di Renzo Balmelli
MALAFFARE. Per i cittadini onesti è motivo di grande sofferenza la banalità del male attorno al quale fa perno la fetida palude capitolina. Con la loro "Terra di mezzo", sottratta indebitamente al mondo fantastico di Tolkien, corruttori e corrotti si sono dotati di un paravento mitologico, tipico della cultura di estrema destra, per coprire il malaffare elevato a sistema. E' bastato però che il coperchio saltasse perché tutti, con un pretesto o l'altro, cercassero disperatamente di smarcarsi dal verminaio. Magari ci riusciranno anche, ma nessuno potrà mai proclamarsi innocente agli occhi del Paese. Colpevole del disastro morale non è soltanto chi gestiva la cupola, ma anche chi non ha voluto vedere e ha lasciato fare crogiolandosi nell'ambiguo torpore della morbosa convivenza tra il diavolo e l'acqua santa.
BEFFA. Sono trascorsi venticinque anni dal cataclisma di Mani Pulite, ma come in un ripetitivo gioco dell'oca si torna sempre alla casella di partenza. Fiumi, di soldi e di tangenti, rubati ai contribuenti e finiti all'estero certificano con quanta criminale disinvoltura sia stato legittimato il ricorso all'illecito come occasione per facili guadagni. Alla politica si offre adesso l'opportunità di riscattarsi con una cura dolorosa che porti a una salutare pulizia delle sue maleodoranti stalle di Augia. Ma sulla reale volontà di redenzione si nutrono molti dubbi. Passata la buriana romana, così pensa la gente, la notizia finirà in fondo alla pagina, cosicché agli italiani toccherà sopportare oltre al danno, anche la beffa dei tanti Catone d'accatto che dopo averne combinate di tutti i colori ora si atteggiano a farisaici fustigatori dei costumi
CRISI. E' un attacco in piena regola alle istituzioni e alla democrazia, un attacco di stampo neo fascista, quello che emerge dal pantano di Roma con la sua forza devastante e la sua capacità di scalfire e manipolare le coscienze. Nel suo lucido rapporto il Censis descrive un'Italia in preda a una profonda crisi sistemica, incerta e chiusa in se stessa. La disoccupazione alimenta la rabbia e il rancore, le famiglie scontano l'incertezza sul futuro e i giovani, tra i più colpiti e umiliati, costituiscono un capitale umano non utilizzato che non sa trasformarsi in sana energia lavorativa e che cerca uno sbocco esistenziale infoltendo le fila dell'emigrazione, in continuo aumento. Nella "Terra di mezzo" ove nulla si ottiene senza oliare il meccanismo con le varie mazzette, c'è un Paese che s'interroga e non riesce a reagire.
IPOCRISIA. In una cornice di contenuta mondanità e un Fidelio di lotta e forte impatto scenico, la prima della stagione scaligera priva di inutili orpelli ha saputo cogliere molto bene l'aria del tempo e la gravità della situazione. Con quei quadri che rimandavano al Quarto Stato di Pellizza da Volpedo si è capito che la serata alla Scala, dove si va per vedere e farsi vedere, non sarebbe stata all'insegna degli inchini e dei baciamano. Qualcuno, forse pensando che l'opera sia solo un parterre riservato ai grandi nomi, si è scandalizzato per le proteste dei lavoratori, definendole pericolose per l'immagine del Paese. Quanta ipocrisia. Nell'epoca della facile dimenticanza forse sarebbe bene ricordare che ancora non sono stati riparati i danni ingenti inferti a questa povera Italia nei giorni infausti del bunga bunga.
ECATOMBE. Raccontano le cronache che i poliziotti americani hanno il grilletto piuttosto facile con i neri disarmati. E' una evidente conseguenza del razzismo ancora così profondamente radicato nel tessuto sociale. La discriminazione è un brutto soggetto presente in qualsiasi momento della storia con la furia della prevaricazione omicida. Accadde anche 150 anni fa con il massacro degli indiani delle tribù Arapaho e Cheyenne. L'ordine era di ammazzarli tutti. Quattro giorni di celebrazioni in Colorado hanno riportato alla memoria una vicenda terribile di cui molti sono venuti a conoscenza grazie a Fabrizio De André che con i suoi versi struggenti (da ascoltare e meditare) rievoca l'immagine dei bambini inermi, sterminati senza pietà: "ora dormono sul fondo del Sand Creek", il fiume teatro dell'ecatombe. La lotta contro l'odio xenofobo viene da lontano e ancora non se ne intravvede la fine.
CINISMO. Con i conflitti in Libia, Ucraina, Siria, Iraq e nel Corno d'Africa, l'Europa è la meta agognata dai migranti per sfuggire alle prevaricazioni e alla tortura. Spesso però l'esodo finisce in tragedia. Una tragedia di dimensioni bibliche che ha trasformato il Mediterraneo, il mare nostrum culla di cultura e civiltà, nella via più pericolosa del mondo. Sono agghiaccianti le cifre fornite dall'UNHCR, l'agenzia dell'ONU per i rifugiati, dalle quali risulta che nel 2014 quasi 3500 profughi hanno perso la vita durante la traversata. E' un tristissimo primato, reso ancora più drammatico dai dati che arrivano dalle altre rotte di navigazione clandestine sparse ai quattro angoli del mondo e che costituiscono la componente essenziale di una terribile vicenda umana segnata dal dolore, dalle privazioni e dal cinismo di chi ne porta la responsabilità. Nel clima pre-natalizio un motivo in più di riflessione da mettere sotto l'albero.