lunedì 15 settembre 2014

Un’altra guerra? Non la vuole Obama, non la vuole l'America

di Renzo Balmelli 

 

MENTALITÀ. Nessuno sa dire come andrà a finire la sfida che gli jihadisti della peggior specie hanno deciso di lanciare al mondo intero per imporre la supremazia del Califfato. Qualunque sia l'esito di questa guerra non sarà comunque una vicenda a lieto fine. Sempre più gli osservatori si fanno, infatti, persuasi che per contrastare l'inquietante fenomeno la risposta sul terreno da sola non basterà e che qualsiasi iniziativa avrà scarse possibilità di riuscita senza un salto di mentalità, per ora ferma alla notte dei tempi. Sotto la pressione degli eventi sta cambiando anche il punto di vista della Casa Bianca che prova a ridare smalto alla politica estera di Washington con una strategia del contenimento che in qualche modo riesca a formulare una sintesi tra il dialogo e l'uso mirato della forza. Tuttavia senza mandare allo sbaraglio un solo soldato statunitense. Non lo vuole Obama, non lo vuole l'America. Sarà un impegno di lunga lena che consente di archiviare come necrologi prematuri molti pronostici della destra sul declino del presidente.

 

DISINVOLTURA. In Italia ha fatto la sua apparizione uno schieramento che finora era rimasto confinato tra le storielle di un lettone (il lettòne di Putin, s'intende) diventato famoso durante i fasti dell'infausto ciclo berlusconiano, ma che adesso sta assumendo contorni molto più netti. Anche se non è facile tracciarne l'identikit. Si tratta dei putiniani, una strana compagnia di giro nella quale sono confluiti tutti gli arcigni euroscettici del continente, i vecchi e fieri anticomunisti di un tempo che col loro zelo anti-Obama e filo russo stanno oscurando la fama di Stalin. Le inquietanti tentazioni neo-zariste della nuova Russia, la disinvoltura con la quale è stata ignorata l'integrità territoriale dell'Ucraina risvegliano in effetti brutti ricordi. Eppure è curioso come la memoria corta possa giocare brutti scherzi, un po' come nel film-culto di Franco Maresco, "Belluscone", opera straordinaria presentata a Venezia in cui tutti sembrano avere dimenticato tutto, cosa sono stati, di chi e cosa sono stati complici, volontari o involontari.

 

SOGNO. Nel silenzio pesante e assordante che fa da sfondo ai quotidiani racconti di violenze, devastazioni, stupri e quant'altro l'uomo riesce a concepire per rendere ancora più feroce la prevaricazione a danno dei suoi simili, si finisce quasi sempre col parlare di due o tre guerre; quelle che saltano all'occhio e sono su tutte le prime pagine. Ma nel mondo si svolgono in contemporanea molti conflitti caduti nel dimenticatoio, ma non per questo meno dolorosi. Oltre a quelli più noti, si calcola che gli scontri armati stiano imperversando in una sessantina di stati per i più svariati motivi. A combatterli sono le milizie fuori controllo, i cartelli della droga, i gruppi separatisti. Il fondatore di Emergency Gino Strada, per averne toccato con mano le conseguenze si proclama contrario a qualsiasi azione militare. Come non dargli ragione? Le statistiche però tendono purtroppo a rendere irraggiungibile se non impossibile il sogno di abolire la guerra.

 

DISAPPUNTO. Si racconta che Elisabetta II nei 62 anni di regno da quando salì al trono alla morte del padre Giorgio VI, in nessuna circostanza abbia perso la sua proverbiale imperturbabilità. Nemmeno quando per sua stessa ammissione ebbe a dichiarare di avere vissuto un annus horribiis in seguito alle disgrazie che travolsero la vita di corte. Pare tuttavia che alla sovrana sia sfuggito un moto di disappunto nell'apprendere che i sondaggi davano in testa per la prima volta il Sì all'indipendenza della Scozia, la terra cui la unisce un legame speciale. Nella consapevolezza che la corona è fragile, davanti alla regina di colpo si è palesata l'immagine di un mondo senza Gran Bretagna e quindi della fine di un modello e di un'epoca che ha segnato la storia di cinque continenti, anche se il suo ruolo di Queen of Scotland non è messo in discussione. Ma dopo il 18 settembre potrebbe cambiare radicalmente la fisionomia di quello che fu un grandioso impero.

 

RIVINCITA. Con Mitterrand, che pure non era uno stinco di santo, la farsa amorosa che investe il presidente Hollande e con lui il partito socialista non sarebbe mai accaduta, fosse anche solo per una semplice questione di stile. Intanto, a guadagnarci è l'estrema destra del Fronte nazionale che ci sguazza alla grande. Non è la prima volta che nell'opulenza a volte sfacciata della "grandeur" la Francia si è trovata a spettegolare sulle storie di alcova che hanno infarcito le segrete vicende del potere da Versailles in poi. Anche ai giorni nostri Parigi ha qualcosa di cui sparlare dopo il libro-vendetta di Valérie Trierweiler, l'ex première dame dell'Eliseo, che fa vacillare la presidenza della seconda economia della zona euro. Molti librai però, o per pudore o per non essere il bidone della spazzatura mediatica, non espongono il volume in vetrina rifiutandosi di piegarsi alle regole del mercato vendendo robaccia. In compenso ostentano le opere di Balzac, Dumas, Maupassant. Una bella rivincita della "grandeur" all'altezza della sua fama.