tra le storielle di un lettone (il lettòne di Putin, s'intende) diventato famoso durante i fasti dell'infausto ciclo berlusconiano, ma che adesso sta assumendo contorni molto più netti. Anche se non è facile tracciarne l'identikit. Si tratta dei putiniani, una strana compagnia di giro nella quale sono confluiti tutti gli arcigni euroscettici del continente, i vecchi e fieri anticomunisti di un tempo che col loro zelo anti-Obama e filo russo stanno oscurando la fama di Stalin. Le inquietanti tentazioni neo-zariste della nuova Russia, la disinvoltura con la quale è stata ignorata l'integrità territoriale dell'Ucraina risvegliano in effetti brutti ricordi. Eppure è curioso come la memoria corta possa giocare brutti scherzi, un po' come nel film-culto di Franco Maresco, "Belluscone", opera straordinaria presentata a Venezia in cui tutti sembrano avere dimenticato tutto, cosa sono stati, di chi e cosa sono stati complici, volontari o involontari.

 

SOGNO. Nel silenzio pesante e assordante che fa da sfondo ai quotidiani racconti di violenze, devastazioni, stupri e quant'altro l'uomo riesce a concepire per rendere ancora più feroce la prevaricazione a danno dei suoi simili, si finisce quasi sempre col parlare di due o tre guerre; quelle che saltano all'occhio e sono su tutte le prime pagine. Ma nel mondo si svolgono in contemporanea molti conflitti caduti nel dimenticatoio, ma non per questo meno dolorosi. Oltre a quelli più noti, si calcola che gli scontri armati stiano imperversando in una sessantina di stati per i più svariati motivi. A combatterli sono le milizie fuori controllo, i cartelli della droga, i gruppi separatisti. Il fondatore di Emergency Gino Strada, per averne toccato con mano le conseguenze si proclama contrario a qualsiasi azione militare. Come non dargli ragione? Le statistiche però tendono purtroppo a rendere irraggiungibile se non impossibile il sogno di abolire la guerra.

 

DISAPPUNTO. Si racconta che Elisabetta II nei 62 anni di regno da quando salì al trono alla morte del padre Giorgio VI, in nessuna circostanza abbia perso la sua proverbiale imperturbabilità. Nemmeno quando per sua stessa ammissione ebbe a dichiarare di avere vissuto un annus horribiis in seguito alle disgrazie che travolsero la vita di corte. Pare tuttavia che alla sovrana sia sfuggito un moto di disappunto nell'apprendere che i sondaggi davano in testa per la prima volta il Sì all'indipendenza della Scozia, la terra cui la unisce un legame speciale. Nella consapevolezza che la corona è fragile, davanti alla regina di colpo si è palesata l'immagine di un mondo senza Gran Bretagna e quindi della fine di un modello e di un'epoca che ha segnato la storia di cinque continenti, anche se il suo ruolo di Queen of Scotland non è messo in discussione. Ma dopo il 18 settembre potrebbe cambiare radicalmente la fisionomia di quello che fu un grandioso impero.

 

RIVINCITA. Con Mitterrand, che pure non era uno stinco di santo, la farsa amorosa che investe il presidente Hollande e con lui il partito socialista non sarebbe mai accaduta, fosse anche solo per una semplice questione di stile. Intanto, a guadagnarci è l'estrema destra del Fronte nazionale che ci sguazza alla grande. Non è la prima volta che nell'opulenza a volte sfacciata della "grandeur" la Francia si è trovata a spettegolare sulle storie di alcova che hanno infarcito le segrete vicende del potere da Versailles in poi. Anche ai giorni nostri Parigi ha qualcosa di cui sparlare dopo il libro-vendetta di Valérie Trierweiler, l'ex première dame dell'Eliseo, che fa vacillare la presidenza della seconda economia della zona euro. Molti librai però, o per pudore o per non essere il bidone della spazzatura mediatica, non espongono il volume in vetrina rifiutandosi di piegarsi alle regole del mercato vendendo robaccia. In compenso ostentano le opere di Balzac, Dumas, Maupassant. Una bella rivincita della "grandeur" all'altezza della sua fama.

 

lunedì 8 settembre 2014

Ci eravamo lasciati per le ferie con la speranza in cor…

di Renzo Balmelli 

 FANTASMI. Ci eravamo lasciati per le ferie con la "speranza in cor", ma l'illusione è stata di breve durata. Alla ripresa, dopo una stagione deprimente sotto ogni punto di vista sia per il clima, per il morale che per la pace, ci troviamo a guardarci attorno in preda allo sconforto. L'aria è malsana, resa irrespirabile dagli orrendi rituali riesumati dalla notte de tempi: le decapitazioni, le persecuzioni, l'esodo che svuota intere nazioni. Insomma, la sconfitta della ragione. Ci scandalizziamo nel riscoprire quanto fosse stupidamente crudele la " macelleria umana" che fu il conflitto '14-'18, ma un secolo dopo altri attori, non meno feroci di chi li ha preceduti, ridisegnano il medesimo scenario di rovine e devastazioni. Rispetto al passato non siamo messi meglio e con un sentimento di paura, mentre i vecchi fantasmi tornano ad agitare i nostri sonni, ci chiediamo se la terza follia mondiale chiamata guerra sia dietro l'angolo, riproponendo analogie inquietanti con le tragedie di ieri. Soprattutto se al colmo del cinismo barbaro e avido qualcuno potrebbe anche pensare di avere trovato nel tintinnare di sciabole la cura per l'economia in stallo.

 EUROPA. Il cambio della guardia alla guida della diplomazia dell'UE avrà un senso soltanto se la nuova generazione rappresentata da Federica Mongherini riuscirà nell'impresa non semplice di recuperare gli ideali dei fondatori per ridiventare protagonista del proprio destino. All'uopo, prima di ogni altro passo, servirà una rigenerazione della leadership comunitaria nei processi di distensione, tanto più che l'esigenza di una svolta stava diventando ineluttabile davanti all'immobilità in cui sembrava eclissarsi l'Europa al palesarsi dei conflitti .In filigrana si stagliava l 'idea di un rovinoso declino , di una diffusa sensazione di impotenza che avrebbe fatto unicamente il gioco degli euroscettici. Già abbiamo potuto misurare la discrepanza tra come Bruxelles si presenta e le emozioni provate dall'opinione pubblica che invece ha bisogno di essere rassicurata e di ritrovare la fiducia. Bisogna lavorare senza soste in questa direzione, anche perché la cognizione del potere reale sembra appartenere sempre più a entità astratte, oscure, che agiscono nella penombra di un mondo in frantumi. E non va bene.

 DINAMICHE. Oltre allo scrivere, attività nella quale eccelleva al punto di essere considerato il padre del romanzo e del giornalismo moderno, Daniel Defoe , notoriamente con le mani bucate, ebbe a cavallo tra il sei e il settecento anche la licenza di muoversi dietro le quinte in veste di uno 007 ante-litteram al servizio di Sua Maestà incaricato , dietro una lauta ricompensa, di una missione non priva di rischi: persuadere la Scozia a unirsi all'Inghilterra con tutti i mezzi leciti e illeciti. Anche in questo campo l'opera pionieristica e convincente dell'autore del Robinson , più a suo agio con l'oratoria che con gli affari , conobbe lo stesso il successo di cui ancora oggi godono i suoi libri. A trecento anni da quelle imprese, la storia dei rapporti tra Edimburgo e Londra potrebbe però subire una inversione cruciale rispetto alle dinamiche che l'illustre scrittore contribuì a mettere in moto, se al referendum del 18 settembre dovessero imporsi i fautori dell'indipendenza e dell'addio all'Union Jack. Sull'esito delle pratiche per il divorzio regna ancora l'incertezza, ma in attesa del verdetto al povero Defoe non resta che rigirarsi nella tomba.

 STRAPPO. Dal giorno in cui divenne Confederazione, la Svizzera ha esibito con orgoglio il suo plurilinguismo unico al mondo. Negli ultimi tempi però questo invidiabile modello di coesistenza culturale fra stirpi diverse sembra entrato in crisi. Il primo a fare le spese del declinante "parlar svizzero" è stato l'italiano, ormai relegato al ruolo di semplice comprimario dell'insegnamento obbligatorio. Sorte analoga sembra subire anche il francese, fin qui seconda lingua della scuola e dell'amministrazione, che ora trova però sempre meno fruitori al di fuori della sua area di competenza. Quanto alla maggioranza dei cantoni germanofoni a farla da padrone è l'inglese inframmezzato col dialetto locale, di gran lunga preferito al buon tedesco quale strumento di comunicazione immediata. Nella patria di Tell il fenomeno del multilinguismo, che nasce da situazioni geografiche, storiche economiche e sociali molto complesse, è il cardine attorno al quale ha fatto perno con successo il concetto di "Willenstaat", o stato per volontà su cui si regge il Paese. Non c'è quindi da sorprendersi se nel governo e nel parlamento di Berna si faccia sentire la preoccupazione per quello che potrebbe essere uno strappo nel tessuto della coesione confederale.

 

giovedì 3 luglio 2014

Rimeditando Sarajevo e Yprès

L'Europa prova a ripartire, ma…

di Renzo Balmelli

SOLIDARIETÀ. Con un gesto simbolico l'Europa prova a ripartire da Yprès e Sarajevo, città martiri della Grande Guerra, dove tutto ebbe inizio. Ma sarà un tentativo monco se nel Mediterraneo non si fermeranno le stragi di migranti che creano un contrasto terribile con il "mare nostrum", culla della civiltà. L'orrore di ieri, tra i fumi dei gas venefici, si rispecchia nell'orrore di oggi, al cospetto di quei poveri morti asfissiati nella stiva di un barcone. Nel semestre italiano sarà compito di Roma, che non può essere lasciata sola a gestire l'immane tragedia, richiamare gli altri paesi membri all'obbligo morale di risalire con determinazione alla radice del male ed estirparlo. Se ciò non avvenisse, l'UE potrebbe perdere di vista per sempre la grande lezione dei padri fondatori cui stava a cuore, prima di ogni altra cosa, la solidarietà universale e la difesa della gente che non ha difesa. Nel qual caso sarebbe come dichiarare fallimento di fronte alla storia.

PASSIONE. Tra le sceneggiate di Grillo e gli sgarbi dell'estrema destra, sintomo però di un diffuso disagio, non saranno certo le gatte da pelare che mancheranno a Matteo Renzi mentre inaugura con propositi battaglieri le presidenza italiana del Consiglio europeo. Coincidenza vuole che i destini di Roma e di Bruxelles si trovino a incrociarsi sul calendario quando in una capitale come nell'altra ne le chiacchiere ne i poco emozionanti compromessi appaiono come una risorsa sufficiente per raccogliere con successo la sfida all'avvenire. E qualsiasi automobilista alle prime armi sa quanto possano essere pericolosi gli incroci. Certo, con l'occupazione, la crescita e l'economia sana si fa l'Europa. Ma non basta se manca il fuoco sacro che regge il progetto comune, se viene meno, come ammonisce il filosofo Bernard-Henry Lévy " la dimensione passionale dell'integrazione", la sola capace di ricacciare nell'ombra i fantasmi del passato.

SOCIALISMO. Con l'implacabile sequenza lineare dell'effetto domino, la prematura eliminazione degli azzurri dai mondiali ha innescato polemiche a non finire sui mali dell'Italia e le relative responsabilità. Una volta scoperchiato il vaso di Pandora, tutti i problemi si sono riversati sul Paese evidenziandone le fragilità, le inadempienze e le difficoltà a muoversi lungo il tortuoso cammino delle riforme annunciate e spesso disattese. Al cospetto di interrogativi che forse non è esagerato definire epocali, coglie nel segno e offre lo spunto a profonde riflessioni il "socialismo come nostalgia del futuro", secondo la bella definizione che ne dà Felice Besostri nel volume "Genova 2012" pubblicato sotto gli auspici della Società Cooperativa di Zurigo raccogliendo gli atti del convegno tenuto a Genova nei centoventi anni dalla fondazione del Partito dei lavoratori italiani. Una formidabile "idea che non muore", l'idea della sinistra fondata su valori condivisi, resta oggi come ieri la chiave di volta ideale per il vero progresso.

POTERE. Quando erano all'apice della notorietà, Sarkozy e Berlusconi si detestavano neppure cordialmente, ma a tutto campo. Famoso è rimasto negli annali dei vertici lo scambio pubblico di battute intrise di ironia tra l'allora presidente francese e Angela Merkel sull'affidabilità del premier italiano che veniva messa apertamente in dubbio. Ma adesso, come in uno di quei titoli mirabolanti di Lina Wertmüller, eccoli entrambi travolti da un insolito destino. Sarkozy, raggiunto da una pesantissima accusa di corruzione che potrebbe cancellare i suoi sogni di rivincita alle presidenziali del 2017, fa il paio con Berlusconi che mogio, mogio in veste di penitente, si scusa di fronte alla giustizia, da lui spesso bistrattata, per avere perso le staffe nei confronti della magistratura, definita " 'incontrollata, incontrollabile e irresponsabile". Non sempre è vero, insomma, che il potere logora soltanto chi non ce l'ha, ma bensì anche chi ne ha avuto quasi a dismisura.

DERIVA. Vengono i sudori freddi al solo pensiero che l'interminabile conflitto arabo-israeliano, già causa di lutti e sofferenze indicibili, possa degenerare al punto da contemplare il rapimento e l'uccisione a sangue freddo di adolescenti di ambo le parti, senza colpa alcuna se non quella di essere divisi dai muri dell'incomprensione e dell'odio. In questa esplosione di violenza che acceca e ottenebra la ragione, dentro questa deriva in cui nessuno può proclamarsi innocente, vanno via via affievolendosi le speranze di una composizione negoziata del conflitto. Mentre tornano a farsi sentire i tamburi di guerra, lo spirito di Camp David che valse ai suoi protagonisti, Arafat e Rabin, il Nobel per la pace, è ormai un lontano, pallido ricordo, offuscato dallo spirito di vendetta che cova sotto la cenere. Se l'estremismo che dilania il Mediterraneo avesse la meglio, la crisi delle relazioni internazionali, già duramente toccate dai conflitti in atto nel mondo, potrebbe subire un'accelerazione dalle conseguenze incalcolabili.

INTEGRAZIONE. Al netto di qualche nobile decaduta, le gerarchie sono state mantenute. La nota interessante dei mondiali di calcio resta tuttavia la difficoltà incontrata dai grandi per venire a capo delle squadre che venivano ritenute figlie di un Dio minore e invece non lo sono più. In termini "politici" vi è stato un generale innalzamento dei valori che ha visto avversari come Algeria, Nigeria, Grecia e Stati Uniti, potenza mondiale ma non nel rincorrere un pallone, tenere validamente testa e fare soffrire le compagini che vanno per la maggiore. Nella ritrovata democrazia sportiva , la Svizzera merita una segnalazione speciale avendo ottenuto un risultato importante grazie a una Nazionale composta in prevalenza di giocatori d'origine kosovara, macedone, croata, bosniaca, turca, cilena e della Costa d'Avorio. Che quella confederata sia stata tra tutte le squadre la più multietnica in assoluto vista all'opera in Brasile oltre che un esempio nel percorso di integrazione è una nota positiva che mette a tacere i pifferai dell'esclusione e del populismo squallido e becero.

PETTEGOLEZZI. Cosa sarebbe l'estate senza i gossip da gustare sotto l'ombrellone con un gelato in mano. Già i primi rotocalchi dedicati a dive, regine e principesse facevano a gara per conquistare i lettori. Nell'era multimediale non c'è tablet o smartphone che non cavalchi l'onda lunga del pettegolezzo da offrire all'utente senza alzarsi dalla sdraio. Per la stagione in arrivo il grande tormentone sarà quello di scoprire che fine hanno fatto le "olgettine" che animavano le calde notti del bunga bunga. Con l'ex Cavaliere che ha ormai ripudiato la battuta "meglio le belle ragazze che essere gay", le affascinanti fanciulle dirette alla volta di Arcore sono uscite di scena e si guardano bene dal farsi vedere troppo in giro. Come se tra le ragazze che animavano i " ricevimenti eleganti" e gli attori di quella fase turbolenta e infausta della politica fosse calata una rete di sicurezza per tenerle lontane e farle dimenticare agli elettori. Quanto basta per incuriosire gli amanti delle cronache piccanti.