martedì 21 febbraio 2017

Viltà sessista della trivialità

di Renzo Balmelli 

VOLGARITÀ. Poco alla volta, ma inesorabilmente, stiamo finendo nel gorgo della volgarità senza filtri. Sempre più abbiamo l'impressione che l'argine della decenza si sia perduto nel vortice di offese sessiste veicolate da testate orfane della deontologia o dai blog, spesso ricettacolo delle peggiori oscenità. L'epiteto irripetibile contro Virginia Raggi e quello non meno gretto indirizzato a Giorgia Meloni evidenziano a che punto è arrivato il degrado che col suo effetto a valanga porta all'emulazione e determina comportamenti ai margini della convivenza civile. Poi magari arrivano le scuse a scoppio ritardato, ma intanto l'escalation della trivialità prosegue senza sosta, mostrandoci il lato oscuro delle umane viltà nel discorso pubblico.

APOLOGIA. Un tempo le minacce correvano sul filo, oggi viaggiano sul web. Per avere sollevato alcune legittime preoccupazioni sul dila­ga­­re dell'odio che finisce in rete, Laura Boldrini si è vista piombare ad­dosso una valanga di improperi, tra i quali spicca, per "l'eleganza" del­lo stile, l'ossessivo ricorso all'insulto di “sboldrina”. La qual cosa con­ferma quanto l'allarme abbia toccato un nervo scoperto. Certo, la re­spon­sabilità del fenomeno non ricade direttamente sui social, bensì sul­l'uso sconsiderato che se ne fa. Simili turpiloqui hanno infatti nei mo­der­ni network un veicolo di diffusione potenzialmente universale. Tre­cento pagine in cui si rimpiange il fascismo, combinate con una ondata di revanscismo nostalgico, non sono soltanto lo sfogo di quattro balordi.

PIRATERIA. Come nella vecchia DDR, non c'è angolo della nostra esistenza al riparo dalla malsana curiosità del Grande fratello. Rispetto ad allora, la criminale ingerenza nella “Vita degli altri” ha registrato un preoccupante salto di qualità. E oggi può avvalersi di un armamentario tecnologico super sofisticato in grado di falsare il corretto funzionamento della democrazia. Elezioni presidenziali e politiche sono gli appuntamenti più delicati, occasioni per destabilizzare gli equilibri con il largo impiego di hacker governativi al servizio di vari progetti egemonici. Se Mosca è nel mirino dei sospetti, per la verità va detto che nessuno può proclamarsi innocente per gli atti di pirateria informatica che finiscono quasi sempre col fare il gioco delle peggiori ideologie autoritarie.

TIMORI. “I dieci giorni che sconvolsero il mondo”. Rubiamo il titolo al socialista americano John Reed, autore di una delle più diffuse cronache della rivoluzione russa, per chiederci se anche gli Stati Uniti usciranno sottosopra, rivoltati come un guanto, dopo i primi giorni di quella che Trump chiama la sua rivoluzione. A rinfocolare timori e indizi, che quando si assommano diventano una prova, concorre l'invadenza della Casa Bianca nelle prerogative di cui sono gelosi custodi gli Stati e gli altri organi federali, Congresso incluso. La grande forza dell'America risiede proprio in questo, nel delicato meccanismo dei pesi e contrappesi volto a impedire abusi di potere. Calpestarlo senza riguardi potrebbe aprire una crisi istituzionale che non garantirebbe al Presidente la certezza di completare il suo mandato.

SBERLA. Mentre cresce la voglia di muri nel clima di insofferenza anti immigrati, non era affatto scontato che la Svizzera accettasse di rendere meno rigorose le procedure per l'ottenimento del passaporto rosso crociato. Per contrastare la cittadinanza agevolata dei giovani stranieri di terza generazione, i pannelli elettorali degli oppositori erano stati tappezzati dall'immagine di una donna col burqa, una sorta di “islam ban” copiato dall'America, che avrebbe dovuto dispensare paure e sospetti con cui incassare consensi a buon mercato. Stavolta però la rozza propaganda xenofoba non ha funzionato e il SI al progetto ha avuto l'effetto una sberla alla destra oscurantista che incassa una sconfitta esemplare. Resta da sperare che non sia l'ultima nella Confederazione e nel resto del continente.

PATRIMONIO. Mai come quest'anno le ricorrenze che l'Unione europea di accinge a commemorare possono diventare l'occasione che non aspetta altro che di essere colta. L'occasione per ricucire i legami con l'eredità dei padri fondatori nel solco dei 60 anni dei Trattati di Roma e dei 25 dell'accordo di Maastricht, primo tassello dell'UE. Da tempo si va ripetendo che l'Europa è a un bivio: o si investe sull'Unione o si rischia di perire. Nel destino del continente non c'è più soltanto la crisi economica che ha diviso i governi, ma anche il processo di erosione col quale la brutta, bruttissima destra paladina delle barriere e delle “exit” prova a cancellare un patrimonio culturale e politico ispirato e motivato da forti ideali. In tal senso le elezioni francesi e tedesche diranno se alla lungimiranza di chi posò la prima pietra si è sostituita la miopia.

SAN LUIGI. Se provate a chiedere a un musicista di suonare “La tristezza di San Luigi” a meno che non sia nato prima della guerra vi sono cento possibilità su cento che non ne abbia mai sentito parlare. Invece il brano con quel titolo esiste, ed è addirittura uno dei pezzi più famosi del jazz di New Orleans. Soltanto che lo si conosce con il suo vero nome, ossia "St. Louis Blues" e non con la tragicomica traduzione in italiano voluta dai gerarchi del ventennio che pretendevano solo ritmi autarchici. Il siparietto è stato rievocato mentre al festival di Berlino veniva proiettato il film su Django Reinhardt, il leggendario chitarrista tzigano che sperimentò l'ossessione dei nazisti contro quella che definivano “musica degenerata” e non ariana. Che imbecilli!

EFFIMERO. Può cascare il mondo, ma San Remo è sempre lì, al suo posto, coi sui riti immutati e tutt'al più adeguati ai gusti delle nuove generazioni fin dai tempi delle prime edizioni in bianco e nero. Oggi le scenografie sono un tripudio di effetti speciali, ma dal palco dell'Ariston, rutilante teatro canoro dell'effimero nazional-popolare, il festival continua a dispensare emozioni un tanto al chilo. Sulla Riviera soffia un refolo di verità gattopardesca: tutto cambia, perché nulla cambi. Un po' come succede nella realtà. Per cinque giorni 12 milioni di spettatori a serata rimangono incollati davanti al televisore finché cala il sipario en attendant il prossimo San Remo, un fenomeno di massa che offre commenti per tutti, anche a chi, esagerando, lo considera lo specchio dell'Italia. Ma l'Italia è fatta di altre cose.