venerdì 30 maggio 2008

Di certo non fu un melodramma

di Renzo Balmelli
TOLLERANZA ZERO.
Quel passato che non passa. Che si ostina a non passare. La polemica sulla strada dedicata ad Almirante getta un fascio di luce livida sul distorto rapporto con la storia recente da parte di forze politiche che oggi tengono le redini del paese.

Winston Churchill ebbe a dire che il nazismo è stata una tragedia e il fascismo un melodramma. Aveva torto. A volte anche i grandi statisti infilano topiche madornali. Tra le sciagure italiane del secolo scorso, quella mussoliniana è stata la peggiore sotto ogni punto di vista. E la recrudescenza del teppismo neofascista, ringalluzzito dal relativismo se non addirittura dall’indifferenza della destra al potere rispetto al principio morale della persona umana e della sua dignità, evidenzia la necessità di rivedere da cima a fondo quella che in tedesco si chiama Vergangenheitsbewaeltigung, la fatica di fare i conti col proprio passato. Partendo da un assunto imprescindibile: l’unica tolleranza possibile verso il fascismo è la tolleranza zero.

FAMA.
 Il Cavaliere che amava andare all’estero per certi versi non c'è piu’. Berlusconi predilige gli affari interni e non avverte la necessità di viaggiare. “Ormai” - dice lui - “è inutile muoversi perché non ho piu’ bisogno di farmi conoscere”. Appunto. Con tutte le figuracce che ha rimediato nei precedenti spostamenti, la sua fama fuori dai patri confini è ampiamente consolidata.

TRISTEZZA.
Che nell’elenco, tanto per fare due nomi, vi siano la Cina e il Myanmar indigna, ma non sorprende. Qui la prevaricazione dell’uomo sull’uomo è un male endemico asservito a infami logiche di potere. Ma che nell’elenco dei reprobi allestito da Amnesty International figurino anche le nazioni che appartengono al novero dei paesi cosiddetti progrediti e figli dell’illuminismo lascia esterrefatti, a sessant’anni dalla "Dichiarazione Universale dei diritti umani". Si resta senza parole nel leggere che razzismo e xenofobia aumentano a vista d’occhio anche in Italia, ma non solo. Se Roma è chiamata in causa per la durezza nei confronti degli immigrati, persino nella civilissima Confederazione elvetica, un tempo indicata come un modello di tolleranza e ospitalità, si moltiplicano gli episodi di insofferenza specie verso gli emarginati, i deboli, gli umili, che non portano "palanche" per i forzieri, ma un fardello di esistenze cui è stata tolta anche l'ultima speranza. Ovunque le violazioni piu’ gravi fanno perno attorno alla strumentalizzazione politica del razzimo messa in atto principalmente dalle destre nazional-populiste. A tale proposito, tristemente famoso in tutto il mondo è rimasto il manifesto dell'UDC svizzera con la pecora nera cacciata in malo modo. La retorica della difesa dell’identità nazionale e dalla minaccia della presenza straniera è diventata ormai il leitmotiv di molte campagne elettorali in cui prospera e vince chi fa leva sulla paura e sui sentimenti piu’ riposti dell’individuo. Che triste conclusione. Dopo sessant'anni di fallimenti il dramma del mancato rispetto dei diritti umani è un “ j’accuse” inflessibile che non ammette repliche.

BUTTERFLY.
 I meteorologi dicono che il minimo battito d’ali di una farfalla in Brasile può determinare un uragano in India. A volte pero’ le distanze si accorciano. A Montecitorio, da un parte all’altra dell’emiciclo, il Silvio IV va "sotto" per colpa del frullar d’ali degli uccelli da proteggere. Su un tema in apparenza innocuo i grandi numeri della maggioranza si volatilizzano proprio nel giorno in cui si dissolve ogni possibilità di dialogo sull’emendamento “salva Rete 4”, un provvedimento che segnava il ritorno in grande stile delle leggi ad personam. Non ci poteva essere dimostrazione migliore per esemplificare in concreto il concetto del cosidetto “butterfly effect”. Succede quando si fanno cose sbagliate, piene di forzature e contraddizioni.