mercoledì 21 maggio 2008

La verità sull'Eldorado

La verità sull'Eldorado è, in breve, quella che diceva Max Frisch qualche tempo fa: "Aspettavamo braccia. E giunsero uomini".

di Renzo Balmelli

VERITA’.
In politica è difficile stabilire se vi sia una qualche forma di verità accettabile. La materia è complessa, subdola, fuorviante. La verità fa male, come diceva una famosa canzone, la verità puo' anche far male.

Berlusconi, nel clima "nuovo" perché "senza contrapposizioni ideologiche", si è pero' fatto una sua idea della verità, avvalendosi di un simbolo quanto mai allusivo. A Palazzo Chigi il premier ha rifatto gli addobbi della sala stampa e si è cucito addosso - scusate la modestia - nientemeno che la "Verità" del Tiepolo: una Venere che viene disvelata dal Tempo e ha in mano un sole, il sole della Verità. Che pensasse a se stesso?

Attore consumato qual è, fino a due giorni fa incendiario: oggi pompiere. Da lui ci si puo' davvero aspettare di tutto. Non al punto pero' di farla sempre franca. Il cambio di tapezzeria da solo non basta per consegnare al paese la verità come l’aveva immaginata il Tiepolo, perennemente fresca e giovane.

ELDORADO.
Nel libro "Eldorado", vero e proprio evento editoriale in Francia, lo scrittore Laurent Gaudé compie un’operazione di grande spessore morale oltre che letterario.

Attraverso il racconto prova (e ci riesce) a dare un volto e un’anima agli emigrati che, nei media, formano una marea indistinta. Nella grande famiglia umana l'uomo ritrova il suo posto. Protagonista del romanzo è il comandante di una motovedetta italiana che ha il compito di sorvegliare le coste al largo della Sicilia dove avvengono gli sbarchi dei clandestini.

Un giorno l’ufficiale travolto dal dubbio, dal disgusto e dalla compassione cambia vita, si cala nei panni dell’immigrato e decide di intraprendere il suo "viaggio al termine della notte". Sarà un’esperienza sconvolgente, tra odio, violenza e rari sprazzi di amore, speranza e fede nell’umanità.

La metafora si adatta perfettamente all’Italia di oggi, l’Italia post-elettorale, dove la caccia ai rom scatenata in tutto il paese, unita agli insani propositi di ricacciare in mare i boat-people, sta cominciando a suscitare solo qualche disagio parlamentare, ma non ancora la necessaria rivolta morale.

Con l’alibi della volontà popolare, per i politici è facile sdraiarsi sull’opinione pubblica, soprattutto quando i sondaggi dicono che tre italiani su quattro condividono la linea dura del governo.

Sta insomma avverandosi quanto si temeva con l’avvento al governo di forze politiche che in nome della sicurezza hanno cavalcato senza pudori paure e istinti riposti. Il tumulto delle emozioni travolge la cultura della convivenza civile e crea un clima di intolleranza generalizzata.

Non si fa nessuna distinzione tra il dramma di chi non certo per libera scelta affida la propria vita alle carrette del mare , e la delinquenza di determinati soggetti. Dietro i clandestini c’è la grande criminalità, ci sono gli affari di chi li manda, ci sono complicità inconfessabili che portano sofferenze e morte.

Tra le fila della maggioranza al governo qualcuno, indifferente al degrado dei costumi, ha ironizzato sul “buonismo” di sinistra , quasi che avere una vocazione umanitaria fosse una colpa.

“Al contrario" - scrive Gad Lerner su Repubblica – "dobbiamo sperare in una reazione civile agli avvenimenti di questi giorni, prima che i guasti diventino irrimediabili”.

L’ opposizione ora sa cosa occorre fare per porre un argine alle eventuali derive xenofobe di cui già Max Frisch paventava le terribili ricadute quando pubblico’ il suo celebre proclama: aspettavamo braccia, e giunsero uomini.