giovedì 27 febbraio 2014

Tra Crimea e Mar Nero

di Renzo Balmelli

IPOTECA. Ai confini con l'UE incombe la mina vagante dell'Ucraina, la nazione post sovietica di gran lunga la più importante dello scacchiere a cavallo tra Crimea e Mar Nero, che rischia, nella peggiore delle ipotesi, di farsi travolgere dalla pesante ipoteca della secessione. L'incubo di una spaccatura tra le regioni filo europee e quelle russofone del Paese anziché dissolversi con la liberazione di Yulia Tymoshenko ha messo in moto una vasta operazione geopolitica dagli sbocchi imprevedibili che arroventa i rapporti tra Bruxelles e il Cremlino. Una volta, in situazioni analoghe, si sarebbe udito il rumor di sciabole o quello ancora più inquietante dei cingolati. Ora la diplomazia al massimo livello è più solerte nel fare da pompiere, ma quella che è già stata battezzata la guerra non armata tra russi e occidentali non consente di dormire tra due guanciali.

GARANTI. Gli euroscettici affascinati dalla Marine (Le Pen), dall'olandese Wilders e dall'inglese Farage, tutti e tre portatori di tristissime ideologie fast-food, spesso dimenticano che quelle che essi chiamano, nei loro slogan di facile suggestione, le " chiacchiere dell'Unione" " sono all'opposto le garanti della pace per l'Europa. Settant' anni di pace - un primato - che non sono negoziabili per nessuna ragione, per nessun umorale livore nei confronti del vicino di casa, per nessun referendum e per nessun cedimento agli atteggiamenti che abbiamo già visto in un contesto ben diverso di quello attuale. Diverso, certo, ma che per una fatale disattenzione potrebbe ripresentarsi sotto le spinte mai dome della deriva razziale, veicolo di dolori inenarrabili per il Vecchio continente.

SENTIMENTI. Nel suo film "Anita B.", ispirato alla biografia di Edith Bruck, il regista Roberto Faenza evoca una realtà mai veramente approfondita, se non addirittura rimossa. Si è parlato molto delle atrocità nei lager, ma poco del dopoguerra che è stato tragico per i sopravvissuti. Rare sono state le ricerche sulle difficoltà che molti di loro hanno incontrato per riconquistare il diritto di condurre una vita normale, con sentimenti normali. Pareva quasi che la loro vicenda fosse rimasta per sempre sepolta dietro i reticolati di Auschwitz trasformandoli in esseri diversi dagli altri. Per Primo Levi fu una tortura insopportabile e senza scampo. Alla luce di quanto possiamo leggere e vedere, è evidente che l'interrogativo si pone anche oggi per tutte le vittime della prevaricazione dell'uomo sull'uomo di cui abbiamo ogni giorno tragiche testimonianze.

GELO. Nemmeno il passaggio da Prodi e Berlusconi, che pure non si amavano, è stato tanto gelido quanto la consegna del campanello da Letta a Renzi. Il freddo formalismo della cerimonia ha lasciato pochi dubbi sui rapporti tra i protagonisti dell'avvicendamento a Palazzo Chigi. Davanti al Paese i due non si sono nemmeno degnati di uno sguardo. Se occorreva una conferma della burrasca che agita la sinistra, eccola servita. Non è il miglior viatico per il nuovo premier che già parte con la fama non proprio lusinghiera di " berluschino" toscano. Per ora i sondaggi lo premiano, ma dopo il clamoroso infortunio in cui è incappato uno dei guru della categoria, è meglio andarci cauti. Al solo pensiero che costui potesse elaborare le sue previsioni con la stessa disinvoltura con la quale ha frodato il fisco, sorge qualche dubbio sugli imbrogli mediatici di cui è capace la politica.

NOSTALGIA. Se quella che viene indicata come cultura nazional-popolare può a volte risultare utile per capire le tendenze e gli umori del Paese, forse non è esagerato dire che quest'anno il Festival di San Remo non è stato all'altezza delle aspettative. Mentre dalle teche della RAI spuntavano le immagini di repertorio non di rado in bianco e nero, quasi in contemporanea scattava l'effetto nostalgia, Però non la nostalgia " nostalgica", ma piuttosto il rimpianto per la manifestazione canora di un tempo, quando, da Modugno a Mina, il palco dell'Ariston, vero tempio della musica leggera, sapeva proporre brani di sicuro richiamo. Certo, i gusti cambiano, la qualità dello spettacolo segue altri indirizzi, e non ha più senso dire che "sono solo canzonette". Ma tra le battute un po' stantie che hanno penalizzato il gioco malizioso delle parole, la risata forzata ha finito col nascondere l'imbarazzo per uno show senza acuti.