giovedì 27 febbraio 2014

Tra Crimea e Mar Nero

di Renzo Balmelli

IPOTECA. Ai confini con l'UE incombe la mina vagante dell'Ucraina, la nazione post sovietica di gran lunga la più importante dello scacchiere a cavallo tra Crimea e Mar Nero, che rischia, nella peggiore delle ipotesi, di farsi travolgere dalla pesante ipoteca della secessione. L'incubo di una spaccatura tra le regioni filo europee e quelle russofone del Paese anziché dissolversi con la liberazione di Yulia Tymoshenko ha messo in moto una vasta operazione geopolitica dagli sbocchi imprevedibili che arroventa i rapporti tra Bruxelles e il Cremlino. Una volta, in situazioni analoghe, si sarebbe udito il rumor di sciabole o quello ancora più inquietante dei cingolati. Ora la diplomazia al massimo livello è più solerte nel fare da pompiere, ma quella che è già stata battezzata la guerra non armata tra russi e occidentali non consente di dormire tra due guanciali.

GARANTI. Gli euroscettici affascinati dalla Marine (Le Pen), dall'olandese Wilders e dall'inglese Farage, tutti e tre portatori di tristissime ideologie fast-food, spesso dimenticano che quelle che essi chiamano, nei loro slogan di facile suggestione, le " chiacchiere dell'Unione" " sono all'opposto le garanti della pace per l'Europa. Settant' anni di pace - un primato - che non sono negoziabili per nessuna ragione, per nessun umorale livore nei confronti del vicino di casa, per nessun referendum e per nessun cedimento agli atteggiamenti che abbiamo già visto in un contesto ben diverso di quello attuale. Diverso, certo, ma che per una fatale disattenzione potrebbe ripresentarsi sotto le spinte mai dome della deriva razziale, veicolo di dolori inenarrabili per il Vecchio continente.

SENTIMENTI. Nel suo film "Anita B.", ispirato alla biografia di Edith Bruck, il regista Roberto Faenza evoca una realtà mai veramente approfondita, se non addirittura rimossa. Si è parlato molto delle atrocità nei lager, ma poco del dopoguerra che è stato tragico per i sopravvissuti. Rare sono state le ricerche sulle difficoltà che molti di loro hanno incontrato per riconquistare il diritto di condurre una vita normale, con sentimenti normali. Pareva quasi che la loro vicenda fosse rimasta per sempre sepolta dietro i reticolati di Auschwitz trasformandoli in esseri diversi dagli altri. Per Primo Levi fu una tortura insopportabile e senza scampo. Alla luce di quanto possiamo leggere e vedere, è evidente che l'interrogativo si pone anche oggi per tutte le vittime della prevaricazione dell'uomo sull'uomo di cui abbiamo ogni giorno tragiche testimonianze.

GELO. Nemmeno il passaggio da Prodi e Berlusconi, che pure non si amavano, è stato tanto gelido quanto la consegna del campanello da Letta a Renzi. Il freddo formalismo della cerimonia ha lasciato pochi dubbi sui rapporti tra i protagonisti dell'avvicendamento a Palazzo Chigi. Davanti al Paese i due non si sono nemmeno degnati di uno sguardo. Se occorreva una conferma della burrasca che agita la sinistra, eccola servita. Non è il miglior viatico per il nuovo premier che già parte con la fama non proprio lusinghiera di " berluschino" toscano. Per ora i sondaggi lo premiano, ma dopo il clamoroso infortunio in cui è incappato uno dei guru della categoria, è meglio andarci cauti. Al solo pensiero che costui potesse elaborare le sue previsioni con la stessa disinvoltura con la quale ha frodato il fisco, sorge qualche dubbio sugli imbrogli mediatici di cui è capace la politica.

NOSTALGIA. Se quella che viene indicata come cultura nazional-popolare può a volte risultare utile per capire le tendenze e gli umori del Paese, forse non è esagerato dire che quest'anno il Festival di San Remo non è stato all'altezza delle aspettative. Mentre dalle teche della RAI spuntavano le immagini di repertorio non di rado in bianco e nero, quasi in contemporanea scattava l'effetto nostalgia, Però non la nostalgia " nostalgica", ma piuttosto il rimpianto per la manifestazione canora di un tempo, quando, da Modugno a Mina, il palco dell'Ariston, vero tempio della musica leggera, sapeva proporre brani di sicuro richiamo. Certo, i gusti cambiano, la qualità dello spettacolo segue altri indirizzi, e non ha più senso dire che "sono solo canzonette". Ma tra le battute un po' stantie che hanno penalizzato il gioco malizioso delle parole, la risata forzata ha finito col nascondere l'imbarazzo per uno show senza acuti.

 

martedì 18 febbraio 2014

Svizzera spaccata sulla xenofobia

di Renzo Balmelli

MORALE. Con il verdetto delle urne elvetiche, la questione morale entra di prepotenza nel dibattito sull'Unione riportando in auge distorte ideologie e antiche paure cucinate a dovere dalla destra conservatrice. Seppur di misura il successo del referendum anti stranieri mette in circolo un grumo di risentimenti a lungo covati e che una volta trovato uno sfogo saranno difficili da aggirare. Di botto la Confederazione si ritrova spaccata, lacerata sul piano interno e in gravi difficoltà su quello diplomatico. Un po' ovunque si respira un clima di mestizia reso ancora più imbarazzante dai provocatori applausi di Marine Le Pen che scoperchiano un vaso di Pandora da cui può uscire di tutto e di peggio per il destino della libera circolazione delle persone, cardine irrinunciabile per un'Europa diversa e migliore.

IPOCRISIA. Chissà come saranno rimasti quegli elettori che per un pugno di schede hanno fatto vincere il "si" quando avranno saputo che nemmeno quarantotto ore dopo il referendum anti immigrati un'importante azienda svizzera, attiva nel settore della telefonia, ha avviato la ricerca di personale nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Forse si saranno sentiti vittime di un colossale raggiro confezionato ad arte dalla destra demagogica in nome dell'ipocrisia per incamerare consensi a buon mercato. Indubbiamente il brusco risveglio dopo l'ubriacatura di slogan populisti sarà stato piuttosto doloroso nello scoprire che il loro voto, a dispetto delle promesse, non è valso a risolvere i problemi di un mondo del tutto cambiato, ma è servito unicamente a erigere nuove e vecchie barriere che non portano da nessuna parte se non a tensioni e ad assurde ostilità fra i popoli.

INSOFFERENZA. Come ai tempi delle valigie di cartone, dall'Italia sempre più si emigra per necessità. Se durante l'infausto ventennio berlusconiano la politica fosse stata una cosa seria, magari il mercato del lavoro che non è povero ma solo gestito in modo sciagurato, non conoscerebbe le attuali traversie. A farne le spese in regioni un tempo ricche e all'avanguardia come la Lombardia, sono i frontalieri, umiliati e offesi nella loro dignità di lavoratori onesti e regolari. Oggi questo modello di collaborazione italo-svizzera a cavallo dei confini che sempre ha dato ottimi frutti, rischia di pagare un dazio molto pesante al recupero, per la prima volta vincente, delle crociate di James Schwarzenbach, leader e padre delle iniziative xenofobe negli anni settanta. Davvero un gran brutto segnale di insofferenza e intolleranza.

DIFFERENZA. Ci sono referendum e referendum. E non tutti si assomigliano. Quello svizzero , a pochi mesi dalle elezioni europee di maggio, è destinato a provocare discussioni e ripercussioni in tutti i Paesi dell'UE poiché apre una crepa nell'architettura della casa comune dei 27, senza però indicare come ricucirla. Elevato è infatti il timore di sedurre gli euroscettici. Di ben altra caratura è invece il referendum degli scozzesi che il 18 settembre sotto la bandiera della " rinascita" intendono rivendicare l'indipendenza dal Regno Unito, senza tuttavia rinunciare all'Unione europea. Come annota Sergio Romano, i compatrioti di Sean Connery/ James Bond sanno che in alternativa a Londra esiste una casa più grande in cui potranno continuare ad abitare. La qualcosa negli intendimenti di chi rivendica la propria sovranità costituisce sul piano culturale oltre che politico una differenza sostanziale rispetto alle tendenze isolazioniste.

SINDACO. Pare che Berlusconi non stia più in sé dalla soddisfazione. Non solo ha trovato a sinistra, in casa di coloro che per lui sono nemici storici, chi ne ha propiziato la miracolosa rinascita, suffragata da sondaggi tanto mirabolanti da sembrare poco veritieri. Come se non bastasse, a Tortona il Cavaliere può addirittura presentare un suo candidato sindaco registrato all'anagrafe come Giuseppe Bottazzi. Bel nome che sa di antico, proprio come quello di uno dei sindaci più famosi della storia italiana, conosciuto in tutto il mondo col soprannome di Peppone, fiero e irriducibile comunista, rivale del non meno battagliero Don Camillo. Rispetto al romanzo, il vero Bottazzi nella realtà non è dove l'aveva collocato Guareschi, ed è proprio questa distorsione "ideologica" che induce la destra a parlare di storica rivincita persino sulla letteratura. Nell'udire certi spropositi, quasi, quasi si rimpiangono i tempi in cui dopo le scazzottate finivano col prevalere le ragioni del cuore che se non altro riportavano l'uomo al centro del villaggio per il bene della collettività.

 

mercoledì 5 febbraio 2014

Il cuore a sinistra

Con il maestro Abbado esce di scena una personalità che ha onorato l'Italia riscattando le figuracce dei nostrani barzellettieri, ora riportati in auge dai fantasmagorici giri di valzer del potere.

di Renzo Balmelli

IMPEGNO. Ci ha lasciato Claudio Abbado e con il grande maestro è uscita di scena una personalità che ha onorato l'Italia riscattando le figuracce dei nostrani barzellettieri, ora riportati in auge dai fantasmagorici giri di valzer del potere. Di lui, al di là della sublime direzione orchestrale, resta il ricordo di una figura integra sul piano umano in cui primeggiava l'enorme valenza sociale del suo impegno per le classi meno abbienti. Nel suonare insieme ai giovani Abbado credeva davvero nella funzione salvifica della musica quale alternativa ai guasti prodotti dal sottosviluppo economico e culturale. Per queste sue idee, lontane dal conformismo borghese, si disse che aveva il cuore a sinistra, definizione che pur nel suo rigoroso riserbo egli si guardò bene dallo smentire.

MEMORIA. Farebbe comodo a chi gira la testa dall'altra parte attribuire ai soliti mascalzoni la paternità delle teste di maiale recapitate alla Sinagoga e all'ambasciata d' Israele a Roma in concomitanza con la Giornata della memoria. Ma non è così. Nonostante la terribile lezione dell'Olocausto, l 'antisemitismo nella sua ripugnante versione odierna è sempre tra noi, veicolato dalle forze che alimentano l'ostilità e l'odio brutale nei confronti del popolo ebraico. Tenere alta la guardia serve proprio a questo, a rammentare agli uomini che hanno appunto la "memoria" corta che qualsiasi distrazione in questo campo è un pericoloso passo indietro nella notte buia dei tempi, quando il male assoluto divenne la regola agghiacciante della Germania nazista e lo strumento di crimini efferati contro l'umanità.

SFIDA. Accanto all' Italia migliore, attestata dal prestigio di cui è circondata, tocca assistere ai demenziali rigurgiti xenofobi della destra oltranzista padano-centrica, ma non solo, contro gli immigrati e il ministro Kyenge, oggetto di scherno per il colore della sua pelle. Purtroppo non è un fenomeno circoscritto, bensì una tendenza in auge nei quattro angoli del continente e che registra una ascesa preoccupante dei consensi per il Front National di Marine Le Pen e altri schieramenti al servizio delle peggiori ideologie. Se ne potrà misurare la reale consistenza alle elezioni europee di maggio che non saranno solo un banco di prova per gli equilibri nazionali, ma una sfida campale in nome dei principi cardini attorno ai quali fa perno la democratica convivenza fra i popoli nel mosaico di lingue e culture che sono il valore aggiunto della comunità allargata in cui viviamo.

ATTENTI. Dire che la politica è l'arte del possibile è quasi un'ovvietà. Ma c'è un limite. Se il "possibile" è ridare fiato alle anomalie e agli schemi ideologici che non hanno prodotto nulla tranne gli scandali giudiziari, il discorso non regge più, è solo un intruglio gattopardesco. E ancor meno regge se sotto l'urto dei nuovi equilibri lungo l'asse Arcore-Firenze il soccorso offerto al Cavaliere alla sede del Pd non fa che indebolire l'azione del governo. Se dall'altra parte vi fosse perlomeno una destra liberale, turandosi il naso si potrebbe provare a ragionare. Ma quella rappresentata da FI è una destra anomala rispetto ai canoni occidentali, fondata sulla concezione proprietaria del suo leader che ha abbassato l'Italia al livello del gossip. Con l'impertinenza che le è congeniale, la satira, sempre avanti di un passo rispetto alle fumisterie del politichese, ha già messo in guardia i lettori con una battuta sferzante che la dice lunga: "Attenti a quei due!!".

RESURREZIONE. Chi si era illuso che Berlusconi non fosse più il tema delle cene degli italiani, ha dovuto ricredersi. Tornato vispo come un galletto di primo pelo, l'ex premier si gode il trionfo dell'inaspettata resurrezione, alla faccia della giustizia, della condanna e della decadenza. Per dirla con Gadda, a vent'anni dalla sua prima discesa in campo, vent'anni di disastri, "quer pasticciaccio brutto de via del Nazareno" lo riporta in cattedra a rivendicare con proterva disinvoltura un ruolo di primo piano e il copyright di riforme mai realizzate. Con lui gongolano i suoi compagni di merenda per i quali non è Forza Italia che si deve “renzizzare”, ma è il Pd che si sta berlusconizzando. E questo sarebbe il nuovo che avanza. "Ma mi facci il piacere", taglierebbe corto Totò.

DELUSIONE. Conteneva una speranza implicita la fotografia con gli aerei del presidente iraniano Rohani e del premier israeliano Netanyahu allineati uno accanto all'altro all'aeroporto di Zurigo. Se la diplomazia avesse tenuto il passo con i controllori di volo oggi si potrebbe parlare di miracolo di Davos. Speranza delusa. L'atmosfera ovattata del summit alpino non è valsa ad aprire uno spiraglio nel muro dell'incomprensione tra i due Paesi. Non ancora. Altri sforzi saranno necessari per sciogliere il grumo di rivalità e sospetti che ostacolano il dialogo in una delle regioni più a rischio del pianeta e nella quale si gioca una partita decisiva per disinnescare la violenza che dall'Egitto alla Siria costituisce una seria minaccia alla distensione internazionale. Sempre che non sia troppo tardi.

DIKTAT. Sono commoventi i manifestanti di Kiev, commoventi e terribilmente soli nel loro strenuo e vano tentativo d opporsi alla tracotanza di Putin che da quando è al potere si è affrettato a rimpiazzare la soffocante nomenklatura ex sovietica con quella neo zarista. Per i democratici dell'Ucraina, isolati nella morsa del gelo non solo meteorologico, è stato come saltare dalla padella nella brace. Molti di loro avevano sperato di trovare in Europa una via d'uscita al diktat russo, ma quando si scriverà questo capitolo della storia i Paesi che fanno capo a Bruxelles avranno parecchie cose da farsi perdonare per avere abbandonato a se stessi i dimostranti che ogni giorno si fanno bastonare inseguendo un sogno. Ancora una volta, parafrasando Pascal, per non turbare gli assetti con Mosca sempre più grande potenza, la ragion di stato conosce ragioni che il cuore non conosce.

PREGIUDIZI. A volte quando i comici giocano a fare i politici riescono fare ridere. Ma quando i politici si mettono a imitare i comici, di regola fanno piangere. In Italia non è una novità, ma che la cosa potesse presentarsi anche in Svizzera e per giunta ad opera del sindaco della capitale federale è una faccenda che venendo da un esponente socialista, cioè di un partito in prima fila nella lotta contro i luoghi comuni, ha messo a soqquadro il mondo politico elvetico. Per divertire la platea, il primo cittadino di Berna non ha infatti trovato nulla di meglio che sbizzarrirsi coi soliti pregiudizi sui napoletani pigri e scansafatiche ai quali la mamma raccomanda di non crescere perché se diventano alti poi devono andare a lavorare. A questo punto bisognerebbe rammentare al borgomastro che la patria di Tell deve buona parte del suo benessere proprio al sudore e al sangue versato sui cantieri dagli immigrati del sud. Ma chissà se capirà!

 

lunedì 23 dicembre 2013

Ma l'odissea non si ferma

di Renzo Balmelli

ODISSEA. Non è soltanto di oggi la vergogna di Lampedusa che di colpo, come un soffio gelido, spegne le candeline sull'albero. Basta un rapido giro negli archivi per rammentare che lo scandalo degli immigrati disinfestati e trattati come nei lager nazisti è il tragico epilogo di una situazione sfuggita a ogni controllo e che nel corso degli anni è andata via via degenerando fino a raggiungere il grado di abiezione mostrato dall'agghiacciante video del TG2. Ora si moltiplicano le manifestazioni di sdegno e di condanna ma chi ha buona memoria sa quante inchieste sulle disumane condizioni di accoglienza fecero scalpore in passato con denunce articolate e documentate. Invano. Forte è dunque il sospetto che anche questa volta, passata l'ondata di indignazione, i buoni propositi si perdano nelle pastoie burocratiche e nello sterile rimpallo delle responsabilità. Da tempo si invoca l'avvio di una ricognizione del dolore tramite una carta per Lampedusa che garantisca il pieno rispetto della dignità umana per migliaia di donne e uomini che vedono calpestati i loro diritti senza nessun ritegno. Ma l'odissea non si ferma, al punto da condannare centinaia di disgraziati a morire in fondo al mare per inseguire il flebile miraggio di una esistenza migliore. E nessuno può chiamarsi fuori, perché questo dramma interpella le coscienze di tutti noi.

FORMULE. Le larghe intese non sono un'invenzione tedesca. Se oggi Angela Merkel è in grado di presiedere il suo terzo governo, buona parte del merito va all'Italia che del centro-sinistra è stata la culla negli anni in cui la "grosse Koalition" era ancora di là da venire. Ma c'è di meglio. Di accordi a tutto campo già se ne parlava durante il regno di Sardegna, a conferma del fatto che il Bel Paese in quanto a formule innovative è sempre stato un fecondo laboratorio d'idee. Non di rado lasciate però al loro destino. Difatti, diversamente da quanto accade in Germania, dove si premia la concretezza, a Roma anche le iniziative col marchio del made in Italy apprezzate all'estero finiscono spesso con l'essere vanificate dai bizantinismi di corridoio.

LIBRI. E' difficile dire quanto durerà il governo che prova ad aggiustare i mali dell'infausto ventennio targato S.B. Di solito quando un esecutivo cerca di spezzare il paradosso delle connivenze, procacciatrici di poltrone sicure, ha vita piuttosto breve. Alla compagine di Letta bisogna augurare di resistere a lungo non fosse altro che per la spinta a leggere buoni libri e quindi a valorizzare la cultura. Oggi più che mai si avverte il bisogno di quelle cose che non portano profitto, ma che cambiano l'esistenza. Chi legge – diceva Valentino Bompiani – vive due volte. Dopo anni di grossolana decadenza e di reality fasulli al servizio di una ideologia altrettanto fasulla, l'incentivo fiscale alla lettura è una bella notizia che fa ben sperare.

FORCONI. Quando riecheggiano sguaiati appelli alla marcia su Roma vengono i brividi. Che nella protesta , non priva di buone ragioni, possano annidarsi - scrive Mani Ovadia - fascisti e imbecilli che lanciano accuse sinistre ai banchieri in quanto ebrei, è da furfanti. I decaduti che cavalcano il movimento ad usum delphini non sono animati dalle buone intenzioni che sarebbero utili per intercettare il malessere, ma seguono soltanto l'irrefrenabile passione per le rivalse postume. Le scosse sociali chiedono invece risposte serie e non rozzi speculatori che soffiano sul fuoco evocando lo spettro di golpe immaginari. Perdere il controllo sarebbe pericoloso, perché , anche se di plastica, sempre forconi sono.

SCONFORTO. Nel suo comprensibile sfogo, il Presidente Napolitano dice che in giro c'è troppa disperazione. Fa eco alle sue considerazioni l'identikit fornito da Repubblica di un Paese stanco e che non crede più a quanto si racconta nei TG e nei talk-show. Un nostro assiduo lettore, il giornalista Peter Lorenzi, vi aggiunge del suo, sostenendo che è solo "perditempo, per non dire nausea" ascoltare i politici e anche certi giornalisti che fanno salotto. Bisognerà quindi vedere se in futuro i lampi di gioventù che a partire dal Pd mostrano una generazione decisa a cambiare passo riusciranno ad avere la meglio sul clima depresso di fine anno. Clima che all'interno di una crisi sempre più profonda diventa l'emblema dello sconforto.

LACUNE. Non tutti i quiz vengono per nuocere. Capita di rado, ma a volte succede di fare scoperte istruttive nelle titubanti risposte dei concorrenti che aprono squarci vistosi sulla scarsa conoscenza non dell'evo antico, ma di eventi a noi vicinissimi e ampiamente documentati. Sintonizzati su Raiuno, molti spettatori saranno rimasti sconcertati dalla difficoltà mostrata dai partecipanti al gioco nel collocare l'epoca in cui Hitler era il terrore dell'Europa. Nessuno ha saputo indicarla tranne che per esclusione, quando era rimasta una sola data disponibile. Sembra quasi impossibile che si possa ignorare il recente passato in modo tanto vistoso, al punto da chiedersi se con tali lacune persone mediamente istruite sappiano in che mondo viviamo.

SFERZATA. Slogan anarchico di fine Ottocento, tornato popolare negli anni della contestazione, il detto " una risata vi seppellirà" non ha perso la sua efficacia. D'altro canto è noto sin dai tempi di Molière che si piange col cuore e si ride col cervello. Ma va bene anche il contrario. Di fronte alle smanie del Cavaliere che vagheggia improbabili rivoluzioni come al solito solo per i suoi comodi, una buona battuta è una sferzata che ne accentua il ridicolo. Berlusconi – racconta Ezio Greggio a Striscia la notizia su Canale 5 – "vuole prendere la Bastiglia, ma si confonde, deve prendere la pastiglia". A Milano per una chicca così c'è un modo di dire eloquente: "Ciapa su e porta a cà", prendi e porta a casa.

GARA. Autore tra i più rappresentativi del ventesimo secolo e campione degli aforismi, Fernando Pessoa sosteneva che il poeta per sua natura è un fingitore. Sarebbe interessante sapere cosa penserebbe lo scrittore portoghese degli scienziati cinesi che hanno attinto a piene mani alla tradizione e alla poesia per tenere a battesimo lo sbarco sulla luna di una sonda con le insegne del Celeste Impero. Anche loro fingitori? Una dea, Chang-e, e un coniglio di giada figureranno d'ora in poi accanto a nomi più convenzionali tipo Atlas o Cosmos nella corsa al nostro satellite. Una gara che effettivamente di poetico ha poco, ma che attesta il gigantesco balzo tecnologico di Pechino per fare valere le proprie ragioni nello spazio , tornato a ingolosire le grandi potenze.

 

giovedì 12 dicembre 2013

Una fiducia non scontata

di Renzo Balmelli

FIDUCIA. E' prematuro dire se il cambio della guardia alla testa del Pd sia il presagio di un periodo di bonaccia nella convulsa politica italiana. Bisogna augurarselo, ma di sicuro la reazione non mollerà la presa tanto facilmente pur di tenere il Paese sotto scacco. Comunque sia, intanto il governo incassa la fiducia delle Camere; un gesto che non era scontato, soprattutto al Senato, dopo la vociante sarabanda messa in scena da Forza Italia e dai pentastellati. E quindi ancor più significativo, se si considera l'ampiezza della posta in palio. Ora non resta che mettersi all'opera per non sprecare altro tempo prezioso. Il voto del Parlamento non è una cambiale in bianco, questo no, ma un segnale molto importante che oltre a confermare il sostegno all'Esecutivo lascia sperare nella possibilità di una navigazione meno turbolenta in vista delle riforme. Che è poi quanto ha bisogno l'Italia in questo periodo segnato dalla crisi, dalla rassegnazione e dalle sventurate contorsioni di chi cavalca il movimentismo non certo animato da nobili intenti .In politica il passato pesa, specie dopo un ventennio traumatico, ma se persino Obama e Raul Castro si stringono la mano in mondovisione è immaginabile che anche a Roma si possa pianificare il futuro con maggiore serenità e in un clima meno esasperato.

DIGNITÀ. Ogni successione importante contempla la speranza di un cambiamento. Nel Pd, erede di una tradizione culturale votata al primato delle idee, sono maturate dopo un lungo travaglio le condizioni per uno storico mutamento che non può in nessun modo venire disatteso. In quest'ottica Matteo Renzi si accinge ora ad affrontare la prova del fuoco. Senza indugi il nuovo segretario dovrà dimostrare non soltanto a parole, di cui non è certo sprovvisto, ma anche nei fatti, di essere l'uomo giusto al posto giusto, all'altezza del trionfale mandato ricevuto alle primarie. Da qui non si scappa: l'incentivo rappresentato dal maggior partito italiano è l'unica alternativa in grado di arrestare la marea montante di una destra sempre più demagogica. D'altronde dovrebbe essere chiaro a tutti che l'obiettivo primario di una sfida epocale in cui per vincere non basta rottamare, consiste proprio in questo: consiste nella capacità di ricostituire il tessuto morale per portare la nazione fuori dall'infausto inverno di Arcore. Richiesti all'uopo sono, in ugual misura, grandi visioni e progettualità concrete nella piena consapevolezza che "sinistra" significa in primo luogo dignità.

"NEGRI". Gli hanno tributato onori planetari, ma il più importante sarà di non lasciare che gli ideali di giustizia e libertà – per i quali Mandela si è battuto fino a quando le forze lo hanno sorretto – finiscano in uno scatolone chiuso nel mausoleo della storia. Per misurare l'ampiezza dello straordinario cammino compiuto da colui che verrà ricordato come l'ultimo mito del Novecento, bisogna immaginare cos'era l' orrenda realtà dell' apartheid, quando i neri del Sud Africa erano considerati dai coloni bianchi poco più che oggetti di cui disporre a piacimento, e non persone. Per porre fine allo scempio, colui che spezzò le catene della prevaricazione dell'uomo sull'uomo, ha trascorso un terzo della sua vita in carcere, convinto che il mondo non avesse un solo colore. C'è riuscito, ma ora, come detto, è la sua eredità che andrà amministrata e perpetuata con saggezza per far sì che la gramigna del segregazionismo, mai del tutto estirpata, non torni ad attecchire e a infestare i comportamenti verso coloro che sono ridiventati i "negri" agli occhi degli incalliti oppressori sparsi ai quattro angoli della terra.

SGOMENTO. Nei rigurgiti del razzismo che intossicano l'Europa, non c'è più rispetto nemmeno per Anna Frank, la ragazzina ebrea trucidata dai nazisti. L'ennesimo episodio antisemita arriva dal cuore di Roma e ruota attorno al tifo esasperato tra opposte fazioni in cui l'immagine della giovane è stata oltraggiata in modo abominevole. Si rimane sgomenti di fronte a un episodio tanto aberrante; un'escrescenza nauseabonda che è la spia di una sottocultura frutto dell'ignoranza e degli esempi forniti dai cattivi maestri. A tal punto da perdere di vista il rispetto verso il passato. Che poi, su questo fronte, agiscano forze che campano sugli istinti riposti e le ideologie bacate per raccattare voti, non fa che accrescere lo sconcerto in chi paventa derive ancor più minacciose.

GOGNA. Avrà tanti difetti, ma l'Italia non è di sicuro un Paese autoritario. Tuttavia pare non sia tramontato il vizietto della gogna mediatica e delle liste di proscrizione per i giornalisti sgraditi al "regime" di cui si ebbe una prima, eloquente dimostrazione col famigerato editto bulgaro di Silvio B. Ora sembra che anche i grillini vogliano mettere il bavaglio alla libertà di criticare e quindi alla libertà di stampa. Si va così costituendo una sconclusionata alleanza che ha quale collante il populismo e che si sviluppa lungo due direttrici, l'una non meno perniciosa dell'altra: da un lato gli attacchi sconsiderati al Colle, dall'altro il piacere maligno di soffiare sul fuoco per portare il Paese allo sfascio. Dove vogliano arrivare con un programma tanto velleitario e confuso è una incognita non esente da pericoli: ma qualsiasi cosa sia non sembra portare a buon fine. Forse a chi si ostina a farla fuori dal vaso sfugge il fatto che nel giornalismo è un obbligo morale diffidare del potere, specie se ha queste fattezze.

MOBILITAZIONE. Mai come adesso è parso necessario mobilitarsi per salvare l'Europa dal nazionalismo che di giorno in giorno si sta facendo sempre più forte, incendiario e ostile, col rischio di portarla alla rovina. Sullo sfondo dei moti che dall'Ucraina all'ira dei "forconi" testimoniano l'esistenza di un profondo disagio, la tendenza a esasperare le difficoltà – che pur ci sono e sono tante – rispetto ai progetti comunitari, può magari far vincere una singola battaglia elettorale, ma alla fine – chiosa Enrico Letta – costruire solo macerie. Parole sante, poiché fu proprio sulle macerie che nacque l'Europa unita, determinata a bandire la guerra dal suo orizzonte. Sessant'anni di pace sono li a dimostrare che l'impresa è possibile, non soltanto per farne una terra di opportunità economiche, ma anche di giustizia e libertà.

VITALITÀ. Metti sullo stesso palcoscenico l'intoccabile Traviata e una regia molto poco tradizionale, e lo spettacolo nello spettacolo, tra applausi interminabili e manifestazioni di dissenso, è assicurato. Si sa che ogni prima alla Scala crea rari momenti di totale concordia. La contestazione è però anche un segno di vitalità. Mostra infatti l'altra Italia, la migliore, quella non contaminata dal bunga-bunga, quella che lo stesso giorno ha trionfato grazie a Paolo Sorrentino, regista, e Paolo Servillo protagonista, all'Oscar europeo del cinema con " La grande bellezza". Mentre si faceva buona cultura, da destra si levavano le solite berlusconate di fine impero. Come volevasi dimostrare, la decadenza non è di un uomo solo, ma del sistema da lui creato e di chi l'ha tenuto in piedi.