di Renzo Balmelli
NEMESI. Specchio dello stato confusionale in cui versa la così detta società liquida teorizzata da Bauman, l'universo anonimo dei blogger, in special modo se orientato a destra, crea e distrugge i propri miti come cambia il vento. L'ultima vittima della sarabanda ideologica è stato Geert Wilders, il leader populista olandese idolatrato fino alla vigilia delle elezioni e dopo la sconfitta riportato ai piedi della scala senza una parola di commento. Di lui non si sente più parlare. Visto l'andazzo, pare che anche Marine Le Pen, convinta di essere sulla cresta dell'onda, stia molto più attenta alle bizze della rete che non ai sondaggi, nel timore di fare la stessa fine. Forse avrà qualche vaga reminiscenza del Manzoni, il quale “pour cause” ammoniva i francesi che dall'altare alla polvere il passo è breve. D'altronde non è una novità che la nemesi storica non fa sconti a nessuno. E chi sparge livore prima o poi se lo ritrova in casa come un boomerang.
BREXIT. “Give me my money back”, ridateci i nostri soldi non si stancava di ripetere la battagliera Margaret Thatcher con quella grinta che faceva venire i sudori freddi agli alleati europei. Le parole della Lady di ferro di nome e di fatto tornano d'attualità mentre prende il via ufficialmente la procedura per attivare la Brexit che segna una rottura senza precedenti e forse insanabile tra Londra e Bruxelles. Gli artefici del referendum anti-UE esultano, ma al di la dei fuochi d'artificio della propaganda nessuno si nasconde che i due anni necessari per sancire la separazione potrebbero costare lacrime e sudore. Come spesso accade nei divorzi, saranno infatti le questioni finanziarie e molto meno quelle ideali a dominare i negoziati che si preannunciano molto duri (hard Brexit ) e con le parti in causa per niente disposte a fare concessioni. Nella loro euforia gli euroscettici celebrano il giorno dell'indipendenza, l “Indipendence Day” del film che segnò la sconfitta dei marziani, in questo caso d'oltre Manica. Ma sull'altro fronte si teme un salto nell'ignoto che la Scozia per prima vuole evitare approvando un voto bis per l'indipendenza dal Regno Unito. Un altro guaio dai drammatici contorni legali e costituzionali per il governo di Sua Maestà.
IMMAGINE. In politica un conto è annunciare provvedimenti fantasmagorici, altra cosa è governare. Se ne sta rendendo conto a sue spese Donald Trump, colui che venne per liquidare la riforma sanitaria di Obama e che di colpo, vicino al giro di boa dei primi, fatidici cento giorni, si trovò a sua volta liquidato dai compagni di merenda, sempre più insofferenti verso certi suoi atteggiamenti da guascone. A un certo punto, volendo forzare troppo la mano ai tre poteri classici della democrazia, esecutivo, legislativo, giudiziario, si finisce inevitabilmente col farsi male, anche se ci si trova nella confortevole situazione di controllare il Congresso. Ora resta da capire fin dove il tycoon , leone ferito nell'orgoglio e quindi vieppiù pericoloso, persisterà nel braccio di ferro con le istituzioni, incaponendosi in progetti controversi che potrebbero costare alla sua presidenza, al suo partito e alla Casa Bianca un danno politico e di immagine incalcolabile.
SPOSSATA. Né Washington né Mosca possono essere annoverate tra gli amici incondizionati del Vecchio Continente. Al vertice per i sessant'anni dei Trattati di Roma, sebbene mai evocate ufficialmente, le due capitali erano però nella lista dei convitati di pietra che allungavano la loro ombra inquietante sui litigiosi eredi dei padri fondatori. Su questa sponda dell'Atlantico non c'è per fortuna un Trump, ma pallide imitazioni populiste che della UE farebbero volentieri un falò come quando si bruciavano i libri sgraditi al potere. Gli euroscettici per contro pare abbiano cambiato orizzonte simpatizzando maggiormente con Putin di cui ammirano l'autoritarismo, indifferenti alla sorte riservata all'opposizione russa. Per un verso o per un altro sembra comunque di essere tornati alla prosecuzione del bipolarismo d'antan con altri mezzi che potrebbe condizionare il cammino dell'Unione Europea, spossata, ma decisa a rinnovarsi.
GERUNDIO. Presidente del Consiglio dopo Caporetto, Vittorio Emanuele Orlando venne preso di mira dalla critica, lesta a ricordargli che “mal comincia un periodo con un gerundio”. Non è dato a sapere se Martin Schulz, candidato SPD alla Cancelleria, conosca questo episodio, ma anche per lui il primo banco di prova nella rincorsa ad Angela Merkel, dimostratasi ancora capace di vincere malgrado le difficoltà, è iniziato con lo stesso tempo verbale. Nella Saar, piccolo Land con una storia importante, brusca e inattesa è stata la frenata per le speranze del leader socialdemocratico e la coalizione di sinistra che i sondaggi davano in grande spolvero. Certo, le elezioni federali di settembre sono ancora lontane e c'è tutto il tempo per rimediare e preparare lo sprint finale. Ma qualcosa non ha funzionato, a dimostrazione del fatto che nei prossimi mesi servirà qualcosa di più per cambiare non soltanto il gerundio, ma anche il governo nazionale.
PANE. Sull'ultimo numero della rivista pubblicata da Caritas-Ticino è apparsa la presentazione di un video realizzato sulla base del volume “Non avete pane a casa vostra” dello studioso Alberto Gandolla. Libro che in 180 pagine analizza alcuni aspetti dell'emigrazione italiana in Svizzera, soffermandosi in particolare sui lavoratori frontalieri, " vitali per lo sviluppo economico del cantone, ma anche fonte di odio, resistenze e pregiudizi" ancora oggi duri a morire. “Uno sguardo indietro” – si legge nell'articolo – "è sempre utile per comprendere la trasformazione del presente". Martin Scorsese, immigrato di terza generazione, ne diede una dimostrazione eloquente nel suo “Gangs of New York”, film che mette a fuoco diversità culturali ed etniche in apparenza insanabili, che però – citiamo – non impedirono alla città di diventare un polo mondiale di integrazione. Guardare oltre i rancori che la propaganda xenofoba tende ad attizzare rende meno amaro il pane degli altri.