di Renzo Balmelli
ERESIE. Se non ora, quando? Già, quando se non ora, con le nere minacce che incombono all'orizzonte, l'Europa troverà in sé la forza e la motivazione per tornare alle origini, per riaffermare le ragioni che l'hanno portata a unirsi dopo la macelleria di due guerre mondiali. In quest'ordine di idee, al Vecchio Continente si offre ora la straordinaria opportunità di rispondere punto per punto ai vari Trump, ai vari profeti di sventura che seminano paura e studiano leggi discriminatorie. Di rispondere come fosse una vera e unica realtà politica e culturale, attingendo ai suoi valori, che non sono soltanto quelli contabili del bilancio e dello spread. E' così d'altronde che si forma e si consolida l'identità della casa comune in grado di contrastare le eresie che stanno scardinando i pilastri della società americana e potrebbero fare vacillare anche i nostri. Sarebbe un danno irreparabile se venisse messo a repentaglio quanto è stato fatto per non ricadere negli orrori del passato.
SCELTA. Tra i paesi fondatori e primi firmatari del Trattato di Roma figura l'Italia che in virtù degli accordi comunitari è diventata una delle più grandi economie industriali del pianeta. Tuttavia la vocazione europeista che la collocava tra le nazioni virtuose, ora sembra scemare vistosamente. Taluni attribuiscono l'inversione di tendenza alla drammatica recessione degli ultimi anni. C'è del vero in questa analisi. Ma l'origine della metamorfosi risiede anche altrove ed è da ricercare nell'incessante logorio delle forze ostili che sfruttando il malessere incrementano l'inquietudine in modo sconsiderato fino a proporre l'uscita dall'euro. Una tale ipotesi sarebbe un disastro sia dal punto di vista monetario che per il sistema di alleanze che fa dell'Italia una tessera fondamentale per la tenuta dell'UE. A tutela della democrazia e delle sue imprescindibili conquiste, l'Unione, malgrado le sue imperfezioni, rimane - verrebbe da dire reinterpretando la famosa frase di Churchill - il solo sistema valido fino a quando non se ne troverà una migliore. Quindi ora più che mai l'unica scelta è dirsi europei.
AZZARDO. Alea jacta est. Alla Casa Bianca il dado e tratto. Ma se il Rubicone di Cesare si è ormai perso nei meandri della storia, quello della nuova presidenza sembra incamminare l'America verso un futuro carico di incognite. Ciò che si dipana non è che una accozzaglia di provvedimenti “ malvagi e illegali ” secondo il severo giudizio dell'ONU, che ignorano i diritti umani. Tanto da lasciare perplessi persino numerosi repubblicani. Con queste premesse è lecito avere ben più di un dubbio su come si prefigurerà il nuovo ordine mondiale con la Russia, dopo lo scalpore sollevato dal decreto della Duma (nauseante secondo Amnesty International) che in buona sostanza assolve le botte alla moglie. A questo punto i senatori di Washington, anche se privi del laticlavio, dovranno cominciare a porsi qualche domanda sull'azzardo elettorale che sta addensando nuvoloni carichi di tempesta nel cielo della capitale. Ovviamente - ça va sans dire - senza scomodare Bruto.
SPIRALE. Occhio per occhio, dente per dente. La famigerata legge del taglione, le cui origini risalgono alla notte dei tempi, semina morte tra le vittime innocenti raccolte in preghiera. Non sembra vi sia altra chiave di lettura della strage ordita alla moschea di Québec City da un simpatizzante dell'estrema destra xenofoba, mosso dallo spirito di vendetta aizzato dalle predicazioni dei cattivi maestri. Si delinea così il rischio di innescare una spirale perversa che fa il gioco del terrorismo di matrice jihadista vile e odioso incitandolo ancora di più a colpire nel mucchio. A esserne toccato nei suoi sentimenti più profondi è il Canada “ liberal”, convinto fautore del multiculturalismo riportato in auge dal premier Justin Trudeau quale modello di società costruita sulla tolleranza e l'accoglienza. Lo stato nord americano si era conquistato la copertina dell'Economist che mostra il disegno della Statua della Libertà con la foglia d'acero canadese. In quel ritratto ora si è aperta una ferita dolorosa.
RINTOCCHI. Per chi suona la campana? Rivolta alla sinistra, la risposta potrebbe ricalcare il verso del poeta John Donne citato da Hemingway per il suo famoso romanzo: "Non chiedere mai per chi suona, essa suona per te". Per la sinistra, includendo nel suo variegato schieramento anche i liberal americani, è tempo di ascoltare i rintocchi e di capirne il significato. Senza indugi è arrivata l'ora di formare una linea di resistenza in grado di porre un argine alla dilagante deriva populista onde sventare il pericolo di avere sempre meno voce in capitolo nelle scelte strategiche. Non si tratta di una rivoluzione, ma di voltar pagina, di archiviare non tanto la dialettica interna, che fa sempre bene, bensì di mettere da parte l'inconcludente litigiosità del passato che, come molti passati – ha scritto un acuto e autorevole osservatore – non vuole passare neanche a sinistra. Con esiti a volte assai deludenti.
CORAGGIO. In politica la partita si chiude all'ultimo voto. Nel calendario del 2017 fitto di appuntamenti elettorali, il motivo ricorrente del populismo europeo è la certezza di avere la vittoria in tasca. Certezza o sicumera? Si temeva avvenisse in Austria e invece si è verificato esattamente il contrario con il successo del verde Van der Bellen, una speranza per l'Europa, in carica da pochi giorni. In Francia l'estrema destra e la destra, scosse dallo scandalo Fillon, non sono più così sicure di riuscire a fare saltare il banco. Dal canto suo Benoit Hammon il leader della sinistra progressista si aggiudica le primarie socialiste ispirandosi a Sanders, l'arzillo senatore del Vermont, che ha perso non per demerito suo, ma per gli errori di un partito al quale è venuto a mancare un po' di coraggio. E oggi è proprio di scelte coraggiose che si avverte il bisogno per rintuzzare l'effetto maligno e ipnotico degli incantatori di serpenti.
ESPEDIENTE.Già ai tempi di Peppone e Don Camillo il latinorum era motivo di accese discussioni tra i due battaglieri capi-popolo di Brescello. Se il sovente citato viaggiatore dello spazio capitasse in Italia e chiedesse lumi sul sistema elettorale, si accorgerebbe, con sua grande meraviglia, che la situazione non è poi cambiata gran che rispetto alla saga di Guareschi. Dalle risposte faticherebbe a immaginare come riesca il cittadino a districarsi nella foresta di norme tanto complicate da risultare spesso incomprensibili. Dal Mattarellum al Bersanellum, dal Porcellum al Consultellum, dal Democratellum al Tatarellum, dal Toninellum per i critici Complicatellum, ogni stagione è stata tutto un fiorire di sigle che non esistono in nessun altro Paese. L'impressione è che il ricorso al latino sia soltanto un espediente per aggirare l'unica domanda che davvero conta. Questa: una legge elettorale con un nome normale sarebbe chiedere troppo?