martedì 6 dicembre 2011

Il Fardello di un passato che non passa

di Renzo Balmelli
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FARDELLO. - Come altri intellettuali della sua generazione, anche Christa Wolf, una delle maggiori scrittrici tedesche scomparsa alcuni giorni fa a 82 anni, ha portato sulle spalle il fardello di un rapporto complicato, a volte ambiguo, con la storia del suo Paese, passato quasi senza transizione dagli orrori del nazismo al regime pedantesco e liberticida della Germania orientale. Nella DDR, dove viveva e lavorava, la Wolf a lungo è stata considerata il simbolo del dissenso prima di scoprire tra le macerie del Muro alcuni compromessi con la STASI, la polizia segreta , che ne hanno offuscato l'immagine. A difenderla solo Günter Grass, l'amico di sempre, anch'egli un mâitre à penser che per tanto tempo, troppo, conservò il terribile segreto della sua appartenenza alla Hitlerjugend. Tutto ciò non intacca minimamente il valore letterario dell'autrice di "Cassandra" e "Un cielo diviso", capolavori di una straordinaria cronista della separazione che però solo sul finire esprimerà una denuncia chiara, ma forse tardiva, di quello che lei stessa definiva il passato che non è morto; anzi – aggiungeva - che non è nemmeno passato.

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POLEMICHE. - E' vero che già Wells con "La guerra dei mondi" aveva intuito la forza micidiale dei virus tanto da debellare i marziani con un banale raffreddore. Ma era fantascienza, qualcosa di divertente, nulla al confronto con le manipolazioni effettuate in un laboratorio olandese sul virus dell'aviaria che se per disavventura dovesse fuggire nell'aria provocherebbe una pandemia di proporzioni bibliche. Una vera e propria apocalisse virale che sta scatenando polemiche infuocate nella comunità scientifica. Che la ricerca comporti qualche rischio è arcinoto. Ma con tutti i problemi che incombono sull'umanità, il pensiero di trasformare un virus letale in uno ancor più letale nel chiuso di un moderno antro di stregoni in camice bianco fa venire i brividi.

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ETICA. - Sotto il cielo di Roma non ci si salva dalla crisi economica senza curare la crisi morale. I due passaggi sono inscindibili. Se non si riapre il libro mastro dell'etica, sul quale si è posata la polvere dell'oblio, la ripresa rischia di essere una strada lastricata di buone intenzioni. Il Paese esce da un periodo segnato da un mostruoso intreccio tra politica, affari, corruzione e comportamenti devianti rispetto al decoro della funzione pubblica. Si esecrava il " moralismo" per meglio liberarsi della moralità. Ora si avverte un grande bisogno di onestà. Cambiare la percezione che si ha del governo, guastata dal Rubygate, passa quindi anche dalla capacita di "deberlusconizzare" la società dopo il disordine e gli eccessi degli ultimi anni. I segnali sono promettenti. Sempre più spesso i cittadini avvertono il bisogno di ripulire le stanze del potere dall'aria viziata che vi si è incrostata ed esplicitano il loro anelito nel bellissimo slogan "L'Italia degna che si indigna".

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PRIMAVERA. - Se i simboli significano qualcosa, le bluse bianche e i capelli raccolti di Hillary Clinton e Aung San Suu Ky alla loro prima storica cena, potrebbero preannunciare davvero l'inizio dela primavera di Rangoon. Quel look che contrasta col verde oliva dei militari segna infatti, a livello mediatico, la prima, significativa rottura col truce regime che per oltre vent'anni ha stretto la Birmania in una morsa di terrore. Ottenuta l'investitura della Casa Bianca, d'ora in poi il parere dell'indomita leader della resistenza alla dittatura sarà decisivo per qualsiasi sviluppo delle relazioni tra Washington e il nuovo " regime civile " birmano che da alcuni mesi sta moltiplicando le riforme. Da una vita il premio Nobel per la pace sogna il riscatto e la democrazia per il suo popolo sottoposto a ogni tipo di vessazione. Finalmente intravvede una luce in fondo al tunnel della prevaricazione, ma senza abbassare la guardia o chiudere gli occhi. I generali sono nell'ombra,d'accordo, ma conoscendo le loro pessime abitudini forse ancora non si rassegnano a liberare il paese dalla loro sgradita presenza.

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RIDICOLO. - Nella loro protervia i nostalgici del ventennio nemmeno si rendono conto che il ridicolo uccide più della spada. Come accogliere infatti, se non con una fragorosa risata, il loro monito "a non scatenare una guerra partigiana ad una scrivania", quella usata a suo tempo da Mussolini e che il neo ministro degli Affari europei Moavero ha "osato" spostare per ragioni di spazio. A onor del vero il mobile in questione sarebbe più al suo posto in un museo che non in un ufficio governativo della Repubblica dove il predecessore non scatena certo ondate di entusiasmo. Ma, oltre a far sorridere, la sgangherata reazione ha anche un retrogusto amaro in quanto rivela quali siano le tendenze dominanti di chi è ancora convinto, come l'ex premier ebbe a dire più volte, che il confino fosse in fondo un piacevole centro benessere a cinque stelle.