martedì 29 novembre 2011

Spietata trasversalità

Nella sua spietata trasversalità, la crisi non fa sconti a nessuno.

di Renzo Balmelli  

 

PANTOMIMA. E' tanto grossa che se la raccontate a un ipotetico visitatore dello spazio non vi crederà. Invece succede. Con tutti i problemi e gli sforzi per risollevare le quotazione dell'Italia, cosa fa chi è rimasto senza auto blu' e non l'ha digerita? Niente. Anziché collaborare alla ripresa con senso di responsabilità, si avvita attorno alla logora pantomima delle poltroncine da sottosegretario per ritagliarsi una nicchia nelle stanze del potere. E' un modo vecchio di concepire la politica, del tutto inadatto a recepire le emozioni e le speranze dei cittadini. E si che svariati sondaggi confermano che il Paese, consapevole della posta in palio, è disposto a condividere un discorso fondato sui valori della coesione e la sobrietà. Che Monti sia un po' più di destra o di sinistra per la gente a questo punto è irrilevante purché il nuovo premier, incassata la fiducia dell'Europa, abbia il tempo di fare bene il suo mestiere lasciandosi alle spalle l'aria viziata dei bagordi.

 

BIRILLI. Nella sua spietata trasversalità, la crisi non fa sconti a nessuno. A destra come a sinistra. Uno alla volta i premier cadono come birilli, travolti dalla drammatica congiuntura in cui nulla è gratis e nessuno regala niente. La gravità della situazione è tale che non basta neppure il cambio del regista per rendere il futuro meno fosco. Papandreou, Berlusconi, Zapatero, Di Rupo sono stati i primi a lasciarci le penne, ma presto o tardi altri nomi illustri andranno forse ad aggiungersi al dolente corteo dei vinti. Vittima del suo stesso protagonismo, il prossimo a dover fare le valige potrebbe essere addirittura Sarkozy che ha perso il contatto con i francesi. Nella testa di tutti si è infiltrato il pensiero che Nicolas sia ormai al capolinea e che nemmeno un miracolo lo riporterà all'Eliseo per un secondo mandato.

 

RELIQUIA. Strano ma vero: c'è gente che si indigna a causa degli indignati. E' un banale gioco di parole, d'accordo, ma rende l'idea. L'esercito di giovani e meno giovani che osano sfidare Wall Street e altri mostri sacri della finanza danno fastidio ai signori dei piani alti. Eppure basterebbe un minimo di accortezza per capire che i manifestanti non sono delinquenti e che il loro è il grido di disperazione di chi si barcamena tra precarietà e povertà. Anziché ignorare l'indignazione, che non è un sentimento deplorevole, meglio sarebbe cogliere l'opportunità offerta dal dissenso per porre rimedio ai guasti di un sistema profondamente malato. Purtroppo il ritorno in auge del vecchio metodo ricattatorio basato sul bastone e la carota esaspera il clima sociale fino al punto da considerare il diritto al posto d lavoro come una reliquia sindacale da rottamare senza rimpianti.

 

MEMORIA. Sul piano culturale, ancora non è chiaro in quale direzione si muoverà la Spagna dopo lo straripante successo del Partito popolare. L'interrogativo, non privo di lati oscuri, accompagna i giorni della svolta e del distacco dalla scuola di Zapatero, laica e libertaria. Caduta la dittatura, la nazione iberica ha costruito la transizione verso la democrazia badando a non riaprire le ferite della guerra civile. Dai toni euforici di Rede Cope, una specie di Radio Maria dei vescovi spagnoli, si intuisce invece che il dibattito attorno ai temi etici, alla memoria del passato e alla laicità dello Stato potrebbe riesplodere con toni e accenti non propriamente distensivi. Per la Spagna si preannuncia dunque una probabile sfida al calor bianco che di sicuro non sarà come un set di Almodovar.

 

PASSATO. Dire che la primavera araba è un percorso a ostacoli, è quasi un'ovvietà. Il sangue versato a piazza Tahrir evidenzia in modo tragico quanto sia arduo rimuovere le incrostazioni di un passato che si ostina a non passare. Tra lo sconcerto di larghe fasce dell'opinione pubblica è andata così creandosi in difesa degli antichi privilegi una strana alleanza tra esercito, Fratelli mussulmani ed esponenti del vecchio regime di Mubarak che vuole vincere le elezioni, ma ha perso ogni credibilità. Nelle urne lo scontro avrebbe dovuto essere tra libertà e dittatura, tra educazione e ignoranza, ma il popolo egiziano, intuita la tresca, in larga parte se ne starà a casa per non assecondare le manovre gattopardesche di coloro che incapaci di modificare se stessi vogliono cambiare affinché nulla cambi.

 

INTRECCIO. Quando si scava nei meandri dell'estremismo di destra si finisce quasi sempre con lo scoprire un inquietante, sotterraneo intreccio di complicità che ha diramazioni un po' ovunque. Anche il gruppo neonazista di Jena, in Turingia, che si ispirava al Terzo Reich, non era da solo con le sue bacate teorie. Attivo da vari anni, il gruppo è sospettato di essere all'origine degli "omicidi al kebab" contro gli immigrati turchi. Allo sdegno per l'allucinante scoperta, si somma lo sconcerto per la facilità con la quale gli emuli di Hitler hanno potuto agire quasi indisturbati. Pare che i servizi segreti, pur sapendo, non siano intervenuti con la necessaria determinazione, rivelando cosi' l'esistenza di smagliature nelle indagini che ora sono motivo di gravi preoccupazioni nel governo di Angela Merkel.

 
SATIRA. Nel mondo ci si chiede se il declino di Berlusconi sia definitivo. A tale proposito più della politica è la parodia che aiuta a chiarire alcuni dubbi. Tutti ricordano che quando il Cavaliere era all'apice del bunga bunga e delle gaffes planetarie si distingueva non tanto per le sue doti di statista, ma per il contributo dato agli scoppi di ilarità. Uscito di scena il mattatore del cucù, molti si chiedono come sarà la satira senza di lui. Gli addetti ai lavori giurano che non ne risentirà. In un periodo in cui forse più del solito la risata è un toccasana, i cavalli di razza della comicità sono pronti a raccogliere la sfida e a rinnovarsi. Anche perché - dicono - le battute su Berlusconi ormai non divertivano più. Insomma, se Silvio non fa nemmeno ridere, qualsiasi domanda sul suo tramonto è del tutto superflua.