martedì 11 aprile 2017

Strategie disumane

di Renzo Balmelli

ORRORE. Negli occhi stravolti dei bimbi siriani martoriati dal gas ner­vino, in quei loro corpicini stremati dallo sforzo di continuare a re­spirare, si rispecchia l'orrore senza fine di una guerra consumata al ri­paro da sguardi indiscreti in nome di bacate e disumane strategie. Una guerra assurda, pazzesca, come assurde e pazzesche sono tutte le guer­re, che dura ormai da oltre sei anni e che sta segnando attraverso il ri­corso al gas Sarin già usato dai nazisti, uno dei punti più bassi e più atroci della follia umana al servizio della prevaricazione e del potere. E come se non bastassero a scuoterci dall'indifferenza, le immagini di quel­la sperduta provincia siriana, centro nevralgico di atrocità spa­ven­tose, ecco che ad aggiungere orrore all'orrore ci pensano le tediose, stru­mentali e quindi tanto crudeli quanto insensate speculazioni sul rimpallo delle responsabilità per una tragedia umanitaria, oltre che di­plomatica, in cui nessuno può proclamarsi innocente. Martoriato dalle telluriche convulsioni del regime di Damasco rese possibili da un rete di complicità inaudite e inconfessabili il Medio oriente, ostaggio del terrorismo jihadista, sta precipitando in un buco nero in cui è andato perso anche l' ultimo barlume della ragione. E che nella sua demoniaca disgregazione potrebbe trascinare il mondo intero.

COLONNE. Tutto si poteva supporre dal ritorno allo splendido iso­la­zionismo del Regno Unito, ma non che la Brexit tra le tante e fragorose scosse di assestamento, avrebbe finito col fare tremare nientemeno che le colonne d' Ercole. Ovvero il baluardo invalicabile che secondo la mi­­tologia segnava nello specchio > di mare dove sorge Gibilterra i li­mi­ti estremi del mondo, oltre i quali era vietato il passaggio a tutti i mor­tali. Invece è successo. Quando si scuote la storia come sta facendo il referendum britannico per il divorzio dall'UE può accadere di tutto. Con ricadute tanto pesanti da far volare piatti , coltelli e dichiarazioni bellicose tra Londra e Madrid a proposito delle sovranità del territorio che riapre un contenzioso mai veramente risolto nonostante i trattati internazionali. Quanto questo aspetto del voto rimasto finora scono­sciuto possa riaccendere nuove fiammate di nazionalismo è un inter­ro­gativo fonte di comprensibili inquietudini per gli abitanti della Rocca, un po' spagnoli, un po' inglesi, che temono di restare strangolati dalla caduta del mito. E pensare che i negoziati per la Brexit non sono nem­meno cominciati.

SCHELETRI. A un certo punto di un suo famoso romanzo, Somerset Maugham scrive che "l'ipocrisia è il vizio più difficoltoso e snervante che un uomo possa coltivare; richiede una vigilanza continua e una rara abnegazione". Vivesse ai nostri tempi, il grande autore inglese avrebbe più di un motivo valido per vedere confermata l'esattezza della sua af­fermazione. Per rendersene conto basterebbe misurare il "carico da un­di­ci" col quale certi ambienti politici si danno da fare senza sosta per ammantare di considerazioni pseudo-filosofiche le ipocrite iniziative editoriali tese a conferire una patina di rispettabilità al passato che non passa e nel contempo a delegittimare, con martellante e inquietante in­si­stenza, sia la Resistenza che l'imminente 25 aprile. Quel salto al­l'in­dietro costruito con sapiente e ambigua intenzione da chi tiene i fili del dilagante populismo di destra dà ragione a Somerset Maugham che non a caso ha intitolato il suo capolavoro Lo scheletro nell'armadio (Adel­phi).

PREGIUDIZI. Non c'è soltanto Trump a vellicare gli istinti più riposti con iniziative tese a rendere più difficile la libera circolazione degli uo­mini e delle idee sancita dalla Dichiarazione di Helsinki. Magari sono in pochi a ricordarsi di quella famosa conferenza che a metà degli anni settanta del secolo scorso fissò i punti nevralgici della cooperazione e la sicurezza in Europa, e non solo. Sono tanti invece a fingere che non sia mai esistita e ad aggirarla con provvedimenti sempre più restrittivi. Se il tycoon medita ora di imporre oltre ai dazi assurde tagliole ai turi­sti in provenienza dall'Europa, non meno pedanteschi appaiono i prov­ve­dimenti di stampo leghista che penalizzano i frontalieri al confine italo-svizzero con la chiusura di alcuni valichi e l'obbligo del casellario giudiziario , quasi fossero criminali e non onesti e indispensabili lavo­ra­tori per l'economia locale. Con i muri che hanno imitatori un po' ovun­que non si innaffiano i fiori, ma si concimano i pregiudizi!

SEGNALE. Quando è circolata la prima foto, invero un po' sfocata, del presunto attentatore responsabile della strage nella metropolitana di San Pietroburgo, ha fatto una certa impressione la sua rassomiglianza con certi personaggi che ci sono stati tramandati dalla letteratura russa. Con il copricapo rotondo, la lunga barba e un nero pastrano, quell'im­ma­gine non mancava di evocare certi figuri alla Rasputin che si aggira­vano alla corte degli zar nella città dove “delitto e castigo” marciavano di pari passo. Già allora attentatori e dinamitardi tramavano contro il potere, esattamente come evidenzia l'attentato di alcuni giorni fa che è un chiaro segnale intimidatorio nei confronti dell'attuale uomo forte del Cremlino. Dal­l'indipendentismo locale alla rete internazionale del­l'e­ver­sione di matrice islamista la Russia di Putin, non di rado paragonato a un novello zar, tra minacce vere, crisi geopolitiche e repressioni sta affrontando in un clima di manifesto disagio la prova più difficile del post-comunismo, nel momento in cui molto spesso le manifestazioni di protesta coincidono con atti terroristici.

CROLLO. I populisti tedeschi stanno perdendo terreno. Come nella vecchia canzone, piange Frauke Petry, e ora se la sogna la popolarità da capogiro che alla sua prima, frastornante apparizione da leader del­l'estrema destra dalla “faccia pulita” lasciò esterrefatta non soltanto la Germania. Ma le ideologie bacate non sono eterne. Così com'era stata folgorante l'ascesa della leader della Alternative fuer Deutschland sul­l'onda del livore anti-immigrati, altrettanto rapido è stato il crollo che ne ha dimezzato il consenso e consegnato l'AfD agli esponenti se pos­sibile ancor più estremisti dell'impresentabile schieramento. Dalla di­scesa in campo di Schulz, con il suo forte accento sui temi sociali, e con la ricandidatura della Merkel, il baricentro politico della Repub­bli­ca federale, dopo qualche sbandamento, ha ritrovato il suo equilibrio ponendosi in controtendenza rispetto, per esempio, alla Francia, che ben presto andrà alle urne e dove gli eurofobici puntano alla fine del­l'UE. A meno che l'esempio di Berlino non faccia scuola anche sotto la Torre Eiffel. Speriamo!