lunedì 3 novembre 2014

Uno scenario non nuovo

 Sotto il paravento del Nazareno non si va molto lontano

 

di Renzo Balmelli 

 

EDITTO. Che la politica sia l'arte del possibile e a volte anche di peggio, lo diceva già Bismarck. Vi sono tuttavia limiti psicologici oltre che fisiologici che non andrebbero superati. Pensare di governare solo con la tecnica dell'esclusione alla lunga non paga, ma lascia un cumulo di macerie. Calato il sipario sulla Leopolda, occorre ricostituire il consenso con le parti sociali e non inasprire il conflitto fino a renderlo incandescente. Di editti dall'acre retrogusto bulgaro ne è bastato uno, ed era uno di troppo. Sotto il paravento del Nazareno non si va molto lontano, tanto più che nell'aria volteggiano avventate promesse, impalpabili come bolle di sapone. Uno scenario non nuovo.

 

AVVENIRE. Divide et impera. A detta di molti osservatori sembra questo il principio al quale si attiene il Presidente del Consiglio, rivelando – annota Gerardo Morina sul Corriere del Ticino, "una spiccata tendenza al cannibalismo politico". Se fosse davvero così – e alcuni indizi tenderebbero ad avvalorare tale ipotesi – la sinistra non può certo restare a guardare. Ne va della sua storia, del suo patrimonio politico e culturale. Nessuno insomma vorrebbe leggere un annuncio siffatto in cui si rende noto che la premiata ditta “Sinistra Italiana” cessa la propria attività in seguito a “rottamazione”. Dopotutto il Sol dell'Avvenire non è ancora tramontato.

 

CULTURA. Ciò che non si può ottenere con la forza delle armi potrebbe riuscire con la forza delle idee. Se l'Isis si avvale dei social media per arruolare volontari e pianificare attentati in ogni angolo del mondo, il modo più efficace per contrastarla validamente è di replicare con la diffusione a tappeto della cultura. Ma come? Lo spiega "Sette", l'inserto del Corriere della Sera. Per combattere la barbarie dei califfi ci vuole il pensiero di Spinoza che già quattro secoli fa auspicava la nascita di repubbliche tolleranti e liberali, oggi riportate d'attualità dai massacri compiuti nel nome di un Dio. Sul filosofo olandese i pareri divergono, ma certo non sul fatto che fosse una mente lucida ed evoluta.

 

VIOLENZA. Sincera era la convinzione che l'Iran stesse poco alla volta distanziandosi dagli eccessi radicali di Ahmadinejad. Ma le speranze sono andate presto deluse. L'impiccagione della giovane Reyhaneh Jabbaris, processata per l'uccisione dell''uomo che la stava violentando senza che nessuno cercasse di capirne le ragioni, ha avuto l'effetto di una doccia gelata sul tentativo riformista, apparso ancora molto lontano dalle aspettative. Anziché una prova di misericordia, la sentenza si è rivelata un macabro rituale per zittire il dissenso, indifferente al fatto che la giovane sia stata violentata due volte: da un uomo prima, da un sistema ingiusto poi.

 

RISCATTO. Dalle urne di Brasile e Ucraina è uscita l'immagine di due Paesi che non hanno rinunciato a sperare: il primo con la rielezione di Dilma Rousseff alla quale il nord povero affida le speranze di riscatto; il secondo con un voto che guarda ora a occidente e non in direzione del Cremlino. Ma il messaggio più significativo, considerata la pressione fondamentalista, arriva dalla Tunisia grazie al successo del partito laico e la contemporanea disfatta degli islamisti radicali. Finita più o meno male quasi ovunque, la primavera araba torna a sbocciare nella nazione magrebina sovrapponendosi, in chiave democratica, all'intolleranza e al fanatismo.

 

APOLOGIA. In Italia non è la prima volta che la destra tenta di sdoganare il ventennio, spesso proponendo una lettura del tutto arbitraria della storia nel tentativo di cancellare gli orrori del passato. In questo filone si colloca la messa celebrata nella capitale in ricordo del Duce a poca distanza dal terrazzo di Piazza Venezia dal quale si affacciava Mussolini. Sia il luogo, sia la data, il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma che segnò l'avvento del potere fascista, mostrano che la scelta non è stata casuale, ma è al limite dell'apologia. L'intento è di accreditare l'immagine di Benito grande statista e brava persona dimenticando alcuni errori: la guerra e le leggi razziali. Errori che tutti possono commettere, sostengono i nostalgici. Difatti, l'altro si chiamava Adolfo.