sabato 11 marzo 2017

Unica uscita dalla sofferenza

 di Renzo Balmelli  
 
STRAPPI. Arroventata dalle polemiche, la politica si è mossa come il classico elefante nel negozio di porcellane nell'avviare un dibattito im­prorogabile sul fine vita e gli interrogativi posti dall'eutanasia legale. Sottratto alla sfera privata e diventato di pubblico dominio, il destino dell'ex dj Fabo, che ha scelto di sua volontà il suicidio assistito per evadere dalla prigione di una esistenza segnata dal dolore, ha eviden­ziato una situazione sempre più drammatica sulla quale il legislatore ha ste­so finora un velo di rinvii. In assenza di una normativa, frenata dal­l'as­sillo di evitare strappi su un tema controverso, la via d'uscita dalla sofferenza resta il mesto pellegrinaggio all'estero, il viaggio senza ri­tor­no per rivendicare il diritto a una morte dignitosa. In un vortice di sentimenti contrastanti, sembra però impossibile affrontare il deli­ca­tis­simo argomento in modo razionale. E certo non saranno le sporadiche fiammate mediatiche a suggerire la soluzione. 
 
BRUTTURE. Un uomo folgorato alla frontiera italo-svizzera sul tetto di una carrozza ferroviaria come un condannato alla sedia elettrica. E' stata una fine orribile, l'ultimo, tragico anello del dramma dei migranti; una fuga senza scampo, frutto dell'incoscienza certo, ma anche della paura e della disperazione. Casi analoghi purtroppo non sono scono­sciuti e gettano una luce livida sulla infinita odissea dei profughi che si consuma tra l'assuefazione, l'indifferenza e spietati episodi di pre­va­ri­cazione dell'uomo sull'uomo destinati il più delle volte a rimanere im­puniti. Forse non riusciamo nemmeno a immaginare che impasto di brutture sia il calvario di chi si trova alla mercé della follia umana e di sordidi interessi. Costa fatica dirlo, ma che cos'è questo interminabile, crudele stillicidio di vittime innocenti se non una gigantesca epura­zio­ne, poiché questo è il suo vero nome anche se il rimorso ci vieta di pronunciarlo. 
 
MERCATO. Esiste il capitalismo dal volto umano? Alla domanda il battagliero Giorgio Bocca rispondeva che il capitalismo non aveva un'anima e quindi era insensibile alla compassione. Dare un contenuto morale al capitalismo, è stata la missione di Michael Novak, il filosofo americano spentosi nei giorni scorsi, considerato uno dei protagonisti della controversa "rivoluzione reaganiana". Il maggiore intellettuale cattolico degli USA, profeta del libero mercato, diffidava dello Stato e, bontà sua, si professava contrario al socialismo. Il punto è capire di quale capitalismo parliamo. Il proposito di conferirgli una valenza spirituale vacilla al cospetto delle sue manifestazioni più rozze che mantengono grandi masse in condizioni di estrema indigenza. Anche il socialismo, come ogni idea degna di questo nome, è perfettibile, ma il postulato per un mondo migliore sul quale si fonda lo distingue comunque in modo netto dal capitalismo senza etica. 
 
RIARMO. Se persino i generali mostrano evidenti segni di inquietudine per i bellicosi proclami di Trump, qualcosa non fila per il verso giusto. A poco più di un mese dall'insediamento del Presidente le promesse di un approccio ragionevole ai temi della sicurezza, hanno lasciato il posto a minacce di riarmo nucleare che disorientano l'opinione pubblica mondiale. Per ora solo di retorica si tratta, per quanto irresponsabile e pericolosa. E dopo? Nemmeno i mirabolanti proclami del primo discorso presidenziale davanti al Congresso, sono valsi a placare i dubbi sul possibile ritorno in grande stile all'epoca della guerra fredda. Già ora le relazioni tra Washington e Mosca, per nulla intenzionata a porgere l'altra guancia, sono al livello più basso e in queste condizioni l'ultima cosa di cui si avverte il bisogno è la comparsa di un novello dottor Stranamore, il personaggio di Kubrick che ha imparato ad amare la bomba senza curarsi delle conseguenze. 
 
SOGNO. Gente che costruisce il consenso sul " contro" piuttosto che sul " con" difficilmente ha a cuore il benessere dei suoi simili. Si è avvertito un brivido alla burrascosa serata degli Oscar, segnata da una gaffe memorabile per le buste scambiate, quando il regista iraniano Farhadi, offeso dallo "islam ban", ha consegnato il suo messaggio contro la divisione del mondo tra "noi" e "i nostri nemici". Quel Muro trumpiano che diffonde una visione manichea della società è un oltraggio planetario all'umanità che avvilisce il mito del sogno americano di cui trabocca "La La Land", favoritissimo della vigilia, e al quale è mancato un soffio per il trionfo finale. A detta di chi c'era potrebbe essere stata un'abile provocazione "dadaista" della Hollywood in cui tutto è possibile, tesa a dimostrare che nell'attuale clima politico di spazio per i sogni ce n'è ben poco. Cambierà? Per saperlo dobbiamo attendere che il tempo e il cinema ce lo dicano. 
 
SCONTRO. Tutti i pronostici pendono dalla sua parte, eppure la destra francese, da quella repubblicana alle frange frontiste, si accinge a scalare l'Eliseo con una pagella non proprio immacolata. Sia Francois Fillon, sorpreso a tessere con la moglie Penelope una tela con qualche grinza di troppo, sia Marine Le Pen, alla quale l'Europarlamento intende revocare l'immunità, sono entrati in rotta di collisione con la magistratura di cui contestano l'operato. Agli occhi dei lettori italiani più smaliziati lo scontro tra politica e giustizia ha il sapore di un déjà vu, mentre in Francia aggiunge motivi di incertezza a una contesa elettorale già surriscaldata e che mostra un Paese profondamente diviso sui grandi temi del momento: l'immigrazione, il terrorismo, l'Europa. Quanto i guai di Fillon, che rischia di essere indagato a poche settimane dal voto ma resta comunque in corsa, sposteranno o toglieranno consensi alla deriva nazionalista del FN è un terreno sul quale i sondaggisti esitano ad avventurarsi. In questo contesto oltremodo frammentato la "gauche" avrebbe la sua parola da dire se non fosse prigioniera delle divisioni che aprono la porta al populismo.