lunedì 14 novembre 2011

Passo indietro o di lato?

Sotto la sua guida l'Italia è retrocessa dalla A alla serie C.

di Renzo Balmelli  

 

INTRUGLI. Dopo anni e anni di presunte ricette miracolose che in realtà erano solo banali intrugli, Berlusconi ha finalmente mantenuto una promessa, la prima, fatta solennemente alla Nazione. Ha compiuto il passo tanto atteso dall'Italia, dall'Europa e dai mercati ; un passo non si sa bene se indietro o di lato, e si è dimesso. Ma che pena prima del sospiro di sollievo. E si,  perché il premier, convinto di avere ancora il pallino in mano, le ha provate tutte per riuscire a pilotare e  volgere in suo favore la crisi al rallentatore. Con il solito giro di carte truccate ha ritardato la conclusione del suo mandato a Palazzo Chigi per avere il tempo di  sistemare i suoi beni personali. Perché alla fine sempre li siamo: salvare la roba. Nel crepuscolo del Pdl,  la maggioranza in disarmo   ha offerto in queste ore  agli italiani, che osservavano a bocca aperta, la sua peggiore rappresentazione. Ministri coltelli, deputati che si azzuffano, gerarchi che non mollano le poltrone, escort che si eclissano dalle uscite posteriori. Sono tutti sintomi evidenti della fine ingloriosa di un'era nefasta  che consegna alla storia un paese in parte rovinato. L'uscita di scena del Cavaliere, che sotto,sotto ha ancora voglia di fare il guascone e di dettare i nomi degli amici da piazzare nel nuovo governo,  non cancella tuttavia la pesante eredità del berlusconismo che con le sue scorie  continuerà a condizionare la politica in senso negativo fino a quando non avverrà il ricambio radicale e generazionale di una classe dirigente imbolsita dagli ozi di Arcore. Se sotto la sua guida  l'Italia è retrocessa dalla A alla serie C europea, adesso sappiamo di chi sono le responsabilità e quali sono gli errori da non ripetere.

 

TRAVERSATA. Nel governo  sarebbe bastato un soprassalto di dignità per favorire la transizione nel paese stremato dalla crisi. Attesa vana. Eppure, a dispetto delle difficili previsioni di crescita,  a chi verrà dopo si offre  l'occasione unica, volendo quasi provvida, di realizzare le riforme che con la destra sono rimaste nel cassetto. Sarà una lunga traversata nel deserto, fatta di sacrifici, lacrime  e sangue. Ma ora che la svolta è vicina, cresce la   consapevolezza che nonostante tutto l'Italia è un grande Paese che ha in sé le energie e le risorse per rialzarsi. A chi ama i giochi di parole non è sfuggita a tale proposito una curiosa e si spera ben augurante coincidenza: l'anagramma di Mario Monti è RIMONTIAMO. Come usa nella migliore tradizione napoletana, incrociamo le dita e facciamo gli scongiuri.

 

LIVORE. Sui giornali di famiglia l'hanno presa male, è ovvio. Ma paragonare l'Italia che verrà dopo Berlusconi al "pianeta delle scimmie" rivela quanta acredine alberghi nei sentimenti di coloro che anziché fare onestamente i conti con se stessi, si lasciano dietro una scia di livore e di propositi velenosi. Quanto al sulfureo editoriale "Volevate uno scalpo, avrete una guerra" sembra uscito da una pagina di Celine, nel giorno in cui il ventennio berlusconiano giunge al termine del suo viaggio nella notte della Repubblica. A sentir loro è tutta colpa dei traditori. Che dire allora di chi ha malamente disatteso il mandato degli elettori. Chi è il vero traditore?

 

STUPORE. Con le tragedie naturali l'uomo si comporta come con la storia: l'unica cosa che impara è che non impara nulla. In Italia e nel mondo i disastri ogni volta suscitano sdegno e stupore. Poi, passata l'emozione, tutto torna a essere come prima. Nelle spine dell'emergenza Claudio Magris ha osservato che in Liguria il nubifragio "ha tragicamente restituito alle parole il loro significato primario e letterale: l'acqua alla gola ha ucciso". E forse non è stato solo un fatale concorso di circostanze se la sventura è piombata sul Belpaese durante la piu' grave crisi della sua storia recente. Nel fallimento della cricca si rispecchiano anni di negligenze.

 

BOMBA. Non è la prima volta che si attribuisce all'Iran la capacità di costruire la bomba atomica. Negli ultimi tempi i sospetti sono andati aumentando d'intensità, al punto da prefigurare scenari apocalittici. Massimo due anni e Teheran potrebbe disporre di ordigni micidiali in grado di trasformare il Medio oriente in un inferno. Sono fughe di notizie che per la loro gravità vanno prese tuttavia con le pinze. Pare infatti del tutto improbabile che la Casa Bianca, in piena campagna elettorale, voglia rischiare un attacco preventivo dalle conseguenze imprevedibili. Oltretutto sarebbe contrario alla filosofia di Obama, per sua natura votato alla mediazione. Alla stessa stregua è lecito supporre che il regime degli ayatollah, per quanto inaffidabile, non sottovaluti le spaventose ricadute dell'olocausto nucleare.

 

SCHIAPPE. Ha un che di deamicisiano l'iniziativa del vescovo di Livorno che adoperandosi per ripristinare gli oratori, di cui si è persa la memoria, vuole formare la squadra delle "schiappe" da iscrivere ai campionati regionali. Nessuno di loro diventerà mai un emulo di Maradona, ma in compenso avranno la fortuna di partecipare a un'esperienza di vita che sarà loro di aiuto al momento di affrontare le sfide che li aspettano fuori dal campo. Il calcio è uno sport bellissimo che pero', viziato dai soldi, ha bisogno di ritrovare la poesia perduta e i valori su cui si fonda: il piacere di giocare , la solidarietà e lo spirito di aggregazione.

 
MODELLO. In Svizzera l'italiano non se la passa bene. I problemi che incontra l'idioma di Dante sono in parte legati alla concorrenza dell'inglese, in parte alla disaffezione dei licei e non da ultimo alla passività del governo di Roma nel tutelare la propria lingua all'estero. Declassare l'italiano, come qualcuno paventa, da lingua nazionale a lingua regionale sarebbe un sensibile impoverimento delle culture minoritarie che sono il fiore all'occhiello della composita realtà elvetica. Urge quindi un dibattito approfondito al fine di individuare quanto ancora è importante l'italiano, e con l'italiano l'italianità, per tutelare le peculiarità multiculturali che fanno della Confederazione un modello unico nel suo genere.