di Renzo Balmelli
TRAGEDIA IMMANE - Non è soltanto un’invenzione letteraria, per altro abbondantemente citata, l’immagine della mite farfalla che di colpo si trasforma in una creatura crudele e col suo battito d’ali scatena l’inferno dall’altra parte del pianeta. Nel Giappone ferito a morte dal terremoto e dallo sconvolgente tsunami, il mostro venuto dal mare, il dugongo di Jules Verne, ha travolto migliaia di vittime, campi, case, strade, aeroporti, palazzi, in un caos babelico da fine del mondo. Ma per di piu’ ha inferto un durissimo colpo all’umana certrezza di riuscire ad avere la meglio sulla natura scatenata grazie alle tecnologie piu’ avanzate. Come in un film di fantascienza sulle conseguenze del day-after, la famosa torre di Tokio, un'altra torre al pari di quelle gemelle o della Torre Eiffel, simbolo del business e del dinamismo creativo, si è piegata sotto la spinta sovrumana degli elementi scatenati e ora è l’emblema triste del progresso sconfitto da forze misteriose che fin dall’antichità l’uomo ha temuto e combattutto, senza mai riuscire tuttavia a imbrigliarle e domarle. Sullo sfondo del dramma che incendia il mondo arabo, il disastro giapponese non fa che accentuare le preoccupazioni delle grandi potenze, apparse inermi e indifese di fronte all’impossibilità di impedire la tragedia. Ad amplificare lo shock della calamità che ha messo in ginocchio il Giappone concorre poi l’emergenza atomica, il terrore di fughe radioattive e di un’altra, terribile Cernobyl, una prospettiva angosciante che risveglia incubi mai cancellati in un paese che ha conosciuto il primo e doppio olocausto nucleare della storia. Il mondo intero in queste ore assiste sgomento al dramma dell’impero del Sol levante, una nazione che “ si piega, ma non si spezza” e che purtuttavia si è rivelata fragile al cospetto di una tragedia immane che è il segno di una vulnerabilità non solo nipponica, ma globale: un vulnus che si manifesta in uno scenario di crisi politica ed economica dal quale non sembra esservi via d’uscita.
FIGLIA D'ARTE - Già nove anni fa la Francia conobbe l’onta dell’estremismo di destra che costrinse socialisti e Chirac a un matrimonio contro natura per precludere l’Eliseo a Jean Marie Le Pen. Quasi due lustri dopo lo spettro di un nuovo 2002 aleggia sulla patria dei lumi da quando i sondaggi hanno rivelato che Marine Le Pen, lanciata con successo sulle orme di cotanto genitore, sta riscuotendo ancora piu’ consensi del padre. Se si votasse oggi per le presidenziali dell’anno prossimo la signora sarebbe quasi certa di sgominare gli avversari. Nicolas Sarkozy, penalizzato dal suo vuoto movimentismo, non avrebbe nessuna probabilità di imporsi. E neanche l’attuale candidata socialista Aubry, vittima della litigiosità che permea la gauche con effetti micidiali, riuscirebbe a fare meglio. Ancora c’è tempo prima di dire che “les jeux sont faits”, ma l’avanzata del partito xenofobo e ultranazionalista, ormai in grande spolvero con una figlia d’arte tanto agguerrita, fa davvero paura.
COMPRIMARIO - Zavorrato da troppi scheletri nell’armadio, l’Occidente finora non ha fatto che balbettare al cospetto della tragedia libica. Senza una linea unitaria e condivisa, nell’intrico di una crisi dai risvolti inconfessabili si paventano scenari simili se non peggiori di quelli afghano e irakeno. In tale ottica ci si aspettava dall’Italia, una delle principali potenze del Mediterraneo, una risposta europea coraggiosa e creativa agli sconvolgimenti del mondo arabo. Invece niente: sfibrato dalla produzione di scudi per il capo, il governo ha mostrato i suoi limiti e l’intrinseca inadeguatezza della sua politica estera anche in una regione dove , per evidenti considerazioni geo-politiche , Roma avrebbe un ruolo d’avanguardia da svolgere e non di anonimo comprimario , come invece s’è ridotta a interpretare. Ancora una volta, la compagine berlusconiana annebbiata dai festini non si è mostrata all’altezza della situazione.
CALCIONE - Su Bilanz, prestigiosa rivista economico-finanziaria della Confederazione elvetica, fa bella mostra di sé (si fa per dire) una caricatura del premier in tenuta discinta che viene cacciato dall’Italia, raffigurata come uno stivale ben appuntito, con un calcione nel fondo schiena. Un rigore che suona come un auspicio. La vignetta è in stridente contrasto con quanti in televisione, ministri, sottosegretari e portaborse vari, tessono le lodi del premier con toni messianici, mai sfiorati nemmeno dalla piu’ piccola ombra di dubbio. Nella corale esaltazione il Cavaliere viene indicato come il piu’ grande statista italiano a livello mondiale. Purtroppo il rovescio della medaglia mostra uno scenario ben diverso che riempie di tristezza chi vede l’immagine della madre patria deformata da atteggiamenti tanto scomposti.
INGIUSTIZIA - Ormai in procinto di essere sostituito, Bondi si accinge a lasciare la guida del ministero dopo avere incassato l'ennesimo schiaffo alla cultura della sua fallimentare gestione. Se c’era da tagliare, congelare e bloccare fondi , il primo dicastero a finire sotto la mannaia di Tremonti, indicato tra i principali responsabili della catastrofe che ha investito il mondo dell’arte e dello spettacolo, era proprio il suo che d'altronde nessuno nella maggioranza ha mai veramente preso sul serio. Ma dire che Bondi di par suo sia stato di una passività sconcertante di fronte al disinteresse del governo per un settore di eccellenza e di grandi tradizioni, è quasi un’ovvietà. Anzichè ribellarsi, fino a quando era di una certa utilità il ministro ha retto lo strascico a Silvio con patetico zelo. Ora gli tocca imparare che la gratitudine invecchia presto quando non serve piu' . E’ un po' il destino dei convertiti, sorte che invece non conoscerà Angelino Alfano, il solerte guardasigilli entrato nelle grazie del sultano come astuto imbonitore di una riforma della giustizia che sarebbe piu' corretto chiamare riforma dell'ingiustizia, tanto sono sconcertanti i suoi reali obiettivi. Troppo palese, addirittura plateale, è infatti l'intento di varare un disegno punitivo contro la magistratura che Berlusconi, entusiasta per la svolta epocale, rimuginava da quasi vent’anni. Epocale? Al massimo una foglia di fico sulle leggi ad personam!