In Europa ci sono sacerdoti dell'ortodossia finanziaria che predicano l’austerità ai poveri mentre praticano l’aiuto fiscale ai ricchi…
di Renzo Balmelli
ORTODOSSIA. Secondo la definizione corrente l'etica permette di distinguere i comportamenti buoni, giusti e leciti da quelli ritenuti ingiusti, sconvenienti o cattivi. Tale modello ideale più di una volta però nella pratica quotidiana differisce in maniera vistosa dall'enunciato filosofico. Se n'è avuta la dimostrazione nella polemica che ha investito il Lussemburgo e certe operazioni bancarie di difficile interpretazione e molto criticate. A questo punto per i sacerdoti dell'ortodossia finanziaria, refrattari a qualsiasi osservazione contraria ai loro interessi, l'etica diventa una trascurabile opinione, niente più di una moda ideologica, dettata dal conformismo culturale, che non ha nessuna ragione di esistere se osa mettere in dubbio la liceità, per nulla dimostrata, di certe azioni.
SANZIONI. Sarà anche vero, come si legge nelle cronache del tempo, che la guerra fredda è finita con la caduta del Muro di Berlino. Eppure, a giudicare da quanto si è visto al vertice di Brisbane, sorge il sospetto che sotto le ceneri continuino a covare mai sopite tentazioni imperialiste. Principale indiziato è Putin che dopo i misfatti ucraini non ha fatto nulla per guadagnarsi le simpatie del G20. Tuttavia, al di la delle inquietanti mire neo-zariste del Cremlino, prevale la fastidiosa sensazione che dietro il risveglio dell'orso russo si stia delineando una trama più complicata, cucita col filo delle sanzioni, secondo una vecchia logica che quando è stata applicata non ha mai portato bene.
BIZZE. Non occorreva la sfera di cristallo per capire che il patto del Nazareno era come la nota pubblicità di una marca di caffè: più lo mandi giù e più la destra si tira su. A darne prova tangibile sono i recenti sondaggi che vedono Renzi, il governo e il Pd in sensibile calo di consensi. Potrebbe essere una flessione fisiologica, ma intanto sull'altro fronte recuperano Lega e Forza Italia, mentre Berlusconi non smette di fissare il Quirinale. Con l'Italia che frana è paradossale che siano le bizze di un pensionato della politica e dei tribunali a condizionare l'agenda. Altre priorità dovrebbero avere invece i patti della sinistra, ammesso che alla guida del Paese ci sia ancora una sinistra!
DERIVE. Magari potrà piacere al Front National francese, ma l'iniziativa svizzera di legge popolare “Ecopop”, un nome che è tutto un programma e su cui si vota a fine mese, dev'essere ben indigesta se persino i populisti elvetici dell'UDC, che di solito con certi temi ci vanno a nozze, hanno deciso di distanziarsene. In confronto pare che quella anti-stranieri di febbraio fosse all'acqua di rose rispetto a un testo, fumoso, pasticciato e xenofobo, che ricorda certe teorie sul controllo demografico e lo spazio vitale in auge in tempi bui a nord del Reno e che portarono l'Europa alla rovina. Sebbene i brutti ricordi siano lontani e non più rispondenti alla realtà, il mondo politico elvetico non nasconde la propria preoccupazione di fronte alla sorte che potrebbe essere riservata a un progetto siffatto, sorretto dalla paura dei flussi migratori.
INTOLLERANZA. Nemmeno il Nobel per la pace attribuito a Malala Yousafzai è riuscito, nonostante la sua forza, a perforare il muro di arcigna ostilità che l'estremismo islamico ha costruito attorno alla studentessa e scrittrice pakistana. Per chi controlla intere regioni e migliaia di scuole del Pakistan, la travolgente ascesa di Malala come simbolo della lotta per il diritto all'istruzione femminile resta un motivo di rabbia e sordi rancori. A dispetto del grave attentato di cui è stata vittima, la giovane va avanti imperterrita sulla sua strada sfidando la prima grande rivolta organizzata contro di lei. La battaglia tuttavia è improba in una nazione che fatica ad avere la meglio sull'intolleranza.